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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 23/11/2016, 19:23 
Trump rompe il silenzio sui cambiamenti climatici e sull’accordo Parigi
Donald Trump apre il discorso sulla lotta ai cambiamenti climatici e alla possibile 'uscita' degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi.

Donald Trump apre il discorso e frena sullo stop alle misure per la lotta ai cambiamenti climatici e alla possibile ‘uscita’ degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi. “Penso – afferma in una intervista al New York Times – che i cambiamenti climatici siano legati in qualche modo all’attività degli uomini, c’è una correlazione. Bisogna vedere quanto questo costerà alle nostre imprese”. Trump ha spiegato di voler affrontare la questione dell’accordo di Parigi “senza pregiudizi” nel momento in cui dovra’ decidere se ritirare o meno la partecipazione degli Stati Uniti. Una posizione decisamente piu’ ‘morbida’ rispetto a quella assunta nel corso della campagna elettorale che prevedeva l’addio degli Usa senza se e senza ma all’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite.

http://www.meteoweb.eu/2016/11/trump-ro ... gi/793691/



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 25/11/2016, 10:56 
Il senso di Trump per il Pacifico

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Donald Trump è ancora un ircocervo: troppo presto per delineare il suo approccio alle grandi problematiche, dalla globalizzazione al rapporto con l’Europa fino al nodo Medio Oriente. L’unica cosa certa è che toni e temi accesi durante la campagna elettorale si stanno stemperando per lasciare il posto a un pragmatismo inclusivo.

Ad oggi l’unica cosa certa, come da video diffuso alcuni giorni fa, è che straccerà il trattato Ttp, Trans-pacific partnership, l’accordo commerciale che istituiva un’area di libero scambio tra gli Stati Uniti e diversi Paesi asiatici, con esclusione della Cina.

Un’iniziativa, quella di Trump, volta a proteggere la produzione americana dalla concorrenza asiatica, che però ha conseguenze di portata molto più ampia di una semplice misura commerciale.

Anzitutto val la pena accennare che il Ttp non aveva (il passato è ormai d’obbligo) solo natura commerciale, ma anche valenze geopolitiche e militari. Serviva cioè a vincolare agli Stati Uniti diversi Paesi asiatici, allargando così l’area di influenza di Washington nel Pacifico.

Con conseguente erosione dell’influenza cinese, che ha in tale angolo di mondo la sua proiezione naturale. Una fascia di contenimento del Dragone, dunque, che presto andrà a decadere.

Va da sé che la geopolitica non conosce vuoti. E l’attutimento dell’influenza americana comporterà inevitabilmente un allargamento dell’area di influenza cinese. Cosa che favorirà lo sviluppo economico di Pechino, compensando così il prevedibile calo dell’interscambio con l’America provocato dalle restrizioni previste dagli strateghi di Trump, i quali sono decisi a porre un limite alla concorrenza del Dragone.

La decisione di far decadere il Ttp è anche indizio di un nuovo approccio americano alle beghe asiatiche, dominate dalla contesa del Mar cinese meridionale, che oppone Pechino, che ne reclama la sovranità, ai tanti Paesi che vedono la pretesa cinese come una minaccia.

A sentirsi minacciato più di altri è il Giappone, che con il premier Shinzo Abe ha assunto il gladiatorio ruolo di contraltare allo strapotere di Pechino nel quadrante asiatico. Non è un caso che Abe si sia precipitato, sembra inutilmente, da Trump subito dopo la sua affermazione.

Senza la copertura americana, Abe potrebbe essere costretto a cambiare il suo approccio al Dragone, ad oggi tutto muscolare. Ciò potrebbe portare ad attutire l’immane tensione nell’area del Pacifico, da tempo esposta a pericoli di incendio (la cui portata sarebbe globale).

Altra conseguenza distensiva potrebbe riscontrarsi in un’altra area asiatica ad alto rischio, ovvero la Corea del Nord. Il Dragone ha sempre guardato a Pyongyang con l’ambiguità del caso, stante che a volte le sue intemperanze potevano esserle di qualche utilità nel complesso gioco di forze che si intersecavano al largo del suo mare.

Il venir meno della pressione americana sul Pacifico fa diventare tali intemperanze non più un problema di Washington ma della sola Pechino. Che potrebbe essere così costretta ad affrontare con maggior convinzione l’imprevedibile vicino, che mette a repentaglio la tranquillità del suo giardino di casa.

Insomma, la mossa di Trump potrebbe essere foriera di una nuova stagione per il Pacifico. I venti di burrasca che finora ne hanno agitato le acque, con il pericolo di innescare una Tempesta perfetta, potrebbero subire un attutimento.
Strana eterogenesi dei fini per un presidente tanto controverso e lontano dal precedente, pur insignito di un Nobel per la pace.

http://www.occhidellaguerra.it/senso-trump-pacifico/



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 25/11/2016, 11:14 
Ufologo 555 ha scritto:
Trump rompe il silenzio sui cambiamenti climatici e sull’accordo Parigi
Donald Trump apre il discorso sulla lotta ai cambiamenti climatici e alla possibile 'uscita' degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi.

Donald Trump apre il discorso e frena sullo stop alle misure per la lotta ai cambiamenti climatici e alla possibile ‘uscita’ degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi. “Penso – afferma in una intervista al New York Times – che i cambiamenti climatici siano legati in qualche modo all’attività degli uomini, c’è una correlazione. Bisogna vedere quanto questo costerà alle nostre imprese”. Trump ha spiegato di voler affrontare la questione dell’accordo di Parigi “senza pregiudizi” nel momento in cui dovra’ decidere se ritirare o meno la partecipazione degli Stati Uniti. Una posizione decisamente piu’ ‘morbida’ rispetto a quella assunta nel corso della campagna elettorale che prevedeva l’addio degli Usa senza se e senza ma all’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite.

http://www.meteoweb.eu/2016/11/trump-ro ... gi/793691/



Posso definirmi un ecologista non radicale. cerco di rispettare la natura per quanto mi è possibile. Credo che l' incidenza dell' uomo sui cambiamenti climatici sia meno impattante di quello che viene detto, che ci siano speculazioni e che spesso si utilizzino stereotipi, tipo il rispetto della natura che avevano gli indiani d' America. Se si approfondisse la questione, ci si accorgerebbe che l' impatto sull' ambiente, causato dagli insediamenti indiani, sia stato maggiore di quello che si pensa.
Sicuramente è meglio evitare emissioni nocive, cercare energie eco e tutto il resto, ma ho la netta impressione che ci abbiamo mediaticamente fregato. Basterebbe andare a verificare l' impatto che ha avuto l' abolizione del DDT per esempio. Siamo così sicuri che fosse nocivo come ci dicevano ? La proliferazione degli insetti, causata dall' eliminazione del DDT, non causa forse milioni di morti a causa delle loro punture ?
Parlano di Co2 come del male assoluto, quando la sua presenza nell' atmosfera è irrisoria.
Non pensate che sia possibile che gli eco terroristi siano capaci di azioni atte a causare catastrofi, per giustificare i finanziamenti alle loro organizzazioni ?
I cambiamenti climatici sono ciclici e se andate ad analizzare i grafici, partendo dal 1800, vi accorgerete che mostrano come l' influenza umana sui cambiamenti climatici sia irrisoria. Un po come gli studi che mostrano gli effetti dei vacini, i grafici partono sempre da dove vogliono loro e non mostrano quasi mai la realtà.
Non so se Trump faccia bene o meno, ma concordo con lui sul fatto che tutta la politica ambientale vada rivista.



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 25/11/2016, 12:37 
. [:264]



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 25/11/2016, 19:47 
Trump lancia la riconciliazione e nomina donne forti

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Un discorso per la riconciliazione nazionale dopo una delle “campagne elettorali più dure della storia recente della nazione”. Così Donald Trump si presenta con un discorso alla nazione, il primo da presidente eletto. Le sue parole sono accompagnate dall’annuncio di due nuove nomine, dense di significato: Nikki Haley sarà ambasciatrice degli Usa all’Onu, Elisabeth “Betsy” DeVos sarà segretaria all’Istruzione. Secondo i media, Wilbur Ross sarà segretario al Commercio.

Il discorso di Trump, pronunciato in occasione del Giorno del Ringraziamento, una delle feste più importanti degli Stati Uniti, è stato tutto all’insegna dei toni rassicuranti e della riconciliazione nazionale. Certo “le tensioni non si risanano in una notte”, ha esordito il neo-presidente. Ma “La mia preghiera nel Giorno del Ringraziamento è che curiamo tutte le nostre divisioni e facciamo passi in avanti verso un Paese più forte. Abbiamo davanti a noi l'opportunità di scrivere la storia insieme e di portare un cambiamento reale a Washington, la vera sicurezza nelle nostre città e una prosperità autentica per le nostre comunità. Vi chiedo di unirvi a me in questo sforzo, è ora di recuperare i rapporti di fiducia tra i cittadini”. Ha citato Abraham Lincoln, il riunificatore del paese (nella Guerra Civile del 1861-1865), nonché il fondatore del Partito Repubblicano, per esortare la nazione a “parlare con una sola voce e un solo cuore”. E così ha anche smentito certe simpatie per il Ku Klux Klan e altri razzisti. “E’ questo quel che dobbiamo fare. Questa campagna elettorale storica è finita. Ora comincia una grande campagna per ricostruire il nostro Paese e recuperare la promessa piena di un'America per tutti”.

La nomina di Nikki Haley è effettivamente all’insegna della riappacificazione. Se non altro quella all’interno del suo partito. Governatrice della South Carolina, era un’accanita avversaria di Trump durante le elezioni primarie. Si era opposta al tycoon sui temi dell’immigrazione, aveva pronunciato discorsi di fuoco quando “the Donald” aveva proposto l’espulsione dei musulmani. “Mai l’America ha accettato politiche di discriminazione su base religiosa”, aveva dichiarato in quell’occasione, ricordando il Primo Emendamento della Costituzione (ma dimenticando diversi altri casi storici di divieto di immigrazione su base religiosa, fra cui quella proprio rivolta ai musulmani voluta dal presidente Theodore Roosevelt all’inizio del secolo scorso). A costo di attirarsi le ire dei repubblicani del Sud, poi affluiti in massa nelle file degli elettori di Trump, la Haley si era presa la responsabilità di rimuovere dagli uffici pubblici la bandiera degli Stati Confederati. Lo aveva fatto nel luglio del 2015, dopo il massacro di Charleston, compiuto da un folle che si diceva sudista. Nikki Haley, star dei conservatori sin dalla vittoria alle elezioni di medio termine del 2010, è figlia di immigrati indiani, imprenditrice e politica lanciata dal movimento anti-statalista Tea Party allora ai suoi albori. Fu testimonial d’eccezione di un altro modo di essere immigrata e di un altro modo di intendere la femminilità, rispetto ai cliché multiculturali dei progressisti. “Io sono una figlia orgogliosa di immigrati indiani – aveva dichiarato la Haley nel 2012, durante la campagna elettorale di Mitt Romney – che ogni giorno hanno ricordato a me, ai miei fratelli, a mia sorella, quanto fossimo fortunati a vivere in questo Paese. Nessun giorno è stato facile. Non c’è stato alcun giorno in cui mamma e papà non abbiano speso tutte le loro energie per trasformare la nostra azienda in un successo”. La Haley rappresenta bene la famiglia-imprenditrice di immigrati, che si rimbocca le maniche e ha successo senza alcun aiuto. Il governo federale, così come è stato impostato da Obama, è un peso, non un sostegno: “È triste dirlo, ma la parte più dura del mio lavoro continua ad essere questo governo federale, questa amministrazione, questo presidente. Come ho detto, i miei genitori, venendo in America, amavano questa idea: l’unica cosa che ostacola il tuo successo sono i paletti che tu stesso ti poni. Sfortunatamente, negli ultimi anni, puoi anche lavorare duramente, cercare di aver successo, rispettare le regole, ma il presidente Obama cercherà sempre di metterti i bastoni fra le ruote”. Da donna repubblicana “che non deve chiedere mai” ad ambasciatrice all’Onu: andrà a rappresentare l’America che ora viene tacciata di razzismo e sessismo. Sempre che qualcuno abbia il coraggio di dirglielo in faccia…

Betsy DeVos è un altro simbolo della politica conservatrice e potrebbe dare il via a un’importante inversione di tendenza nell’istruzione, favorendo la libertà di scelta. Nel 1993, assieme al marito Dick, aveva contribuito alla stesura della legge sull’istruzione nel Michigan, il suo Stato. Da intendersi come la base di partenza per un progetto su scala nazionale per resistere alla progressiva statalizzazione dell’istruzione. L’American Federation for Children (Afc), da lei fondata, ha svolto un importante lavoro di lobbying per sostenere tutti i candidati favorevoli alla libertà di scelta dell’istruzione. Fra questi figuravano anche l’ex governatore della Louisiana Bobby Jindal e l’ex governatore dell’Indiana Mitch Daniels. Quest’ultimo ha effettivamente istituito un sistema di buono scuola nel suo Stato, che il suo successore Mike Pence ha poi ulteriormente esteso. Nelle elezioni di quest’anno, i candidati approvati e sostenuti dall’Afc erano 121, sia locali che nazionali. L’89% di essi è stato eletto. Betsy DeVos non intende la libertà di scelta dell’istruzione solo come “buono scuola”, ma come restituzione alla famiglia della facoltà di educare i figli, in tutte le sue forme: “buono scuola, credito d’imposta, scuole virtuali, scuole inter-distrettuali, home schools e charter schools”. L’importante è, dal suo punto di vista, arrestare la tendenza attuale che procede speditamente verso il monopolio statale su scala nazionale. Dal suo punto di vista, è esattamente questa la causa del progressivo calo di rendimento delle nuove generazioni. Come si può ben immaginare, la storia di Betsy DeVos è stata caratterizzata da una lotta continua contro i potenti sindacati degli insegnanti. E non c’è da stupirsi che i media, anche in Italia, si stiano ora accanendo contro di lei, mettendola in cattiva luce in tutti i modi.

Con due donne così forti, passa in secondo piano la nomina (per ora solo anticipata dai media) al nuovo segretario al Commercio. Non un politico, come ci si poteva attendere, ma un imprenditore: Wilbur Ross. E’ noto al pubblico col nomignolo non molto edificante di “re della bancarotta”. Non nel senso che ha fatto lui stesso bancarotta, ma perché, da investitore, ha rilevato importanti aziende in bancarotta per ristrutturarle, rivalutarle e rivenderle. Un lavoro da “avvoltoio” secondo i critici che, però, nell’ottica di Trump, è particolarmente importante in un periodo di crisi. C’è Ross, infatti, dietro al programma economico che mira a rilanciare le imprese in America. E’ sempre lui che ha acceso il riflettore su quella classe media rimasta emarginata. E’ fortemente critico sulle politiche democratiche favorevoli ai super-ricchi (i vincitori della globalizzazione), così come ai super-poveri (beneficiati dai sussidi statali), ma non di tutto quel che c’è in mezzo. Ha ispirato il programma di tagli fiscali proposto da Trump. Ora, se dovesse essere confermato al Commercio, dovrebbe vedersela con cinesi e messicani, i principali concorrenti presi di mira dal nuovo presidente.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-tru ... -18149.htm



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 27/11/2016, 15:05 
Gli accordi segreti sulla Siria
Nov 27, 2016

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Un centinaio di militari dell’UNDOF (La Forza di Disimpegno di Osservatori dell’Onu) ha ripreso possesso della base di Camp Faouar nel Golan, da dove, il 28 Agosto del 2014, dovettero ritirarsi dopo che i ribelli di Al-Nusra (legati ad Al Qaeda e appoggiati dall’Occidente) rapirono 40 soldati delle isole Fiji in forza al contingente.

Era il tempo in cui nelle Cancellerie occidentali si contavano le ore e i giorni alla caduta di Assad. Un mese prima, il 29 giugno, l’Isis aveva proclamato il Califfato sui territori occupati di Iraq e Siria; il 10 agosto, con la vittoria nella battaglia di Tabqa, lo Stato Islamico arrivava ad occupare la regione di Raqqa e le orde islamiste sembrano dilagare da est; mentre l’avanzata dei ribelli a nord ovest e soprattutto a sud (dove Al-Nusra sembrava essere irresistibile) chiudeva in una morsa il regime.

La priorità di Washington e degli alleati europei e sauditi non era quella di combattere l’Isis (che al contrario veniva favorito) ma di generare la caduta di Assad.

La notizia del ritorno dei Caschi Blu dell’Onu nella zona cuscinetto tra Israele e Siria è di fondamentale importanza per capire come sta evolvendo la guerra siriana e qual è il nuovo atteggiamento di Usa e Israele per la soluzione del conflitto.

Secondo Debka, sito vicino all’intelligence israeliana, sarebbero in atto colloqui segreti tra Israele, Siria e Giordania (con la supervisione di Usa e Russia) per stabilizzare i confini riportando la situazione esistente nel Golan a quella prima dello scoppio della guerra nel 2011; e il ritorno dei Caschi Blu nella zona cuscinetto è un segnale chiarissimo.

Da settimane, inoltre, su ordine del neo Presidente Usa Donald Trump, il nuovo capo della Sicurezza Nazionale, il Gen. Flynn ha attivato colloqui segreti con Nikolai Patrushev, capo del Consiglio di Sicurezza russo (l’alter-ego di Putin per la politica estera) e con i vertici militari turchi. Anche questo è un segnale fondamentale per capire come cambieranno i rapporti tra Mosca e Washington: Patrushev infatti è oggi nella lista delle personalità russe sanzionate dall’UE (in quanto ritenuto lo stratega dell’annessione della Crimea) ma è già diventato l’interlocutore privilegiato del nuovo corso di Washington.

Obiettivi di questi colloqui è organizzare un’offensiva congiunta anti-Isis non appena Trump avrà i pieni poteri. Non è mai successo che un Presidente americano s’impossessasse della politica estera prima dell’insediamento ufficiale (che ricordiamo avverrà il 20 Gennaio prossimo); di fatto Obama e i falchi anti-russi sono già esautorati.

Per Israele e per gli Usa, Assad non è più un problema, anzi rappresenta l’unico argine all’espandersi dell’islamismo e alla frantumazione ingovernabile della regione. Per Israele la questione è chiara da tempo e la convergenza tra Netanyahu e Putin sta ridisegnando la geopolitica mediorientale. Per gli Usa, si doveva aspettare l’uscita di scena di Obama e della Clinton per arginare la strategia del caos che Washington ha costruito in questi anni in Medio Oriente e il tentativo di trasformare la Siria in una seconda Libia.

Se il realismo di Trump si sposa con il realismo di Putin forse questa volta è l’Isis ad avere le ore contate.

http://www.occhidellaguerra.it/18609-2/



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 27/11/2016, 19:58 
DONALD TRUMP HA PROMESSO DI ABOLIRE E SOSTITUIRE L'OBAMACARE (CHE HA FATTO TANTI DANNI)

Crollerà così uno dei pilastri di Barak (e burattini) che ha fatto schizzare alle stelle il debito pubblico


"Repeal and replace Obamacare", abolire e rimpiazzare la riforma sanitaria. È questo il motto che, negli ultimi sei anni, hanno ripetuto i repubblicani d'America e che li ha spinti a tentare di abrogarla almeno una sessantina di volte con leggi arenatesi, come prevedibile, sul veto del presidente.
Ora l'elezione di Donald Trump e la riconferma di un Congresso tutto rosso (il colore del Grand Old Party) permetteranno di dire addio all'Affordable Care Act, nome che suscita un po' di imbarazzo. Già perché definire la sanità di Obama come "accessibile, qualcosa che ci si può permettere" è, a distanza di sei anni e mezzo dalla sua approvazione, piuttosto bizzarro. Secondo l'ammissione della stessa amministrazione Obama, infatti, nel 2017 l'Aca comporterà un aumento medio delle tariffe del 25% in tutti gli Stati Uniti e del 60% in alcuni Stati. In Arizona, uno degli stati più poveri della federazione, l'aumento toccherà addirittura quota +116% mentre in Tennesse, Minnesota e Alabama si toccherà un +69%. Percentuali che il democraticissimo Washington Post, a due settimane dalle elezioni, ha tentato di difendere sostenendo che dal 2011 al 2015 i premi assicurativi siano cresciuti di media solo del 3,4% l'anno contro il 7% del primo mandato Bush (2001-2005). Peccato che l'aumento del solo 2017 sarà di poco inferiore a quello dei quattro anni di George W. e che l'incremento ricadrà, in gran parte, sulle spalle della classe media già in crisi.

ABOLIRE E SOSTITUIRE OBAMACARE
Sempre Fee.org riporta l'esempio di Emily Ozda, una libraria part-time di Oakland (California), ha dovuto accettare un secondo lavoro per coprire l'aumento delle spese assicurative, con il terrore però di superare la soglia dei 47.520 dollari l'anno superata la quale, anche solo di un dollaro, si perde ogni tipo di sussidio per pagare l'assicurazione. Già perché l'Aca fornisce sussidi a chi guadagna fino al 400% del livello federale di povertà (dagli 11.880 dollari per una persona che vive da sola ai 40.890 per una famiglia di otto persone), in modo che il premio assicurativo non superi il 9,5% del reddito familiare, facendoli però saltare completamente sopra tale soglia. Non solo, oltre una certa soglia si perdono anche le deduzioni fiscali: come scriveva già nel 2010 un noto avvocato e studioso del sistema fiscale americano, Ted Frank, un 62enne senza assicurazione sanitaria con un reddito di 46mila dollari l'anno perderebbe, guadagnando solo 22 dollari in più, tutti i 7.836 dollari di deduzioni fiscali previsti.
Per tirare le somme Obama e i democratici, con la riforma sanitaria, non hanno fatto altro che portare avanti una politica a favore dei "poveri" contro i "ricchi" dimenticandosi di tutto quel mondo di mezzo, le famiglie che vogliono vivere del proprio lavoro e che sono corse in massa a votare Trump, che dalla sua ha già promesso di "abolire e sostituire Obamacare". Come? "Seguendo i principi del libero mercato e lavorando insieme per creare una politica che crei una sanità più accessibile e di miglior qualità per tutti gli americani", come recita il proprio sito elettorale. Il che significa, in concreto, eliminare la norma assurda che vieta alle assicurazioni di vendere le proprie polizze al di là dei confini di ogni singolo Stato (che ha comportato l'aumento delle tariffe bloccando la concorrenza) e consentire anche ai singoli che si assicurano le grosse deduzioni fiscali oggi previste solo per le aziende che offrono le polizze ai propri dipendenti. Incontrandosi con Barack Obama, Trump ha assicurato che conserverà alcune parti dell'Obamacare, non ha annunciato quali. Ma in ogni caso, ha dichiarato sempre in quella circostanza, farà di tutto per impedire l'innalzamento delle tariffe.

CAMBIA ANCHE L'APPROCCIO VERSO L'ABORTO
Ma con Trump potrebbe cambiare anche l'approccio verso l'aborto che, oggi, può rientrare a far parte dell'assicurazione sanitaria. Ad oggi la copertura dell'interruzione di gravidanza nelle assicurazioni sanitarie è regolata dall'Abortion Insurance Full Disclosure Act, presentato dal deputato Chris Smith e dal senatore Pat Roberts, entrambi repubblicani, che garantisce che nessun dollaro dei contribuenti vada a finanziare l'aborto. Grazie a questa legge, anche nei 26 stati che permettono di inserire la soppressione del feto nelle assicurazioni sanitarie, le compagnie assicurative hanno l'obbligo di creare due polizze: una che include l'aborto, per cui non si possono ricevere sussidi, e una che non lo include. Con Trump è probabile che questa possibilità venga eliminata, rimanendo semmai possibile solo dietro il pagamento dell'intera prestazione sanitaria. Non solo: c'è la possibilità che il Congresso passi una legge restrittiva sull'aborto e che lo renda legale solo in caso di violenza sessuale, incesto e rischio per la salute della donna.
Del resto il neo eletto presidente si è scrollato da tempo il proprio passato pro choice: in un dibattito per le primarie repubblicane dello scorso febbraio ha dichiarato di essere contrario all'aborto, ad accezione dei tre casi sopra citati, e di voler togliere i fondi al programma Planned Parenthood. Tanto più che la contrarietà all'aborto non è, come qualcuno tenta regolarmente di farla passare, solo una fissazione dei repubblicani oltranzisti che vivono nelle campagne sperdute e hanno più di 70 anni. Secondo i sondaggi Gallup oggi il 50% degli americani vorrebbe l'aborto "legale solo in certe circostanze" (quelle sopra citate), addirittura a due punti in più rispetto al 1993, mentre nello stesso periodo è cresciuta di addirittura sei punti (dal 13 al 19%) la percentuale di chi lo vorrebbe "illegale in ogni circostanza". E si è al contempo abbassata, dal 34 al 29%, la percentuale di chi lo vorrebbe al contrario "legale in ogni circostanza". Un dato che i grossi quotidiani, americani o italiani che siano, difficilmente riportano.

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4472



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 28/11/2016, 17:11 
Trump sfida Raul Castro: "Accordo migliore o sarà rottura"

Trump sfida Raul Castro: "Se Cuba non è disponibile a stringere un accordo migliore per il popolo cubano, per i cubano-americani e per l'insieme degli Stati Uniti, allora metterò fine all'accordo"


ll presidente eletto Donald Trump dopo aver detto chiaro e tondo cosa pensava di Fidel Castro ("brutale dittatore"), ora lancia un ultimatum al regime cubano: "Metterò fine all’accordo con Cuba - ha scritto su Twitter - se questo non verrà migliorato nell’interesse del popolo cubano, dei cubani-americani e degli Stati Uniti".

Durante la campagna elettorale Trump non aveva nascosto l’intenzione di interrompere l’apertura delle relazioni diplomatiche con l’isola inaugurata dall’amministrazione Obama. Tutto al momento lascia intendere che le relazioni tra L’Avana e Washington non saranno quelle del disgelo con l’amministrazione di Obama, ma c’è chi non dimentica che fu proprio un repubblicano, Richard Nixon, ad aprire alla Cina. Gli analisti cominciano comunque a disegnare scenari ancora più futuribili e guardano al 2018, quando Raul potrebbe lasciare il potere: "Soltanto allora - sostiene Jorge Duany, direttore dell’Istituto di ricerche su Cuba dell’Università internazionale della Florida - si potrà con più chiarezza capire se a Cuba i cambiamenti sono sostanziali e definitivi". E la squadra dei fedelissimi di Raul è già pronta, a partire da Miguel Diaz-Canel, 56 anni, numero due del regime dal febbraio 2013, con il suo incarico di vice presidente del Consiglio di Stato, la presidenza della Repubblica cubana, e già a lungo ministro dell’Istruzione.

Accanto a lui Bruno Rodriguez Parrilla, 58 anni, ministro degli Esteri dal 2009 e protagonista dello storico riavvicinamento con gli Stati Uniti; e, infine, l’economista Marino Murillo, componente del bureau politico del Partito comunista e vicepresidente del Consiglio dei ministri, a lui Raul ha affidato il compito strategico di soprintendere al processo delle riforme economiche.

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... ebook+Page



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 28/11/2016, 17:54 
Ho la vaga sensazione che Trump con i suoi proclami spingerà Cuba di nuovo verso le braccia della Russia e Putin sicuramente non si lascerà perdere questa occasione.
Gli americani vogliono di nuovo il popolo Cubano servo al loro volere,con le donne che per sostenere la famiglia devono ritornare a fare le prostitute com'erano prima al tempo della feroce dittatura Batista. [:305]


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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 28/11/2016, 19:53 
bleffort ha scritto:
al tempo della feroce dittatura Batista. [:305]


" feroce dittatura Batista "; quello era solo un pagliaccio, corrotto; la dittatura seria è stata proprio quella del tuo caro amico Fidel! Informati, informati quanti ne ha fatti fuori e quante Chiese ha bruciato ...
Quella mi sa, è proprio la tua Isola (oltre che di Minà e compagni simili ...) [:246]
Fa bene Trump a mettere bene le cose in chiaro ...



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/11/2016, 10:50 
.. ed il vostro amato Putin l'aiuta ... [;)]

l retroscena
Vladimir Putin, schiaffo all'amico Castro. La mossa per non fare infuriare Trump



Lo ha definito il "simbolo di un'epoca della storia moderna", "un amico sincero e affidabile della Russia" che "ha dato un enorme contributo personale alla formazione e allo sviluppo delle relazioni russo-cubane" e la sua Cuba un "esempio ispiratore per molti altri paesi e popoli" ma Vladimir Putin ai funerali di Fidel Castro non andrà.

La motivazione ufficiale data dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è che l'agenda del presidente è molto fitta ragione per cui la delegazione russa a Cuba sarà guidata da Vyacheslav Volodin, presidente della Duma. Putin rimarrà appunto in Russia, dove sarà impegnato a preparare il suo discorso sullo stato della nazione, ha precisato Peskov. Ma quello che non si dice è che lo zar non voglia fare uno sgarbo all'amico Donald Trump. Andare ai funerali di Castro non sarebbe cosa gradita al presidente degli Stati Uniti che Putin non vuole deludere.

Negli anni di Putin, che ha incontrato Fidel nel suo viaggio a Cuba nel 2014, quando Mosca ha cancellato la quasi totalità del debito accumulato dall’Avana, i rapporti fra i due paesi, tanto vicini durante la Guerra fredda, si sono ulteriormente allentati, e solo di recente, la Russia ha ventilato l’intenzione di riaprire la base di ascolto di Lourdes sull’isola operativa in epoca sovietica.

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... rali-.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/11/2016, 11:42 
Ufologo 555 ha scritto:
bleffort ha scritto:
al tempo della feroce dittatura Batista. [:305]


" feroce dittatura Batista "; quello era solo un pagliaccio, corrotto; la dittatura seria è stata proprio quella del tuo caro amico Fidel! Informati, informati quanti ne ha fatti fuori e quante Chiese ha bruciato ...
Quella mi sa, è proprio la tua Isola (oltre che di Minà e compagni simili ...) [:246]
Fa bene Trump a mettere bene le cose in chiaro ...

L'altra sera su RAI STORIA hanno fatto un documentario su Cuba,iniziando da quando il dittatore Batista è andato al potere,peccato che tu sicuramente non l'hai visto,in quanto se tu l'avessi visto avendo un minimo di obiettività,avresti capito chi era il vero feroce dittatore. [:246]
Ma.....a te è inutile spiegartelo. [:305]


Ultima modifica di bleffort il 29/11/2016, 11:55, modificato 3 volte in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/11/2016, 11:53 
Ecco cosa ha fatto il compagno Castro in nome della libertà, leggi con attenzione Bleff.

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q= ... rQUJzRQftA



Sui delitti di Fidel Castro la sinistra ha girato la testa

Carlos Franqui, rivoluzionario della prima ora e poi dissidente, ha passato molti anni nel nostro Paese: ""Sui delitti di Fidel Castro la sinistra ha girato la testa"

"In Italia la sinistra ha sempre girato la testa dall'altra parte. Più con il silenzio che con l'appoggio aperto. In nome dell'antiamericanismo hanno sempre perdonato tutto a Fidel Castro.

Gli intellettuali e i politici della sinistra hanno sempre saputo bene qual era la situazione dei diritti umani a Cuba ma quando con altri dissidenti andavamo a chiedere una firma di condanna a Fidel Castro ci sbattevano la porta in faccia. Mi ricordo il 1971. Fidel Castro aveva fatto arrestare un poeta, Heberto Padilla, e Luigi Nono scrisse una lettera di protesta che l'Unità si rifiutò di pubblicare".

Corre sul filo dei ricordi Carlos Franqui, il "nonno" dei dissidenti cubani che oggi vive a Portorico. Ottantaquattro anni, con Fidel sulla Sierra Maestra durante la rivoluzione, direttore di Revoluciòn, poeta, scrittore, saggista fuggito da Cuba nel 1968 quando criticare la rivoluzione voleva dire, anche in Europa, accettare l'ostracismo, l'insulto personale, l'accusa, tremenda in epoca di Guerra Fredda per un uomo di sinistra, di "tradimento".



Perché lasciò l'isola?"
Perché non potevo essere libero, non potevo scrivere, pubblicare quello che volevo. A Cuba se non sei d'accordo con Fidel Castro sei un uomo morto. Non puoi lavorare, muori di fame. Prima venni destituito da direttore di Revoluciòn , poi mi cacciarono da direttore del Museo d'Arte moderna".

Perché venne destituito da direttore del giornale?
"Pubblicai il dispaccio dell'agenzia France Press che dava la notizia della decisione di Kruscev di ritirare le rampe dei missili da Cuba. Castro non lo sapeva, il presidente sovietico non lo aveva avvisato. Ma non voleva neppure che lo sapessero i cubani. Così il giorno dopo mi processarono, solo perché avevo scritto la verità. Vissi una situazione kafkiana nella quale il colpevole della decisione di Kruscev finivo per essere io".

In quegli anni lei venne in Italia...
"Cercai di raccontare quello che succedeva a Cuba, di mettere in guardia la sinistra. Di spiegare il settarismo con cui si governava il partito comunista cubano. I processi ai dissidenti, le fucilazioni. Sono trentacinque anni che combatto per far conoscere la mostruosità del sistema castrista. Ma in Italia non mi ascoltava nessuno. All'inizio ero un poveraccio che aveva perso il lavoro al quale bisognava pagare il pranzo. Così tanto per dimostrare un po' di umana solidarietà. Poi diventavo una zanzara, un fastidio da scacciare".

Ma venne invitato anche alla Biennale di Venezia?
"Sì, c'era Ripa di Meana, fu un momento molto importante. Ma in quegli anni era molto difficile spiegare, nessuno in Italia voleva ascoltare critiche a Cuba. Ci fu anche un processo a Trento con Gianni Minà". Perché? "Lo querelai per tutte le bugie che Fidel Castro diceva su di me nel suo libro-intervista".

Come finì?
"In un pareggio. Minà mi chiese scusa e io ritirai la querela".

Una parte della sinistra italiana ha sempre difeso il regime cubano sostenendo che tutti i problemi, le difficoltà, la fame, la prostituzione, la mancanza di medicine dipendevano dall'embargo degli Stati Uniti?
"È una foglia di fico. L'embargo è applicato solo dagli Stati Uniti, dal resto del mondo no. Domandatevi questo: perché Castro non compra le medicine in Messico? La verità è che il suo sistema è un fallimento totale, che la sua politica economica ha distrutto le risorse dell'isola. Cuba non è povera per l'embargo americano, è povera perché è governata da un dittatore che proibisce l'iniziativa privata".

Si è perdonato molto a Castro anche per il Che Guevara...
"Quando Guevara lasciò Cuba per andare prima in Angola e poi in Bolivia lo fece perché aveva rotto con Fidel Castro. Era un nemico anche lui. L'obiettivo di Castro era liberarsi del "Che", infatti non fece assolutamente nulla per aiutarlo, anzi forse fece qualcosa per ostacolarlo".

Per quali ragioni è stato così difficile convincere anche grandi dirigenti della sinistra italiana ?
"Io credo per l'antiamericanismo e per il mito del Terzo mondo, della rivoluzione. L'innamoramento per il regime cubano era speculare all'odio per gli Stati Uniti, per il paese del capitalismo. Nessuno aveva interesse a cercare la verità, serviva solo la propaganda".

Perché il leader cubano ha scelto la via della repressione, dopo la visita del Papa sembrava che il regime avrebbe preferito la tolleranza?
"Castro è abituato a governare le crisi con il terrore, lo ha sempre fatto. In questo momento la crisi è molto profonda a Cuba. Dopo l'11 settembre è crollato il turismo che è una delle principali fonti di ingresso per lo Stato. La crisi sta mettendo in difficoltà la sussistenza del regime, quando ha fame la gente protesta e se non ottiene nulla: si rivolta. Il terrore serve a scongiurare il rischio di una rivolta".

Castro accusa i dissidenti di essere "agenti degli Stati Uniti", di ricevere finanziamenti da Washington.
"Mi viene da ridere. Io ho pubblicato tutti i documenti nei quali si dimostra come noi quando combattemmo per fare la rivoluzione fummo aiutati dagli Stati Uniti. Allora le relazioni tra Fidel e gli Stati Uniti erano ottime". E dopo? "La sinistra italiana non ha mai accettato un fatto molto semplice: Castro non è mai stato marxista, né comunista. Ad un certo punto ha capito che poteva utilizzare l'appoggio dell'Urss per consolidare il suo potere. L'Urss, per l'importanza strategica che aveva un'isola come Cuba a novanta miglia dagli Stati Uniti, ha letteralmente mantenuto l'isola per trent'anni. Da Mosca arrivava tutto. Le macchine, i viveri, le medicine. I cubani potevano permettersi di non fare assolutamente nulla, c'erano i russi che ci mantenevano. E quando questo sistema è saltato, Castro ha inventato l'apartheid, l'isola del turismo sessuale. Non gliene è mai importato nulla del socialismo, il suo problema è stato sempre e solo il suo potere".

In che consiste il sistema che lei chiama apartheid?
"Ci sono spiagge proibite ai cubani, la più famosa è anche la più bella dell'isola: Varadero. I cubani non possono entrare negli alberghi e nemmeno nei ristoranti per i turisti. Poi c'è un sistema che ritengo mostruoso nell'industria. E' ovvio, per esempio, che non esiste il sindacato, sarebbe controrivoluzionario protestare contro il datore di lavoro. Le aziende europee che operano nell'isola possono farlo solo associandosi con il regime, al cinquanta per cento. Il lavoro degli operai viene pagato in dollari allo Stato cubano che a sua volta paga il salario ma in pesos trattenendo la differenza. Per alcune aziende è una pacchia: non ci sono proteste, nessuno sciopera. Chi alza la testa perde il lavoro e ciao. Non è un operaio che rivendica i suoi diritti, è un controrivoluzionario".

E oggi cosa dovrebbero fare l'Italia e l'Europa?
"Ci vogliono subito misure concrete, i governi europei non devono concedere crediti al regime e devono proibire alla aziende di avere rapporti di collaborazione con Cuba almeno fino a quando non vengono liberati i prigionieri politici".



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/11/2016, 12:13 
greenwarrior ha scritto:
Ecco cosa ha fatto il compagno Castro in nome della libertà, leggi con attenzione Bleff.


La cosa piu' deludente e' vedere come anche qui ci si divida in fazioni pro e contro.

In realta' tutti gli stati sono dei regimi, solo che alcuni sono piu' bravi di altri a intortare la gente e a fare propaganda.



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/11/2016, 12:41 
bleffort ha scritto:
L'altra sera su RAI STORIA hanno fatto un documentario su Cuba,iniziando da quando il dittatore Batista è andato al potere,peccato che tu sicuramente non l'hai visto,in quanto se tu l'avessi visto avendo un minimo di obiettività,avresti capito chi era il vero feroce dittatore. [:246]
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