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 Oggetto del messaggio: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 14/01/2016, 15:49 
Da qualche tempo abbiamo introdotto nelle nostre discussioni i concetti relativi alla forma-pensiero dominante che si è venuta a costituire nel corso dei millenni e che ha consentito alla definizione e al mantenimento del cosiddetto "Sistema" che, prima di essere socio-economico è un "Sistema" filosofico, culturale e antropologico.

Vorrei in questo thread analizzare quelli che sono stati i presupposti che hanno permesso la realizzazione della struttura piramidale che segna il passaggio dallo stato di natura allo stato sociale (Hobbes vs Locke) che storicamente avviene con l'arrivo dei Kurgan e la sostituzione dei culti dediti alla dea-madre con quelli patriarcali di divinità maschili e guerriere che ritroviamo poi nella figura di Yahweh, almeno nella cultura religiosa del vicino oriente.

L'errore concettuale che viene fatto da alcune interpretazioni evemerizzate della Bibbia è quello di ridurre la lettura di tale testo al solo livello superficiale omettendo l'aspetto simbolico, filosofico, religioso, fondamenta stesso del sistema socio-culturale millenario che ne deriva.

Secondo la Genesi Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli affidò il compito di dominare la terra.

I verbi adoperati in questo passo sono inequivocabili. Il verbo che ho tradotto con “dominatela” è kabash, che Gesenius, autore del più autorevole dizionario dell’ebraico biblico, traduce come segue: pedibus conculcavit, pedibus subiecit, e per estensione subegit.

Letteralmente dunque si tratta di mettersi qualcosa o qualcuno sotto i piedi.

L’altro verbo, che riguarda specificamente gli animali, è radah. Gesenius traduce: (pedibus) calcavit; subegit, dominatus est.

Sono due verbi che esprimono una grande violenza: l’essere umano ha da Dio il mandato di mettere il proprio piede sulla terra e su tutti gli esseri viventi, compresi quelli che sono in cielo.

Ed ecco nascere il presupposto del NWO: patriarcato, antropocentrismo, sistema piramidale di delega.

Papa Francesco e la cultura del dominio

Nell’enciclica Laudato si’, papa Francesco presenta una visione dell’ecologia che definisce più volte integrale. In cosa consiste l’integralità? Nel fatto che comprende le dimensioni interrelate dell’ambiente, dell’economia, della cultura, della società, considerando le conseguenze che i cambiamenti in ciascuna di queste dimensioni hanno su tutte le altre, ma non solo. L’ecologia di papa Francesco è integrale anche perché contempla tutti gli aspetti della visione del mondo cattolica.

Utilizzando un termine di Raimon Panikkar, possiamo dire che l’ecologia cattolica di papa Francesco è cosmoteantrica. Se l’ecologia è la scienza dei rapporti, l’ecologia integrale di papa Francesco va intesa come la disciplina che si occupa dei rapporti tra l’essere umano, la natura e Dio. Riguardando anche Dio, una tale ecologia non potrà essere una scienza, ma dovrà risultare dal dialogo tra scienza e religione.

Che rapporti ci sono tra Dio, l’essere umano e la natura? Secondo la Genesi, Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli affidò il compito di dominare la terra. Il testo biblico dice, esattamente:

וַיְבָרֶךְ אֹתָם, אֱלֹהִים, וַיֹּאמֶר לָהֶם אֱלֹהִים פְּרוּ וּרְבוּ וּמִלְאוּ אֶת-הָאָרֶץ, וְכִבְשֻׁהָ; וּרְדוּ בִּדְגַת הַיָּם, וּבְעוֹף הַשָּׁמַיִם, וּבְכָל-חַיָּה, הָרֹמֶשֶׂת עַל-הָאָרֶץ.

E Dio li benedisse, e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e dominatela, e soggiogate i pesci del mare, gli uccelli del cielo e ogni vita che si muova sulla terra” (Genesi, 1, 28).

I verbi adoperati in questo passo sono inequivocabili. Il verbo che ho tradotto con “dominatela” è kabash, che Gesenius, autore del più autorevole dizionario dell’ebraico biblico, traduce come segue: pedibus conculcavit, pedibus subiecit, e per estensione subegit (1). Letteralmente dunque si tratta di mettersi qualcosa o qualcuno sotto i piedi. L’altro verbo, che riguarda specificamente gli animali, è radah. Gesenius traduce: (pedibus) calcavit; subegit, dominatus est (2). Sono due verbi che esprimono una grande violenza: l’essere umano ha da Dio il mandato di mettere il proprio piede sulla terra e su tutti gli esseri viventi, compresi quelli che sono in cielo.

In questa violenza originaria, in questo primo mandato violento, che ha in occidente un valore fondante, pur appartenendo al mito, molti hanno visto le radici della violenza umana sulla natura. Tra i primi, lo storico della scienza Lynn White, che in un articolo pubblicato su Science nel 1967 sostenne, appunto, che la crisi ecologica ha radici cristiane.

Il suo ragionamento era basato su un semplice sillogismo: la scienza e la tecnica sono nate in Occidente e poi si sono diffuse in tutto il mondo; l’occidente è cristiano; la scienza e la tecnica non esisterebbero senza il cristianesimo. “Specialmente nella sua forma occidentale – scriveva – il cristianesimo è la religione più antropocentrica che il mondo abbia mai visto” (3). Il cristianesimo distingue l’essere umano, creato a Dio a sua immagine, da tutte le altre creature, sulle quali ha il mandato di dominare e che può usare per i propri scopi.

La natura non è più sacra, come nel paganesimo. E tuttavia la natura è stata creata da Dio, e dunque è una via per mettersi in contatto con lui. Se la prima teologia ha interpretato la natura simbolicamente, dal tredicesimo secolo in poi si cerca Dio nella natura studiando il suo modo di funzionare e le sue leggi.

E’ così che la scienza scaturisce dalla teologia. Purtroppo, questa tecnoscienza che intendeva conoscere la natura per conoscere Dio ha finito per devastare la natura.

Secondo papa Francesco si è trattato di un equivoco. Il mandato biblico non dà all’uomo alcun potere assoluto sugli animali e sulla natura, poiché la terra appartiene solo a Dio. L’essere umano è chiamato da Dio a custodirla, ad esserne non il padrone, ma l’amministratore. Scrive papa Francesco:

Molte vol­te è stato trasmesso un sogno prometeico di do­minio sul mondo che ha provocato l’impressione che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l’interpretazione corretta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di in­tenderlo come amministratore responsabile (4).

Non c’è nulla di particolarmente nuovo in questa idea dell’essere umano quale “amministratore responsabile” della natura. E’ la formula individuata da quando la teologia cattolica ha cominciato ad occuparsi delle problematiche teologiche (il passo citato del resto è seguito da una nota che richiama una dichiarazione dei vescovi dell’Asia del 1993).

Parole molto simili si trovano in papa Ratzinger, non particolarmente noto per le sue aperture teologiche o politiche. In un messaggio per la giornata mondiale della pace del primo gennaio del 2000, Benedetto XVI affermava che l’uomo e la donna sono stati creati “ad immagine e somiglianza del Creatore per ‘riempire la terra’ e ‘dominarla’ come ‘amministratori’ di Dio stesso (cfr Gen1, 28)” (5). E, oltre che non nuova né originale, non è nemmeno particolarmente rivoluzionaria. Si tratta di nulla più che di una sfumatura, che non muta in nulla l’aspetto fondamentale della questione: la posizione dell’uomo nel cosmo.

Per White, come per altri critici del cristianesimo (compreso il cattolico Eugen Drewermann, sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale nel 1992)(6), l’antropocentrismo è il problema culturale da cui deriva la crisi ecologica, che non potrà essere superata fino a quando non si giungerà a considerare l’essere umano come una parte della natura. Quello proposto da papa Francesco è, per così dire, un antropocentismo moderato.

L’essere umano resta il centro del creato, unica creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio, ma il suo potere non va inteso come potere assoluto. Il papa rifiuta risolutamente la prospettiva del biocentrismo, perché “Non si può esigere da parte dell’essere umano un impegno verso il mondo, se non si riconoscono e non si valoriz­zano al tempo stesso le sue peculiari capacità di conoscenza, volontà, libertà e responsabilità” (7); vale a dire: se non si riconosce la sua unicità di creatura fatta ad immagine di Dio.

Papa Francesco non si limita a riaffermare l’antropocentrismo, garantito dal teocentrismo – l’essere umano è unico perché c’è Dio -, ma rilancia:

Non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre poten­ze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà creata da Lui senza conoscere limite. Il modo mi­gliore per collocare l’essere umano al suo posto e mettere fine alla sua pretesa di essere un domi­natore assoluto della terra, è ritornare a proporre la figura di un Padre creatore e unico padrone del mondo, perché altrimenti l’essere umano tenderà sempre a voler imporre alla realtà le proprie leggi e i propri interessi (8).

Altrove, nell’enciclica, si legge che “non si può proporre” una relazione con l’ambiente che prescinda dalla relazione con l’altro e con Dio, perché ciò sarebbe “un individuali­smo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza”(9). Il che vuol dire che tutti coloro che non credono in Dio non possono essere autenticamente ecologisti, e che l’ateismo, sia pure religioso (ad esempio il buddhismo, che è una religione ateistica che ha molto da dire sui temi ecologici), è necessariamente violento ed antiecologico. Con questa enciclica, in sostanza, il cattolicesimo si arroga l’ecologismo.

Il citato Lynn White riteneva che all’interno del cristianesimo fosse presente una sorta di antidoto alla violenza verso la natura: il francescanesimo. Francesco d’Assisi è, per lo storico americano, “il più grande radicale nella storia cristiana dai tempi di Cristo”. Egli ha istituito una sorta di democrazia tra le creature, una fratellanza che supera e cancella il dominio. Ma la rivoluzione francescana ha fallito, ed è prevalsa “l’arroganza cristiana ortodossa verso la natura” (10).

Ora, papa Francesco si richiama apertamente a Francesco d’Assisi, al suo amore per la natura, alla sua fratellanza verso gli esseri non umani. Ad un certo punto, giunge a sfiorare una affermazione importantissima: quella della sacralità della vita non umana. Come è noto, per la Chiesa cattolica la sola vita umana, anche quando è ancora in embrione, è sacra; nessuna altra vita lo è. Con una formula nella quale appare evidente la sua formazione gesuitica, papa Francesco afferma:

Oggi la Chiesa non dice in maniera semplicistica che le altre creature sono comple­tamente subordinate al bene dell’essere umano, come se non avessero un valore in sé stesse e noi potessimo disporne a piacimento (11).

Il che dovrebbe significare che gli esseri non umani hanno un valore intrinseco, se non una loro sacralità. Nella stessa enciclica, però, il papa sottolinea che il pensiero ebraico-cristiano “ha demitizzato la natura” e, senza smettere si ammirarla, “non le ha più attribuito un carattere divino” (12). E questo significa invece ribadire che l’essere umano è l’unico essere divino della natura, in quanto imago Dei, e che la vita di nessuna altra creatura è sacra. Da ciò dovrebbe scaturire una cura nei confronti del creato, fragile ed imperfetto nella sua non-divinità.

Nessuna orizzontalità, dunque; nessuna reale fraternità tra le creature. Papa Francesco ribadisce la tradizionale visione cattolica del cosmo: in alto Dio; sotto Dio l’essere umano; sotto l’essere umano, la terra e le creature. Questo “essere sotto” del mondo e delle creature non è più un “essere schiacciato”, ma resta la visione gerarchica.

Uno che di ecologia se ne intendeva, Murray Bookchin (tra parentesi: è il creatore dell’ecologia sociale, espressione che il papa usa senza citarlo), sosteneva l’urgenza di “estirpare l’orientamento gerarchico della nostra psiche” (13), quella disposizione mentale che ci porta a creare realtà inevitabilmente disuguali, in qualsiasi campo della nostra esperienza. La stessa opzione etico-economica per gli ultimi ed i poveri – a proposito della quale papa Francesco in questa enciclica ed altrove dice cose importanti ed assolutamente condivisibili – può restare parziale, senza una rivoluzione psichica e culturale che ci conduca a cercare ovunque relazioni orizzontali, aperte, democratiche, a rigettare la cultura dell’alto e del basso, del primo e dell’ultimo, del sacro e del profano.

La crisi ecologica richiede una rivoluzione culturale, un nuovo sguardo sul mondo che re-immerga l’essere umano nella natura e che porti in primo piano, anche dal punto di vista etico, la vita non umana. Quella proposta da papa Francesco è, su questo punto (che non è marginale, ed al quale si collegano tutti gli altri temi economici, sociali, etici) una riforma, più che una rivoluzione.

Note

(1) W. Gesenius, Lexicon Manuale Hebraicum ed Chaldaicum in Veteris Testamenti Libros, Vogelii, Lipsiae 1833, p. 465.

(2) Ivi, p. 924.

(3) L. Whyte, The Historical Roots of Our Ecologic Crisis, in Science, vol. 155, n. 3767, 10 march 1967.

(4) Lettera enciclica Laudato si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune, Tipografia Vaticana, Roma 2015, p. 91.

(5) Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione della XLIII Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2010, http://w2.vatican.va/content/benedict-x ... peace.html

(6) La critica di Drewermann all’antropocentrismo è in Der tödliche Fortschritt: Von der Zerstörung der Erde und des Menschen im Erbe des Christentums, Pustet, Regensburg 1981.

(7) Lettera enciclica Laudato si‘, cit., p. 93.

(8) Ivi, pp. 59-60.

(9) Ivi, p. 93.

(10) L. White, The Historical Roots of Our Ecologic Crisis, cit.

(11) Lettera enciclica Laudato si’, cit., p. 55.

(12) Ivi, p. 61.

(13) M. Bookchin, L’ecologia della libertà. Emergenza e dissoluzione della gerarchia, tr. it., Elèuthera, Milano 2010, p. 518.

http://www.glistatigenerali.com/religio ... l-dominio/


I nativi americani non hanno avuto una "Bibbia" su cui formare il proprio 'pensiero'... infatti le differenze sono evidenti!



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 14/01/2016, 16:07 
La struttura piramidale è assolutamente naturale. Tutto in natura si organizza secondo livelli di energia diversi e la materia allo stesso modo così la biologia fino all'uomo. non vedo perchè noi dovremmo funzionare al di fuori della struttura dell'universo ^_^ Ah giusto noi siamo extradimensionali no? mah

I nativi americani? I nativi americano hanno un capo tribù uno slamano uomini che cacciano e donne che accudiscono i bambini non sarà patriarcale (ma ne dubito) ma sicuramente è piramidale.

Nessuna comunità umana è perfettamente ORIZZONTALE anche perchè non funzionerebbe.

Che poi al vertice della piramide, a capo del branco, ci sia un uomo "patriarcato" o una donna "matriarcato"è del tutto irrilevante.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 14/01/2016, 16:21 
Max.... vorresti forse PARAGONARE la struttura piramidale che governa il mondo (il cui vertice
è nelle mani della feccia dell'Universo) con la "struttura piramidale" (mettiamoci le virgolette va)
dei nativi americani? [:D]

Dimmi che hai sbagliato esempio dai....



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 14/01/2016, 16:44 
Questa era l'arcadia... il giardino dell'eden che l'uomo ha distrutto... e lo ha distrutto perché la Bibbia, o meglio ciò che ha contribuito a veicolare, glielo ha consentito

Comunque da migliaia di anni a questa parte grazie, o per colpa, della Bibbia si è forgiato il concetto nell'ambito delle culture legate alle religioni abramitiche di un certo sistema di dominio.

Che poi la Bibbia rimandi a sua volta a testi precedenti ha in questo momento poca importanza visto che è su di essa che la cultura dominante fa riferimento e non sull'enuma elish o su altri testi sacri.

Resto dell'idea che se quel passo di Genesi non fosse mai esistito oggi il mondo sarebbe completamente diverso.

Questa era l'arcadia (nei link sottostanti) ... il giardino dell'eden che l'uomo ha distrutto... e lo ha distrutto perché la Bibbia, o meglio ciò che la Bibbia ha contribuito a veicolare, glielo ha consentito

http://www.progettoatlanticus.net/2015/11/eden.html

http://www.progettoatlanticus.net/2016/01/eden-ii.html

e glielo ha consentito quando ha detto che l'uomo aveva il dominio su tutte le cose... e quando dici all'uomo che egli ha il dominio su tutte le cose il passo per avere dominio su altri uomini (e sulle donne) è molto breve, purtroppo per tutti noi



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 15/01/2016, 02:27 
Thethirdeye ha scritto:
Max.... vorresti forse PARAGONARE la struttura piramidale che governa il mondo (il cui vertice
è nelle mani della feccia dell'Universo) con la "struttura piramidale" (mettiamoci le virgolette va)
dei nativi americani? [:D]

Dimmi che hai sbagliato esempio dai....


La struttura, il pattern, chiamiamolo come ti pare è la/lo stessa si. Che poi al vertice di una ci sia la feccia ed al vertice dell'altra ci sia Orso Danzante la colpa non è dei vertici ma la nostra :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 15/01/2016, 14:13 
Leggendo questo testo non sembrerebbe corrispondere al vero la tesi di MaxpoweR.

La società senza stato degli Indiani d’America

Immagine

Il principio di base del governo indiano era sempre stato il rifiuto del governo stesso. La libertà dell’individuo era considerata praticamente da tutti gli indiani a nord del Messico come una regola infinitamente più preziosa del dovere dello stesso individuo verso la sua comunità o la sua nazione. Il fenomeno di singoli individui, o piccoli gruppi, che abbandonavano la tribù di origine per unirsi ad un’altra dello stesso ceppo linguistico era piuttosto comune. La mancanza di un’organizzazione statale portò gli europei a considerare i nativi americani dei selvaggi.

L’uomo indiano non aveva obblighi di lavoro o di tributi verso alcun suo simile: cacciava e lavorava unicamente per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia, e una volta soddisfatti questi, poteva dedicare il suo tempo al riposo, alla danza, ad altre arti. Il rispetto delle regole veniva assicurato da associazioni di volontari, che erano di due tipi: di polizia e civili. Esse mantenevano l’ordine, anche durante i trasferimenti degli accampamenti, avevano funzione di sorveglianza dei campi, e di far sì che venissero rispettate le regole di caccia e sull’abbattimento degli alberi (cosa che poteva allontanare la selvaggina). Un bracconiere non veniva privato della libertà, ma gli veniva imposta la consegna delle armi e il sequestro della selvaggina.

Il capo tribù non aveva alcuna autorità sui suoi membri. Durante la pace era il portavoce della comunità, un buon oratore per parlamentare con gli altri capi, ma la sua parola non aveva “forza di legge”: può persuadere solo con la parola, non ha altri mezzi di coercizione a disposizione. Era anche l’uomo più generoso della tribù, che faceva grandi dono durante le festività e faceva sì che il bottino delle scorrerie venisse spartito in maniera equa.

Durante la guerra (e non è detto che il capo di pace e il capo di guerra coincidessero) rivestiva un ruolo importante, di guida e strategico. Molto spesso era un guerriero abile, in cui gli altri guerrieri avevano fiducia: si creava così una sorta di obbedienza naturale. E se il capo cercava di spingere la tribù in guerra solo per sua gloria personale, i guerrieri lo abbandonavano rifiutando di seguirlo. Era il capo ad essere al servizio della tribù, e non viceversa.

Le decisioni più importanti della tribù (guerra, pace, caccia) erano prese da un “consiglio”, il più delle volte formato dagli anziani, dal capo e a volte anche dai membri delle associazioni. Per ogni decisione era necessaria l’unanimità, ma nessuna decisione poteva mai attentare alla libertà individuale di un consociato. I conflitti personali si regolavano attraverso la mediazione del capo o di un familiare. I membri del consiglio, come i capi, erano scelti da tutti gli adulti della comunità.

La guerra aveva due funzioni: da una parte un significato rituale, necessario alla stabilità del gruppo, dall’altra impediva la formazione di vaste comunità, e quindi l’emergere stesso di entità politiche superiori all’individuo (statali, dunque). Lo stato di guerra era dunque permanente nella società indiana, ma non aveva come obiettivi ingrandimenti territoriali o conquiste di risorse naturali. Era connaturata al sentimento religioso – di qui il dipingersi il corpo, i canti di guerra – e nessuno era obbligato a parteciparvi.

I giovani la vedevano come opportunità per ottenere prestigio. Per provare la sua bravura il guerriero indiano non doveva per forza uccidere il suo avversario, ma gli bastava vincere una prova assegnatagli dalla tribù: sciogliere e portar via un cavallo dal campo, appropriarsi dell’arco di un nemico in un corpo a corpo, colpire l’avversario con la mano (presso i Crow), rubare un fucile o la pipa da cerimonia (presso i Piedi Neri). Erano guerre lampo, la maggior parte delle volte, cui non facevano seguito prerogative di una tribù su un’altra o massacri della tribù sconfitta. Fra le diverse tribù si stringevano spesso delle alleanze, che quando diventavano durature si trasformavano in leghe. Queste leghe avevano competenza però solo per gli affari di guerra, non ledendo in alcun modo la “sovranità” delle singole tribù.

Questa visione “anarchica” era presente in tutti i comportamenti, a partire dall’unità sociale più piccola, la famiglia. L’idea di padre-padrone sul continente americano fu portata dagli europei. Il genitore indiano era tendenzialmente restio a punire i figli. Le loro dimostrazioni di caparbietà erano sempre accolte come un’indicazione propizia dello sviluppo di un carattere che stava maturando.

Riguardo le donne, la credenza che si diffuse tra i bianchi che uno sposo “comprasse” la moglie era falsa. Non si trattava dell’acquisto di una persona, bensì di un “risarcimento” da parte del giovane alla famiglia della ragazza, alla quale toglieva una parte importante della forza-lavoro: le donne della tribù, infatti, svolgevano mansioni come cucinare, conciare le pelli, preparare la carne dal conservare per l’inverno, e di organizzare il trasporto delle masserizie durante il trasferimento degli accampamenti. Nella società indiana vi era una grande libertà sessuale (usavano delle tisane come contraccettivo e non c’era alcun obbligo di castità prematrimoniale) e furono poche le proibizioni sociali che riguardavano le donne.

Il divorzio poteva essere ottenuto semplicemente se entrambi i coniugi fossero stati d’accordo. Quando il capo Oglala Nuvola Rossa fu invitato a Washington DC per negoziare la pace con il Presidente Grant, la sua delegazione comprendeva 16 uomini e 4 donne. Le delegazioni di bianchi impegnate in politica, all’epoca e per molto tempo dopo, erano esclusivamente maschili.

L’omosessualità non era uno scandalo. Gli indiani dei gruppi Sioux, ad esempio, avevano un grande rispetto per omosessuali ed ermafroditi: li chiamavano “mezzi uomini” (ma non c’era un senso spregiativo), e a loro veniva affidata una funzione divinatoria e cerimoniale all’interno della tribù. Le predizioni dei mezzi uomini erano tenute in molta considerazione.

Il contatto con la “civiltà” ruppe l’incantesimo di questa società libera. Eppure molti europei, all’inizio della colonizzazione, erano estasiati dal modo di vivere libero dei nativi. Provenendo da territori dove le convenzioni statali, sociali e religiose erano opprimenti, videro nella vita con gli indiani un occasione di riscatto. In molti abbandonavano l’esercito, il villaggio, la nave e la famiglia per unirsi alle tribù. La situazione era così “grave” agli occhi delle autorità del XVII secolo, che il governatore della Virginia stabilì pene severissime per i fuggiaschi. Il missionario Sagard osservò che “i francesi divengono dei selvaggi non appena cominciano a vivere a contatto con i selvaggi”.

http://libertarianation.org/2013/01/23/ ... -damerica/


D'altronde per migliaia di anni i bisonti e i nativi americani vivevano in armonia ed equilibrio... poi sono arrivati i "bianchi" e nel giro di un secolo quasi i bisonti si estinguevano... un motivo ci sarà no!?

A questo punto suggerisco anche la lettura del seguente articolo

Mitologia greca: colpo di Stato degli dei padri olimpici sull'antico ordine delle dee madri
http://storiasoppressa.over-blog.it/art ... 13831.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 15/01/2016, 15:16 
A me invece sembra proprio di vedere una struttura piramidale. non esiste società umana non organizzata e come tu stesso hai evidenziato c'era un capo tribù (il cui ruolo non era meramente simbolico) c'erano dei tutori DELLE REGOLE (qualunque queste fossero) c'era una gerarchia di bisogni da soddisfare la necessità di affermare il proprio status quo con delle prove di una qualche tipo (oggi quel compito è delegato prevalentemente alla componente economica ma alla base c'è lo stesso principio di funzionamento) ecc. ecc. ecc. La differenza sta nell'applicazione dei principi non nel funzionamento di una società.


Cita:
Riguardo le donne, la credenza che si diffuse tra i bianchi che uno sposo “comprasse” la moglie era falsa. Non si trattava dell’acquisto di una persona, bensì di un “risarcimento” da parte del giovane alla famiglia della ragazza, alla quale toglieva una parte importante della forza-lavoro: le donne della tribù, infatti, svolgevano mansioni come cucinare, conciare le pelli, preparare la carne dal conservare per l’inverno, e di organizzare il trasporto delle masserizie durante il trasferimento degli accampamenti. Nella società indiana vi era una grande libertà sessuale (usavano delle tisane come contraccettivo e non c’era alcun obbligo di castità prematrimoniale) e furono poche le proibizioni sociali che riguardavano le donne.


Ma che sessisti questi indiani [:D] costringevano le donne a fare le "casalinghe". A parte gli scherzi non vedo che proibizioni debbano affrontare le donne in una società civile. A tuo avviso le donne indiane avevano più diritti di quelle odierne italiane ad esempio? Secondo me no. forse l'unica limitazione è di tipo sessuale, per molti italiani il sesso è ancora tabù ma solo perchè si viene cresciuti nell'ambito del cristianesimo che lo demonizza.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 15/01/2016, 15:43 
MaxpoweR ha scritto:
A me invece sembra proprio di vedere una struttura piramidale. non esiste società umana non organizzata e come tu stesso hai evidenziato c'era un capo tribù (il cui ruolo non era meramente simbolico) c'erano dei tutori DELLE REGOLE (qualunque queste fossero) c'era una gerarchia di bisogni da soddisfare la necessità di affermare il proprio status quo


Se hai capito questo da frasi come:

Il principio di base del governo indiano era sempre stato il rifiuto del governo stesso. La libertà dell’individuo era considerata praticamente da tutti gli indiani a nord del Messico come una regola infinitamente più preziosa

L’uomo indiano non aveva obblighi di lavoro o di tributi verso alcun suo simile: cacciava e lavorava unicamente per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia, e una volta soddisfatti questi, poteva dedicare il suo tempo al riposo, alla danza, ad altre arti.

Non capisco allora tu cosa intenda per struttura sociale "piramidale" e probabilmente fraintendi quali siano i fondamenti della cosiddetta società gilanica contrapposti a quelli "patriarcali" oggetto di questo thread.

Ed ecco perché definisci le società gilaniche in modo sarcastico le società dei mini-pony... ma fortunatamente c'è molto di più dietro questo discorso.

Forse i 6000 anni di storia che remano contro hanno forgiato il tuo pensiero talmente tanto da non riuscire a immaginare niente di diverso dalla "piramide" come se non esistessero alternative.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 19/01/2016, 13:56 
Dai presupposti al risultato...

L’1 per cento della popolazione mondiale possiede una ricchezza pari a quella del restante 99 per cento

L’1 per cento della popolazione mondiale possiede una ricchezza pari a quella del restante 99 per cento. Secondo il rapporto dell’ong Oxfam, presentato in vista del vertice economico di Davos, le 62 persone più ricche del pianeta detengono in totale la stessa ricchezza della metà più povera del mondo. Nel 2010 questi miliardari erano 388 e, se la tendenza non cambierà, nel 2020 saranno solo 11.

http://www.internazionale.it/notizie/20 ... -per-cento


Aprite il link e guardate il semplice grafico... I discendenti di quei simbolici "pastori Kurgan" hanno raccolto metaforicamente tutte le greggi nelle loro mani.

Non so se ci si rende conto DAVVERO cosa questo significhi e dell'ineluttabilità e urgenza nel CAMBIARE le cose...



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 19/01/2016, 15:13 
più che altre la domande è, perchè 7 miliardi di persone non si ribellano contro sole 64 persone?


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 20/01/2016, 13:36 
Non puoi ribellarti contro 64 persone ma contro l'intero sistema in cui viviamo e che è asservito ai loro interessi.

7 miliardi di persone dovrebbero smetterla di comprare cibo e procurarselo cacciando o coltivandoselo dovrebbero smetterla di usare automobili e mezzi pubblici cominciando ad andare a piedi o in bicicletta o a cavallo (sempre che gli animalisti non l considerino un sopruso) dovresti smetterla di comprare vestiti usando le pelli degli animali per coprirti (a meno che tu non sappia tessere col telaio a mano) dovresti spegnere il pc e scollegarti dalla rete diventando istantaneamente ignorante e dovendo imparare a fare TUTTO solo con l'esperienza. Dovrai imparare a difenderti da solo visto che i corpi di polizia sono asserviti ai poteri di cui sopra ed idem con le malattie, dovrai imparare DA SOLO senza l'ausilio della rete quali piante sono utili e quali no e tante altre cose che qui non sto ad elencare.

Questa è la vera rivolta e sinceramente io tra le due opzioni preferisco l'attuale.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 20/01/2016, 14:14 
MaxpoweR ha scritto:
Non puoi ribellarti contro 64 persone ma contro l'intero sistema in cui viviamo e che è asservito ai loro interessi.

7 miliardi di persone dovrebbero smetterla di comprare cibo e procurarselo cacciando o coltivandoselo dovrebbero smetterla di usare automobili e mezzi pubblici cominciando ad andare a piedi o in bicicletta o a cavallo (sempre che gli animalisti non l considerino un sopruso) dovresti smetterla di comprare vestiti usando le pelli degli animali per coprirti (a meno che tu non sappia tessere col telaio a mano) dovresti spegnere il pc e scollegarti dalla rete diventando istantaneamente ignorante e dovendo imparare a fare TUTTO solo con l'esperienza. Dovrai imparare a difenderti da solo visto che i corpi di polizia sono asserviti ai poteri di cui sopra ed idem con le malattie, dovrai imparare DA SOLO senza l'ausilio della rete quali piante sono utili e quali no e tante altre cose che qui non sto ad elencare.

Questa è la vera rivolta


ESATTO!

Oddio, esatto più o meno... Non vedo perché questo dovrebbe portare alla solitudine o all'eremitaggio dedotto dai tuoi "IMPARARE DA SOLO", quando invece sarebbe preferibile una COLLABORAZIONE (non competitiva).

Richiamando il tuo esempio, se non so quali piante siano utili, altri possono insegnarmelo SENZA AVERE NULLA A PRETENDERE.

Economia del dono (ovvero gilania)... cosa che i Kurgan (patriarcato) non avevano la minima intenzione di promuovere avendo come presupposto sociale il concetto di "proprietà" (delle greggi, delle donne, del resto del mondo)

MaxpoweR ha scritto:
e sinceramente io tra le due opzioni preferisco l'attuale.


E allora non dovresti lamentarti mai più di chi ti governa e della piramide patriarcale, ma limitarti ad eseguire gli ordini avendo tu concesso loro una delega ad limitum nei tuoi confronti.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 20/01/2016, 14:18 
Io mi lamento perchè è sbagliato il modo di amministrare il potere ma il sistema attuale è il migliore possibile sicuramente migliore di quello in stile miny poni di cui parli tu che funziona solo a chiacchiere. Io preferisco migliorare un sistema funzionante ma tarato male invece che auspicare un sistema diverso inutilizzabile e non funzionante. 7 miliardi di persone, presto 10 che si scambiano regali e sorrisi in perfetto stile new age -_-Sognare è bello ma per risolvere i problemi bisogna stare con i piedi per terra. Se poi se ne vuole parlare tanto per allora va bene qualunque soluzione.

Perché nel frattempo che capisci quale pianta placa l'infezione o mentre cerchi che qualcuno ti doni il proprio sapere (sempre che il suo sapere sia più approfondito del tuo nella materia che ti interessa)e te la indichi sei bello che morto di setticemia.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 20/01/2016, 14:33 
MaxpoweR ha scritto:
Io mi lamento perchè è sbagliato il modo di amministrare il potere


Sbagliato?! Non direi proprio...

Sarà sbagliato PER TE che stai sotto e deleghi, e stai sotto PROPRIO PERCHE' DELEGHI ... ma dal punto di vista del vertice della piramide è perfettamente funzionante! Guarda il grafico postato precedentemente come la ricchezza e il potere si sia concentrando nelle loro mani. La tua delega, come quella di altre miliardate di persone glielo ha permesso.

Non vedo proprio perché dovrebbero cambiarlo. CHIUNQUE al vertice di suddetta piramide, seguendo la forma-pensiero incarnata nel concetto di "Patriarcato", giungerebbe alle medesime azioni.

Se pensi che possa essere "perfezionato" per il bene pubblico e non per quello privato stai già proponendo una forma di economia del dono senza che nemmeno te ne accorgi. Stai già presupponendo una trasformazione della forma piramidale a una circolare.

Vedi che un po' di filosofia e di coerenza logica di pensiero non ti farebbe male?!

[;)]

MaxpoweR ha scritto:
il sistema attuale è il migliore possibile sicuramente migliore di quello in stile miny poni di cui parli tu che funziona solo a chiacchiere


Che funzioni solo a chiacchiere è un tuo dogma, pari a quelli che continuano a pensare alle piramidi costruite con gli scalpellini, essendoci elementi oggettivi di società similmente strutturate e durate migliaia di anni, oltre che di comunità attualmente presenti che nel loro piccolo realizzano un sovvertimento dei canoni socio-economici-culturali e funzionano benissimo.

Continuare a definirla la società del mini-pony ti pone alla stregua degli "scettici" e del loro modus operandi denigratorio.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 20/01/2016, 14:47 
Ma siccome mi piace discutere e dibattere vado a presentare un punto di vista diametralmente opposto al mio sul valore attribuito al "patriarcato", ma che vale la pena leggere. Soprattutto perché ci aiuta a ricordare, e in questo sono PERFETTAMENTE D'ACCORDO, la necessità dell'ARMONIA e dell'EQUILIBRIO tra le due componenti.

Note sull'origine del patriarcato
Britton Johnston

Traduzione dall'inglese di Fabio Brotto
brottof@libero.it
http://www.bibliosofia.net

Anzitutto, presupponiamo che ci sia stato un tempo in cui la civiltà sia stata non-patriarcale. Questo è lontano dall'essere provato, sebbene ci sia qualche indicazione che le cose potrebbero essere state così. Ma come avrebbe luogo la transizione dalla cultura non-patriarcale a quella patriarcale?

Si sostiene che, poiché gli uomini sono più aggressivi e forti fisicamente delle donne, essi hanno naturalmente vinto la competizione con le donne per una posizione privilegiata entro la cultura.

Molta parte della dottrina femminista sostiene che non vi sia nulla di quello che un uomo può fare che una donna non possa fare a sua volta. Le donne stanno entrando nell'esercito - anche in fanteria. Esse stanno accostandosi a sport tradizionalmente maschili come la lotta, perfino in competizione diretta con i maschi. Donne maratonete stanno cominciando ad affermare di essere in grado di battere gli uomini in maratone di estrema lunghezza, di cinquanta miglia o più. È improbabile che le donne raggiungano mai una perfetta uguaglianza agli uomini in forza fisica, ma la distanza si sta accorciando nella misura in cui sempre più donne praticano sport competitivi.

La dottrina femminista sostiene altresì che l'aggressività non è necessariamente l'unica forma di forza umana. Sappiamo che la solidarietà umana, per esempio, deve dipendere da qualcosa di più elevato dell'aggressività, e che gli umani cooperando tra loro possono conseguire risultati migliori di quelli ottenuti da singoli individui, per quanto aggressivi questi possano essere. La stile relazionale delle donne tende a produrre una solidarietà sociale maggiore di quella realizzata dallo stile aggressivo maschile. Pertanto sembra probabile che in una "guerra tra i sessi" le donne debbano avere un vantaggio sugli uomini.

La dottrina femminista nega che le donne siano il "sesso debole", evidenziando come vi siano molte forme di forza diverse da quella fisica e dall'aggressività. Le donne possono impiegare molte forme alternative di forza e di solidarietà in modo più efficace degli uomini.

Si assume che proprio perché sono gli uomini più delle donne a ricevere dal patriarcato un beneficio culturale, allora sono gli uomini che devono aver ideato e rafforzato il patriarcato stesso.

L'immagine del maschio al primo stadio della civilizzazione che emerge da questo modello è molto impressionante. Egli sarebbe stato in grado di immaginare un nuovo sistema sociale che lo avrebbe avvantaggiato sulle donne che gli stavano intorno. Sarebbe stato in grado di organizzare insieme agli altri uomini della sua società una specie di cospirazione contro metà della sua comunità. Sarebbe stato in grado di impiegare la sua forza fisica contro la superiore capacità di solidarietà sociale delle donne. Sarebbe stato in grado di inventare un sistema religioso atto a fondare e preservare i suoi privilegi di contro alla forza dell'esperienza e dell'ottica femminile. Era forte, inventivo, geniale e ben organizzato. Era anche abbastanza malvagio da voler opprimere le donne che avevano portato in seno lui e i suoi figli. Se non fosse per la sua estrema malvagità, si sarebbe tentati di concludere che il patriarcato è un buon sistema, visto che affida la responsabilità della cultura ad una creatura così evidentemente superiore. Sembra di poter concludere che molta della teoria palesemente antipatriarcale sull'origine del patriarcato sia basata su presupposti patriarcali.

Prendiamo due principi della dottrina femminista e poniamo che siano veritieri: anzitutto, le donne non sono il "sesso debole", e il patriarcato è un sistema intrinsecamente violento che ostacola la pace e la completezza del genere umano. In altre parole, l'uguaglianza e la giustizia tra i sessi è l'origine e il destino della nostra specie. Ma in qualche punto dello sviluppo vi è stata una "caduta", ed un'espulsione dal "Giardino dell'Eden".

Ma questa caduta non potrebbe essere stata realizzata da uno dei due sessi contro l'altro, dato che nessuno dei due è più "debole" dell'altro. Deve quindi esserci stato qualche inganno o illusione che è penetrato nella cultura umana e ha fatto sì che i due sessi abbiano collaborato al fallimento della giustizia.

Ma perché le donne avrebbero dovuto collaborare alla loro stessa oppressione? Veniamo qui ad un punto che suggerisce quel "biasimo della vittima" che è un vecchio espediente degli oppressori per giustificare i loro privilegi. Ma questa non è l'unica conclusione disponibile. L'origine del patriarcato potrebbe essere un caso di crisi culturale sfociante nella scelta del male minore. Per salvare la vita di un paziente con un arto in cancrena, un chirurgo glielo amputerà. Allora non è possibile che il sistema patriarcale emerga come scelta della cultura nel suo insieme - uomini e donne - al fine di scongiurare una crisi che potrebbe distruggere completamente la cultura stessa? Questa ipotesi sembra più coerente con la comprensione femminista della essenziale eguaglianza di forze delle donne nella società umana. Ed è anche più coerente con l'evidenza archeologica.

La domanda naturalmente riguarda quale tipo di crisi possa aver convinto le donne a rinunciare alla loro posizione sociale e ad abbracciare un sistema patriarcale che le avrebbe crudelmente oppresse.

Sappiamo che l'origine del patriarcato sembra risalire ad un certo stadio in tutte le primitive società agricole. Pare che in ogni parte del mondo ove sia sorta l'agricoltura, si sia inevitabilmente instaurato un sistema patriarcale. I tre esempi principali sono il Vicino Oriente antico, la Cina antica e il Mesoamerica. In ciascun caso, l'agricoltura sorse senza alcun influsso dall'esterno; in ciascun caso sembra che l'inizio della pratica agricola sia stato seguito da un periodo di culto di una dea della fertilità (con o senza un equivalente maschile) e da una società caratterizzata da una approssimativa eguaglianza tra i sessi: ma questo breve periodo di quasi matriarcato fu seguito dall'emergere di una cultura guerriera dominata dai maschi.

Alcune studiose, come Gerda Lerner, Marija Gimbuta e Rianne Eisler hanno tentato di spiegare la nascita del patriarcato come la conseguenza di un'invasione delle pacifiche comunità agricole da parte di culture patriarcali guerriere dotate delle superiori armi dell'età del ferro. Ma questa ipotesi non è in grado di risolvere due importanti questioni. Anzitutto, in che modo gli invasori dell'età del ferro erano diventati patriarcali? E in secondo luogo, come si può spiegare il fatto che il patriarcato sorse anche in Mesoamerica, dove la civiltà aveva a malapena superato il livello dell'età della pietra?

Allora, che cosa è stata questa crisi? È chiaro che la risposta può essere solo speculativa, dal momento che disponiamo solo di pochi manufatti e di nessun documento. Ma la prima indicazione, o piuttosto il principio guida per la nostra speculazione, viene dalla teoria mimetica di René Girard. Non è necessario che io riassuma qui la teoria di Girard: basterà sottolineare come la teoria di Girard possa suggerire una soluzione al problema della natura della crisi che è risolta dal patriarcato: la crisi mimetica.

Se Girard ha ragione, la più grande minaccia alla sopravvivenza umana ha poco a che fare con la scarsità di calorie a disposizione. Il nostro problema più grave è quello del controllo della nostra propria violenza. La mia proposta è che la nascita del patriarcato nelle società agricole primitive sia da intendere come risposta ad una nuova e pericolosa forma di crisi mimetica che si verifica nelle società agricole.

È probabile che la stessa agricoltura abbia avuto origine nella crisi mimetica. La semina e il raccolto di vegetali era in origine una pratica religiosa, che solo gradualmente andò orientandosi principalmente ad una produzione materiale intesa a soddisfare bisogni nutrizionali. Fu durante questo processo di transizione dal religioso al materiale, o forse dopo, che la cultura agricola divenne patriarcale.

Sappiamo che le culture agricole primitive praticano un culto della fertilità, soprattutto (ma non esclusivamente) nella forma di una dea della fertilità che viene rappresentata con un esagerato sviluppo dei suoi organi procreativi. Questo è vero tanto nel Mesoamerica quanto nel Medio Oriente. La fertilità della terra è associata al sacrificio, probabilmente perché la si vede come un produrre cibo che è una sorta di sostituto del cannibalismo, un grano sacro che estende il beneficio religioso del sacrificio.

Dato che i feticci delle dee madri sono le prime manifestazioni antropomorfiche di questo principio della fertilità, sembra probabile che le vittime sacrificali per il rito della fertilità siano state donne. I loro corpi sono associati alla produzione di vita e di pace, così sacrificare una donna e seppellirla in modo che il suo corpo possa far crescere un raccolto di pace sembra una deduzione naturale nella prospettiva della magia simpatica.

Successivamente, di nuovo mediante una deduzione religiosa, la donna come datrice di vita è associata alla donna come vittima sacrificale. La penetrazione della donna, che la feconda, viene associata all'aratura del terreno che crea fertilità, e specialmente alla penetrazione del corpo della vittima sacrificale (femminile) con la lama sacrificale. Il maschio acquisisce il ruolo di sacerdote o sacro carnefice/eroe. L'atto sessuale diventa un rito di sacrificio.

Questi sviluppi avvengono in risposta alla crisi religioso-mimetica che colpisce tutte le culture umane. Ma la crisi affronta nuovi pericoli in risposta alla natura pesantemente sbilanciata nel rapporto tra i sessi che la nuova religione presenta. La cultura vede che tutta la pace, l'armonia, la fertilità, ecc. emergono dal principio femminile. Questo tende a turbare la delicata bilancia tra il principio maschile e quello femminile nella cultura. Il femminile minaccia di schiacciare la cultura, generando una nuova crisi mimetica.

Quello che intendo come "principio femminile" è precisamente l'insieme delle caratteristiche della femminilità che vengono esaltate nell'antropologia femminista - affettività, attenzione, confidenza, cura materna, empatia, e altre ancora. Queste caratteristiche sono bensì essenziali per la crescita e la vita umane, ma nello stesso tempo di per sé costituiscono una minaccia culturale - la minaccia dell'indifferenziazione.

Queste qualità "femminili" tendono a cancellare confini e differenze. Come ha mostrato Girard, quando la differenza comincia a svanire, si sviluppa una crisi mimetica che trapassa in violenza indifferenziata. La violenza indifferenziata può distruggere completamente la comunità. La "medicina" contro la crisi mimetica è il mantenimento della differenza mediante una violenza attentamente manipolata e mirata - con l'essere femminile stesso come vittima sacrificata.

Pertanto il principio "femminile" deve essere bilanciato da un principio maschile artificialmente esagerato - aggressività e differenziazione - al fine di scongiurare la crisi mimetica. Per la cultura il patriarcato diventa il mezzo per sopravvivere.

Se noi esaminiamo i miti fondativi di queste culture patriarcali primitive, possiamo trovare quello che potrebbe essere realmente una manifestazione di questo processo. Marduk, il dio/sacro carnefice/eroe patriarcale babilonese uccide sua madre Tiamat e forma il cosmo dal suo corpo; similmente Tlaloc, il dio della pioggia patriarcale degli Aztechi, inizia la fondazione del mondo uccidendo sua madre non appena è stato partorito.

http://www.bibliosofia.net/files/patriarcato.htm



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