martedì 28 aprile 2015 Massimo Bossetti. Dopo mesi trascorsi a incensare biologi e laboratori, la procura rifiuta nuove analisi sul Dna e il giudice l'accontenta... coda di paglia? Il Gup
Ciro Iacomino ha negato nuove analisi sul Dna rivenuto sugli slip di Yara. Quel Dna chiamato
ignotouno che tiene in carcere Massimo Bossetti nonostante sia "
particolare" causa mitocondriale, che non è di Bossetti, e del fatto che la componente maggioritaria che si trovava nella traccia mista aumenti o diminuisca a seconda di chi la analizza. A volte la parte maggioritaria è dell'imputato... altre è della vittima. Ma il Gup Iacomino è da capire. Come può un giudice di 45 anni prendere decisioni così importanti, quando i media stanno in agguato e sono pronti a colpire? Come prendere una decisione normale, che per legge andava presa, quando la procura si oppone e c'è il rischio che nel frattempo il "
muratore assassino" possa uscire dal carcere per scadenza dei termini? No, troppo rischioso sia per lui che per chi ha negato il consenso. Quindi per la dottoressa Letizia Ruggeri. Ed è qui che casca l'asino e rischia di spaccarsi il muso! Perché la procuratrice si è opposta a una nuova analisi, dato che è certa della bontà del lavoro svolto da più laboratori e di non aver sbagliato persona? Forse che dopo i milioni spesi in questi anni le scocciava di far spendere qualche altro euro allo stato? Dopo tanti mesi passati a pubblicizzare la professionalità di tanti biologi e laboratori va a negare una verifica che quei laboratori e quei biologi li avrebbe incensati rendendoli lustri come nessun altro laboratorio e biologo al mondo?
E il giudice perché l'ha seguita negando l'analisi? Sì, sono tanti i giudici che preferiscono l'accusa alla difesa, ma poi devono motivare e spiegare come l'hanno ragionata perché altri giudici controlleranno il loro lavoro. Il Gup Iacomino come l'ha ragionata? Non sapeva nulla del caso che si presentava di fronte a lui (questo vorrebbe la buona giustizia) o grazie ai media era già a conoscenza di ogni piccolo particolare? Anche per lui, come per tantissimi altri compreso il ministro Alfano, il nucleare basta e avanza per dire in tutta certezza che sugli slip di Yara, dopo tre mesi trascorsi all'aperto sotto acqua e neve, a poche decine di metri dal sentiero sterrato che collega via Bedeschi a via Paganini (che ancora in zona c'è chi chiama via Bedeschi perché anni fa era il proseguimento della stessa via Bedeschi), non notato da nessuno (e sì che ne sono passate di persone su quel campo, fra giardinieri, smaltitori di rifiuti anonimi, frequentatori della discoteca, accompagnatori di cani - compresi di cani - piloti d'aereo, aeromodellisti, puttanieri e giovani in scooter), c'era il Dna di Massimo Bossetti? Anche per lui vale il discorso di certi giornalisti e biologi che non danno importanza al mitocondriale (perché oramai obsoleto) e dicono che anche in mancanza della parte più resistente del Dna (il mitocondriale, appunto) l'unica analisi che conta è quella che ha "
scoperto" il nome di
ignotouno grazie al nucleare che dopo tre mesi sotto le intemperie non doveva neppure più esistere?
Questa è l'unica
verita che conosce chi cerca di aggiustare il cappio attorno al collo dell'imputato.
Verita senza l'accento, perché se il mitocondriale non serve per stabilire l'origine di un Dna neppure l'accento serve per identificare la parola
verità... tanto il termine va bene comunque, dato che per certuni l'accento non serve a nulla e non cambia il significato alle parole.
Motivo per cui, visto il nucleare che aumenta o diminuisce a seconda di dove si trovi, per tanti faciloni dell'informazione parziale - che hanno un osso gratis e un posto fisso nelle procure (o che non ne hanno un'idea di cosa significhi quanto gli viene dettato) - con la parola
ignotouno si deve identificare
Massimo Bossetti. E questo senza fare ulteriori analisi, quelle che la legge vorrebbe fatte alla presenza dei periti della difesa a garanzia della bontà del lavoro svolto dall'accusa, perché è chiaro che se anche ci sono piccole differenze la sostanza non cambia. E questo dimostra come per certuni il "
pero" e il "
però" siano la stessa cosa. Senza ombra di dubbio, per loro entrambi i termini identificano
un albero che "sforna" frutti conici. Frutti che se paragonati a una testa, col gambo a distinguere il capello, fanno capire quanto scarso possa essere il posto riservato alla materia grigia su una
capa tosta. E a questo proposito oggi qualcuno ha scritto
che le chiacchiere stanno a zero. Che contro il Bossetti ci sono il Dna nucleare e le fibre dei suoi sedili. Due prove regina circondate da una serie di indizi gravi e concordanti che insieme formano un quadro accusatorio senza vuoti e senza incongruenze.
Eh già! Un quadro accusatorio senza vuoti e senza incongruenze... ed allora, se il quadro è più che sicuro, per quale motivo la dottoressa Ruggeri non vuol rifare l'analisi del Dna? Quell'analisi "
sicura" che senza ombra di dubbio, anche se rifatta, certificherebbe che Massimo Bossetti è
ignotouno? E qui mi sovvengono alcune riflessioni. Ad esempio: "C
ome dice sempre chi si insospettisce quando viene a sapere che un indagato si è rifiutato di rispondere alle domande del procuratore?""
Se fosse stato innocente avrebbe risposto. Se non ha risposto significa che ha la coda di paglia ed è colpevole".
Quante volte abbiamo letto simili commenti? Per cui, rapportando il tutto a quanto non ha voluto oggi la procuratrice, le stesse persone, se coerenti, adesso devono per forza pensare, di conseguenza:
"
Se la pubblica accusa fosse stata sicura del Dna l'incidente probatorio l'avrebbe accordato. Se non l'ha voluto significa che ha la coda di paglia e non è sicura che quel Dna sia di Massimo Bossetti".
E allo stesso modo si deve pensare del giudice che l'incidente probatorio l'ha negato. Perché l'ha negato? Un buon processo non dovrebbe appurare una verità e cristallizzarla in maniera definitiva? Perché restare coi dubbi quando si potrebbero sciogliere in un paio di mesi? Forse perché cadendo la prova del Dna, a seguire cadrebbero come birilli anche le fibre (identiche su tutta la serie Iveco che monta quel tipo di sedili, anche sui pullman che portano a scuola) e tutti quegli indizi che possono apparire indizi solo se il Dna è certamente di Massimo Bossetti?
Questo è un caso strano contornato da tante cose strane. A iniziare dall'arresto in grande stile messo in atto in un cantiere di lavoro da una decina di carabinieri in borghese. Il filmato, ormai l'avrete visto, ci mostra Massimo Bossetti che dopo aver lavorato alla soletta del tetto, quindi stando piegato per più ore, si mostra agli agenti e ancora con la schiena bloccata dalla fatica si sposta per andare nel punto in cui l'impalcatura alta permette di scendere. In pratica dove si trova la scala a pioli che porta dall'impalcatura alta a quella bassa. I carabinieri, che già molto bene conoscono il suo volto e l'hanno riconosciuto, iniziano a innervosirsi e a gridare che vuol scappare. Alcuni corrono, altri si aggrappano alle impalcature, altri ancora vagano fra sabbia e ciottoli di quello che per loro è un "bordello" (e qui vien da pensare a quanto Dna raccoglierebbero gli indumenti intimi di una ragazzina stesa a terra in un luogo del genere). Poi la videocamera arriva all'impalcatura bassa, dove il muratore è in ginocchio ed è bloccato da quattro agenti senza manette. Fortunatamente si fa avanti chi le manette le ha, così lo si può ammanettare e far scendere in maniera scomposta ma con tutte le cautele. Solo a questo punto gli chiedono i documenti. Ed è a questo punto che Bossetti a sua volta chiede, prima agli agenti poi al capocantiere: "
Si può sapere cosa è successo?". Il capocantiere non lo sa e i carabinieri non glielo dicono anche se le norme europee prevedono che
la persona fermata dev'essere informata dei motivi dell'arresto, salvo che una sua reazione violenta lo impedisca.
Ma questo con Bossetti non si è fatto. Lui è stato ammanettato, poi circondato da una decina di poliziotti che gli hanno chiesto dove fossero i suoi documenti e le chiavi del furgone verde (segno che ben conoscevano anche il furgone). E' stato prima perquisito poi, dopo aver chiamato il capocantiere con le mani sporche per fare il cambio stivali-scarpe, dissetato mentre una sirena sulla strada informava tutti i residenti che qualcosa stava accadendo. E quando è stata l'ora di partire, circondato dal nugolo di carabinieri e osservato dai colleghi di lavoro e dagli abitanti del luogo, neppure gli hanno detto dove andavano. Alla fine, in pompa magna e a sirene spiegate come nelle migliori tradizioni, l'hanno portato in caserma e fatto fermare nel cortile dove, fra foto e video, è stato osservato con cura dal comandante finché, avvolto dal sottofondo musicale del Fernet Branca, è stato accompagnato nella cella di sicurezza. E mi chiedo:
fargli una telefonata per chiamarlo in caserma dove arrestarlo dopo avergli detto il motivo dell'arresto no? Se l'avevano fermato trenta ore prima per fargli l'etilometro, e lui si era sottoposto all'analisi senza far problemi, se era andato a lavorare dopo aver dormito a casa con la sua famiglia, senza cercare nessuna fuga, se era controllato (dato che si conosceva sia il suo volto che dove lavorava che quale furgone avesse) dove mai poteva scappare? E con cosa avrebbe potuto tentare la fuga? Col furgoncino Iveco? Perché non fargli una telefonata per vedere se davvero cercava di scappare, così da capire di non sbagliare nell'arrestarlo?
E poi, perché arrestarlo visto che oramai gli anni erano trascorsi, che trenta giorni in più non cambiavano nulla e in quel mese si poteva metterlo in allarme e intercettarlo per sentire quali parole avrebbe detto?
Questo è un caso strano contornato da troppe cose strane. Bossetti, ormai s'è capito, in primo grado verrà condannato all'ergastolo nonostante abbia dalla sua una Difesa più che agguerrita e le tavole della legge. Rifiutare di tutelare la verità con un incidente probatorio che certifichi la provenienza di quel Dna non può che significare che la mente di chi lo deve giudicare ha già emesso la sua sentenza. E questo non è ciò che vuole uno stato di diritto.
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Volandocontrovento - il blog d...'accontenta... coda di paglia? Rifiutare di tutelare la verità con un incidente probatorio che certifichi la provenienza di quel Dna non può che significare che la mente di chi lo deve giudicare ha già emesso la sua sentenza. E questo non è ciò che vuole uno stato di diritto.
Ripeto....