Allarme Plastica: a rischio la salute e l'ambiente
di MoVimento 5 Stelle Europa
traduzione di un articolo pubblicato sul
The Guardian.
¯
"Le aziende e i privati hanno il dovere di riciclare il più possibile e di creare e utilizzare confezioni più sostenibili. Ho appena litigato con la nuova bottiglia in plastica di sapone liquido della mia cucina: non riuscivo a far funzionare la pompa. L'ho armeggiato, l'ho premuta, ruotata, l'ho rotta e poi, improvvisamente e senza una particolare ragione, il contenuto è schizzato dappertutto. Poi ho litigato anche con il cellophane che avvolgeva la scatola di cartone contenente le mie bustine del tè. Non riuscivo a toglierlo, né a penetrarlo con le mie unghie o le forbici, pertanto ho pugnalato l'intera scatola con un coltello appuntito e l'ho sventrata. È tutta colpa mia, perché avrei dovuto comprare una saponetta avvolta nella carta e del the in foglie imballate in uno strato di cartone, non qualche foglia avvolta nella carta, avvolta nel cartone, a sua volta imballato nel polietilene. Non l'ho fatto perché sono pigro, come tanti consumatori moderni. Ma magari questi imballi relativamente moderni mi infastidiscono e mi irritano ancora di più perché ho un'età tale da ricordarmi di quando non ne avevamo bisogno.
LA PLASTICA È PER SEMPRE
Mi mancano le vecchie bottiglie del latte (vetro, fatto di sabbia e facilmente riciclabile), i sacchettini di carta marrone per frutta e verdura sfusi. Li usavamo per assorbire l'olio dei nostri fish and chips fritti e, al posto dei sacchettini di the, usavamo le foglie di the e le teiere. Non si tratta di inutile nostalgia: mostra che si può vivere senza una quantità eccessiva di involucri, come i venditori sui siti di e-commerce con packaging stile matrioska, e senza tutta quella plastica. E questi imballi moderni mi infastidiscono e mi irritano ancora di più perché ho un'età tale da ricordarmi di quando non ne avevamo bisogno. Oggi c'è plastica, plastica, plastica: dappertutto! Che cosa c'è di più stupido di quattro mele o pere su un letto di polistirolo, coperte da un guscio in plastica dura, avvolto nel polietilene? Possiamo ancora acquistare frutta e verdura sfusi, ma è difficile trovare qualcuno che si prepari le patatine da solo: si vendono in sacchetti di plastica, pronte da cuocere. Non stupisce, pertanto, che non siano in molti quelli che osano pensare a packaging e riciclaggio, perché se lo facciamo le nostre prospettive appaiono terrificanti. Durante un viaggio dal Cairo a Cape Town, Melinda Watson, fondatrice della Raw Foundation, si è fermata ogni 100km per registrare l'allarmante quantità di plastica presente in un metro quadrato su entrambi i lati della strada, perlopiù bottiglie in plastica di bevande, sacchetti in plastica e contenitori di cibo in polistirolo. "La plastica non può mai essere riciclata completamente. Dopo due o tre ricicli, la sua qualità si riduce. Uno sconcertante 72% delle confezioni in plastica non viene recuperato: il 40% è smaltito in discarica e il 32% esce dal sistema di raccolta" afferma Watson. Nei nostri oceani, la plastica si scompone in molecole che si comportano come spugne e raccolgono altre tossine, coloranti, additivi, plastificanti, che entrano nella nostra catena alimentare e ci avvelenano. È semplice: se le tossine entrano, dovranno uscire da qualche parte. Tutta la plastica realizzata è ancora qui, in una qualche forma.
DESIGN E RICICLAGGIO INADEGUATI.
I peggiori colpevoli sono la plastica monouso e le confezioni in plastica: bicchierini per caffè (ne vengono gettati 10.000 ogni due minuti nel solo Regno Unito), cannucce (gli americani ne utilizzano 500 milioni ogni giorno), cartoni dello yogurt, agitatori per cocktail, rasoi in plastica, micro-perle e cartoni in Tetra Pak (perché sono realizzati con diversi ingredienti difficili da separare: cartone, alluminio, rivestimenti in plastica) e cialde di caffè. Dì un nome di un oggetto: probabilmente non siamo in grado di riciclarlo. John Sylvan, inventore della cialda di caffè monouso K-Cup, la più venduta in America, adesso "rimpiange di averlo fatto". Ma è troppo tardi: c'è e dobbiamo trovare un modo di gestirla, di smaltire il bilione di cialde, vasetti, contenitori, involucri, cartoni della pizza, tubetti di dentifricio e tutti gli altri materiali con residui di cibo attaccati, prima che distruggano noi e la vita marina. Rispetto alle cialde di caffè, Nespresso afferma che sono realizzate al 99% in alluminio e completamente riciclabili, e che le capsule usate possono essere consegnate a uno dei punti di raccolta presso le sue 6.000 boutique nel Regno Unito. Ma quanti lo fanno? La Nestlé, proprietaria del marchio Nespresso, ha rifiutato di comunicare in che proporzione vengano riciclate le sue capsule di caffè.
GRANDI IDEE
Tuttavia, vi sono numerosi esempi positivi. L'azienda casearia Müller sta invertendo il proprio piano di vendere latte esclusivamente in bottiglie in plastica, incoraggiando un ritorno alle bottiglie in vetro e alle consegne a domicilio. Le auguro buona fortuna. In passato, nel Regno Unito il 94% del latte era imbottigliato, adesso solo il 4%. A livello nazionale, la Francia ha varato una nuova legge, che entrerà in vigore nel 2020, per assicurare che tutti i bicchieri, le posate e i piatti in plastica possano essere compostati e siano realizzati in materiali di origine biologica. La Germania ha il supermercato zero rifiuti Original Unverpackt e Amburgo è arrivata a bandire le cialde di caffè (spesso un mix di alluminio e plastica) dagli edifici pubblici.
Vi sono nuove aziende emergenti, più attente all'utilizzo di packaging sostenibili. Un birrificio americano ha introdotto gli edible six-pack rings (anelli per confezioni da sei commestibili), mentre Gumdrop ricicla e lavora chewing gum, trasformandoli in stivali Wellington, cover di cellulari, cancelleria e confezioni. Altri stanno realizzano materiali da imballo da amido di mais compostabile o sorgo, mentre l'azienda newyorchese Ecovative design ha sviluppato materiali di imballo basati su funghi. Queste iniziative, grandi e piccole, ci lasciano sperare che saremo in grado di affrontare il problema dei rifiuti di imballo. Ma non dobbiamo dimenticare che l'età dell'oro dello zero packaging non si è davvero conclusa. Possiamo scegliere di acquistare bottiglie di latte, estratto di lievito e ketchup in vetro, invece di queste inutili versioni spremibili in plastica, possiamo rifiutare i sacchetti in plastica e impegnarci molto di più a vivere producendo meno rifiuti, come facevamo in passato.
_
Fonte
La democrazia diretta elettronica è il futuro
VideoIntervista ad Alfonso Celotto: Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli studi Roma Tre. Dal 2012 al 2014 presidente di Università telematica "Unitelma Sapienza". Insegna Diritto pubblico comparato presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli" di Roma.
¯
Danilo Toninelli: Siamo qui, oggi, con il professore ordinario di Diritto costituzionale a Roma Tre Alfonso Celotto. Il M5S ha presentato la delibera per introdurre strumenti di democrazia partecipativa all'interno dello Statuto del Comune di Roma. Molti suoi colleghi hanno espresso opinioni critiche su questi strumenti, quindi è molto importante confrontarci con esperti come lei per chiedere: come vede oggi, in un contesto diverso di democrazia da quella ottocentesca, questi strumenti di democrazia partecipativa?
Alfonso Celotto: Assolutamente necessari. Sono temi che studio da qualche anno, perché il nostro modello di Stato è un modello a democrazia rappresentativa, significa che si eleggono dei rappresentanti che trasmettono la volontà del popolo. Però la stessa Costituzione prevede anche strumenti di democrazia diretta, in quanto il popolo che detiene la sovranità (art.1) deve poter partecipare direttamente. Ma questi strumenti, la petizione (articolo 51), l'iniziativa legislativa popolare, il referendum abrogativo, sono ormai col tempo completamente decotti, desueti, e quindi è importante -come sta accadendo in tutte le principali democrazie- cercare di recuperare la partecipazione popolare. Come? Con nuovi strumenti di democrazia diretta. Anche perché la democrazia della Costituzione a base ottocentesca passa attraverso l'intermediazione dei partiti, ma ormai il partito tradizionale di massa non esiste più, non si va più in sezione il pomeriggio, quindi occorre recuperare la partecipazione in altri modi altrimenti si verifica lontananza dalla politica.
Danilo Toninelli: Tra gli strumenti presentati a Roma c'è la petizione online, i referendum abrogativi e consultivi, abbiamo aggiunto anche quelli propositivi senza quorum, e c'è il bilancio partecipativo, il tutto ordinato anche con il voto elettronico che stiamo elaborando. Come vede, per i referendum, l'assenza di quorum? In quali referendum ritiene che il "senza quorum" possa permettere ai cittadini maggior affluenza? Le porto un esempio: nel referendum trivelle dell'aprile 2016 c'era il quorum, e solo il 32% degli aventi diritto al voto è andato a votare. Nel referendum del 4 dicembre 2016 invece, senza quorum, oltre il 65 %. Si potrebbe allora concludere che in certi casi l'assenza di quorum aumenti il numero dei votanti perché i partiti non possono incitare strumentalmente l'elettorato a non andare a votare al referendum, quindi i cittadini vanno e c'è più competizione.
Alfonso Celotto: La storia ci aiuta a capire i fenomeni. La Costituzione prevede due referendum: uno è il referendum costituzionale senza quorum, perché? Perché si tratta di un referendum eccezionale che si verifica in pochi casi, e la serietà del tema spingerà le persone a votare. Infatti, la partecipazione è stata sempre alta. Sul referendum abrogativo -art. 75-, è stato invece inserito il quorum per dare una soglia di serietà, perché ad abrogare una legge parlamentare deve essere una porzione significativa di popolo. Il referendum abrogativo in Italia nasce nel 1973, in occasione del quesito sul divorzio: ai primi referendum parteciparono in tanti, l' 80% della popolazione. Ma negli anni con i troppi referendum abrogativi, si parla di decine, si è creata una disaffezione e il quorum è diventato una barriera all'accesso, perché si calcolano i votanti sugli aventi diritto. E visto che in Italia normalmente il 30% non vota, la lotta nel referendum abrogativo non è più tra il Si e il No, ma fra Si e astensione, perché i partiti che favoriscono il no preferiscono che la gente non vada a votare. Ma così si invalida il referendum partendo col 30% di vantaggio, come se alla partita di calcio parti 3 a 0. Non va bene. Quindi il quorum va studiato con serietà, va prevista una soglia di serietà. Però il referendum per come è adesso è sicuramente antistorico, bisogna ragionare su come favorire la partecipazione.
Danilo Toninelli: Ultimissima domanda. Parto da un esempio: 2014, referendum sull'indipendenza della Scozia, il referendum non è passato; 2016 referendum Brexit, il referendum passa. In occasione del primo, l'estabilishment ha affermato che è stato un grande successo della democrazia; per la Brexit, lo stesso estabilishment ha detto che è stato un errore fare il referendum. La domanda è un po' tecnica un po' politica: professore, questo estabilishment ha paura del referendum, o ha paura dell'esito?
Alfonso Celotto: questo è il dilemma tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Anche l'esempio di dicembre in Italia ce lo dimostra: in fondo la riforma costituzionale, che è una riforma molto complicata e molto tecnica, è diventata un referendum sulla figura del Presidente del Consiglio, su Renzi. E lui sperava in un plebiscito a proprio favore, approfittando della scelta sulla Costituzione, e invece il popolo ha votato contro. La tua domanda mi fa quindi capire che molto spesso la politica cerca di cavalcare gli esiti della democrazia diretta, però la democrazia diretta è spesso imprevedibile perché il popolo ha una sua anima, una sua pancia, che può essere distante dalla volontà dell'estabilishment. Quindi è giusto che esista la democrazia diretta, e anche che vada guidata, perché non è pensabile che ogni legge sottoposta al Parlamento passi per un referendum popolare. Però la politica deve accettare la volontà popolare, soprattutto se il quesito è posto in maniera chiara, univoca e precisa: a quel punto la sovranità appartiene al popolo, e quando lo chiami a intervenire consapevolmente poi ti devi adeguare alla scelta.
Danilo Toninelli: ringraziamo a nome di tutto il Movimento 5 Stelle il professor Alfonso Celotto. Intervisteremo altri esperti professori di Diritto Costituzionale, per capire se anche loro ritengono che gli strumenti di democrazia partecipativa possano affiancare e integrare la democrazia in maniera sana, per migliorare la partecipazione e il livello qualitativo della nostra democrazia.
Alfonso Celotto: vorrei aggiungere una cosa: il nostro modello costituzionale è un modello ottocentesco. Oggi lo si deve attualizzare, con gli strumenti moderni. Quindi non solo democrazia diretta, ma democrazia diretta partecipata elettronica. Quel modello sarà necessariamente il futuro.
_
Fonte