IL FAMOSO "PAPIRO TULLI" 
Un eccezionale documento storico conferma che il fenomeno ufologico è antichissimo; almeno quanto la nostra civiltà
Di 11.340 anni dell’antica civiltà egiziana si può dire che non si conoscono che le ultime pagine di storia, una storia affascinante perché ad ogni pié sospinto ci si imbatte nel mistero. Nell’ormai lontano ottobre del 1963 – era allora uno dei pochi componenti il Gruppo Clipeologi del Movimento Umanistico Fiorentino – durante le mie consuete ricerche clipeostoriche venni in possesso di una traduzione di parte di un papiro; traduzione che, apparsa su “The Doubt” (la rivista della Fortran Society) risultò poi particolarmente imperfetta ed assai liberamente interpretata. Il contenuto mi parve però così interessante che inviai una lettera al Direttore di “Settimana Incom illustrata” a nome del mio gruppo, perché ne venissero a conoscenza i lettori di quella rivista.
Non contento di ciò tentai di commentare il testo pubblicandolo nel primo raro numero di “Clypeus” (gennaio 1964), cercando d’interpretare anche le molte lacune dovute a cancellature che figurano nella traduzione stessa. Non mi potevo ancora rendere conto che quanto stavo facendo era soltanto l’inizio di una lunga odissea. Fui infatti poco dopo informato che il papiro era di proprietà (poi non confermata) del professor Alberto Tulli, ormai defunto e che era stato Direttore del Pontificio Museo Egizio del Vaticano. Contemporaneamente seppi che il professor Giuseppe Botti, allora Direttore del Museo Archeologico di Firenze, sarebbe dovuto andare a Roma per collezionare i testi demotici del Museo Vaticano. Su mia richiesta in una sua lettera mi promise il suo interessamento in merito al documento, ma poco tempo dopo purtroppo morì interrompendo le ricerche: che d’altra tempo sarebbero state inutili, come ebbe a riferire l’egittologo professor Boris de Rachewiltz con molte sue successive delucidazioni, peraltro chiarissime e dettagliatissime, così come si potevano desumere da quanto scrisse Sergio Conti in seguito ad una sua preziosa inchiesta pubblicata sul “Giornale dei Misteri” del luglio 1971.
De Rachewiltz mi inviò una nuova fedele, ma sempre parziale traduzione del papiro del Nuovo Regno, facente parte degli Annali Reali risalenti all’epoca di Thuthmosis III (1504-1450 circa a. C.), precisando che l’origine era in condizioni tali da non poterlo decifrare altro che frammentariamente e sempre con la presenza di cancellature opportunamente numerate nella traduzione stessa. Il professore l’aveva ricavata da un prezioso inserto di Alberto Tulli. Questi nel 1934 aveva soltanto consultato l’originale presso un antiquario egiziano, certo Tano, e ne aveva portato con sé la trascrizione di alcuni passi direttamente dall’Egitto. De Rachewiltz poté poi consultarli per la cortesia usatagli dal fratello del professore, Monsignor Gustavo, dell’Archivio del Vaticano. Il documento, vergato a matita in geroglifico da Tulli, recava anche appunti dell’abate Etienne Drioton, allora Direttore del Museo del Cairo.
Esaminiamo ora quanto De Rachewiltz riuscì a trascrivere attenendosi il più fedelmente possibile agli appunti del Tulli, tenendo presente che manca la parte iniziale e finale. Vi si legge:
“(…) Nell’anno 22, terzo mese d’inverno, ora sesta del giorno (lacuna), gli scribi della Casa (s’intende: Casa della Vita) scoprirono che era un cerchia di fuoco che arrivava dal cielo (meteora od altro?). Esso non aveva testa, il fiato della sua bocca (aveva) un cattivo odore (si comprende che non vi erano prominenze e che lasciava esalazioni maleolenti). Il suo corpo (era) lungo una pertica e largo una pertica (50 metri di diametro). Non aveva voce… (era silenzioso). I loro cuori divennero confusi… poi si stesero in terra sullo stomaco (…). Andarono dal Re… a riferire ciò (stupore e sgomento dei testimoni).
Sua Maestà (il faraone) ordinò… è stato esaminato… circa tutto quello che è scritto nei rotoli di papiro della Casa della Vita. (E questo ci fa supporre che il cosiddetto “Papiro Tulli” fosse uno di essi o comunque una sua trascrizione in ieratico). Sua Maestà stava meditando sull’accaduto. Ora, dopo che qualche giorno fu trascorso da quegli eventi, là, brillavano in cielo più del sole ai limiti dei quattro supporti del cielo… (la ripetitività del fenomeno, la molteplicità, la permanenza e i successivi movimenti dei cerchi sembrerebbero escludere l’interpretazione meteorica, e i quattro supporti fanno pensare all’antico concetto di un mondo piatto sospeso su quattro colonne o comunque alla presenza dei fenomeni luminosi, dislocati in cielo ai vertici dei quattro punti cardinali).
Potente era la posizione dei cerchi di fuoco. L’esercito del Re guardava in avanti e Sua Maestà era nel mezzo di esso (si deduce l’importanza data dal faraone a quanto stava il timone di una presenza nemica del tutto insolita). Era dopo cena (quindi ora notturna o quasi, per cui il fenomeno doveva essere ancor più appariscente). In quel momento essi (cioè i cerchi di fuoco) se ne andarono più in alto diretti a sud (quindi s’innalzarono dal punto del cielo in cui si trovavano e si mossero verso sud). (Era) una meraviglia mai accaduta dalla fondazione di questa Terra! Causò a Sua Maestàil portare incenso per pacificare la Terra (l’evento fu considerato soprannaturale a tal punto da sentire la necessità di placare l’ira degli Dei)… (A scrivere?) cosa accadde nel Libro della Casa della Vita… da essere ricordato nell’eternità… (dunque gli scribi ne tramandarono la memoria)”.
Questa traduzione, parziale ma fedele, del “Papiro Tulli”, dovuta a De Rachewiltz, apparve su “La Forghiana” n. 6 del 1969. E tutto sarebbe terminato qui, con l’incertezza sull’autenticità del papiro stesso posseduto da quel tale Tano se, rileggendo ancora la lettera del professor Botti, non mi fossi soffermato su un’osservazione in essa riferita circa un “abituale rituale del Libro dei Morti”, tanto più che proprio in quel periodo mi stavo dedicando allo studio degli scritti sacri degli antichi Egiziani. E quanto andavo sperando si tradusse ben presto in un’incredibile realtà allorché, nella riproduzione del Papiro di Torino, ossia nel “Libro dei Morti”, constatai una scena che illustra tre corpi volanti in cielo, rotondi, in fila indiana e con svastiche disegnate all’interno di essi in posizione dinamica di moto o disposte a croce di Sant’Andrea.
La scena presenta poi, sottostante al fenomeno, un’imbarcazione con offerte: e si sa che la barca simbolicamente significa avventura, esplorazione. Inoltre il tutto da parte del capitolo CX, la cui traduzione in lingua italiana si conclude con la seguente frase: “Io approdo al momento (giusto) sulla Terra, all’epoca stabilita, secondo tutti gli scritti della Terra, da quando la Terra è esistita e secondo quanto ordinato da (spazio bianco) venerabile”.
Non intendo aggiungere altro. A buon intenditor...
Articolo di Solas Boncompagni pubblicato sul mensile "I misteri", novembre 1995 pagg. 48-62.
http://www.nonapritequelportale.com/ufo-egitto____________________________________________________________________________________________________________________________________________
Da wikipediaPapiro Tulli è il nome dato ad un documento in forma di antico papiro rinvenuto nel 1934 in Egitto, il quale conterrebbe la descrizione di strani avvistamenti di luci e oggetti nel cielo. Dopo essere stato per decenni considerato un oggetto misterioso e "fuori della propria epoca" (si veda la voce OOPArt) di recente si è appurato essere un falso.
La storia del papiro Tulli comincia nel 1934, quando il papiro sarebbe stato rinvenuto al Cairo sulla bancarella di un antiquario di nome Tano da parte di Alberto Tulli, allora direttore del Pontificio Museo Egizio del Vaticano. Tulli era una persona dotata di buona cultura e con una competenza approfondita dell'egittologia, e credette di riconoscere nel papiro un prezioso documento.
Tulli non poté acquistare il documento, per via dell'alto prezzo richiesto, ma ottenne di poterlo copiare per analizzarlo meglio ed eventualmente concludere l'acquisto.
Il testo era scritto in ieratico, per cui si rese necessario trascriverlo in geroglifici [1] per renderne agevole la lettura: partecipò all'operazione l'abate Etienne Drioton, direttore del Museo egizio del Cairo. Il papiro risultò essere una descrizione di un avvistamento effettuato dal faraone Thutmosis III, ma molte parti del testo erano danneggiate o mancanti, alcune addirittura in modo apparentemente volontario.
Il testo rimase negli archivi di Alberto Tulli fino alla morte dello studioso, quando venne reso pubblico dal fratello monsignor Augusto Tulli. Il documento probabilmente entrò in possesso del Vaticano, anche se non risulta ufficialmente donato.
Fin qui la storia come viene raccontata in tante pubblicazioni di carattere ufologico. I dati di fatto verificabili sono però scarsissimi e lo stesso papiro non risulta essere reperibile in alcun archivio pubblico o privato.
La prima testimonianza sull'esistenza del papiro è un articolo intitolato Forteana c.a 1500 b.C., pubblicato dalla rivista britannica di studi fortiani Doubt nel 1953.[2] Il principe sudtirolese Boris de Rachewiltz, egittologo e appassionato di esoterismo, scrive che la sua è la prima traduzione di questo papiro originale del Nuovo Regno, da lui trovato tra i documenti del defunto prof. Alberto Tulli, e aggiunge di aver personalmente curato la trascrizione dallo ieratico al geroglifico e la relativa numerazione progressiva di questo documento facente parte degli Annali di Tuthmosis III , che regno dal 1504 al 1450 a.C.[3] Nell'articolo si trova anche una illustrazione del papiro, quella che poi verrà costantemente riprodotta in ogni pubblicazione successiva. In questa primissima versione della storia non si fa alcun cenno alle difficoltà incontrate nell'acquisto, ad una copia effettuata per poter analizzare il documento ritenuto troppo costoso e a tanti altri particolari che nel corso degli anni andranno ad arricchire il racconto. Al contrario de Rachewiltz dice di aver esaminato un papiro originale in pessime condizioni, mancante dell'inizio e della fine, e sbiadito. Il mondo dell'ufologia si appropriò subito della storia, tanto che venne poi ripresa da H. T. Wilkins in Flying Saucer Uncensored nel 1956, per poi diffondersi grazie ad altre pubblicazioni del settore.
La notizia arrivò in Italia nel 1963, per mezzo di Solas Boncompagni, un "clipeologo" (studioso degli UFO nell'antichità) che pubblicò sulla rivista Clypeus una diversa traduzione annotata del testo in italiano [4]. In questa versione della storia troviamo il particolare del mancato acquisto del papiro originale, che sarebbe stato semplicemente ricopiato dal professor Tulli. Boncompagni scriverà poi in un articolo del 1995 che nella sua nuova traduzione aveva "cercato di interpretare anche le molte lacune dovute a cancellature che figuravano nella traduzione stessa"[5]
Il testo rimase noto soprattutto negli ambienti ufologici [6], che lo accettarono in modo acritico e lo usarono a più riprese per "provare" presunti contatti con entità aliene in epoche remote o per ipotizzare cadute di corpi celesti. Altri studiosi, tra cui Renato Vesco, videro nel documento una cronaca dell'esplosione di Santorini, se non una metafora per un periodo di turbolenze sociali.
Gianfranco Nolli, direttore della sezione egizia dei Musei Vaticani, bollò il documento come falso, dubitando della preparazione del suo predecessore [7].
Il papiro venne sottoposto nell'aprile 2006 ad analisi da parte di appassionati e di studiosi: tramite una community online italiana (egittologia.net) si cominciò a studiare il "caso" partendo dalla traduzione del testo ex novo, traendolo dall'immagine pubblicata da de Rachewiltz. Durante la traduzione, Franco Brussino, esperto di egittologia, notò la similarità tra alcuni passi del papiro e delle frasi provenienti da testi noti. La ricerca bibliografica portò a ritrovare le medesime frasi del papiro incriminato in un testo fondamentale sulla scrittura egizia, Egyptian Grammar di sir Alan H. Gardiner, pubblicato nel 1927 e quindi antecedente alla scoperta del papiro.
![Palla Otto [8]](./images/smilies/UF/icon_smile_8ball.gif)
Il testo fasullo sarebbe stato composto copiando dalla Grammar singole frasi appartenenti a nove diversi papiri, e le lacune sarebbero state solo un modo per congiungere tra loro passi scorrelati, in modo da mantenere allo stesso tempo maggiore coerenza interna ed un alone di mistero. A conferma della posteriorità del papiro rispetto al testo di studio, due errori di trascrizioni presenti nelle prime edizioni del volume del Gardiner risultano presenti anche sul documento.
Il papiro è dunque risultato essere una complessa ed ottimamente realizzata burla, se non addirittura una truffa, tanto sofisticata da essere sopravvissuta per trent'anni e da aver giocato anche esperti del settore, nonché ufologi improvvisatisi esperti di egittologia. È interessante notare che già nell'articolo di De Rachewiltz su Doubt compare un indizio che può far supporre che proprio il principe sudtirolese possa essere stato l'autore della burla. Subito dopo la traduzione del papiro infatti De Rachewiltz scrive "I think that this papyrus is part of a book preserved in that mysterious institution called House of Life (of which Sir Alan Gardiner has written) that I am actually deeply investigating". De Rachewiltz cita dunque proprio l'autore della Egyptian Grammar dalla quale sono state estratte le frasi usate per comporre il falso papiro.
Oltre a questa truffa/burla iniziale, negli ultimi decenni sono state realizzate e pubblicate nuove versioni sia del ritrovamento (che si arricchiscono di particolari sempre più romanzeschi [9]) che della trascrizione, evidentemente falsate e realizzate da mano impreparata, con lo scopo specifico di colmare le lacune tra quanto riportato nel papiro e le varie versioni "misteriose".
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* Cesco * il 28/08/2009, 08:49, modificato 1 volta in totale.