sottovento ha scritto:
zakmck ha scritto:
Senza persecuzioni i ricchi ebrei sarebbero rimasti esattamente dove risiedevano da secoli.
In verità molti dei "ricchi ebrei" sono rimasti in altre parti del mondo, in particolare in Usa ce ne sono quasi quanto in Israele....
http://www.limesonline.com/cartaceo/ebr ... i?prv=trueAppunto, questo avvalora quanto dico.
Dove vi sono state le persecuzioni (spontanee o indotte) gli ebrei se ne sono andati mentre nei posti in cui tutto sommato si stava bene sono rimasti. Del resto quello che serviva era arrivare ad un certo numero di individui, troppi avrebbero creato problemi.
sottovento ha scritto:
Pensare poi che la comunità ebraica più grande del Medio Oriente risiede in Iran!
Gli ebrei in Iran sono 25mila. Le sinagoghe e i luoghi di culto ebraici sono più di cento in tutto il Paese. Alla comunità ebraica iraniana è riservato un seggio nel Parlamento di Teheran . Secondo Morsadegh, che dirige l'ospedale ebraico della Capitale, l'Iran attuale garantisce pieno esercizio di cittadinanza ai membri delle minoranze religiose.
E questo credo la dica lunga sui diritti in Iran.
Per confronto, metto anche questo significativo estratto dal capito I del libro "Storia ebraica e giudaismo: il peso di tre millenni" di Israel Shahak.
Se non si mette in discussione il prevalente atteggiamento ebraico nei confronti dei non ebrei, non è dato capire neppure il concetto stesso di «stato israeliano» (Jewish State), come Israele preferisce definirsi. La generalizzata mistificazione che, senza considerare il regime apartheid dei territori occupati, definisce Israele come una vera democrazia, nasce dal rifiuto di vedere cosa significa per i non ebrei lo «stato israeliano». Sono convinto che Israele in quanto Jewish State è un pericolo non solo per se stesso e per i suoi abitanti, ma per tutti gli ebrei e per gli altri popoli e stati del Medio Oriente e anche altrove. Sono altresì convinto che altri stati o entità politiche del Medio Oriente che si proclamano «arabi» o «musulmani», definizioni analoghe a quella di «stato israeliano», rappresentano anch'essi un pericolo. Comunque mentre di quest'ultimo pericolo tutti ne parlano, quello implicito nel carattere ebraico dello Stato d'Israele è sempre taciuto e ignorato. Fin dalla sua fondazione, il concetto che il nuovo Stato d'Israele era uno «stato israeliano» fu ribadito da tutta la classe politica e inculcato nella popolazione con ogni mezzo.
Nel 1985, quando una piccola minoranza di ebrei cittadini d'Israele contestò questo concetto, il Knesset, approvò a stragrande maggioranza una legge costituzionale che annulla tutte le altre leggi che non possono esser revocate se non con procedura eccezionale. Si stabilì che i partiti che si oppongono al principio dello «stato israeliano», o propongono di modificarlo per via democratica, non possono presentare candidati da eleggere al Parlamento, il Knesset. Personalmente, io mi sono sempre opposto a questo principio costituzionale e quindi, in uno stato di cui sono cittadino, non posso appartenere a un partito di cui condivido il programma a cui è vietato eleggere i suoi, rappresentanti al Knesset.
Basterebbe questo esempio per dimostrare che Israele non è una democrazia, visto che si fonda sull'ideologia israeliana ad esclusione non solo di tutti i non ebrei ma anche di noi ebrei, cittadini d'Israele, che non siamo disposti a condividerlo.
Comunque il pericolo rappresentato da questa ideologia dominante non si limita agli affari interni, ma permea di sé tutta la politica estera d'Israele. E tale pericolo sarà sempre maggiore via via che il carattere israelitico d'Israele si accentuerà sempre più e crescerà il suo potere, particolarmente quello nucleare. Un'altra ragione per preoccuparsi è l'aumentata influenza d'Israele sulla classe politica degli Stati Uniti e per questi motivi oggi non è solo importante ma, addirittura politicamente vitale, documentare gli sviluppi del giudaismo e specialmente il modo di trattare i non ebrei da parte d'Israele.
Consideriamo la definizione ufficiale del termine «israeliano», che chiarisce la differenza di fondo tra Israele come «stato israeliano» e la maggioranza degli altri stati. Dunque, secondo la definizione ufficiale, Israele «appartiene» solo a quelle persone che le autorità israeliane definiscono appunto «israeliane», indipendentemente da dove vivono. Al contrario, Israele non «appartiene» giuridicamente ai suoi cittadini non ebrei, la cui condizione è ufficialmente considerata inferiore.
Da cui si capisce molto anche dei recenti eventi che riguardano Trump e i "suoi uomini".