27/08/2015, 11:54
Atlanticus81 ha scritto:Non sono d'accordo con Aztlan secondo il quale l'ingresso della cina sia stata la scusa per ridurre i diritti dei lavoratori in occidente... quella fu una conseguenza obbligata.
Obbligata dal paradigma neoliberista secondo il quale deve essere il mercato a riequilibrare gli shock esautorando il potere politico dalla regolamentazione dell'economia.
Non poteva essere altrimenti... l'occidente gioca una partita a calcio con 11 giocatori contro una cina che ne può schierare 718.
O si costringe la cina a schierarne 11 prima di 'giocare' ovvero entrare nel WTO o l'occidente dovrà schierarne 718
Il mercato per recuperare competitività si riequilibra in due modi... o svaluti moneta o svaluti il lavoro.
In economia esistono infatti cinque diversi modi per poter fronteggiare uno shock asimmetrico: flessibilità dei salari, mobilità del lavoro, svalutazione/rivalutazione delle monete delle economiche che si trovano in tale situazione, aumento o diminuzione del tasso di inflazione e politiche di unificazione del bilancio di previsione.
in caso di “Shock Asimmetrico” come quello che si è realizzato al momento dell'ingresso della cina nel WTO, secondo i paradigmi neoliberisti che hanno ispirato la globalizzazione bisogna quindi solo lasciar lavorare il mercato del lavoro come di fatto è stato.
Questo è stato l'inizio.
Ciò che vediamo oggi non è altro che la diretta conseguenza delle decisioni macroeconomiche prese nel 2001... il punto che vorrei sottolineare è che NON POTEVA ESSERE ALTRIMENTI!
Quindi per rispondere ad Aztlan la colpa della svalutazione del lavoro non è né della cina né degli industriali occidentali...
Allora la domanda che dovremmo porci coerentemente anche con il titolo del thread è
PERCHE' LA GLOBALIZZAZIONE?! E CHI L'HA VOLUTA?
27/08/2015, 12:37
Aztlan ha scritto:E se invece della svalutazione del lavoro si fosse puntato sugli altri strumenti di cui parli, la svalutazione della moneta, inflazione etc?
Sarebbe stato diverso?
Aztlan ha scritto:un singolo Paese cosa può fare per mettersi al riparo, fingendo che possa prendere decisioni senza subire conseguenze? Alzare protezioni servirebbe a mitigare l' effetto della globalizzazione?
27/08/2015, 13:05
27/08/2015, 13:12
27/08/2015, 14:01
Atlanticus81 ha scritto:Gli Stati Uniti hanno i giorni contati...
27/08/2015, 14:09
gippo ha scritto:Questi problemi non sono insuperabili, le ricchezze ci sono, si tratta solo di mettere da parte i nazionalismi/egoismi e affrontarli insieme ... non c'è altro modo
27/08/2015, 15:06
27/08/2015, 18:04
Atlanticus81 ha scritto:Sei pronto al NWO allora...
28/08/2015, 00:43
Cina, Goldman Sachs avverte: il rischio passa per i Paesi emergenti
La Cina, anche se "mostra segni di vulnerabilità", resta "un grande esportatore, ha ampie riserve e ha una connessione finanziaria moderata con il resto del mondo". Inoltre, i dirigenti cinesi "hanno sia la volontà che gli strumenti per intervenire, secondo le necessità. Di conseguenza, lo stress in Cina rimarrà probabilmente interno, piuttosto che esterno".
Tuttavia, i Paesi sviluppati dovranno fare i conti con il rischio che la trasmissione degli effetti del rallentamento cinese passi attraverso i Paesi emergenti, che sono "più piccoli in termini di Pil rispetto alla Cina, ma sono meno in grado di reggere gli choc e hanno connessioni finanziarie maggiori con il resto del mondo rispetto alla Repubblica Popolare".
E' l'analisi degli economisti della banca d'affari americana Goldman Sachs, nel Global Economics Weekly diffuso oggi.
Il rallentamento dell'economia cinese "coinciderà con una decelerazione delle economie emergenti, più che delle economie sviluppate", poiché le prime sono più correlate a quella cinese. Anche i rapporti commerciali dei Paesi emergenti sono maggiori rispetto a quelli dei Paesi sviluppati, pertanto "la trasmissione degli choc attraverso i canali commerciali sarà maggiore verso gli emergenti che verso i Paesi avanzati".
Quelli più esposti sono gli esportatori di materie prime verso la Cina, come "l'Oman, al 29% del Pil, ma anche le economie asiatiche come Singapore, la Corea del Sud e la Malaysia, dove l'esposizione al Dragone è in media del 12%. Tuttavia, ciò non vuol dire che i Paesi sviluppati non saranno colpiti. I più esposti sono l'Australia con il 6% del Pil (più che altro prodotti agricoli), il Giappone al 3% (su un ampio spettro di merci) e la Germania, al 2% (principalmente macchinari e trasporti)".
Non solo gli esportatori verso la Cina sono esposti al rallentamento dell'economia del Dragone, spiegano gli economisti, "ma, con lo yuan come strumento di politica economica, quelli che competono con la Cina ora devono affrontare maggiori difficoltà. E, tra gli emergenti, i rischi sono maggiori per i Paesi che hanno squilibri macroeconomici preesistenti, che siano interni, esterni o di entrambi i tipi. La lista, non tanto corta, degli emergenti più vulnerabili include Brasile, Sudafrica, Colombia, Cile, Corea del Sud, Thailandia, Taiwan e Malaysia".
Anche Russia e Turchia soffrono, nota Goldman, "la prima più per le commodities e la seconda a causa di squilibri interni. Anche se questi Paesi sono più piccoli della Cina in termini di Pil, rappresentano una fetta del Pil mondiale maggiore di quella dei Paesi a rischio durante le crisi asiatica ed europea. E la dimensione delle esportazioni dei Paesi sviluppati verso queste nazione è vicina a quella delle attuali esportazioni verso la Cina degli stessi Paesi. Pertanto, se la crescita cinese impatterà sugli emergenti, il rischio per i Paesi sviluppati avrà una dimensione simile: misurabile, ma gestibile".
Il punto critico, tuttavia, "è che i Paesi emergenti potenzialmente vulnerabili sembrano più deboli e sensibili nei confronti degli stress di mercato e di crescita di quanto non sia la Cina. A differenza della Repubblica Popolare, molti di questi Paesi hanno deficit delle partite correnti, quindi qualsiasi debolezza della valuta metterà ulteriori pressioni sulla domanda locale".
In più, questi Paesi "hanno maggiori legami finanziari al resto del mondo rispetto alla Cina: il debito estero dei Paesi emergenti potenzialmente esposti è circa al 28%, mentre la Cina ha pochissimo debito estero. Inoltre, l'esposizione delle banche dei Paesi sviluppati nei confronti degli emergenti è maggiore di quella verso la Cina. E le vulnerabilità dei Paesi emergenti hanno delle somiglianze con le condizioni che c'erano durante la crisi asiatica degli anni Novanta, ma i legami finanziari ed economici oggi sono maggiori".
Un altro canale di trasmissione dell'effetto del rallentamento della Cina è "quello delle materie prime: mentre parte del continuo declino dei prezzi delle commodities è guidato dall'offerta, con la Cina che continua a rallentare, anche il lato della domanda sta contribuendo".
Per contrastare queste spinte al ribasso, nota la banca d'affari, "una crescita più visibile negli Usa e negli altri Paesi sviluppati sarebbe utile. Avendo visto danni agli investimenti e alle imprese causati dal declino del prezzo del petrolio, restiamo ottimisti su un miglioramento della spesa dei consumatori, che dovrebbe materializzarsi presto. Invece, un rialzo dei tassi Usa servirebbe solo a esacerbare le difficoltà dei Paesi emergenti".
28/08/2015, 10:23
gippo ha scritto:Non sarà Putin o la Cina a portare la meritocrazia e nemmno a rendere questo mondo più giusto
Per cambiare questo sistema bisognerebbe abbatterlo ma il sacrificio sarebbe altissimo e ricadrebbe sempre sui popoli.
Un collasso economico/finanziario (non la bazzecola che stiamo vivendo) o peggio una guerra nucleare porterebbero il sistema allo zero.
Tuttavia nessuno ci assicura che chi comanda ora non lo farà anche dopo, il sistema potrebbe ricostruirsi tale e quale.
28/08/2015, 13:27
28/08/2015, 14:15
28/08/2015, 15:30
28/08/2015, 15:31
MaxpoweR ha scritto:io dirò all'arconte che se vogliono che torni devono farmi tornare indietro con la mia memoria intatta altrimenti si "fottano"; ricominciare la partita da 0 ogni volta non ha senso
28/08/2015, 20:49