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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 20/05/2015, 00:55 
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La Norvegia paga il calo-petrolio: disoccupati al top da dieci anni

A febbraio i senza lavoro erano 112mila (tasso al 4,1%), 10mila in più rispetto allo stesso mese del 2014. Il ricco stato nordico paga il calo delle quotazioni del barile, che ha portato le compagnie a tagliare costi e personale. La statale Statoil chiude il terzo trimestre consecutivo in rosso

MILANO - La ricca Norvegia paga caro il periodo di bassa dei prezzi del greggio. Mentre la Bce mette il calo delle quotazioni del petrolio ai primi posti nelle spinte a una ripresa che, soprattutto in Italia, vive di fattori esterni (si pensi al Quantitative easing della stessa Banca centrale europea), nel Paese del Nord europa si leccano le ferite per la stessa causa. A febbraio, infatti, il tasso di disoccupazione norvegese ha toccato il punto massimo da dieci anni. Il 4,1 per cento annunciato dall'istituto di statistica nazionale Ssb supera il 3,9 per cento di gennaio. Restano ovviamente delle cifre da sogno, se paragonate con il 13 per cento appena pubblicato dall'Istat per il Belpaese.

Molto, nell'economia norvegese, dipende dal petrolio. Il fondo pensioni del Paese si alimenta con i proventi derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti nel Mare del Nord ed è uno degli investitori più importanti al mondo. I 112mila senza lavoro norvegesi del secondo mese del 2015 (10 mila in più rispetto al febbraio del 2014) sono però per gli analisti un brutto campanello d'allarme: il trend è visto in peggioramento nel prossimo futuro, visto che le compagnie di esplorazione offshore e i gruppi petroliferi continuano a tagliare i costi. Arrivato ben sotto i 50 dollari al barile, dimezzando il prezzo dalla scorsa estate, il petrolio sta in questo periodo trattando di nuovo in recupero ma la strada per rivedere i livelli di pochi mesi fa è ancora lunga.

Kjersti Haugland, economista a Dnb Markets, dice al Dagens Næringsliv che in realtà era sorprendente non vedere ancora il peggioramento sui dati occupazionali, visto l'andamento del settore del petrolio.

A complicare il quadro, proprio insieme ai dati sul lavoro arrivano quelli di Statoil, la compagnia norvegese del gas e del greggio. Ha riportato la terza perdita trimestrale consecutiva, proprio additando il risultato al calo del barile e alle svalutazioni negli Usa dello shale gas. La perdita trimestrale è di quasi 4,7 miliardi di dollari, contro il profitto del 2014. I ricavi sono crollati del 30%. Nel frattempo le cronache riportano di altri lavoratori a rischio: sono i 160 sulle piattaforme della Dolphin Drilling, più 20 a terra, che perderanno il loro posto.


http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... 113219797/

Cita:
Finlandia, paese dei falchi, ora rischia richiamo Ue
Deficit e debito oltre i limiti previsti da Bruxelles


BRUXELLES - Da falco del rigore dei conti a ultimo della classe su crescita e scolaro indisciplinato su deficit e debito. E' la nemesi che sembra attraversare la Finlandia, nei cui confronti la Commissione Ue minaccia l'apertura di una procedura per deficit e debito eccessivo tra due settimane. I numeri non lasciano scampo, e mettono Helsinki al livello dei 'lassisti' paesi mediterranei in passato tanto criticati. Deficit e debito sopra la soglia consentita dal Patto di stabilità e in continuo aumento, con un 3,2% previsto per quest'anno e il 3,4% per il prossimo, e un debito al 62,6% e poi al 64,8%, a fronte del peggior Pil dell'eurozona ad eccezione di Cipro.

Le previsioni per il 2015 lo danno ad appena lo 0,3% e poi all'1% nel 2016. Anzi, i dati degli ultimi due trimestri, con il segno meno davanti, mostrano più che altro una recessione in un contesto europeo dove il ciclo economico torna finalmente ad essere positivo, con la Spagna al 2,8%, l'Irlanda al 3,6%, il Portogallo all'1,6% e persino la Grecia allo 0,5% e l'Italia allo 0,6%. E anche la disoccupazione è salita al 9,1%. Tra i paesi-bastione della 'tripla A', ora anche questa certezza ha cominciato a scricchiolare con il taglio del rating ad AA+ deciso da Standard & Poor's.

A pesare sull'economia finlandese, il recente crollo dell'export con la Russia e, negli ultimi anni, soprattutto la crisi della Nokia, che trainava il Paese, e poi delle cartiere. Ora la Commissione Ue aspetta che Helsinki si doti di un nuovo governo per capire come intenda procedere su conti e riforme, dopo la sconfitta del premier uscente Alexander Stubb e la vittoria del tycoon Juha Sipila, che vuole dare una "scossa" al paese dirigendolo come le sue aziende.


http://www.ansa.it/europa/notizie/rubri ... 180c0.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 25/05/2015, 18:48 
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Avete una macchina? Per GM (e non solo) non è di vostra proprietà

Pagate regolarmente l'assicurazione, la portate a revisionare? Tutto regolare: ma non è vostra.

ROMA (WSI) - Possedete una macchina? Pagate regolarmente l'assicurazione, la portate a revisionare? Tutto regolare, a parte che: la macchina in realtà non è di vostra proprietà. Non è vostra. E' quanto ha "deciso" il colosso automobilistico Usa General Motors, che ha chiesto al governo degli Stati Uniti di confermare che "letteralmente, non si è proprietari del proprio veicolo, a causa del software del motore" dell'auto in questione.

E non è la sola, visto che recentemente John Deere si è trovata in una posizione alquanto imbarazzante, dopo la pubblicazione di un articolo su Wired.com. Nel comunicato in cui ha scritto che: "così come nel caso di un veicolo o di un computer, la proprietà di un'attrezzatura non include il diritto di copiare, modificare o sostituire il software contenuto in quell'attrezzatura", John Deere ha di fatto confermato il suo terrore nei confronti della petizione presentata all'Ufficio Copyright Usa, con cui i proprietari di trattori hanno chiesto di poter spezzare i DRM dei loro veicoli per e fare diagnosi su di essi o ripararli.

Il tema è quello dei DRM, appunto, in italiano, di gestione dei diritti digitali, tema piuttosto delicato, legato ai diritti di copyright delle tecnolpogie digitali. All'interno di computer, dispositivi elettronici, file digitali, smartphone, ma anche appunto trattori e veicoli esistono di fatto sistemi tecnologici che sono misure di sicurezza con cui tutelare e gestire i cosiddetti diritti digitali.

Ora, nel caso degli Stati Uniti, con le petizioni diversi agricoltori che utilizzano i trattori hanno chiesto una esenzione alla DMCA, che potenzialmente considera reato il riparare la propria macchina. Nella petizione si mette appunto in risalto che "John Deere, in particolare, è stata incredibilmente efficace nel limitare l'accesso ai suoi software diagnostici", costringendo così i clienti a recarsi per forza nei concessionari che hanno con essa un accordo.

Indicativo dunque l'articolo di Wired.com, che afferma senza mezzi termini: E' uffiale. John Deere e Generale Motors vogliono sviscerare la nozione della proprietà. Certo, noi paghiamo per i loro veicoli. Ma non li possediamo. Non secondo ai loro avvocati, almeno". E John Deere, che è il produttore di veicoli agricoli numero uno al mondo, ha già risposto all'Ufficio Copyright che "gli agricoltori non possiedono i loro trattori".

Più che altro li hanno in licenza. Esattamente, dal momento che i codici di computer si insinuano nel DNA dei trattori moderni (sempre più hi-tech, come altri macchinari), gli agricoltori ricevereanno "una licenzia per guidare il veicolo durante la sua vita operativa".

La base legislativa delle dichiarazioni shock di John Deere esiste ed è il Digital Millennium Copyright Act (DMCA), legge sul diritto di autore del 1998 che disciplina, scrive Wired.com, il confine poco nitido tra il software e l'hardware. Il verdetto dell'Ufficio dei diritti d'autore arriverà a luglio. Per ora si sa che i proprietari - che si credono di essere tali - hanno le mani legate, dal momento che, al fine di modificare i loro prodotti, hanno bisogno dell'accesso ai software. E la 'gabbia' arriva qui, dal momento che "alcune società manifatturiere applicano lucchetti digitali sui software".

E ora c'è anche GM pronta a fermare l'Ufficio del diritto di d'autore dal riconoscere l'esenzione alla legge DMCA: per GM è impensabile che i proprietari dei suoi veicoli possano decidere di portare la loro auto presso un'officina i cui proventi non vadano a rimpolpare le sue casse; tanto peggio se i clienti riescono a riparare da soli il guasto. ù

Il ragionamento che fa GM è il seguente.

- Le auto funzionano perchè esiste un software, che comunica a tutte le componenti auto il modo in cui operare.

- Il software che comunica a tutte le componenti come operare è un codice ad hoc.

- Il codice è protetto dalla legge sul diritto d'autore.

- GM è proprietaria del copyright di quel codice e del software.

- Un'auto moderna non può funzionare senza quel codice.

- Dunque, l'acquisto o l'utilizzo di quel veicolo è un accordo di licenza (non di proprietà).

- E visto che è un contratto di licenza, GM è la legittima proprietaria e può permettere/non permettere alcune forme di utilizzo o di accessi.


http://www.wallstreetitalia.com/article ... rieta.aspx


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 25/05/2015, 21:31 
DIEGO FUSARO: contro il cretinismo economico ["Piazza Pulita", LA7, 2013]
Guarda su youtube.com


Purtroppo il cretinismo economico non si è ancora estinto.



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/05/2015, 00:02 
""Il 10% detiene l'85% delle attività finanziarie è un dominio incostituzionale di tutta l'economia"

L'enorme disparità della ricchezza "non è da imputare a qualche difetto nel capitalismo, o ai tagli fiscali di Reagan, o anche all'avidità di Wall Street, il problema è che le banche centrali sono fuori controllo", sostiene David Stockman, ex direttore dell'Ufficio per la gestione e il bilancio dell'Amministrazione Reagan.

In poche parole, hanno deviato le risorse finanziarie in un puro gioco d'azzardo "e le persone che possiedono le azioni e le obbligazioni ottengono l'enorme manna finanziaria. "Il 10% dei ricchi detiene l'85% delle attività finanziarie", e quindi, grazie alla quasi illimitata stampa di denaro, che ha creato una massiccia inflazione finanziaria in tutto il mondo, "le banche centrali hanno creato ed esagerato il divario della ricchezza".

Stockman conclude piuttosto sinistramente, "si tratta di un colpo di Stato, le banche centrali hanno preso il sopravvento - un dominio incostituzionale di tutta l'economia".

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 2&pg=11765


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/05/2015, 12:44 
Eugenio Occorsio per “la Repubblica”

Aste del Tesoro sospese, banche sotto pressione in Borsa con la possibilità che la Consob ne sospenda la contrattazione, spread che s’impenna a quota 300. È uno scenario da Armageddon quello della Grexit. La speranza che resti un’astrazione è fondata visti gli sviluppi più distensivi delle ultime ore, ma per non farsi trovare impreparati i tecnici del Tesoro, di Palazzo Chigi, della Banca d’Italia, stanno predisponendo i piani d’emergenza. Nulla trapela dai palazzi della finanza pubblica, ma è possibile, sulla base delle indicazioni fornite da economisti indipendenti, valutare alcune delle ipotesi verosimilmente in discussione, sempre con la premessa che la loro attuazione non è lo scenario più probabile.

Banche . Quelle italiane sono esposte per 800 milioni con la Grecia, fra titoli del Tesoro, obbligazioni e azioni. «Le possibilità di recupero si ridurrebbero molto in caso di Grexit. Per l’effetto-domino gli istituti italiani sono i più esposti ma in tutta Europa i contraccolpi sarebbero violenti», spiega Rainer Masera, già ministro del Bilancio. «È probabile un calo delle quotazioni, a cui si potrebbe rispondere in due modi: sospendendo le banche più penalizzate e intensificando la pressione sulla Bce perché intervenga con un ampliamento del quantitative easing ( misura che alcune fonti danno per probabile addirittura il 5 giugno, ndr ) sia con ulteriori misure di sostegno finanziario». Una cifra che circola è di 2-300 miliardi per tutto. Viene esclusa la corsa agli sportelli (e la chiusura per qualche giorno di cui pure si è parlato) anche in caso di Grexit.

Bce. Il tormento di Draghi è di non essere riuscito a completare l’Unione bancaria. «L’operazione — spiega Brunello Rosa, capo economista del Roubini Global Economy — si compone di tre gambe: l’unione vera e propria che è fatta per le 130 maggiori banche; la garanzia comune dei depositi che invece è in alto mare come qualsiasi misura che preveda aiuti transnazionali; il meccanismo di risoluzione che è finanziato per ora solo con 80 miliardi, pochi se accade il peggio, e entrerà in vigore fra 8 anni. Tutti sarebbero più tranquilli se il pacchetto fosse già chiuso».

Tesoro. Quando lo spread era a 400, Draghi disse che per metà era colpa del Paese e per metà del sistema Europa. Questi ultimi 200 punti rientrerebbero in gioco, e forse di più, in caso di Grexit. «Il rischio-Italia è sceso rispetto a due-tre anni fa», commenta Paolo Guerrieri, economista della Sapienza. «Ma che si torni a 300-350 è possibile perché la Grexit rilancerebbe i Bund verso rendimenti zero. Per i Btp si parla del 2,5-3%».

Se si dovessero rivedere al rialzo i tassi sull’intero debito, analizza Angelo Baglioni, economista della Cattolica e della voce. info, «si spenderebbero 20 miliardi, ma visto che il fabbisogno italiano è di 300 miliardi di nuove emissioni l’anno, il danno è più limitato: 100 punti base valgono 3 miliardi, così rispetto ai livelli attuali sono 4-5 miliardi da aggiungere al debito pubblico».

Il Tesoro ha due armi: ricorrere per le esigenze di cassa al conto corrente presso la Banca d’Italia istituito dopo il “divorzio” del 1991, che ammonta a 3,6 miliardi secondo il Bollettino di via Nazionale del 17 aprile, e sospendere alcune aste come già avvenne nella crisi del 2010. Per le future emissioni, si ridurrà la durata cercando di applicare questi tassi solo per sei mesi-un anno, sperando che in futuro la situazione si normalizzi. Fondamentale, insistono al Tesoro, è l’apporto del Qe, del fondo salvastati e degli Omt, gli acquisti dei bond a tappeto per calmierare i prezzi. Ma per accedervi occorre un memorandum con cessioni di sovranità. Almeno a questa conseguenza, il governo spera che non si arrivi.


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/05/2015, 19:11 
...e vi era qualkuno che affermava che un eventuale exit della grecia non avrebbe prodotto effetti collaterali.....evidente si cercava di fare coraggio................ [:287] [:287]


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 06/06/2015, 01:08 
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Cacciati dalla Disney e costretti a insegnare il lavoro ai sostituti
Beffa per 250 lavoratori sostituiti da stranieri pagati meno. Prima di andarsene devono formare i nuovi dipendenti

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Oltre il danno anche la beffa. È quanto sostengono 250 dipendenti di Disney, cittadini americani vittime dell’ultima ondata di mancati rinnovi del contratto di lavoro da parte del colosso dell’intrattenimento. Oltre a perdere la loro posizione lavorativa, i dipendenti si sono trovati nella scomoda posizione di dover preparare i sostituti alle mansioni da loro svolte fino al giorno prima. Sostituti che nella stragrande maggioranza dei casi sono stranieri con visto H-1B, ovvero il permesso di lavoro concesso dall’azienda a professionisti meritevoli di particolari doti professionali.



Il trucco del visto H-1B

«Non potevo crederci, oltre a dover accettare il fatto di vedere seduto alla mia scrivania un’altra persona ho dovuto anche spiegargli come lavorare», spiega uno degli ex dipendenti Disney al «New York Times». «È davvero umiliante dover preparare una persona che si è appena seduta sulla poltrona dove tu per tanto tempo hai lavorato, ti senti vessato», racconta un’altra delle vittime dell’avvicendamento della Disney.



Il visto H1-B è oggetto uno degli argomenti più dibattuti in tema di immigrazione negli Stati Uniti, perché ritenuto da alcuni strumento discriminatorio nei confronti dei lavoratori americani. Il principio per cui viene concesso un visto di categoria H1-B è che il cittadino straniero ha delle caratteristiche professionali e delle specialità lavorative che in quel determinato momento e in un certo contesto risultano insostituibili. Secondo alcune organizzazioni del lavoro americane è spesso un modo per sostituire figure professionali americane con lavoratori stranieri meno onerosi, in termini di retribuzione e contributi.



Avvicendamenti sostanziali di lavoratori americani con stranieri in possesso di visto H1-B sono si sono visti in altre grandi aziende della Corporate America, come Southern California Edison, Fossil, Northeast Utilities, ed ora Disney. In quest’ultimo caso tuttavia si è riscontrata l’anomalia paradossale che dipendenti di lungo corso, con lustri di attività in azienda e un’età superiore ai 50 anni, si sono trovati costretti a dover fare il «training» ai loro sostituti stranieri e alle prime armi.



Bonus e incentivi

La società da parte sua spiega che «la scelta difficile e sofferta di dover eliminare alcune posizioni è figlia di una transizione aziendale che ha coinvolto diverse persone. Per quanto riguarda l’attività di training Disney ha offerto uno «stay bonus» pari al 10% di tutti i contributi maturati nel corso della carriera per insegnare ai sostituti come lavorare. Inoltre agli ex dipendenti a cui non è stato rinnovato il contratto, è stata proposta - questo dice Disney - una possibilità alternativa all’interno del gruppo, o in qualche azienda controllata o è stato messo a disposizione a titolo gratuito un «head hunter», ovvero un cacciatore di lavoro. Ammortizzatori che tuttavia non sono stati accettati di buon grado da tutti, visto che un certo numero di ostracizzati ha preferito rinunciare a incentivi e scivoli rifiutandosi di formare i sostituti.


http://www.lastampa.it/2015/06/05/ester ... agina.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 13/06/2015, 20:02 
Cita:
Francia: Unicef, 1 bambino su 5 vive sotto soglia povertà
Nel paese, drammatica crescita di minori poveri

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(ANSAmed) - PARIGI - In Francia oltre tre milioni di bambini, uno su cinque, vivono sotto la soglia della povertà, 3.000 sono senza fissa dimora, 9.000 abitano nelle baraccopoli e 140.000 abbandonano la scuola ogni anno. Sono i dati rivelati da un rapporto Unicef sulle condizioni dell'infanzia Oltralpe, che bacchetta la risposta "drammaticamente insufficiente" a contrastare l'impatto della crisi da parte di autorità e società.

Nel periodo 2008-2012, scrive l'Unicef, il numero di bambini poveri è salito di 440 mila unità, e in numerosi casi si tratta di soggetti che subiscono l'effetto cumulato di più diseguaglianze, "con effetti disastrosi per il loro avvenire e quello della società". Tra questi, il rapporto mette l'accento sulle difficili condizioni in cui si trovano a vivere molti bimbi migranti, soprattutto se giunti in Francia non accompagnati dalla famiglia.

"Nonostante sforzi considerevoli - sentenzia il rapporto - la Francia in parte fallisce nei confronti dell'infanzia e dei giovani, che sono i più colpiti dalla povertà, dall'esclusione sociale dalle discriminazioni". Per questo, l'Unicef chiede al governo di intervenire su 36 punti concreti, in materia di politica della casa, monitoraggio sociale soprattutto dei soggetti più a rischio, accesso all'educazione, lotta alle discriminazioni e protezione dalla violenza fuori e dentro la famiglia. (ANSAmed).


http://www.ansamed.info/ansamed/it/noti ... c9554.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 22/06/2015, 01:29 
Cita:
“Con il proprio oro Russia e Cina distruggeranno il dollaro”


Nonostante le difficoltà economiche, la Russia sta attivamente aumentando le sue riserve auree. Questa tendenza può avere un impatto devastante sul dollaro statunitense, scrive Peter Krauth, analista del portale economico-finanziario "Money Morning".

Secondo il commentatore, le riserve auree russe sono triplicate negli ultimi 10 anni ed hanno ora raggiunto il picco del 1993. Parte dell'oro russo viene acquistato grazie alla produzione nazionale, dal momento che le sanzioni hanno colpito le esportazioni. Tuttavia il prezzo dell'oro quota sui minimi pluriennali, cosa che può rivelarsi molto vantaggiosa per chi compra.

"Durante la recente crisi del rublo, i cinici ipotizzavano che la Russia avrebbe dovuto vendere l'oro per sostenere la moneta nazionale. Non ero d'accordo. Pensavo che la Russia avrebbe scelto di tenersi le sue riserve auree spendendo dollari di carta. A quanto pare avevo ragione," - scrive l'analista.
Secondo l'editorialista, nel novembre 2014 le riserve auree della Russia sono passate da 37,6 a 38,2 milioni di once. Ad aprile, le riserve sono salite a 39,8 milioni di once.

La significativa crescita delle riserve auree e valutarie russe avrà un impatto molto consistente sul dollaro americano. Alcuni analisti ritengono che a seguito della crisi economica, la Russia potrà usare l'oro come base della propria valuta solo in un lontano futuro. Tuttavia la Russia non agirà da sola, ma con alcuni dei suoi partner ed alleati per abbattere l'egemonia del dollaro USA, rileva Krauth. Si tratta soprattutto della Cina: le sue riserve d'oro sono tra le più grandi del mondo, anche se Pechino non ha specificato i valori esatti. Le riserve auree cinesi possono effettivamente essere dannose per il dollaro USA. L'analista americano James Rickards ritiene che se la Cina decidesse di rivelare l'ammontare delle sue riserve, il dollaro potrebbe crollare. Questo è solo uno dei "punti caldi" che causerà la morte del dollaro, scrive Krauth.


http://www.disinformazione.it/russia_cina_or.htm


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 08/07/2015, 00:54 
Cita:
Cina: dopo la bolla immobiliare ora potrebbe scoppiare la Borsa

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(Il Ghirlandaio) Roma, 3 lug. - “Una crisi – diceva il grande economista Rudi Dornbusch – impiega molto più tempo ad arrivare di quanto tu pensi, ma poi accade molto più in fretta di quanto avresti pensato.” Per capire che si tratta di parole sagge, basta osservare quel che accade in questi giorni alla Borsa di Shanghai. Da mesi si susseguivano gli ammonimenti sul fatto che un mercato salito del 110% in un anno, in un’economia in rallentamento, con i profitti societari in calo, fosse in uno stato di “bolla” conclamata. Le valutazioni, arrivate a superare un multiplo di 70 volte gli utili, avevano perso qualsiasi aggancio con i fondamentali, finendo in balia delle euforiche emozioni di investitori trasformatisi in scommettitori da casinò.

Poco contava per i 90 milioni di piccoli risparmiatori – molti di loro con scarsa istruzione e nessuna esperienza finanziaria - buttatisi a capofitto nel più lungo ed esaltante “mercato del toro” che la Borsa cinese abbia mai conosciuto. Sui “microblog” in cui vengono scambiati consigli e vantati trionfi, abbondavano i racconti di chi, in pochi giorni, era riuscito a guadagnare tanto da acquistare un’agognata Audi. Questo fino a metà giugno. Da allora il mercato ha invertito bruscamente rotta, entrando a rotta di collo in una fase “orso”, ossia ribassista, dopo aver accumulato in poche sedute perdite superiori al 20%.

La capitalizzazione andata in fumo, in appena due settimane, supera il miliardo di euro – il che equivale all’intero valore del Dax, l’indice delle 30 blue chip tedesche. La volatilità, nel frattempo, è salita alle stelle. Si susseguono sedute in cui la variazione media dei prezzi supera il 5%, per lo più al ribasso. E si toccano estremi come quello di lunedì scorso, quando un mercato disorientato e fragile ha oscillato in poche ore tra un + 3% e un – 7%.

Mercato fuori controllo, autorità nel panico

Per un paese come la Cina, dove tutto risponde alla volontà del governo, e dove la Banca centrale è nota agli investitori col titolo protettivo di “mamma centrale”, l’impressione sconvolgente di questi giorni è che il mercato sia fuori controllo. Il crollo, a metà giugno, è stato innescato dal tentativo delle autorità di riportare un po’ d’ordine nell’esplosiva espansione del credito, finalizzato all’acquisto di azioni, da parte di operatori “ombra” non regolamentati: una giungla di siti online P2P, fondi strutturati, “umbrella trust” e altri esotici canali attraverso cui – secondo stime riportate da Bloomberg – sarebbero stati erogati finanziamenti per quasi duemila miliardi di yuan, ossia 300 miliardi di euro, con tassi che superano il 20% annuo ma quasi nessun vincolo.

La risposta del mercato, a mano a mano che la valanga di movimenti ribassisti andava ingrossandosi senza dar cenno di arrestarsi, ha evidentemente prima sorpreso e poi impaurito le autorità, che a partire dallo scorso fine settimana sono passate al contrattacco. La Banca centrale ha ridotto i tassi d’interesse, portandoli al minimo storico del 4,85%. E un ampio pacchetto di misure a sostegno dei corsi di Borsa è stato annunciato: i fondi pensione potranno investire fino al 30% dei loro asset in azioni, le commissioni applicate dai broker saranno ridotte di un terzo e le offerte iniziali di acquisto (Ipo) potrebbero essere congelate. Infine i limiti imposti ai broker per i finanziamenti con margine, ossia per l’acquisto di azioni a credito, saranno allentati.

È quest’ultima misura, in particolare, che – a giudizio di molti analisti – dà l’idea del panico diffusosi tra le autorità. Se il mercato è così instabile, la ragione prima sta proprio nell’esplosione degli acquisti a credito, moltiplicatisi di nove volte negli ultimi due anni. Come ha notato sul Financial Times Gavyn Davies, ex partner di Goldman Sachs ed hedge funder, il margin trading, ovvero il trading con leva finanziaria, è pari all’8% della capitalizzazione del mercato cinese – un rapporto abnorme, che non ha precedenti. Operare con leva consente di moltiplicare i guadagni quando gli indici salgono, ma moltiplica le perdite quando scendono. È dunque una modalità di investimento particolarmente rischiosa, che dovrebbe essere lasciata solo a professionisti esperti e dalle tasche profonde, ma che in Cina è stata entusiasticamente fatta propria da armate di piccoli risparmiatori inconsapevoli del pericolo. Che le autorità incoraggino ora un’ulteriore espansione del credito e una maggiore assunzione di rischi in un mercato già traboccante di eccessi pare dunque una “follia” – secondo il termine assai esplicito usato da Anat Admati, docente di finanza all’Università di Stanford.

L’ennesima bolla per sostenere una crescita drogata

D’altra parte, il governo cinese ha i suoi buoni motivi per voler scongiurare un crollo di Borsa. Il principale è che gonfiare una bolla è stato, sin dall’inizio, un obiettivo voluto. A dimostrarlo sono i ripetuti articoli apparsi, ad esempio, sul Quotidiano del Popolo, organo del Partito comunista cinese, in cui “autorevoli insider”, ovvero fonti ufficiali del partito, spiegavano nei mesi scorsi ai cinesi come a garantire la crescita economica dovessero essere i risparmi della popolazione, trasferiti attraverso il mercato azionario in investimenti “efficaci”. In altre parole, la strategia del governo è stata quella di usare i rialzi di Borsa sia per creare un “effetto ricchezza” che sostenesse i consumi in una fase di rallentamento della congiuntura, sia per finanziare un settore corporate oberato di debiti.

Per capire davvero quanto uno “sboom” di Borsa rischi di avere impatti gravi non solo sulle tasche di una marea di improvvidi investitori, ma sull’intera economia cinese, e a cascata sull’economia globale, serve fare un passo indietro, e dare uno sguardo al contesto. La Cina ha sperimentato, dallo scoppio della grande crisi finanziaria del 2008, due altre bolle: una immobiliare – che ha cominciato a sgonfiarsi nel 2012 dopo aver toccato picchi clamorosi – e una del credito, tuttora in corso. Come nota Davies, il credito totale sta crescendo quasi del 16% l’anno, e cioè a un tasso più che doppio rispetto al Pil nominale. E dati della società di consulenza McKinsey mostrano come l’indebitamento, soprattutto a carico di banche e imprese, abbia toccato livelli ormai da brivido: il debito totale, che stava nel 2000 al 121% del Pil, è salito al 158% nel 2007, per impennarsi fino al 282% nel 2014. In un’economia che continua a rallentare, è evidente come la leva creditizia si stia rivelando sempre meno efficace, mentre si accumulano sovraccapacità produttiva, investimenti infrastrutturali di dubbia redditività, crediti di dubbia esigibilità.

Quella di Borsa è dunque la terza bolla cui le autorità fanno ricorso per cercare di sostenere la crescita economica su tassi non inferiori al 7%, in presenza di una congiuntura internazionale a dir poco fiacca, e mentre cercano di far transitare la Cina da economia in via di sviluppo tutta centrata sull’export a economia a medio sviluppo più centrata sui consumi. Un crollo azionario, cumulato a quello immobiliare, in un’economia gravata da un carico di debiti sempre più oneroso, rischia di avere ricadute pesanti. E non è detto che possa essere evitato.


http://www.ilghirlandaio.com/copertine/ ... -la-borsa/


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 09/07/2015, 00:44 
,,l'unico fatto positivo,in questo inconveniente,riguarda il fatto che allo stato attuale non investa le borse europee.......allo stato attuale........ [:291] [:291]


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 27/07/2015, 19:21 
Cita:
Qual è il reale rischio di contagio della bolla in Cina sui mercati europei?

La Borsa cinese aveva recuperato il 16% dal minimo di giugno (quando a sua volta aveva perso il 40% in tre settimane). La turbolenza sembrava finita e invece oggi è arrivata un’altra doccia fredda con un crollo dell’8%, il peggiore dal 2007. È evidente quindi che - nonostante gli interventi governativi a sostegno dei mercati - la situazione sui mercati finanziari cinesi non può dirsi del tutto archiviata. Continua a scottare.

Per gli investitori europei c’è da chiedersi quale può essere il rischio contagio. È evidente che l’impatto più immediato della burrasca cinese è sulle materie prime. Se l’economia cinese rallenta (sta comunque crescendo del 7% annuo, questo è bene ricordarlo) diminuisce di conseguenza la domanda del primo importatore mondiale di petrolio, di un grandissimo acquirente di oro, e così via.

Non a caso proprio le materie prime sono quelle che stanno soffrendo di più da quando il mercato azionario cinese è salito sulle montagne russe (ma nell’ultimo anno viaggia con un rialzo superiore al 100%, e anche questo è bene ricordarlo). La quotazione del petrolio ha perso il 20% in un mese, l’oro è scivolato da 1.200 verso 1.100 dollari l’oncia. Un’altra conseguenza immediata la si è vista sulle valute dei Paesi che basano il surplus proprio sull’export delle materie prime, come Canada e Australia.

Al momento per gli investitori europei il contagio c’è ma è limitato, con risvolti ancora da decifrare (ad esempio non è detto che un calo del prezzo del petrolio faccia male a Paesi importatori netti come l’Italia). Anche se la reazione delle Borse europee di oggi - che cedono oltre un punto percentuale nonostante l’indice Ifo tedesco abbia battuto le attese dimostrando che la crisi greca sia stata parzialmente digerita - fa riflettere.

Come la pensano gli addetti ai lavori?

«La volatilità della Borsa cinese ed i timori di rallentamento della crescita del paese asiatico producono gli impatti più significativi sulle materie prime - spiega Sergio Bertoncini, Strategist di Amundi sgr -. I comparti obbligazionari ed azionari dell'area euro risultano senza dubbio meno sensibili ai movimenti talvolta anche violenti dei mercati asiatici per molteplici ragioni: tra queste, il continuo miglioramento ciclico in atto, il sostegno della politica monetaria della Bce e anche il recente rientro dei timori legati alla questione greca».

Secondo Massimo Terrizzano, responsabile fondi di Bnp Paribas Investment Partners, «l'impatto che le borse cinesi possono avere sui listini europei non è un elemento da trascurare ed i meccanismi di trasmissione possono essere numerosi. Innanzi tutto, i ribassi cinesi sono un sintomo di instabilità del sistema finanziario di Pechino, che potrebbe mettere a rischio, o quantomeno rallentare, i piani di sviluppo interno, dai quali dipendono le sorti delle materie prime e dei produttori di beni capitali. In secondo luogo, l'instabilità va a ledere la fiducia di quella parte dei consumatori cinesi a più alto reddito, che sono i maggiori acquirenti di prodotti occidentali di alta gamma. Questi due elementi insieme potrebbero riaccendere i timori per un rallentamento delle economie europee e di nuove spinte deflazionistiche: timori che l'Europa sembrava fosse riuscita a superare».


http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... id=ACDJo7X


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 29/07/2015, 01:17 
Cita:
«La crisi della Russia sarà il problema più grande dei prossimi dieci anni»
Le previsioni della Stratfor per il decennio 2015-2025: la crisi della Germania, l’ascesa di Polonia e Turchia, la fine della classe media americana

Francesco Cancellato




«Non c'è decade senza dolore, e anche nella migliore delle epoche possibili, c'è sofferenza». Prevedere il futuro è un mestiere piuttosto complesso e quelli della Stratfor, società di Austin, Texas specializzata in servizi di intelligence e consulenze strategiche lo sanno bene. Ogni cinque anni, dal 1996 a oggi, pubblicano un rapporto che si chiama “Decade Forecast”, che prova a preconizzare cosa succederà nel mondo nei dieci anni successivi. Non arrivano a prevedere singoli eventi, ovviamente, ma partono da essi e ne seguono il percorso, tessera dopo tessera, sino ad arrivare a sviluppare scenari geopolitici coerenti.

Nella loro presentazione ammettono di non aver saputo prevedere l'11 settembre, né la portata della risposta americana al terrorismo islamista, né il progressivo rallentamento dell'economia cinese. Cinque anni fa, però, indovinarono un bel po' di cose: ad esempio, che gli Usa avrebbero trovato un accordo con l'Iran, che sarebbero emersi i nazionalismi in Europa, che la Russia, provata dalla crisi economica e dalla paranoia dell'invasione dal centro Europa, avrebbe provato a riappropriarsi delle vecchie repubbliche sovietiche, per espandere i propri mercati e per riassorbire terre a maggioranza russa, cosa che nel Donbass e in Crimea è puntualmente successa. Avevano previsto inoltre, che la Cina avrebbe dovuto rallentare fisiologicamente la propria crescita economica per stabilizzare il proprio mercato finanziario e che gli Stati Uniti si sarebbero ripresi meglio di chiunque altro dalla crisi del 2008.

Nel 2010 insomma gli è andata bene (o sono stati bravi, fate voi). Anche perché quelle che oggi, a leggerle, ci sembrano ovvietà non lo erano affatto, cinque anni fa. Fa specie, in questo senso, leggere quali siano le previsioni per la prossima decade di questi novelli Nostradamus della geopolitica: economie fortissime che crollano, paesi in via di sviluppo che diventano potenze, istituzioni che pensavano eterne che implodono su se stesse. Parecchia carne al fuoco, insomma. Ma andiamo con ordine.

Partiamo dall'Europa. Che a quelli di Stratfor non piace granché. Male la vedevano nel 2010, molto male la vedono oggi: «L'Unione Europea non sarà capace di risolvere i suoi problemi fondamentali, che non riguardano l'Euro, bensì l'area di libero scambio». Al centro dei guai europei c'è la Germania e il suo surplus commerciale, che di fatto è ciò su cui si regge l'economia tedesca. Secondo quelli di Stratfor - e non solo, peraltro - le istituzioni europee sono progettate a partire dalla necessità di sostenere l'export di Berlino e penalizzano in modo significativo i paesi del sud europa. Così emergono i nazionalismi. E così, dicono, «l'Europa sopravviverà, in qualche modo, ma quella europea sarà un'appartenenza del tutto residuale». Cari amici che sognate gli Stati Uniti del Vecchio Continente, mettetevi il cuore in pace: torneranno i cari vecchi Stati-nazione

Anche perché, rullo di tamburi, la Germania entrerà in una spirale di forte crisi economica. Che dipende, in larga misura e ancora una volta, dalla fortissima dipendenza dall'export. Il ragionamento è piuttosto lineare: la crisi dell'Europa porta con se l'emergere dei nazionalismi; i nazionalismi al governo portano con loro il protezionismo; e il protezionismo per la Germania è un guaio. Allo stesso modo, emergeranno altre economie, nel mondo, che competeranno con la Germania sui mercati extra europei. Tutto questo, dicono quelli di Stratfor: comporterà «un pesante declino dell'economia tedesca, che porterà a sua volta a una crisi domestica politica e sociale che ridurrà l'influenza della Germania sull'Europa nei prossimi dieci anni».

Aspettate a stappare le bottiglie, se siete italiani e francesi. Non sarete voi a beneficiare dell'eventuale declino tedesco, infatti. La nuova potenza emergente europea, infatti, sarà la Polonia. Le sue armi? La crescita economica e la crescente influenza geopolitica sull'area. Alleata strategica degli Usa - con ogni interesse a vederla crescere, quindi - la Polonia secondo lo Stratfor sarà la leader emergente di una eventuale coalizione anti-Russia di cui farà di sicuro parte la Romania.

La crescita del potere polacco - e rumeno e ungherese - sarà figlia, soprattutto, del crollo di Mosca: «È improbabile che la federazione russa sopravviva nella sua forma attuale. Il tentativo russo di trasformare la sua economia legata all'energia a un economia che si auto sostiene la rende e la renderà sempre più vulnerabile alle fluttuazioni di mercato». La profezia, per Putin, è agghiacciante: «La Russia dei prossimi dieci anni ripeterà l'esperienza dell'Unione Sovietica degli anni '80 e della Russia degli anni '90». Se non un crollo, insomma, qualcosa di simile a una disintegrazione: «Non ci saranno rivolte contro Mosca, (…) ma il controllo russo del Caucaso evaporerà, la regione della Carelia proverà a riunificarsi con la Finlandia e le regioni marittime più vicine a Cina, Giappone e Usa cercheranno di muoversi con sempre maggiore indipendenza».

Fosse solo un problema regionale, saremmo a posto. Il problema è che buona parte dell'arsenale nucleare russo è lontano da Mosca. E il grande problema del prossimo decennio, al verificarsi di queste previsioni, sarà capire chi finirà per controllarlo. Questo, secondo Stratfor, sarà la principale sfida che toccherà agli Stati Uniti d'America a livello di politica estera: «Difficile capire come si possa risolvere il problema», spiegano. Ma il prossimo inquilino della Casa Bianca dovrà cominciare a pensarci su sin dal giorno dell'insediamento.

E l'ISIS, direte voi? Pure lì, tra l'Iran e il Nord Africa, non saranno rose e fiori. La previsione è che gli stati nazionali dell'area, nati tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, collasseranno su loro stessi. Prepariamoci a altri Iraq, un’altra Siria, un’altra Libia. E soprattutto, al sostanziale disimpegno degli Stati Uniti su quell’area, che in virtù della grande crisi russa non avranno forza e tempo da dedicare al Medio Oriente. Toccherà ad altri stabilizzare quell'area, insomma. Più precisamente, alla Turchia. La cui competizione con l'Iran, crescerà nel corso degli anni. Ma che, a differenza, del regime degli Ayatollah, è nella posizione perfetta per agire a livello militare e diplomatico. Soprattutto, perché questa situazione premerà sempre più - come preme già ora - sui suoi confini meridionali. Insomma, la Turchia ha l'opportunità di far crescere il suo potere regionale, nei prossimi dieci anni.

Chi invece il suo potere tenderà a mantenerlo, senza tuttavia scalfire la potenza statunitense, è la Cina. L'economia della Repubblica Popolare rallenterà, o meglio si normalizzerà. I problemi non saranno di ordine economico, spiegano quelli di Stratfor, ma più che altro economici e sociali. La ricchezza si distribuirà all'interno, ma le attuali - e brutali - campagne anti-corruzione danno un'idea di come il governo cinese si comporterà nei prossimi anni. Non si andrà verso una democrazia, in sintesi, ma verso una dittatura ancora più totalizzante. Soprattutto, si teme che la rivolta di Hong Kong sarà il modello di altre proteste nelle città della costa, che vorranno più libertà e sempre meno accetteranno trasferimenti di ricchezza verso l'entroterra. Il vantaggio della Cina? Non avere grandi minacce che premono sui suoi confini, cosa che le permetterà di concentrarsi sui propri problemi interni.

Se la Cina rallenterà, contemporaneamente, emergeranno nuove tigri economiche in giro per il mondo. I nuovi “manufacturing hub” saranno sedici, soprattutto nel sud est asiatico, ma anche altrove. Tra loro, paesi centro-sud americani come Messico, Nicaragua e Perù, africani come Etiopia, Uganda, Kenya e Tanzania. In particolare, i due paesi su cui punta lo Stratfor sono l'Indonesia e Messico.

Gli Stati Uniti, infine. Che rimarranno la grande potenza globale, anche se dovranno fronteggiare una grande problema interno. Lo Stratfor ricorda come storicamente i cicli economici americani durano cinquant'anni e finiscono con grandi problemi economici e sociali. L'ultimo ciclo è iniziato nel 1932, dopo il New Deal di Roosevelt ed è finito nei primi anni '80, con la presidenza di Jimmy Carter. Quello che è nato allora, finirà nel 2030. Ma i primi effetti della crisi cominceranno a manifestarsi nella prossima decade. Anzi, secondo lo Stratfor, è già visibile ed la crisi della middle class: «Non è un problema di uguaglianza - spiegano - ma di abilità della classe media di vivere una vita da classe media». Le cause? L'emergere di famiglie monoparentali e la crescente precarietà lavorativa: «Non è ancora una crisi politica, ma lo diventerà e esploderà tra le elezioni del 2028 e quelle del 2032». Per scoprire cosa succederà, tuttavia, bisognerà aspettare le prossime profezie.


http://www.linkiesta.it/crisi-russia-us ... 5-stratfor


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 29/07/2015, 09:06 
Una semplice riflessione... ma se ogni due per tre c'è una crisi economica da qualche parte e, come suggerito dall'articolo, "non c'è decade senza dolore, e anche nella migliore delle epoche possibili, c'è sofferenza" non significa semplicemente che il sistema è sbagliato?!

[:305]



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 29/07/2015, 13:17 
a rigor di logica si, il problema è che è sbagliato per noi comuni mortali mentre è perfetto per chi lo impone :)



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