Akira ha scritto:
(Questo è il mio ricordo personale di Alì, un articolo che ho scritto stamattina in un altro sito per onorare la sua scomparsa, lo posto anche qui sperando che qualcuno gradisca...)
Nel pugilato è' stato il più grande, c'è poco da discutere signori. Cassius Marcellus Clay, poi diventato Mohammad Alì per motivi religiosi, ha segnato la boxe come nessun altro aveva fatto prima di lui e nessun altro è riuscito a fare dopo. Cominciò la sua straordinaria carriera a Louisville, dopo il furto della sua bicicletta quando era poco più di un ragazzino: voleva diventare più forte, affinché nessuno potesse più rubargli nulla. E lo diventò.
Dopo una brillante carriera giovanile partecipò alle storiche olimpiadi di Roma dove sbaragliò facilmente tutti gli avversari e vinse l'oro nella categoria dei pesi mediomassimi. Tornato in patria pensava di essere accolto da eroe ma non fu così: ebbe il coraggio di sedersi in un ristorante esclusivo per la cosiddetta "razza bianca" e venne allontanato senza troppe scuse... Per tutta risposta, così sostiene una vecchia leggenda sul suo conto, buttò via la medaglia olimpica gettandola in un fiume. Clay si sentiva frustrato: era il momento di passare ai professionisti e tentare la scalata al sogno più grande. Il suo pugilato era un concentrato di velocità, i suoi riflessi erano al limite del soprannaturale ma davanti a lui c'era il ferocissimo Liston, un ex galeotto che aveva conquistato la corona dei pesi massini annientando ogni possibile rivale nel giro di pochi round. Nel 1964 ci fu la grande sfida tra i due ed il giovane Cassius (il quale, tra le altre cose, in quel periodo stava abbracciando la fede islamica e avrebbe cambiato il suo nome perché pensava fosse un retaggio dell'epoca schiavista) era ritenuto sfavorito dagli esperti, "Pronto al macello" come sentenziarono alcuni giornalisti a stelle e strisce, dominò invece per quasi tutto il match, costringendo l'avversario ad abbandonare il ring a metà incontro. A soli 22 anni era campione del mondo, aveva sovvertito i pronostici sorprendendo il mondo intero: sembrava che nessuno potesse fermare la sua leggenda sportiva, pareva inarrestabile.
Ma non fu così.. A dare lo stop al suo mito ci pensò la giustizia americana, che sfruttò il suo rifiuto di combattere in Vietnam per togliergli la corona mondiale e squalificarlo per tre lunghi anni. ''Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro...''. Come dargli torto.
Nessun afroamericano si era mai permesso tanto nel mondo dello sport e l'america puritana di allora, che non ammetteva ribellioni e voci fuori dal coro, decise di castigarlo duramente.
Tre anni senza boxe è la rovina di ogni pugile, gente: il fisico deve essere costantemente allenato, altrimenti rapidità e potenza ne risentono parecchio con tutto ciò che ne consegue. Alì in cuor suo sapeva che non sarebbe stato il combattente di prima..Mai più, ma avrebbe lottato comunque e ovunque.
Tre anni...Fino a quando la corte suprema (contro ogni previsione) da ragione al giovane atleta, "Obiezione di coscienza legittima", sentenziò allora il massimo tribunale americano. Alì aveva vinto il suo incontro più importante, ora poteva combattere gente come Frazier e per poter riprendere quel titolo che gli era stato strappato in malafede.
Fu più dura del previsto: Smokin' Joe lo sconfisse sonoramente al Madison Square Garden in quello che veniva definito lo "Scontro del secolo", tra lo stupore generale... Ken Norton, detto "mandingo", nel 1972 gli spaccò la mascella...Pareva un campione finito. Chiunque a quei tempi lo pensava...
No, lui ci credeva ancora: ci mise quattro anni per tornare Campione del Mondo dei pesi Massimi ma ci riuscì contro l'allora imbattuto George Foreman, un gigante che possedeva un uppercut di rara potenza e precisione: l'incontro si tenne in Africa, organizzato da Don King, un affarista senza scrupoli che stava muovendo i primi passi in questo sport e che riuscì a far sborsare i milioni della borsa all'allora presidente dello Zaire, il sanguinario dittatore Mubutu.
L'incontro si tenne alle quattro di notte, affinché persino nel continente americano potessero godere del match in un orario decente: al termine del primo round Mohammad aveva una paura fottuta ed Il suo sguardo era perso nel vuoto... L'altro era più giovane e forte, pareva insuperabile.
"Non importa" pensò "devo sconfiggerlo e basta"...
Mohammad subì i colpi dell'avversario stando alle corde per buona parte della sfida, ma non smise mai di ridicolizzarlo a parole..."Picchia George! Coraggio""... E Foreman cadde nella trappola creata ad arte dal suo nemico...A metà incontro era cotto a puntino e Alì, sfruttando una rapida combinazione di jab e ganci riuscì a mandarlo al tappeto, "Come un albero che cade nella foresta", stando alle cronache di allora.
Il titolo e la leggenda erano finalmente suoi.
Il resto della sua carriera furono pieni di alti e bassi, tra il "Thrilla in Manila" ed il "Drama in Bahamas", il Parkinson aggredì il suo corpo come neanche il peggiore dei suoi rivali aveva fatto, ma quello che importa era di nuovo Campione quando nessuno ci credeva più, neppure i suoi secondi.
Indimenticabile.
Sembra la trama di Rocky 1-2-3-4