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"... Allora il Signore, Altissimo santo e Immenso, mandò Uriele a Noè e gli disse: <<Parlagli a nome Mio, digli che si tenga nascosto, rivelagli che un terribile cataclisma si sta avvicinando. Tutta la Terra verrà spazzata da un diluvio che distruggerà tutto ciò che vive in essa. Avvertilo in che modo egli potrà scampare e come il suo seme potrà essere preservato per tutte le generazioni future del mondo>>. Poi il Signore disse a Raffaele: <<Prendi Azazel, il caprone nero, colui che procede alla rovescia nel tempo e legalo mani e piedi. Nascondilo nell'oscurità. Nascondilo nel vuoto e oscuro antro. Imprigionalo là dentro, così le immense pietre di granito, (ognuna delle quale avrà un lato ruvido e scabro), lo chiuderanno in uno spazio oscuro, entro il quale dovrà stare per lunghissimo tempo, lontano dalla luce, che non illuminerà il suo volto e il suo segreto>>, ..."[/quote]LA MACCHINA DELLA RESURREZIONE
La Grande Piramide e lo Zed: spina dorsale di Osiride o albero della vita?
Lo Zed è, per definizione, l’elemento più misterioso della Grande Piramide di Giza. Perfettamente integrato nelle simmetrie del monumento, esso è situato nel cuore della piramide che gli egittologi attribuiscono artificiosamente al faraone Cheope. Quale funzione abbia mai potuto avere non è stato definitivamente chiarito.
Eppure, le teorie sono numerose e ciascuna di esse sembra possedere una buona dose di attendibilità. Tuttavia, come spesso accade in queste occasioni, l’ipotesi “ufficiale” appare la meno accreditata.
Gli egittologi, infatti, considerando la particolarità dell’architettura, hanno destinato lo Zed ad una finalità meramente ingegneristica: le sue “camere”, infatti, avrebbero dovuto avere una funzione di “scarico” per smaltire il peso dei blocchi superiori alla cosiddetta Camera del Re, così da evitarne il collasso strutturale.
Un’analisi che è stata smontata pezzo per pezzo, con argomenti significativamente esaustivi, dagli studiosi indipendenti, soprattutto considerando che non vi è ‘contatto’ tra la struttura in granito dello Zed e il resto della piramide come vedremo in seguito e come ha dimostrato l’Ing.Pincherle nel corso dei suoi approfonditi studi in merito.
Lo Zed è una torre di granito interrotta da 5 livelli che spesso viene raffigurata in molti dipinti egizi, composta da quattro ampie camere, una delle quali era la camera dei Re, con in mezzo una vasca di granito definita erroneamente “sarcofago”, ricavata da un un unico blocco di granito intagliato in modo assolutamente perfetto, talmente tale che alcuni antichi testi egizi raccontano che questa vasca, "fu tagliata da una luce divina", il che ci ricorda le applicazioni di quello Shamir di cui abbiamo tante volte parlato nel corso delle nostre ricerche.
Gli antichi egizi hanno descritto questa torre ricorrendo alla simbologia geroglifica della loro religione; spesso abbinato al simbolo dell’Ankh, lo Zed (o Djed) veniva associato alla figura di Osiride quale rappresentazione della sua spina dorsale. La comprensione della simbologia dello Zed e dell’Ankh all’interno del misticismo e dell’esoterismo egizio ci tornerà molto utile alla fine dell’articolo, specificatamente per i loro significati legati al ciclo vita-morte-resurrezione che permeava la religione egizia principalmente in riferimento al viaggio ultraterreno del faraone, appunto reincarnazione di Osiride.
Osiride era un antico dio del grano. I suoi seguaci lo identificarono con una divinità pastorale di nome Anzti o Anedjti e si insediarono in tempi predinastici nella sua città nel Delta. Il loro simbolo di culto era appunto il pilastro djed, il cui significato non è ancora del tutto chiarito. Forse rappresentava un albero a cui furono tolti i rami, forse un cedro della Siria o del Libano che i seguaci di Osiride portarono dalla loro patria e per il quale chiamarono la loro città Djedu. Più tardi questo nome fu cambiato in Pa-Uzir, da User, il nome egizio di Osiride, e per i greci diventò Busiris.
Il culto di Osiride si diffuse presto in molte regioni dell'Egitto. Egli diventò un dio della terra, della vegetazione e dell'agricoltura. Anche il legame del dio con i riti funebri provenne dai tempi antichi, visto che già durante la V dinastia egli aveva assorbito i dei funerari di Abydos (come Khenti-Amentiu) ed i faraoni defunti vennero identificati con lui. Questo aspetto funerario raggiunse una tale importanza, da elevare Osiride a dio supremo dell'Egitto. Nel concetto religioso dei primi tempi, la mitologia inseriva Osiride fra le divinità dell'enneade ermopolitana. Non fu difficile, vedere in questo dio della vegetazione un figlio di Geb, dio della terra e divinità dell'enneade che prima dei faraoni aveva regnato sull'Egitto. La dea Nut venne considerata sua madre e come fratelli ebbe Iside, Seth e Neftis.
Secondo il mito gli uomini in quei tempi remoti erano ancora dei barbari. Osiride gli insegnò il giusto modo di comportarsi, come coltivare la terra, la costruzione delle case e come venerare le divinità. Inoltre stabiliva per loro delle leggi. Nell’insegnamento Osiride ebbe l'aiuto del suo scriba Thot che creò l'arte e la scienza e diede un nome alle cose. Il governo di Osiride si basava sulla forza di persuasione e non sulla violenza.
Dopo la civilizzazione dell'Egitto, Osiride decise di portare i suoi insegnamenti anche al mondo circostante, usando gli stessi metodi.
Un comportamento, quello di Osiride, che noi del Progetto Atlanticus identifichiamo come equivalente a quello del Player B, spesso associato a Enki, Viracocha e anche a quegli Angeli Caduti, definiti come Vigilanti nel libro di Enoch, citato non a caso, in quanto strettamente correlato come vedremo con il tema dello Zed.
L'antico Libro di Enoch, un libro sacro che fu ritrovato nelle Grotte di Qumram, in Israele, racconta che il pilastro "Zed” è in realtà molto più antico della Grande Piramide, che oggi lo ospita, e che fu trasportato inizialmente da un luogo non meglio definito della Mesopotamia con un carro trainato da 600 buoi ed in seguito posto sulla cima della piramide di Saqqara prima di essere definitivamente smontato e nascosto all’interno della Grande Piramide di Giza.
La Piramide di Saqqara (o di Zoser) come forse quasi tutti sanno è una piramide a gradoni, la più antica delle piramidi egizie, sulla cui superficie dell’ultimo gradone è stata riscontrata dall’ingegnere e grande studioso Mario Pincherle una importante presenza di diorite. La diorite è un materiale molto duro il cui uso sul tetto della piramide avrebbe avuto poco senso in realtà, se non quello di sostenere un enorme peso. Sempre Pincherle evidenzia poi che la base in diorite della cima dell'antica piramide di Saqqara è proprio compatibile con le misure della base ed il peso del pilastro "Zed".
Ciò confermerebbe quanto descritto nel Libro di Enoch relativamente al trasporto dello Zed dalla mesopotamia, forse da Babilonia, fino a Saqqara. E’ possibile allora pensare che la storia dello Zed sia correlata anche alla costruzione della mitica torre di Babele, una torre, costruita per ergersi verso il cielo fino a “raggiungere” metaforicamente dio e sfidarlo.
Forse l’obiettivo poteva addirittura essere quello di muovere guerra contro gli dei tentando di uscire dalla tradizionale interpretazione monoteistica del testo aderendo maggiormente a una idea evemerista della figura del ‘divino’.
Un racconto biblico quello della torre di Babele che, come molti altri, presenta un importante parallelo in un poema sumerico più antico, “Enmerkar e il signore di Aratta” in cui si narra del conflitto, probabilmente reale, che aveva contrapposto le città di Uruk e appunto di Aratta, intorno al 3000 a.C.
L’utilizzo della diorite nella costruzione della piramide di Saqqara e la titanica edificazione della torre di Babele di cui purtroppo poco sappiamo, non può che farci tornare alla memoria un altro luogo dove sono stati trovati incredibili blocchi di diorite e andesite sapientemente lavorati da mani che ragionevolmente erano in possesso di tecnologie a noi sconosciute.
Stiamo parlando di Puma Punku e dei suoi incredibili blocchi intagliati di cui abbiamo già fatto menzione in nostri precedenti articoli. Puma Punku è in grado di suscitare nel visitatore profondi interrogativi su chi abbia popolato questa regione e su chi e come abbia edificato le incredibili opere presenti sull’altipiano a pochi chilometri dal lago Titicaca, anch’esso carico di misteri. Chiunque abbia avuto la fortuna di visitare questo luogo è rimasto imbarazzato dinanzi alla peculiare lavorazione e forma dei blocchi di pietra disseminati nell’area. Le leggende locali ci indicano essere Tiwanaku un tempio, costruito in un antico passato dagli uomini del posto per commemorare l’arrivo degli dei del cielo nella vicina Puma Punku.
Il tempio principale del Puma Punku, affacciato su di una vasca cerimoniale o piazza sprofondata, perfettamente levigata, è una delle costruzioni in pietra più grandi del nuovo mondo, in cui a blocchi di pietra di 440 tonnellate ne seguono altri più piccoli, di 200, 100, e via via fino a quelli di 80 e 40 tonnellate.
Il Puma Punku colpisce per la dimensione dei blocchi, ma colpisce anche per la raffinatezza della decorazione scultorea. Ovunque giacciono sparsi al suolo parti di quelli che furono portali, finestre, nicchie o semplici blocchi di pietra. In nessun luogo del nuovo mondo, e probabilmente neppure del vecchio, si trova traccia di una lavorazione della pietra tanto precisa e raffinata. Come in un gigantesco gioco a incastri, ogni blocco era progettato per incastrarsi perfettamente con quelli adiacenti tramite un complesso sistema di indentature, incavi e morsetti metallici. Dai pochi frammenti rimasti, sembra che anche il tetto di questi straordinari edifici fosse costituito di enormi lastre di pietra.
Il rebus di Puma Punku sta tutto nella precisione millimetrica dei suoi blocchi di pietra, specialmente quelli a forma di H. Sono tutti della stessa grandezza come fossero stati prodotti in serie con una sorta di stampo, hanno linee perfette, scanalature levigate, fori di estrema precisione e, come gli altri blocchi, sembrano fatti per essere assemblati a incastro, al fine di creare megalitiche muraglie e insolite costruzioni.
Molti ingegneri sono rimasti stupiti e ammirati da cotanta perfezione millimetrica, che sarebbe difficile da ottenere anche al giorno d’oggi con i moderni mezzi in nostro possesso. Questi enormi blocchi sono infatti composti di diorite, una pietra vulcanica dura quasi come il diamante, la stessa ritrovata sopra la piramide di Saqqara.
A questo punto possiamo quasi immaginare Puma Punku come il cantiere ‘edile’ in cui venivano prodotti i blocchi necessari all’edificazione delle opere antidiluviane come appunto potevano essere lo Zed o la Torre di Babele, sempre che i due non siano in realtà la medesima cosa.
Se questo fosse vero potremmo allora identificare due momenti diversi nella edificazione dello Zed e in quello della Grande Piramide ed effettivamente è interessante osservare come il pilastro in granito non sia congiunto con alcun punto della piramide, ma altresì separato da una intercapedine vuota che separa nettamente i blocchi di granito facenti capo alla misteriosa torre Zed dai blocchi di calcare che invece caratterizzano la struttura della Grande Piramide. Proprio come se la Piramide gli fosse stata costruita intorno!
All'interno della Camera del Re, che viene a trovarsi sotto cinque enormi blocchi di granito, equivalenti ai piani alti dello Zed, è stato rinvenuto quello che viene ritenuto dall’archeologia tradizionale il sarcofago di Cheope, in granito rosso, un materiale ancora oggi dificilissimo da lavorare che, per le sue dimensioni e caratteristiche, ha fatto sorgere il dubbio in diversi ricercatori alternativi che potesse essere in realtà il contentore dell'Arca dell'Alleanza, visto che nessun corpo vi è mai stato ritrovato all’interno e neppure quello sfarzoso corredo funerario che le sepolture egizie ci hanno abituato a vedere.
Esattamente come viene descritto nella Bibbia nel libro dell’Esodo dove leggiamo:"Faranno un'Arca in legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai. Farai sopra di essa un bordo d'oro tutto attorno. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro lato. Farai delle stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'Arca per trasportare l'Arca su di esse. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'Arca: non verranno ritirate di lì. Nell'Arca collocherai la Testimonianza che io ti darò."
In questo contesto appare logico riflettere sulla figura del protagonista dell’Esodo ebraico dall’Egitto. Intorno al 1300 a.C. Akhenaton, passato alla storia come “il faraone ribelle”, contrappone un culto monoteista a quello politeista in vigore in tutto l’Egitto, forse continuando l’opera intrapresa da suo padre Amenophis III; fonda una nuova capitale ad Amarna, a circa 200 km a sud del Cairo; il popolo resta però in maggioranza fedele agli antichi dei. Seguaci di Akhenaton e del nuovo ed unico dio Aton saranno una esigua minoranza della popolazione egizia, alcune razze tipicamente africane e la quasi totalità degli hyksos, i discendenti delle tribù semite che intorno al XVII secolo a.C. avevano invaso il nord dell’Egitto dominandolo per due dinastie, prima di essere definitivamente sottomessi.
Dopo circa diciassette anni di governo Akhenaton scompare nel nulla e la restaurazione politeista si accanisce contro di lui con una accurata damnatio memoriae: quasi tutti i segni visibili del suo passaggio – iscrizioni, sculture, documenti – vengono distrutti; la stessa città di Amarna è rasa al suolo.
Secondo recenti ipotesi un’insurrezione della popolazione, guidata dal clero tebano, costrinse il faraone eretico ad abbandonare l’Egitto per stabilirsi in Palestina con tutti i suoi seguaci; a conferma di ciò esiste una lettera nella quale il governatore di Gerusalemme fa esplicito riferimento al divieto di abbandonare le terre dell’esilio. Inoltre va ricordata la forte somiglianza del Sal104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l’Inno al Sole di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.
La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi, mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere essendo all’epoca ancora fortemente politeisti: la cattività babilonese che avrebbe sancito la superiorità del culto di Yahweh sugli altri avviene soltanto nel VI sec. a.C.
Il periodo dell'Esilio fu di importanza fondamentale per la religione ebraica e di conseguenza per le religioni che ad essa si ispirano, come il cristianesimo e l'Islam. Privati del culto del Tempio, ormai distrutto, i sacerdoti giudei e gli intellettuali deportati assieme ad essi elaborarono una versione della loro religione (meno legata al rituale del culto e maggiormente legata ai valori interiori e spirituali) molto innovativa, tale da permetterle di sopravvivere alla catastrofe ed anzi da uscirne rafforzata. Al punto da riuscire ad imporsi come "vera" interpretazione del culto di YHWH non solo agli "am ha'aretz" di Giuda, ma addirittura ai fedeli di YHWH di Samaria, che arrivarono ad adottare come canonica la redazione del Pentateuco elaborata durante e dopo l'Esilio.
Nella realtà storica e archeologica, invece, s'individua una serie di innovazioni importantissime, che caratterizzarono da quel momento in poi il giudaismo.
Il definitivo trionfo del monoteismo più intransigente e l'eliminazione definitiva di tutte le altre divinità del pantheon cananeo. Se la religione pre-esilica era stata fondamentalmente enoteista (riconosceva l'esistenza di altri dèi, ma riteneva lecito per Israele esclusivamente il culto di YHWH) quella post-esilica è intransigentemente monoteistica: YHWH è l'unica divinità esistente, è lui a muovere la Storia, al punto che anche un sovrano persiano può essere emissario della sua volontà, al punto da essere definito "Messia".
Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. L’ipotesi più certa diventa a questo punto che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel XIV sec a.C.
Il collegamento tra il faraone ribelle ed esiliato col suo probabile sacerdote, il Mosè biblico dell’esodo ebraico, appare estremamente logica; sono infatti facilmente rintracciabili le numerose analogie storiche, circostanziali e cronologiche tra i due personaggi. Lo stesso nome di Mosè sembra di origine egiziana ed il mito della sua infanzia – salvato dalle acque ed educato alla corte dei faraoni, in perfetta analogia col precedente mito del sumero Sargon – appare come il tentativo di mascherare una realtà che non deve essere divulgata.
Le motivazioni del perché tale storia non doveva essere divulgata tra le altre cose potrebbero avere motivazioni socio-politiche dirompenti.
Ma per capirlo dobbiamo arrivare al 1923, anno dell’apertura della tomba di Tutankhamon da parte di Lord Carnarvon e Howard Carter i quali avevano in realtà, già violato in segreto la tomba circa tre mesi prima dell’apertura ufficiale, trafugando una moltitudine di oggetti preziosi e suppellettili. Ad un primo rapido inventario tra gli oggetti “ufficialmente” ritrovati nella tomba sono presenti anche alcuni papiri dei quali si fa cenno nella corrispondenza privata dei due, in lettere inviate ad amici e colleghi.
Peccato che poco tempo dopo i suddetti papiri risultano inesistenti e cancellati dai successivi inventari. Interrogato in proposito, Carter dichiarerà trattarsi di un clamoroso errore: alcuni rotoli di lino presenti nella tomba erano stati sprovvedutamente scambiati per papiri.
Tale versione appare poco credibile, trattandosi di egittologi esperti. Carter, in particolare, ha alle spalle una lunghissima carriera, ma nessuno solleva obiezioni. Accade però che in un secondo momento le autorità egiziane prospettano la possibilità di togliere a Carter la concessione per continuare gli scavi. Questi allora si reca al consolato britannico e minaccia, nel caso in cui non gli fosse stata rinnovata la concessione, di svelare al mondo intero il contenuto dei famosi papiri¸”…fornendo il vero resoconto…dell’esodo degli ebrei dall’Egitto”
E’ pertanto perfettamente lecito, date tali premesse, supporre che la divulgazione del contenuto dei papiri avrebbe ottenuto effetti indesiderati a livello politico; ed è altrettanto lecito ipotizzare che i papiri narrassero la storia di Akhenaton e dell’esodo suo e dei suoi seguaci verso la Palestina.
Ricordando che era solo di pochi anni prima la famigerata Dichiarazione Balfour (il primo riconoscimento ufficiale delle aspirazioni sioniste in merito alla spartizione dell’Impero Ottomano, costituito da una lettera, scritta dall’allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour a Lord Rotschild – principale rappresentante della comunità ebraica inglese e referente del movimento sionista – con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina), si comprende come un documento che nella sostanza minava alla base i miti fondatori del movimento sionista – in particolare relativamente ad una presunta omogeneità razziale ed alla volontà di far ritorno alle terre dei propri presunti avi – avrebbe avuto nell’opinione pubblica mondiale un impatto dirompente, delegittimando definitivamente il movimento sionista stesso, che aveva già intrapreso a tappe forzate e con tutti i mezzi disponibili – non escluso il terrorismo – la colonizzazione della Palestina.
Indirettamente questa vicenda rappresenta a mio avviso una conferma del fatto che il cosiddetto sarcofago di Cheope contenesse in realtà quell’incredibile manufatto rappresentato dall’Arca dell’Alleanza di biblica memoria trafugata da Mosè, sacerdote egiziano legato al culto di Aton, e pertanto in possesso di incredibili conoscenze esoteriche e tecnologiche. Quelle stesse conoscenze che gli consentirono quei prodigi per i quali ancora oggi è ricordato.
Arca dell’Alleanza il cui scopo e funzionamento doveva pertanto essere correlato alla torre Zed, oggetto del presente studio di ricerca, per motivi che ancora oggi ignoriamo, ma che, rifacendoci a quanto si diceva qualche pagina addietro, potrebbero essere legati al desiderio dell’Uomo di ‘raggiungere’ Dio, qualsiasi cosa significhi questo, descritto nel mito della Torre di Babele.
Come sostenuto da Robert Bauval in un suo recente convegno quando osserviamo la Grande Piramide è come se osservassimo una grande “macchina” che non sappiamo utilizzare e a cui forse manca l’energia per poter funzionare. Esattamente come un computer che diventa un pezzo di plastica se gli viene sottratta la corrente e la CPU, così lo Zed, contenuto in essa, potrebbe essere oggi soltanto un incredibile manufatto, retaggio di un tempo antidiluviano, di cui non sapremo mai nè il suo utilizzo, nè il suo funzionamento.
Nè il perché, aggiungo io, a un certo punto venne deciso da qualcuno, qualcuno che rimane ignoto, di provvedere al suo smantellamento da Saqqara per nasconderlo, o proteggerlo, all’interno della Grande Piramide.
Ancora una volta è il Libro di Enoch, e più specificatamente il decimo capitolo del secondo libro, ad aiutarci.
In esso leggiamo infatti che vi è scritto:
15/10/2014, 22:46
MaxpoweR ha scritto:
beh magari serviva per farla bere a miliardo buono di fedeli ^_^
22/11/2014, 14:10
Il mistero di Cholula, la piramide più grande del mondo
Lo studio delle piramidi, costruite nel lontano passato da molti popoli che vivevano in differenti zone della Terra, è interesante non solo dal punto di vista storico e architettonico, ma anche per comprendere le loro usanze, le loro credenze religiose e la loro visione del mondo.
Le piramidi più conosciute sono certamente le egiziane, soprattutto quelle della piana di Giza.
Nel mondo però vi furono varie le culture antiche che costruirono piramidi, per esempio le piramidi cinesi di Xian, quelle peruviane di Caral o Tucumè e quelle mesoamericane, come le Maya di Tikal, Uxmal, Palenque, o le famose piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacan.
Stranamente la pirámide di Cholula (detta anche Tlachihualtepetl), che è la più grande del mondo, è quasi ignorata sia nei programmi televisivi dove si divulga la Storia sudamericana che nelle riviste specializzate.
La piramide, che è alta 66 metri ed ha una pianta quadrata di 400 metri, è la più voluminosa del mondo: ben 4.450.000 metri cubi.
Per fare un paragone, la piramide di Cheope, ha un volume di “soli” 2.500.000 metri cubi.
Il nome Cholula significa “acqua che cade nel luogo della vita”. Secondo la mitología fu costruita dal gigante Xelhua, che riuscì a salvarsi dal diluvio universale.
Ecco un brano dell’opera Cholula 2000 tradizione e cultura dello scrittore Rodolfo Herrera Charolet (1995):
Nell’epoca del diluvio vivevano sulla Terra i giganti, però molti di essi morirono sommersi dalla acque, alcuni invece furono trasformati in pesci e solo sette fratelli si salvarono in alcune grotte della montagna Tlaloc. Il gigante Xelhua viaggiò fino al luogo che in seguito si chiamò Cholollan e con grandi mattoni fabbricati nel lontano Tlalmanalco, cominciò a costruire la pirámide in memoria della montagna dove si salvò. Siccome Tonacatecutli, il Padre degli Dei s’irritò vedendo quella immensa costruzione, che poteva arrivare alle nubi, lanciò delle lingue di fuoco e con un grande masso che aveva forma di rospo schiacciò molti lavoratori e scacciò i sopravvissuti, cosìcchè l’opera fu interrotta…
...
http://yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=285
23/11/2014, 14:44
10/05/2015, 19:52
16/05/2015, 15:07
16/05/2015, 15:14
Numero complesso
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Con l'espressione numero complesso si intende un numero formato da una parte immaginaria e da una parte reale. Può essere perciò rappresentato dalla somma di un numero reale e di un numero immaginario (cioè un multiplo dell'unità immaginaria, indicata con la lettera i). I numeri complessi sono usati in tutti i campi della matematica, in molti campi della fisica (e notoriamente in meccanica quantistica), nonché in ingegneria, specialmente in elettronica/telecomunicazioni o elettrotecnica, per la loro utilità nel rappresentare onde elettromagnetiche e correnti elettriche ad andamento temporale sinusoidale.
In matematica, i numeri complessi formano un campo (nonché un'algebra reale bidimensionale) e sono generalmente visualizzati come punti del piano, detto piano complesso. La proprietà più importante che caratterizza i numeri complessi è il teorema fondamentale dell'algebra, che asserisce che qualunque equazione polinomiale di grado n ha esattamente n soluzioni complesse, non necessariamente distinte.
L'unità immaginaria[modifica | modifica wikitesto]
Nel corso dei secoli gli insiemi dei numeri sono andati man mano allargandosi per rispondere all'esigenza di dare soluzione a equazioni e problemi sempre nuovi.
I numeri complessi sono un'estensione dei numeri reali nata inizialmente per consentire di trovare tutte le soluzioni delle equazioni polinomiali. Ad esempio, l'equazione
x^2=-1
non ha soluzioni reali, perché in questo insieme non esistono numeri il cui quadrato sia negativo.
Si definisce allora il valore i, chiamato anche unità immaginaria, che gode della seguente proprietà:
i^2=-1
I numeri complessi sono formati da due parti, una parte reale ed una parte immaginaria, e sono rappresentati dalla seguente espressione:
a + ib
dove a e b sono numeri reali, mentre i è l'unità immaginaria.
Le leggi della somma algebrica e del prodotto nei numeri complessi si applicano facendo i conti nel modo usuale e sapendo che i^2 = -1 .
Come i numeri reali sono in corrispondenza biunivoca con i punti di una retta, quelli complessi sono in corrispondenza con i punti del piano, detto piano complesso (o di Argand-Gauss): al numero complesso a+ ib si associa il punto di coordinate cartesiane (a,b) .
16/05/2015, 15:18
MaxpoweR ha scritto:
I frattali mi hanno sempre affascinato, non so perchè sinceramente ma ho come la sensazione che siano la chiave di tutta la nostra natura.
16/05/2015, 17:16
Atlanticus81 ha scritto:MaxpoweR ha scritto:
I frattali mi hanno sempre affascinato, non so perchè sinceramente ma ho come la sensazione che siano la chiave di tutta la nostra natura.
E pure io ho la stessa sensazione. Della nostra, di quella dell'universo... di quella di quel concetto che siamo soliti chiamare DIO.
Infatti ne farò menzione nella mia prossima conferenza.