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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

12/04/2017, 19:31

Che c'entra DIBBBBBA?

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

12/04/2017, 19:44

TheApologist ha scritto:"L'Italia ha importato dalla Romania il 40% dei loro criminali. Mentre la Romania sta importando dall'Italia le nostre imprese e i nostri capitali. Che affare questa Ue! Siccome in Italia la politica non ha mai voluto far funzionare la giustizia, anzi molto spesso l'ha sabotata volutamente, noi stiamo attraendo delinquenti, mentre le nostre imprese scappano dove i sistemi giudiziari sono più efficienti: come in Romania!".

E' polemica su questo post pubblicato su Facebook il 10 aprile dal vice presidente della Camera Luigi Di Maio.

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... a1194.html

Polemica? Ha detto la pura verità! Basandosi su dati veri, non aria fritta.
E il bello é che queste cose le pensano tutti, da ANNI... Ma appena in Italia dici la verità viene fuori il putiferio.

Un'altra faccia dell'import-export: importiamo il peggio mentre il meglio se ne va a lavorare all'estero perché qui non ha speranze.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

13/04/2017, 15:56

#ProgrammaLavoro: Stop ai privilegi sindacali


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Oggi discutiamo il terzo punto del #ProgrammaLavoro del MoVimento 5 Stelle. Il quesito che troverai nella votazione della settimana prossima sarà: Quali privilegi sindacali intendi sia necessario eliminare in via prioritaria?

di Giorgio Cremaschi - Ex dirigente Fiom
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Democratizzare e rendere più trasparente l'attività dei sindacati non rappresenta una persecuzione dell’organizzazione sindacale, ma è un favore che si fa ai lavoratori. Lavoratrici e lavoratori hanno bisogno di sindacati trasparenti e di organizzazioni sindacali che rispondano immediatamente alla tutela dei loro interessi, e dove invece non prevalga, come a volte accade, la tutela degli interessi dell'organizzazione a scapito di quella dei rappresentati.

In questi anni si è creato un meccanismo di burocratizzazione della vita sindacale che ha rafforzato i sindacati ma solo in apparenza: in realtà li ha -almeno i più grandi- indeboliti, rendendoli sempre più dipendenti da forme di finanziamento e di aiuto che se da un lato rafforzano perché fanno affluire risorse e soldi, dall'altro indeboliscono perché non si legano al consenso diretto dei lavoratori. Da questo punto di vista io credo che servano tre regole fondamentali da applicare alla vita dei sindacati: la prima, è che l'iscrizione all'organizzazione sindacale sia assolutamente libera e tutelata, cioè non possano esserci persecuzioni dei lavoratori, come spesso avviene, perché si iscrivono o scelgono di iscriversi al sindacato. Oggi questo accade in tanti luoghi di lavoro.

Però il lavoratore deve essere libero di disdire sì la tessera sindacale, ma una tessera sindacale che sia rinnovabile: non devono più esistere tessere sindacali che si rinnovano grazie al principio del silenzio-assenso. Ogni quattro anni le deleghe sindacali dovrebbero annullarsi e venire rinnovate. Ciò sarebbe utile anche all'organizzazione sindacale, che potrebbe verificare ogni quattro anni quanti sono gli iscritti. Le organizzazioni sindacali potrebbero utilizzare -nel pubblico, meno nel privato-, tutte le strutture pubbliche come l'INPS ecc. per l'adesione all'organizzazione sindacale, con agevolazioni alla possibilità di aderire al sindacato, però le deleghe dovrebbero cadere ogni 4 anni in modo che il sindacato non abbia le deleghe a vita.

La seconda questione su cui è indispensabile intervenire sono le forme di finanziamento indiretto di cui godono le organizzazioni sindacali. Lo dico chiaramente: l'organizzazione sindacale devo vivere con i soldi che gli danno i lavoratori che vuole rappresentare e con nient'altro che quello, ovvero il lavoratore paga la tessera sindacale e con quell'atto decide di sostenere il suo sindacato. Non ci devono essere finanziamenti pubblici diretti e indiretti, o finanziamenti delle imprese diretti o indiretti. Oggi c'è una giungla: quote di servizio, enti bilaterali, finanziamenti indiretti da parte delle imprese, sponsorizzazioni. Tutto questo dovrebbe essere proibito, per la semplice ragione che un'organizzazione sindacale che vive solo dei soldi dei suoi iscritti è forse un po' più povera, ma è sicuramente più pura ed è sicuramente più combattiva nei confronti dell'azienda. Soprattutto non è ricattabile, è ricattabile solo dal lavoratore come giusto che sia: non è possibile che se il lavoratore dice "Se non fai quello che ti dico non mi tessero più", l'organizzazione sindacale risponda "Non mi importa, perché tanto i soldi li prendo lo stesso da altre fonti". Tutto questo deve essere messo in discussione.

Infine, riguardo ai distacchi e i permessi: io credo che i distacchi e i permessi servano. Servono per l'attività sindacale, servono perché nessuno può lavorare contemporaneamente e fare il sindacalista, o farlo solo fuori dall'orario di lavoro come si sosteneva nell’800. No! Bisogna avere il tempo di occuparsene, bisogna studiare, prepararsi. Però ci devono essere regole anche in questo: non ci possono essere distacchi che servano per altro, ad esempio uno lavora nella scuola e viene distaccato per fare il dirigente degli edili. Questo non funziona. Il distacco sindacale, i permessi, devono essere utilizzati per fare attività sindacale nei luoghi, nelle categorie, nei posti di lavoro da cui si proviene.

Diverso è il funzionamento dell'organizzazione sindacale, che prende i soldi dagli iscritti, ogni 4 anni deve riguadagnarseli con il rinnovo delle deleghe, e con quei soldi può pagare anche impiegati, funzionari, persone che facciano una attività specialistica. Io credo anche che vadano separate le due materie: da una parte coloro che praticano attività a tempo pieno nell'organizzazione sindacale, che li paga con i suoi soldi, e dall'altra coloro che usufruiscono dei permessi sindacali per l'attività nei luoghi di lavoro, anche diffusa, ampia e giustamente tutelata, perché chi fa davvero il sindacalista nei luoghi di lavoro rischia sempre nei confronti della controparte. Questi tre principi secondo me dovrebbero essere adottati anche sul piano legislativo, sempre legandoli al principio fondamentale della rappresentanza democratica nei luoghi di lavoro.
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

14/04/2017, 03:12

Il fronte anti volontà popolare


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di Beppe Grillo
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Il Foglio, giornale finanziato a forza dai cittadini con 52.557.792,66 di euro a partire dal 1997, pubblica ogni giorno pregiudizi, falsità e luoghi comuni sul MoVimento 5 Stelle. Considerando che saranno più le copie al macero che quelle lette, non ha senso dare peso ai loro schizzetti di fango quotidiani. E' giusto però che non gravino sulle tasche dei cittadini e infatti il MoVimento 5 Stelle al governo abolirà i finanziamenti pubblici ai giornali. Oggi però Il Foglio ha pubblicato un'intervista al senatore Pd Luigi Zanda dal titolo: "Un fronte anti Grillo" che è doveroso segnalare. Già il titolo è ingannevole: la guerra non è al MoVimento 5 Stelle, ma alla volontà popolare.

Il presidente dei senatori piddini Zanda, e il Foglio, rivelano che il Pd deve sostenere Forza Italia perchè da una parte ci sono i partiti "democratici" (ossia tutti i vecchi partiti) e dall'altra "le forze antisistema" (ossia l'unica forza politica nuova, nonchè la prima per consensi: il MoVimento 5 Stelle). Zanda invita Pd, Forza Italia, Lega Nord, Alternativa Popolare, Campo progressista e altri a "reagire" contro il MoVimento 5 Stelle e li esorta a trovare i punti di collaborazione per "un'operazione di interesse nazionale". Tradotto in italiano Zanda propone che tutti contrastino il MoVimento 5 Stelle per impedirgli in tutti i modi e con chissà quali giochetti di andare al governo nonostante la volontà popolare. Un intento eversivo e pericoloso.

La sovranità appartiene al popolo, come stabilisce l'articolo 1 della Costituzione, non ai partiti. Zanda si fa scudo dietro la difesa della democrazia rappresentativa, da proteggere contro l'avanzata della democrazia diretta che definisce "dittatura dei clic" togliendo ogni dubbio a chi pensava fosse una persona di buon senso. La democrazia rappresentativa è in crisi irreversibile, il web però può salvare e migliorare la democrazia. E' inevitabile, nonchè auspicabile, che con i nuovi strumenti della Rete la democrazia diventi sempre più diretta e partecipata. Chi contrasta questa evoluzione lo fa perchè vuole tenere il popolo lontano dalle stanze dei bottoni, il MoVimento 5 Stelle vuole dare una stanza dei bottoni a ogni cittadino. Chi contrasta questa evoluzione lo fa perchè vive nel passato, il MoVimento 5 Stelle è proiettato nel futuro.

Un gigante del pensiero democratico come Norberto Bobbio nel libro "Il futuro della democrazia" scrisse nel 1984: "Nessuno può immaginare uno stato che possa essere governato attraverso il continuo appello al popolo: tenendo conto delle leggi che vengono emanate nel nostro Paese all'incirca ogni anno si dovrebbe prevedere in media una chiamata al giorno. Salvo nella ipotesi per ora fantascientifica che ogni cittadino possa trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico standosene comodamente a casa e schiacciando un bottone.". E' esattamente quello che succederà. Con buona pace degli eversori del fronte anti volontà popolare.
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 03:18

Luigi Di Maio spiega il Reddito di cittadinanza a #RenziPinocchio


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ASCOLTATE LE PAROLE DI Luigi Di Maio E AIUTATECI A RISTABILIRE LA VERITÀ!
Le fakenews di Renzi inquinano il dibattito pubblico:
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di Luigi Di Maio
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Renzi continua ad andare in televisione ad attaccare il Movimento 5 Stelle con argomentazioni false. Un ex presidente del Consiglio che va in giro in Tv a sparare dati a caso, ha credibilità zero.

Renzi a Otto e mezzo ha detto: "Qui viene Casaleggio, in questa seggiola o quella, non so qual era, e dice: 'Io voglio fare il reddito di cittadinanza per tutti', penso a quelli che sono fuori da un posto di lavoro e che quindi seguono con attenzione queste parole. Lei gli dice: 'Come la copri la cifra che va dai 20 ai 96 miliardi di euro necessaria per il reddito di cittadinanza? Da 20 a 96 miliardi di euro' 'Ah beh però possiamo fare per esempio... le pensioni d'oro e i vitalizi...' Al massimo sta roba qui vale, al massimo esagerando, 100 milioni di euro. E devi arrivare a 96 miliardi di euro. Tu stai prendendo in giro gli italiani."

Qui l'unico che prende in giro gli italiani è Matteo Renzi. Uno che ha governato per 3 anni questo Paese, e finge di non conoscere le coperture del nostro reddito di cittadinanza, parlando di cifre che vanno da 20 a 96 miliardi, facendo disinformazione con cifre a caso. Eppure questi sono atti depositati, sono atti depositati al Parlamento della Repubblica, e le coperture del reddito di cittadinanza sono approvate dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle costa 14,9 miliardi di euro, non lo diciamo noi, lo dice l'Istat. A quei 14,9 miliardi di euro si aggiungono 2 miliardi di euro per la riforma dei Centri per l'Impiego, che servono a far trovare lavoro a chi prende il reddito di cittadinanza. Renzi finge di non conoscere queste cose, e tra l'altro continua a difendere i privilegi della casta quando dice che con le pensioni d'oro non si può coprire il reddito di cittadinanza. Noi abbiamo individuato 25 voci di spesa che mettono insieme 17 miliardi di euro per erogare questa misura, tra queste ci sono anche le pensioni d'oro. Lui usa la retorica per continuare a difendere i privilegi della casta che durante il suo governo non ha mai voluto tagliare ma che noi taglieremo col primo decreto che istituirà il reddito di cittadinanza in Italia.

Renzi ha continuato: "In questi anni il lavoro giovanile... la disoccupazione è scesa, non troppo, purtroppo ha ragione, ma è scesa dal 46 al 35%."

Utilizza un dato vero per dire una falsità. L'unica verità è che i giovani occupati italiani non aumentano, o emigrano o per disperazione smettono di cercare lavoro. Solo l'anno scorso sono andati via 115 mila italiani, non solo giovani, anche pensionati, over 40 che hanno perso le speranze di stare in questo Paese. E a quelli si aggiungono gli inattivi, quelli che restano in Italia ma perdono la speranza di trovare un lavoro e quindi non lo cercano più. Questi dati sono la dimostrazione del fallimento totale delle politiche di Matteo Renzi che lui ha anche il coraggio di sbandierare, ma che in realtà dimostrano che Jobs act, bonus, trovate elettorali che ha utilizzato, hanno fatto solo scappare gente e aumentare i giovani disoccupati. Queste sono le sue falsità sui dati che riguardano gli italiani, e con altrettante falsità attacca il Movimento 5 Stelle, ad esempio sulla democrazia diretta.

Il Movimento 5 Stelle ha oltre 2200 eletti nelle istituzioni grazie alla democrazia diretta, che non devono ringraziare nessun capobastone come nel suo partito, e nessuna lista bloccata per essere entrati nelle istituzioni. Lui è quel presidente del Consiglio dei Ministri mandato a casa da un referendum, quello del 4 dicembre, in cui il 60% degli italiani gli ha chiesto di andare a votare, ma lui e il suo partito tengono in ostaggio questa legislatura impedendo agli italiani di andare al voto perché devono prima risolvere i loro problemi interni, e lui deve tornare a fare il segretario. E lui viene a farci lezione di democrazia a noi! E' ridicolo. E siccome non ha il coraggio di confrontarsi con noi sui temi seri, ad esempio sul nostro programma di governo che stiamo votando insieme ai nostri iscritti -abbiamo già chiuso il capitolo energia adesso stiamo affrontando il lavoro sempre con strumenti democrazia diretta-, allora Renzi utilizza fake news come microchip e le sirene, o strumentalizza temi seri come le mammografie, i vaccini su cui abbiamo ampiamente spiegato la nostra posizione, per attaccarci. Un modo di attaccare veramente di basso livello, di uno candidato alla segreteria del Partito Democratico che non ha argomenti per attaccare la prima forza politica del Paese e deve utilizzare questi mezzucci.

Dice anche che non vogliamo confrontarci con lui sui temi concreti, sulle questioni importanti di questo Paese o sulle proposte che noi abbiamo presentato negli anni del suo governo e che loro ci hanno sempre fermato. Questo è falso: il Movimento 5 Stelle è sempre disponibile a confrontarsi sui temi concreti anche con lui, glielo avevamo chiesto più volte durante la campagna referendaria, e si è sempre rifiutato: anche per questo ha perso. Quindi quando vuole, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, noi siamo disponibili ad un confronto con lui.

Ps: Comunicazione di Beppe Grillo - "In seguito alle dichiarazioni dei portavoce sospesi dal MoVimento 5 Stelle Nuti, Mannino e Di Vita riportate dai giornali, in cui viene attaccato il candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle a Palermo e in cui vengono fatte considerazioni sulla magistratura che non coincidono con i nostri principi, verrà chiesto ai probiviri di valutare nuove sanzioni oltre a quelle già applicate. Ho anche chiesto ai capigruppo del MoVimento 5 Stelle di raccogliere le firme dei parlamentari necessarie per indire la votazione dell'assemblea dei parlamentari per procedere anche alla sospensione temporanea dal gruppo parlamentare dei sospesi, fino a che sarà in vigore la loro sospensione dal MoVimento 5 Stelle come già stabilito dai probiviri."
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 10:13

I 5 Stelle hanno un nuovo concorrente in fatto di reddito di cittadinanza....
Orlando (Pd): "Contro la povertà, reddito di 800 euro

http://www.agi.it/viva-italia-diretta/2 ... o-1591389/

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 10:26

1 -Sono proprio curioso di vedere tra PD e M5S chi "offrirà" di più.
2-Ma sono ancora più curioso di "vedere" da dove tireranno fuori i soldi.
3- E cosa diranno a pensionati che prendono una caxxata al mese, pur avendo pagato contributi per 40 anni.
4- E che "raccolta di figurine", come regalino, invieranno a quelli che hanno pagato 19 anni anni di contributi e per vari motivi NON sono riusciti o non gli è più stato concesso di arrivare alla soglia minima dei 20 anni.

Comunque il punto 3 e 4 sono solo delle fisime mie, perché infatti stanno già provvedendo a "rimpiazzare" questi cittadini vecchi, decrepiti con delle "importazioni" mirate di ebano.

UBI MAIOR, MINOR CESSAT.
Per l'interesse della nazione, lasciamo che crepino pure i nostri.
Tanto la religione, il capitale, il guadagno se ne fregano altamente del colore della pelle, mica sono razzisti loro.
Io si???

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 10:35

Dei 5 Stelle non ho ancora capito una cosa: se vincono loro le prossime elezioni il reddito di cittadinanza lo daranno anche agli immigrati?

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 10:38

sottovento ha scritto:Dei 5 Stelle non ho ancora capito una cosa: se vincono loro le prossime elezioni il reddito di cittadinanza lo daranno anche agli immigrati?

“Ça va sans dire”

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

15/04/2017, 23:16

'Criminali romeni', Di Maio insiste: "Lo dicono i dati"

http://www.adnkronos.com/fatti/politica ... OTWXK.html

Io sono d'accordo con Di Maio.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

16/04/2017, 03:19

15 Aprile 2017
#ProgrammaLavoro: Riduzione dell'orario di lavoro


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Oggi discutiamo il quinto punto del #ProgrammaLavoro del MoVimento 5 Stelle. Il quesito che troverai nella votazione della settimana prossima sarà: Con quali modalità ritieni prioritario agire per ridurre l’orario di lavoro?

di Marco Craviolatti - Attivista Sindacale
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Con quali modalità possiamo agire per ridurre l'orario di lavoro?
Partiamo da una fotografia della realtà: i Paesi europei in cui si lavora di meno sono i Paesi ricchi del Nord, come Germania, Danimarca, Olanda. I Paesi europei in cui si lavora di più sono i Paesi dell'Est e del Sud, Polonia, Grecia... Un lavoratore greco lavora il 50% in più di un lavoratore tedesco: nella realtà le “cicale" sono ricche, e le “formiche" sono povere.

Nei Paesi ricchi il tasso di occupazione è molto più elevato, e si lavora di meno. In Italia abbiamo il 57% di occupati, in Francia il 64%, sono in proporzione 3 milioni in più. "Lavorare meno lavorare tutti" non è quindi uno slogan o un auspicio, è una constatazione della realtà, una correlazione statistica. Facciamo un'altra fotografia in movimento: gli orari di lavoro medi in tutti i Paesi cosiddetti avanzati sono in costante diminuzione da decenni, a ritmi diversi, dalla Germania all’Italia, dal Giappone alla Corea. Quindi la riduzione degli orari è un dato di fatto, è già in corso!
Ma allora perché non ce ne accorgiamo, perché non stiamo tutti meglio? Perché è una media statistica del pollo: da una parte alcuni sono costretti a lavorare sempre di più, dall’altra, altri non possono lavorare quanto vorrebbero.
E poi, da una parte ci sono orari contrattuali che aumentano, straordinari obbligatori, taglio dei riposi; dall'altra i part time involontari che ormai sono due terzi del totale, i contratti usa e getta, la gig economy. Quindi è chiaro che gli orari si riducono da sé, come abbiamo visto, ed i motivi sono anche intuibili: l'evoluzione tecnologica che sostituisce -fortunatamente- il bisogno di lavoro umano. Più che ridurre gli orari in modo generico dobbiamo quindi pensare a come distribuirli bene, e quindi come far lavorare meno quelli che lavorano tanto e come far lavorare di più quelli che lavorano poco.

I costi per lo Stato, per avviare la riduzione degli orari di lavoro, sono in genere molto limitati. In Francia le 35 ore sono costate circa un miliardo l’anno, mentre in Italia stiamo spendendo -per la decontribuzione dei neoassunti col jobact- ben 20 miliardi in tre anni, con ricadute occupazionali nulle, tra le peggiori in tutta Europa. Si può ad esempio spostare il carico fiscale e contributivo penalizzando gli orari lunghi e gli straordinari a favore della riduzione degli orari. Però rispetto ai costi dobbiamo assumere una prospettiva anche storica di lungo termine: le 8 ore in Italia sono state introdotte nel 1919, è passato un secolo; le 40 ore nel 1969, mezzo secolo da quando il sabato è diventato festivo; da allora la produttività del lavoro è aumentata enormemente, pensiamo che i computer dell' Apollo 13 erano meno potenti di una chiavetta USB di oggi. Quindi possiamo immaginare quale sia stato il progresso tecnologico. Questo cosa vuol dire? Che la produttività aumenta, e in un'ora di lavoro si produce molta più ricchezza. Ma se per un po' di anni i salari sono aumentati, adesso da tanto sono fermi e stagnano, gli orari di lavoro sono rimasti fermi.

Ma se si produce più ricchezza, i salari sono gli stessi, e gli orari sono gli stessi, allora dove finisce quella ricchezza supplementare? Finisce nelle tasche di pochissimi investitori e azionisti, di quell'1% o 10% di privilegiati che concentrano la ricchezza mondiale. Ridurre gli orari significa allora riappropriarsi di quei benefici, del progresso scientifico e tecnologico che in questo momento va ad alimentare solo i profitti di pochi.

Avere tanto lavoro che costa poco per le imprese a prima vista sembra un vantaggio competitivo, ma è una logica di breve durata. Perché le imprese in tal modo galleggiano, fanno profitti, non sono motivate a investire e innovare, e nel giro di poco i prodotti e le tecnologie utilizzate diventano obsolete, la produttività si ferma, il valore prodotto non cresce più: e questo è il grosso problema dell’Italia, chiamata "la malata d’Europa" perché la produttività del lavoro è ferma da 15 anni mentre cresce in tutti gli altri Paesi europei. A quel punto non serve più dire al lavoratore di pedalare più veloce e più a lungo, a quel punto bisogna cambiare la bicicletta: cambiare le gomme, oliarla, magari montare un motore elettrico, con cui lo stesso lavoratore può pedalare facendo molta più strada con molta meno fatica.

Ridurre gli orari incentiva questo: ridurre gli orari è un po’ come portare la bicicletta in officina, fare una revisione di tutta l'organizzazione del lavoro, stimolare gli investimenti, l'innovazione produttiva, e quindi l'evoluzione del sistema produttivo nazionale verso uno stadio un po' più evoluto. La riduzione degli orari va organizzata pensando sia al piano individuale sia a quello collettivo. Intanto ci sono tantissime persone che lavorerebbero di meno anche guadagnando di meno se solo potessero farlo, penso ad esempio ad alcuni periodi della vita come la maternità, la malattia, l'età avanzata. Bisogna dare a queste persone la possibilità di farlo, ad esempio introducendo un diritto al part time: i part time oggi in gran parte sono imposti, ma chi li vorrebbe spesso non può accedervi. Si potrebbe istituire un diritto al part-time, magari lungo di 30 o 35 ore, che non può essere negato a meno di problemi organizzativi insormontabili. Ci sono poi i congedi di cura che vanno potenziati e meglio retribuiti, come i congedi parentali che oggi vengono retribuiti solo al 30%, quindi rimangono spesso diritti sulla carta, mentre le raccomandazioni europee suggeriscono di portare la retribuzione almeno al 60% per farli fruire anche agli uomini.

Rispetto a quella che è invece la riduzione collettiva degli orari le strade sono molteplici: ad esempio una riduzione orizzontale in cui le ore giornaliere vengono ridotte, o una riduzione verticale delle giornate lavorate, ad esempio la settimana corta di 4 giorni; oppure un modello nuovo di organizzazione dell'orario ordinario, ad esempio una fascia ampia che vada dalle 25 alle 35 ore. Questa fascia potrebbe essere lasciata poi alla contrattazione e alla libera organizzazione delle imprese, per garantire sia la necessaria riduzione che i margini di flessibilità, adattandoli ai diversi contesti lavorativi.

A un secolo dal 1919 e a mezzo secolo del 1969, cioè dai grandi salti della storia dell'orario di lavoro, la struttura economica è pronta a un salto nuovo e ambizioso: il 2019 potrebbe rappresentare una scadenza simbolica molto motivante. E poi abbiamo la responsabilità, l’onore, e l'onere di avere a che fare con la più grande risorsa che esista sulla faccia della terra, la risorsa più preziosa e più democratica: il tempo di vita delle persone.
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

16/04/2017, 14:31

SE QUESTO INTERVENTO ANDASSE IN TV, IL M5S PRENDEREBBE COME MINIMO IL 60%. CONDIVIDETELO TUTTI

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Marco Travaglio SMONTA IN POCHI MINUTI TUTTE LE BALLE DI REGIME SU Virginia Raggi

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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

17/04/2017, 03:19

G7 Energia: governo fermo sul fossile, insiste su TAP e dimentica le rinnovabili


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di MoVimento 5 Stelle
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Energia decentrata e autoprodotta: è questo il futuro energetico che ci aspetta in un mondo sempre più complesso e messo a rischio dallo sfruttamento delle risorse naturali. Uso delle fonti rinnovabili, risparmio di energia attraverso l'efficienza energetica e uso razionale di quell'energia. Ma non è di questo che il nostro governo ha parlato al G7 dell'Energia che si è tenuto a Roma il 9 e il 10 aprile, e il presidente di turno del G7 Energia, il ministro Calenda, continua invece a insistere sulla necessità per l'Italia di proseguire con il gasdotto TAP.

Nei piani per il nostro paese c'è molto gas e poche fonti rinnovabili. E questo nonostante in un quadro di decarbonizzazione dell'economia in linea con i principi del vertice di Parigi sul clima, la domanda di combustibili fossili dell'Unione europea continuerà a scendere.

All'Italia manca una vera Strategia energetica nazionale (Sen). Quella presentata dal governo non è chiara e si presenta inadeguata per far fronte agli obblighi internazionali ed europei. E anziché aprire una seria discussione parlamentare, che coinvolga anche le Regioni, su come affrontare quegli obiettivi, il governo italiano gioca a scrivere una strategia energetica (Sen) e una climatica (Sec) senza alcun valore di legge.

Addirittura si pone in netto contrasto con il "Clean Energy for all Europeans" proposto dalla Commissione Europea per puntare verso una vera transizione energetica. Manca anche una cabina di regia in grado di far funzionare l'intera macchina, senza disperdere risorse e competenze in azioni del tutto scoordinate.

Veniamo al gas e al gasdotto TAP. I maggiori studi internazionali sull'energia, a partire da quello redatto dall'Oxford Institute for Energy Studies, ci dicono ad esempio che la costruzione del gasdotto TAP che passerà anche da Melendugno, è pressoché inutile, se non addirittura dannosa per l'economia e l'ambiente.

Ci sono almeno tre fattori per cui non conviene investire così tanto sulle infrastrutture legate all'estrazione del gas:

1. Lo sviluppo dell'efficienza energetica, l'aumento delle fonti rinnovabili in Europa e la crisi economica che ha fatto calare la produzione;
2. non c'è bisogno di aumentare le importazioni perché i consumi scendono più velocemente del calo delle estrazioni;
3. l'Europa è preparata ad ogni evenienza anche se la Russia di Gazprom dovesse decidere di chiudere i rubinetti del gas verso il nostro continente.

Ecco perché non c'è bisogno di altre infrastrutture gasiere. Mentre invece avremmo bisogno di regolamenti per facilitare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e di leggi per orientare il nostro sistema energetico verso modalità efficienti e di risparmio.
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Il Governo vuole trasformare i vecchi cementifici in nuovi inceneritori


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di MoVimento 5 Stelle Europa
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Il Ministro dell'Ambiente Galletti ha promosso il provvedimento che permette l'utilizzo di combustibili solidi secondari (Css) in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale. Questo vuol dire che - con autorizzazione ambientale - i cementifici possono bruciare i rifiuti nel rispetto della Direttiva 2000/76/CE sull'incenerimento (a cui sono soggetti quindi sia gli inceneritori che i cementifici quando utilizzano i rifiuti).

Il Movimento 5 Stelle è contrario all'incenerimento dei combustibili fossili, da sempre si batte per l'economia circolare e per l'applicazione dell'intelligenza al ciclo dei rifiuti. Con questa scelta il Governo sceglie di non essere intelligente, trasformando i cementifici in nuovi inceneritori.

Studi scientifici internazionali hanno dimostrato che la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione delle emissioni, in particolare di diossine, composti organici clorurati e metalli pesanti. Secondo l'agenzia di protezione ambientale USA, le emissioni di diossine nei cementifici che non utilizzano rifiuti come combustibili è pari a 0,29 nanogrammi per kg di clinker prodotto, mentre le emissioni di diossina aumentano fino a ben 24,34 nanogrammi/kg nei cementifici che usano rifiuti come combustibile.

Inoltre, in Italia, i controlli sulle società di gestione sarebbero - per legge - meno rigidi. Si permetterebbe ai cementifici/inceneritore di bruciare di tutto. E, ciliegina sulla torta, per capire il livello delle emissioni ci si dovrebbe affidare solo ai dati diffusi dalle stesse società di gestione. Si preannuncia dunque l'ennesimo conflitto d'interessi a danno della salute dei cittadini. Per evitarlo il Movimento 5 Stelle in Europa ha inviato un'interrogazione alla Commissione europea per far luce su questa vicenda.


Guarda su youtube.com



Qui l'interrogazione:

Anche voi potete attivarvi firmando la petizione che trovate sul sito
www.associazionearianova.it:

Non possiamo permettere che ci avvelenino ancora.
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

18/04/2017, 03:39

Allarme Plastica: a rischio la salute e l'ambiente


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di MoVimento 5 Stelle Europa

traduzione di un articolo pubblicato sul The Guardian.


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"Le aziende e i privati hanno il dovere di riciclare il più possibile e di creare e utilizzare confezioni più sostenibili. Ho appena litigato con la nuova bottiglia in plastica di sapone liquido della mia cucina: non riuscivo a far funzionare la pompa. L'ho armeggiato, l'ho premuta, ruotata, l'ho rotta e poi, improvvisamente e senza una particolare ragione, il contenuto è schizzato dappertutto. Poi ho litigato anche con il cellophane che avvolgeva la scatola di cartone contenente le mie bustine del tè. Non riuscivo a toglierlo, né a penetrarlo con le mie unghie o le forbici, pertanto ho pugnalato l'intera scatola con un coltello appuntito e l'ho sventrata. È tutta colpa mia, perché avrei dovuto comprare una saponetta avvolta nella carta e del the in foglie imballate in uno strato di cartone, non qualche foglia avvolta nella carta, avvolta nel cartone, a sua volta imballato nel polietilene. Non l'ho fatto perché sono pigro, come tanti consumatori moderni. Ma magari questi imballi relativamente moderni mi infastidiscono e mi irritano ancora di più perché ho un'età tale da ricordarmi di quando non ne avevamo bisogno.

LA PLASTICA È PER SEMPRE

Mi mancano le vecchie bottiglie del latte (vetro, fatto di sabbia e facilmente riciclabile), i sacchettini di carta marrone per frutta e verdura sfusi. Li usavamo per assorbire l'olio dei nostri fish and chips fritti e, al posto dei sacchettini di the, usavamo le foglie di the e le teiere. Non si tratta di inutile nostalgia: mostra che si può vivere senza una quantità eccessiva di involucri, come i venditori sui siti di e-commerce con packaging stile matrioska, e senza tutta quella plastica. E questi imballi moderni mi infastidiscono e mi irritano ancora di più perché ho un'età tale da ricordarmi di quando non ne avevamo bisogno. Oggi c'è plastica, plastica, plastica: dappertutto! Che cosa c'è di più stupido di quattro mele o pere su un letto di polistirolo, coperte da un guscio in plastica dura, avvolto nel polietilene? Possiamo ancora acquistare frutta e verdura sfusi, ma è difficile trovare qualcuno che si prepari le patatine da solo: si vendono in sacchetti di plastica, pronte da cuocere. Non stupisce, pertanto, che non siano in molti quelli che osano pensare a packaging e riciclaggio, perché se lo facciamo le nostre prospettive appaiono terrificanti. Durante un viaggio dal Cairo a Cape Town, Melinda Watson, fondatrice della Raw Foundation, si è fermata ogni 100km per registrare l'allarmante quantità di plastica presente in un metro quadrato su entrambi i lati della strada, perlopiù bottiglie in plastica di bevande, sacchetti in plastica e contenitori di cibo in polistirolo. "La plastica non può mai essere riciclata completamente. Dopo due o tre ricicli, la sua qualità si riduce. Uno sconcertante 72% delle confezioni in plastica non viene recuperato: il 40% è smaltito in discarica e il 32% esce dal sistema di raccolta" afferma Watson. Nei nostri oceani, la plastica si scompone in molecole che si comportano come spugne e raccolgono altre tossine, coloranti, additivi, plastificanti, che entrano nella nostra catena alimentare e ci avvelenano. È semplice: se le tossine entrano, dovranno uscire da qualche parte. Tutta la plastica realizzata è ancora qui, in una qualche forma.

DESIGN E RICICLAGGIO INADEGUATI.

I peggiori colpevoli sono la plastica monouso e le confezioni in plastica: bicchierini per caffè (ne vengono gettati 10.000 ogni due minuti nel solo Regno Unito), cannucce (gli americani ne utilizzano 500 milioni ogni giorno), cartoni dello yogurt, agitatori per cocktail, rasoi in plastica, micro-perle e cartoni in Tetra Pak (perché sono realizzati con diversi ingredienti difficili da separare: cartone, alluminio, rivestimenti in plastica) e cialde di caffè. Dì un nome di un oggetto: probabilmente non siamo in grado di riciclarlo. John Sylvan, inventore della cialda di caffè monouso K-Cup, la più venduta in America, adesso "rimpiange di averlo fatto". Ma è troppo tardi: c'è e dobbiamo trovare un modo di gestirla, di smaltire il bilione di cialde, vasetti, contenitori, involucri, cartoni della pizza, tubetti di dentifricio e tutti gli altri materiali con residui di cibo attaccati, prima che distruggano noi e la vita marina. Rispetto alle cialde di caffè, Nespresso afferma che sono realizzate al 99% in alluminio e completamente riciclabili, e che le capsule usate possono essere consegnate a uno dei punti di raccolta presso le sue 6.000 boutique nel Regno Unito. Ma quanti lo fanno? La Nestlé, proprietaria del marchio Nespresso, ha rifiutato di comunicare in che proporzione vengano riciclate le sue capsule di caffè.

GRANDI IDEE

Tuttavia, vi sono numerosi esempi positivi. L'azienda casearia Müller sta invertendo il proprio piano di vendere latte esclusivamente in bottiglie in plastica, incoraggiando un ritorno alle bottiglie in vetro e alle consegne a domicilio. Le auguro buona fortuna. In passato, nel Regno Unito il 94% del latte era imbottigliato, adesso solo il 4%. A livello nazionale, la Francia ha varato una nuova legge, che entrerà in vigore nel 2020, per assicurare che tutti i bicchieri, le posate e i piatti in plastica possano essere compostati e siano realizzati in materiali di origine biologica. La Germania ha il supermercato zero rifiuti Original Unverpackt e Amburgo è arrivata a bandire le cialde di caffè (spesso un mix di alluminio e plastica) dagli edifici pubblici.

Vi sono nuove aziende emergenti, più attente all'utilizzo di packaging sostenibili. Un birrificio americano ha introdotto gli edible six-pack rings (anelli per confezioni da sei commestibili), mentre Gumdrop ricicla e lavora chewing gum, trasformandoli in stivali Wellington, cover di cellulari, cancelleria e confezioni. Altri stanno realizzano materiali da imballo da amido di mais compostabile o sorgo, mentre l'azienda newyorchese Ecovative design ha sviluppato materiali di imballo basati su funghi. Queste iniziative, grandi e piccole, ci lasciano sperare che saremo in grado di affrontare il problema dei rifiuti di imballo. Ma non dobbiamo dimenticare che l'età dell'oro dello zero packaging non si è davvero conclusa. Possiamo scegliere di acquistare bottiglie di latte, estratto di lievito e ketchup in vetro, invece di queste inutili versioni spremibili in plastica, possiamo rifiutare i sacchetti in plastica e impegnarci molto di più a vivere producendo meno rifiuti, come facevamo in passato.
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La democrazia diretta elettronica è il futuro


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Intervista ad Alfonso Celotto: Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli studi Roma Tre. Dal 2012 al 2014 presidente di Università telematica "Unitelma Sapienza". Insegna Diritto pubblico comparato presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli" di Roma.
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Danilo Toninelli: Siamo qui, oggi, con il professore ordinario di Diritto costituzionale a Roma Tre Alfonso Celotto. Il M5S ha presentato la delibera per introdurre strumenti di democrazia partecipativa all'interno dello Statuto del Comune di Roma. Molti suoi colleghi hanno espresso opinioni critiche su questi strumenti, quindi è molto importante confrontarci con esperti come lei per chiedere: come vede oggi, in un contesto diverso di democrazia da quella ottocentesca, questi strumenti di democrazia partecipativa?

Alfonso Celotto: Assolutamente necessari. Sono temi che studio da qualche anno, perché il nostro modello di Stato è un modello a democrazia rappresentativa, significa che si eleggono dei rappresentanti che trasmettono la volontà del popolo. Però la stessa Costituzione prevede anche strumenti di democrazia diretta, in quanto il popolo che detiene la sovranità (art.1) deve poter partecipare direttamente. Ma questi strumenti, la petizione (articolo 51), l'iniziativa legislativa popolare, il referendum abrogativo, sono ormai col tempo completamente decotti, desueti, e quindi è importante -come sta accadendo in tutte le principali democrazie- cercare di recuperare la partecipazione popolare. Come? Con nuovi strumenti di democrazia diretta. Anche perché la democrazia della Costituzione a base ottocentesca passa attraverso l'intermediazione dei partiti, ma ormai il partito tradizionale di massa non esiste più, non si va più in sezione il pomeriggio, quindi occorre recuperare la partecipazione in altri modi altrimenti si verifica lontananza dalla politica.

Danilo Toninelli: Tra gli strumenti presentati a Roma c'è la petizione online, i referendum abrogativi e consultivi, abbiamo aggiunto anche quelli propositivi senza quorum, e c'è il bilancio partecipativo, il tutto ordinato anche con il voto elettronico che stiamo elaborando. Come vede, per i referendum, l'assenza di quorum? In quali referendum ritiene che il "senza quorum" possa permettere ai cittadini maggior affluenza? Le porto un esempio: nel referendum trivelle dell'aprile 2016 c'era il quorum, e solo il 32% degli aventi diritto al voto è andato a votare. Nel referendum del 4 dicembre 2016 invece, senza quorum, oltre il 65 %. Si potrebbe allora concludere che in certi casi l'assenza di quorum aumenti il numero dei votanti perché i partiti non possono incitare strumentalmente l'elettorato a non andare a votare al referendum, quindi i cittadini vanno e c'è più competizione.

Alfonso Celotto: La storia ci aiuta a capire i fenomeni. La Costituzione prevede due referendum: uno è il referendum costituzionale senza quorum, perché? Perché si tratta di un referendum eccezionale che si verifica in pochi casi, e la serietà del tema spingerà le persone a votare. Infatti, la partecipazione è stata sempre alta. Sul referendum abrogativo -art. 75-, è stato invece inserito il quorum per dare una soglia di serietà, perché ad abrogare una legge parlamentare deve essere una porzione significativa di popolo. Il referendum abrogativo in Italia nasce nel 1973, in occasione del quesito sul divorzio: ai primi referendum parteciparono in tanti, l' 80% della popolazione. Ma negli anni con i troppi referendum abrogativi, si parla di decine, si è creata una disaffezione e il quorum è diventato una barriera all'accesso, perché si calcolano i votanti sugli aventi diritto. E visto che in Italia normalmente il 30% non vota, la lotta nel referendum abrogativo non è più tra il Si e il No, ma fra Si e astensione, perché i partiti che favoriscono il no preferiscono che la gente non vada a votare. Ma così si invalida il referendum partendo col 30% di vantaggio, come se alla partita di calcio parti 3 a 0. Non va bene. Quindi il quorum va studiato con serietà, va prevista una soglia di serietà. Però il referendum per come è adesso è sicuramente antistorico, bisogna ragionare su come favorire la partecipazione.

Danilo Toninelli: Ultimissima domanda. Parto da un esempio: 2014, referendum sull'indipendenza della Scozia, il referendum non è passato; 2016 referendum Brexit, il referendum passa. In occasione del primo, l'estabilishment ha affermato che è stato un grande successo della democrazia; per la Brexit, lo stesso estabilishment ha detto che è stato un errore fare il referendum. La domanda è un po' tecnica un po' politica: professore, questo estabilishment ha paura del referendum, o ha paura dell'esito?

Alfonso Celotto: questo è il dilemma tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Anche l'esempio di dicembre in Italia ce lo dimostra: in fondo la riforma costituzionale, che è una riforma molto complicata e molto tecnica, è diventata un referendum sulla figura del Presidente del Consiglio, su Renzi. E lui sperava in un plebiscito a proprio favore, approfittando della scelta sulla Costituzione, e invece il popolo ha votato contro. La tua domanda mi fa quindi capire che molto spesso la politica cerca di cavalcare gli esiti della democrazia diretta, però la democrazia diretta è spesso imprevedibile perché il popolo ha una sua anima, una sua pancia, che può essere distante dalla volontà dell'estabilishment. Quindi è giusto che esista la democrazia diretta, e anche che vada guidata, perché non è pensabile che ogni legge sottoposta al Parlamento passi per un referendum popolare. Però la politica deve accettare la volontà popolare, soprattutto se il quesito è posto in maniera chiara, univoca e precisa: a quel punto la sovranità appartiene al popolo, e quando lo chiami a intervenire consapevolmente poi ti devi adeguare alla scelta.

Danilo Toninelli: ringraziamo a nome di tutto il Movimento 5 Stelle il professor Alfonso Celotto. Intervisteremo altri esperti professori di Diritto Costituzionale, per capire se anche loro ritengono che gli strumenti di democrazia partecipativa possano affiancare e integrare la democrazia in maniera sana, per migliorare la partecipazione e il livello qualitativo della nostra democrazia.

Alfonso Celotto: vorrei aggiungere una cosa: il nostro modello costituzionale è un modello ottocentesco. Oggi lo si deve attualizzare, con gli strumenti moderni. Quindi non solo democrazia diretta, ma democrazia diretta partecipata elettronica. Quel modello sarà necessariamente il futuro.
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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

18/04/2017, 15:45

ArTisAll ha scritto:Report, guerra Pd dopo la puntata su L’Unità: ‘Chiederemo danni al programma Rai e al Fatto. Brutta pagina giornalismo’



Cinema, anche Benigni minaccia querela contro Report. Che ha ricostruito il flop del suo investimento
Cinecittà (cioè Abete) salverà il regista premio Oscar che voleva trasformare studi di Papigno, frazione di Terni, negli Umbria studios, prestigioso polo cinematografico in grado di fare concorrenza a quelli di Roma. La trasmissione di Rai3 lo racconta, lui diffida


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Anche Roberto Benigni diffida Report. Il regista premio Oscar e la moglie Nicoletta Braschi hanno contattato l’ufficio legale del programma di Rai3 per disinnescare un’inchiesta che li riguarda e che andrà in onda lunedì sera. Nella missiva dell’avvocato Michele Gentiloni Silveri (cugino del presidente del Consiglio Paolo), inoltrata anche ai vertici dell’azienda e della rete, si annuncia una prima, probabile richiesta danni per l’anticipazione che è stata mostrata al termine dalla puntata di lunedì scorso. La tattica è la solita: la trasmissione di altri contenuti diffamatori, dunque, provocherebbe il ricorso immediato all’autorità giudiziaria.

Questa settimana, querelare Report è diventato quasi un vezzo. È iniziato tutto con la trasmissione del 10 aprile che ha fatto imbestialire Matteo Renzi, raccontando il salvataggio de l’Unità da parte di Massimo Pessina e i presunti vantaggi ottenuti poi dall’imprenditore nell’assegnazione di alcuni appalti. L’ex premier ha definito quella puntata “una follia”. Il suo avvocato aveva annunciato querela prima della trasmissione, il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, ha confermato subito dopo. A quel punto si sono scatenati i renziani in Cda e in commissione di Vigilanza. La minaccia più grave è quella di togliere la tutela legale da parte della Rai, lasciando i giornalisti da soli di fronte alle denunce. Un’ipotesi sostenuta da alcune delle stesse persone che in epoca berlusconiana difendevano Report come prezioso baluardo del giornalismo d’inchiesta del servizio pubblico e simbolo della libera informazione. L’attacco frontale di Renzi ha aperto una breccia: sulla redazione di Sigfrido Ranucci in questi giorni è piovuto un temporale di diffide.

Quella di Benigni è la più clamorosa. La puntata di domani racconta, tra le altre, la vicenda degli studi di Papigno, una frazione di Terni, dove il regista toscano ha girato La vita è bella e il meno fortunato Pinocchio. Benigni aveva un progetto ambizioso: trasformare Papigno negli Umbria studios, un nuovo prestigioso polo cinematografico in grado di fare concorrenza anche a Cinecittà, come racconta lui stesso ridendo. La scelta imprenditoriale si rivela sciagurata, nonostante gli onerosi investimenti pubblici, tra fondi europei, statali e degli enti locali (Report li stima in 16 milioni di euro, anche se la cifra è contestata dall’avvocato di Benigni). Papigno si trasforma in un pozzo senza fondo, Benigni e Braschi – racconta Report – accumulano un passivo di ben 5 milioni di euro.

A quel punto arriva un intervento inaspettato: nel 2005 è proprio Cinecittà Studios, la società di Luigi Abete, Aurelio De Laurentiis e Andrea Della Valle, a rilevare gli studi ternani e a farsi carico dei debiti di Benigni (a oggi avrebbero versato 3,9 dei 5 milioni di rosso). Papigno però non è stata rilanciata: oggi l’area è completamente abbandonata a se stessa, ha perso valore. Non si gira più un film e sono scomparsi i posti di lavoro (secondo le fonti consultate da Report almeno 200). Adesso Cinecittà sta per tornare in mani pubbliche. Oltre a un’imponente mole di debiti accumulati da Abete e soci – spiega il giornalista Giorgio Mottola – lo Stato si ritroverà in pancia anche l’investimento in perdita di Benigni e Braschi.

L’artista non ha voluto rispondere alle domande del cronista di Report, limitandosi a una battuta: “Non sa quanti soldi ci ho perso”. Anche lui, come Renzi, ha preferito far parlare gli avvocati. E proprio come diversi renziani che si occupano di Rai, anche Benigni ha la memoria corta (o una morale selettiva): nel 2011, quando sulla trasmissione si allungava la minaccia della censura berlusconiana, fu tra i primi firmatari di un appello lanciato da Articolo 21 che si intitolava “Nessuno tocchi Report”. Un documento dalle pronunce solenni: “Report è la principale trasmissione d’inchiesta della televisione italiana, quella con il miglior rapporto costo-ascolti e il più alto indice Qualitel (…). È il programma di approfondimento giornalistico che ha raccolto più riconoscimenti in Italia e all’estero. Report è uno dei simboli del servizio pubblico. Invieremo l’appello a tutte le associazioni, ai movimenti, ai siti internet che in questi anni si sono battuti contro ogni bavaglio e per affermare i principi contenuti nell’articolo 21 della Costituzione”. Proprio lei, la più bella del mondo.
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Mi è sempre piaciuto come comico, però.............. vabbè.

+ BENIGNI VUOLE DENUNCIARE REPORT CHE L'HA BECCATO +

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È meglio se continua a fare il comico e, che non rompesse troppo li @@:

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