23/03/2016, 14:30
Ufologo 555 ha scritto:... se non altro (ripeto) perché Hilary ha dimostrato di essere peggio!
23/03/2016, 14:35
23/03/2016, 18:05
La Clinton presidente è un rischio per l’Europa
LE SERENATE PRO-CLINTON
Come volevasi dimostrare, sui giornali italiani è partita la campagna pro Hillary Clinton.
Ad aprirla, sul Corriere della Sera, è stato il prof. Panebianco con un editoriale di cui sorprende la superficialità dell’analisi. Panebianco, anima moderata e liberale del Corriere, spiega che gli europei avrebbero “ottime ragioni per sperare in una vittoria della Clinton” e che “queste ragioni hanno a che fare con gli interessi dell’Europa”. A fronte dell’isolazionismo in cui l’America cadrebbe con Trump, la Clinton rappresenterebbe la continuità con “quell’internazionalismo variamente declinato” che da Roosevelt in poi ha dominato la politica estera americana e che si sarebbe interrotto con Obama.
Sorge il sospetto che il prof. Panebianco non abbia seguito a fondo le più recenti dinamiche Usa. Se l’avesse fatto, saprebbe che in realtà la signora Clinton è stata l’artefice di alcune delle più ottuse scelte della politica estera americana degli ultimi anni; scelte che hanno danneggiato l’Europa ed indebolito l’Occidente.
IL DISASTRO LIBIA
Fu lei, da Segretario di Stato,ad imporre ad un debole e recalcitrante Obama, la disastrosa guerra in Libia del 2011 di cui oggi noi europei paghiamo le conseguenze. Lo fece manipolando le informazioni, generando un disastroso conflitto con il Pentagono e inaugurando un nuovo e folle principio del diritto internazionale.
Fu lei a disattendere persino la disponibilità di resa di Gheddafi (che avrebbe evitato il caos che oggi noi subiamo) pur di trascinare in guerra gli Usa (sulle spaventose responsabilità della Clinton abbiamo scritto qui, così come sul disastro di Bengasi da lei nascosto).
SE LA CLINTON FOSSE GIÀ PRESIDENTE
Hillary Clinton rappresenta le posizioni più irresponsabili e aggressive della politica estera Usa, lontane anni luce dall’interventismo realista che ha caratterizzato le più lucide leadership statunitensi (da Kennedy a Reagan??? ).
Se in questi anni alla Casa Bianca ci fosse stata lei, l’America sarebbe intervenuta in Siria non per combattere il terrorismo ma per abbattere il governo di Assad (come da lei più volte auspicato a completamento dell’operazione Gheddafi), dando così via libera al dilagare, in tutto il Medio Oriente, dell’Isis finanziato dagli amici sauditi della Clinton (ed ideato nei laboratori d’intelligence occidentali).
Avrebbe impedito l’accordo sul nucleare con l’Iran appoggiando le posizioni dei falchi che vogliono lo scontro con Teheran e, soprattutto, non avrebbe avuto remore a utilizzare l’Europa come teatro di un conflitto aperto con la Russia di Putin, da lei definito “il nuovo Hitler“, in linea con le strategie dai principali think tank atlantisti che supportano la sua candidatura.
ESPRESSIONE DEL POTERE PEGGIORE
La realtà è che Hillary Clinton è l’espressione di quell’élite guerrafondaia americana composta da intellettuali e potere finanziario da cui lei dipende; un élite che immagina un mondo unipolare a guida americana, un’Europa passiva esecutrice di ogni imposizione venga Oltreoceano ed una Nato strumento per la guerra globale.
Da George Soros (il suo principale finanziatore) a Goldman Sachs e al sistema bancario di Wall Street che foraggiano non solo la campagna elettorale della signora ma anche le tasche private di lei e di suo marito (Bill), fino a Robert Kagan e agli intellettuali neo-con teorici della “guerra globale permanente”, il gruppo di potere che sostiene Hillary Clinton è quanto di peggio possa esprimere oggi l’America e quanto di più pericoloso per la tenuta dell’Occidente e l’alleanza con l’Europa.
LA CLINTON: UN RISCHIO PER L’EUROPA
Il rischio è che con lei prenda forma definitivamente una divaricazione tra Europa e Stati Uniti: un’America concentrata sul proprio dominio globale anche a scapito degli interessi strategici europei che vedono la Russia non come un nemico ma come un alleato nella lotta al terrorismo e la pacificazione del Medio Oriente come fattore fondamentale per la sicurezza.
Se l’America di Trump è qualcosa di indefinibile, l’America della Clinton è qualcosa di drammaticamente prevedibile.
da http://www.libertaepersona.org
23/03/2016, 19:32
23/03/2016, 19:58
28/03/2016, 00:30
SOROS TEME TRUMP E FINANZIA GLI IMMIGRATI PER PORTARLI AL VOTO
Soros teme Trump e finanzia gli immigrati per portarli al voto
Washington, 14 mar – George Soros dopo aver speso una vita ad arricchirsi giocando d’azzardo sulle borse finanziarie mondiali, dopo aver trascorso lustri interi a speculare e accumulare, sta dedicando gli ultimi anni della sua vita a modellare il mondo a suo piacimento. Ed ecco che la sua figura stregonesca compare qua e là, in ogni angolo del globo, ora a finanziare una rivoluzione, ora a promuovere diritti umani o a foraggiare quel dato candidato.
L’ascesa di Donald Trump, sempre più accreditato per la nomination repubblicana in vista delle presidenziali di novembre, non è cosa gradita al magnate statunitense di origine magiara. Soros non ha mai avuto necessità di nascondersi. Non lo fece quando speculò affossando la nostra lira nel lontano 1992 e non lo ha nemmeno fatto recentemente in Ucraina dove ha assunto la controversa figura del manovratore del golpe politico avvenuto nel 2014. E così succede che l’orticaria nei confronti di Trump, George Soros abbia deciso di affrontarla lanciando una campagna da 15 milioni di dollari nella speranza di riuscire a portare alle urne il maggior numero di latino americani e di immigrati. Oltre a Soros, che comunque ha contribuito con un lascito di 5 milioni, sono presenti altri donatori tutti di fede liberal con l’intento di contrastare Trump che ha più volte dichiarato guerra all’immigrazione.
È la più grande campagna democratica in favore dei latino americani che negli intenti dovrà convincerli a votare contro Trump. L’obiettivo è riuscire a portare alle urne 400 mila nuovi elettori alle prossime presidenziali. Soros ha riferito al New York Times di essere preoccupato per quello che considera il tono xenofobo dei repubblicani che stanno correndo per la presidenza Usa. E ha ammesso di essere rimasto sconvolto dalla promessa di Trump e di altri, volta a vietare l’ingresso dei rifugiati musulmani negli Stati Uniti.
“La retorica anti-musulmana e anti-immigrazione che è stata alimentata dalle primarie repubblicane è dannosa per la nostra democrazia e i nostri interessi nazionali. Ci dovrebbero essere conseguenze per le dichiarazioni vergognose e per le proposte che sentiamo regolarmente”.
A leggere le ultime righe si fa fatica a capire se siano parole proferite da Laura Boldrini o da George Soros. Ed in effetti i margini di differenza tra la sinistra radical-chic europea e quella liberal statunitense sono oramai nulli ma cosa ancor più evidente è constatare come le idee partorite dal magnate Soros siano in tutto e per tutto simili a quelle promosse dai nostri Vendola, Ferrero, Boldrini con l’appoggio esterno dei centri sociali. A questo punto non ci sorprenderebbe apprendere che dietro ai contestatori, che all’impazzata stanno disturbando, in questi ultimi giorni, i comizi pubblici di Trump, ci siano altre centinaia di migliaia di dollari spesi da Soros.
Usa: Soros finanzia la carica degli immigrati contro Trump
OMA (WSI) – È disposto a tutto, pur di fermare l’ascesa di Donald Trump, pur di non vedere Trump diventare il presidente degli Stati Uniti. Tanto che ha deciso di lanciare, insieme ad altri, una campagna da $15 milioni, nella speranza di riuscire a portare alle urne, in occasione delle prossime presidenziali Usa, il numero più alto di latino americani e di immigrati della storia. Lui è George Soros, il miliardario di New York noto per le sue speculazioni sui mercati.
Il progetto, ribattezzato “Immigrant Voters Win” è finanziato da una PAC (ovvero da una Political Action Committeee) e rientra nelle categorie delle Super PAC, ovvero quelle commissioni indipendenti che possono scegliere di non elargire contributi a favore di quel partito o quel candidato, ma che si focalizzano su spese politiche indipendenti e che, diversamente dalle Pac tradizionali, possono raccogliere fondi da individui, aziende, sindacati e altri gruppi, senza alcun limite legale sull’ammontare della donazione.
Nel caso della super PAC a cui partecipa Soros, la campagna sta già finanziando associazioni in stati come Florida, Nevada e Coloroda, che possono contare su una larga presenza di comunità latino-americane e asiatiche.
Il nuovo “fronte” dovrebbe servire proprio a contrastare Trump, che ha dichiarato guerra all’immigrazione. Personalmente, Soros sta partecipando alla nuova campagna con un contributo di $5 milioni.
A dare la notizia è stato il New York Times, che ha parla della più grande campagna democratica volta a convincere i latino americani e gli immigrati in generale a recarsi alle urne. L’obiettivo è avere un minimo di 400.000 nuovi elettori entro le elezioni di novembre.
Così commenta Cristobal Alex, presidente del progetto Latino Victory Project, che fa parte della campagna.
“Dal primo giorno, Trump ci ha attaccati, ci ha chiamati stupratori e ladri. Potremmo assistere alla costruzione di un muruo gigantesco, che distruggerebbe milioni di famiglie. Questo paese è sull’orlo del precipizio”.
Soros ha riferito al Times attraverso una email di essere preoccupato per quello che considera un tono xenofobo dei repubblicani che stanno correndo per la presidenza Usa. E ha ammesso di essere rimasto sconvolto dalla promessa di Trump e di altri, volta a vietare l’ingresso dei rifugiati musulmani negli Stati Uniti.
“La retorica anti-musulmana e anti-immigrazione che è stata alimentata dalle primarie repubblicane è…d annosa per la nostra democrazia e i nostri interessi nazionali. Ci dovrebbero essere conseguenze per le dichiarazioni vergognose e per le proposte che sentiamo regolarmente”.
28/03/2016, 10:10
20/04/2016, 11:24
20/04/2016, 12:44
20/04/2016, 17:53
27/05/2016, 15:56
Clinton-Trump la sfida si avvelena
«Ai vecchi tempi...» si sente borbottare nella Washington che credeva di contare e conta ogni giorno di meno, «ai vecchi tempi…» i titoli che han percorso ieri il web, e oggi sono in prima pagina, mail proibite di Hillary Clinton e tasse eluse da Donald Trump, avrebbero stroncato una candidatura, umiliato un leader, costretto un aspirante presidente alla ritirata, davanti alla famelica pattuglia di reporter, taccuini e microfoni inastati.
Ora invece? Basterà il rapporto degli ispettori del Dipartimento di Stato, che critica l’ex First Lady per avere usato una mail privata e non quella ufficiale del ministero, e non avere tenuto un registro accurato della corrispondenza, a costringere la Clinton a rinunciare alla corsa alla Casa Bianca? Servirà la reprimenda, estesa ad altri segretari di Stato del recente passato, su tutti il repubblicano Colin Powell, almeno a costringerla alle corde?
Per Donald Trump l’affondo viene dal giornale inglese The Telegraph, con una precisione di tempi che in Italia solleverebbe la sindrome del complotto «ad orologeria», e anche negli Stati Uniti alimenta siti dietrologici. Trump è accusato, con tanto di mail e di fotocopie dei documenti fiscali, di aver stornato 50 milioni di dollari (44 milioni di euro) di un investimento in debito, per eludere i controlli dell’Internal Revenue Service, Irs, il fisco Usa. Dal gangster Al Capone al vicepresidente di Nixon, Spiro Agnew, costretto alle dimissioni nel 1973 per corruzione e frode fiscale, le tasse sono state mannaia micidiale negli Usa: riusciranno a scalpare la chioma (vera? trapiantata? parrucchino? il dibattito tricologico infuria) di Trump?
Ai «vecchi tempi…» che giornalisti, parlamentari, docenti universitari e lobbisti evocano, non senza nostalgie, nei ristoranti bene della capitale e di New York, le rivelazioni di maggio avrebbero avuto conseguenze toste per Clinton e Trump. All’epoca del web e dei talk show, con la narrativa dei Big Data a restituirci una conversazione politica irriducibile, controversa, i riflessi potrebbero essere più modesti, a meno di nuove rivelazioni drammatiche, evasione cronica per Trump, incriminazione diretta dell’Fbi (un’inchiesta è ancora in corso) per Clinton.
Lo staff di Hillary insinua già che alcuni dei funzionari che han redatto il rapporto, «lavoravano per i repubblicani» (vero, altri però sono stati nominati dal presidente democratico Obama) pur di aizzare tifo partigiano. Trump ha ribadito più volte che non intende pubblicare la sua dichiarazione fiscale - rito tradizionale per i leader moderni -, titillando l’orgoglio della sua base, che detesta tasse, Irs e commercialisti.
Sono in corso tre guerre politiche in America, Clinton contro Trump per la Casa Bianca è la dominante, parallela a due rauchi conflitti fratricidi, con i ribelli del socialista Sanders a minacciare rivolta alla Convenzione democratica, mentre repubblicani moderati e intellettuali si ostinano - sempre più flebilmente - a contrastare Trump. Le trincee partigiane dividono i partiti tra loro e all’interno, il clima si fa brutale. Chi medita di votare Trump, non lo abbandonerà perché sconvolto dalla possibile evasione fiscale (un palazzinaro arricchito con i casinò vi suggerisce rigore fiscale?). E ben pochi democratici diserteranno il partito, solo perché Clinton ha usato un server privato, o mandato una mail chiusa da un .com anziché state.gov.
Non è una nobile contesa, non è un’alata campagna elettorale, se mai ve ne sono davvero state in passato. Gli americani, in maggioranza, sono disgustati da entrambi i leader, considerano il sistema marcio, piagato da cinismo, mazzette, lobby rapaci. Se i militanti rivali troveranno nei titoloni ragioni per odiare ancor di più «Hillary» o «Donald», tanti loro concittadini si sentiranno ancor più alienati dal sistema. La rabbia è, ora, troppo radicata per non spegnere, tra gli slogan dissennati, ogni dialogo raziocinante.
http://www.lastampa.it/2016/05/26/cultu ... agina.html
27/05/2016, 17:56
28/05/2016, 17:41
MaxpoweR ha scritto:Trump resisti! Confido in te per la distruzione dell'impero del caos!
28/05/2016, 20:24