http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=16786
La signora della foto è Annette Kellerman.
Campionessa di nuoto dei suoi tempi (tentò più volte la traversata della Manica), sua fu l'idea del primo costume intero, quello che vedete, per poter meglio nuotare. All'epoca, 1907, la genialata le costò una denuncia per "indecenza" che la portò quasi in carcere.
Fino ad allora infatti, al mare si andava con abiti lunghi fino alle caviglie, con maniche fino ai polsi, mani protette da guanti e ombrellino parasole. A nessuna donna di fine ottocento sarebbe mai venuto in mente di andare al mare per la tintarella: la pelle scura era considerata roba da miserabili, da povera gente costretta a lavorare sotto il sole per guadagnarsi da vivere.
Una vera signora proteggeva la propria pelle con velette, ombrellini, guanti e abiti accollati, così da mantenerla di un apprezzatissimo bianco latte; e al mare, tutti, ci si andava per fare talasso-terapia, cioè per respirare l'aria di mare e, al più (ma solo se convenientemente nascosti da opportuni tendoni), a fare le allora modernissime sabbiature. Niente bagno: ci si immergeva fino alle caviglie se donne, e a nuotare andavano solo i maschi, a scopo salute ed esibizione di virilità.
Ecco le vere sciùre al mare a fine '800.

Ed ecco invece come le donne più audaci osavano entrare in acqua negli anni '20/30 del secolo scorso: Braccia e polpacci scoperti, già uno scandalo.

La polemica scatenata dal divieto di burkini in alcune spiagge della Costa Azzurra (divieto che pare abbia scatenato mega risse in Corsica), credo non abbia nulla a che vedere con l’ingresso alle spiagge comunali in "...una tenuta corretta, rispettosa dei buoni costumi".
Come pretende il sindaco che per primo ha emesso l'ordinanza.
Questo perché, a dettare legge sugli usi e costumi corretti, è da sempre l'élite; il popolame segue a distanza, imitando l'élite e implicitamente accettando l'indottrinamento ai valori che l'élite conia e diffonde con la trappola della moda.
Se ancora negli anni '20/'30 ad andare al mare (a fare talasso-terapia, come si diceva), era solo la classe agiata, ovviamente contornata da stuoli di servi e camerieri, oggi che al mare ci vanno tutti le élites si riservano zone per uso esclusivo con il mezzo più efficace: i costi esclusivi.
E se pensate che all'epoca era il riccume a stabilire come ci si vestiva "adeguatamente" nei luoghi di villeggiatura per una questione di segni di appartenenza ai circoli che contavano, oggi è esattamente ancora così: è sempre il riccume dei "nostri costumi civili e occidentali da difendere", a stabilire come ci si debba addobbare per fare un bagno e quali spiagge si possano frequentare in burkini (va bene solo nelle spiagge esotiche, dove si va per pochi giorni e già fa un po' schifo ma pazienza).
Il burkini in Costa Azzurra non viene vietato perché sconcio né perché "anti-igienico" (una delle tante scemenze lette sul caso in questione), ma perché l'islamica burkinata che ha osato avventurarsi su spiagge frequentate da chi detta legge sulle "tenute corrette" e sui "buoni costumi" ha sconfinato su due fronti: quello della moda, che oggi in occidente impone il bikini e non più l'abito alla caviglia; e quello territoriale, andando a fare i bagni in Costa Azzurra anziché in Costa Brava o a Sestri Levante, spiagge per marmaglia che si può mescolare senza danno d'immagine.
Non di questione di libertà della donna o di questione di religione si tratta, come impazzano i commentatori d'oltralpe, ma di questione di addomesticamento culturale:il riccume non si distingue dal poverume se non per i feticci di cui si adorna e per i luoghi dei quali decreta il valore recintandoli intorno a sé, per sé.
ecc. ecc.