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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 17/04/2017, 21:00 
Che sfacciataggine i tedeschi, si sentono i padroni d'Europa. Prima impongono agli altri di rispettare le regole e poi si coniano una moneta solo per loro. E il bello è che gli altri non dicono niente.



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 17/04/2017, 21:12 
sottovento ha scritto:
Che sfacciataggine i tedeschi, si sentono i padroni d'Europa. Prima impongono agli altri di rispettare le regole e poi si coniano una moneta solo per loro. E il bello è che gli altri non dicono niente.

Sfacciataggine senza dubbio.
Però mi ricordo che c'era un'altra "categoria" che diceva:
FATE QUELLO CHE VI DICO, NON QUELLO CHE FACCIO.
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Comunque lo spessore delle persone alla fine viene fuori.
La carta NON È tutta uguale.
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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 17/04/2017, 21:22 
Comunque i tedeschi sono strani parecchio.......
Cita:
Venerdì Santo, in Germania vietato ballare, traslocare e guardare film
E sale la protesta contro il Tanzverbot


http://www.corriere.it/esteri/17_aprile ... resh_ce-cp



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 11/06/2017, 01:43 
Cita:

C’è un enorme scandalo fiscale in Germania
Il più grande dal dopoguerra, dicono da quelle parti: un gruppo di banchieri e avvocati avrebbe sottratto allo stato 31,8 miliardi di euro

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Alcuni giornali tedeschi hanno pubblicato in questi giorni una lunga inchiesta, ripresa anche dai giornali internazionali, su quello che è stato definito il più grande scandalo fiscale nella storia della Germania dal dopoguerra a oggi. La vicenda è molto complicata ma, riassume BBC, coinvolge un gruppo internazionale di banchieri, avvocati e consulenti che sfruttando alcune disfunzioni del sistema fiscale tedesco, con pratiche che i tribunali dovranno ora decidere se siano state illegali, sono riusciti a evadere le tasse per circa 32 miliardi di euro (la cifra non è ufficiale, ma è stata calcolata da alcuni esperti). Il settimanale Die Zeit ha fatto notare che la somma sottratta sarebbe stata più che sufficiente a coprire il costo della gestione dei rifugiati accolti in Germania per un anno intero.

La storia è iniziata nel giugno del 2011 ed è stata scoperta solo grazie a una giovane dipendente dell’Agenzia federale delle entrate della Germania, che ha scelto di restare anonima («non sono un’eroina, ho solo fatto il mio lavoro», ha spiegato). La funzionaria, da poco assunta, si era insospettita per una richiesta di rimborsi insolitamente alta arrivata da un fondo pensione statunitense. In soli due mesi il richiedente, cioè il fondo, aveva acquistato titoli tedeschi per un valore di 6,4 miliardi di euro, che aveva rivenduto poco dopo avanzando la domanda di restituzione di imposte pari a quasi 54 milioni di euro. Il fondo, nonostante le cifre molto alte di cui si stava parlando, aveva un solo beneficiario, e questo aveva spinto la funzionaria a fare delle ricerche e a inviare al fondo una lunga lista di domande. In quello stesso momento, scrive Die Zeit, alcuni «banchieri, broker, consulenti e investitori sono entrati nel panico, in tutto il mondo: a New York, a Londra e Basilea, a Monaco di Baviera, a Francoforte e a Neumarkt».

Le domande della funzionaria avevano ottenuto una risposta molto evasiva da parte di una serie di studi legali, e lei stessa era stata minacciata personalmente di essere citata in giudizio se non avesse al più presto corrisposto alle richieste di rimborsi. Questo aveva spinto la funzionaria a proseguire nella ricerca, a coinvolgere altri suoi colleghi e a studiare sempre nel 2011 altri dieci casi sospetti pescandoli tra le circa 20 mila richieste di rimborsi fiscali arrivate quell’anno. Tutto questo lavoro aveva portato, alla fine, i procuratori generali ad avviare delle indagini e il Bundestag a creare una speciale commissione di inchiesta. Nel frattempo un gruppo di giornalisti si è messo al lavoro, ha studiato con l’aiuto di alcuni esperti tutti i documenti a disposizione, ha parlato con le persone coinvolte e ha viaggiato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Svizzera alla ricerca di informazioni. Le loro conclusioni sono state pubblicate la sera di giovedì 8 giugno.

Si pensa che queste pratiche abbiano coinvolto, oltre che singole persone, anche 40 banche tedesche e numerosi altri istituti finanziari in tutto il mondo, e che complessivamente la Germania abbia subito perdite pari ad almeno 31,8 miliardi di euro. Oltre alle banche sono coinvolti anche avvocati, consulenti e singoli professionisti. Quando nel 2016 Michael Sell, responsabile del dipartimento fiscale del ministero delle Finanze tedesco, partecipò alla commissione di inchiesta del Bundestag, parlò di «criminalità organizzata». Il caso potrebbe avere una portata molto vasta, perché se alcune banche già in difficoltà finanziaria fossero costrette a versare milioni di euro allo Stato potrebbero rischiare il fallimento.

Non è ancora chiaro se le operazioni di questo complesso sistema siano legali oppure no: Die Zeit scrive che è una questione che i tribunali dovranno decidere. E scrive anche che la maggior parte degli esperti legali che hanno esaminato la storia considerano almeno una parte di queste operazioni come illegali. Le operazioni erano basate su un principio: ricevere rimborsi fiscali a cui in realtà non si aveva diritto, cioè su tasse di fatto mai pagate. I media tedeschi hanno semplificato i metodi utilizzati dal gruppo in due tipologie: nel primo caso, sul quale ci sono dubbi di legittimità, le banche e gli agenti di borsa tedeschi hanno acquistato e venduto azioni a investitori stranieri in modo da consentire loro di richiedere un rimborso fiscale sul guadagno al quale, in quanto stranieri, non avrebbero avuto diritto. Nel secondo caso (una variante più complessa del primo), gli investitori e le banche hanno acquistato e venduto azioni appena prima e subito dopo il pagamento dei dividendi. Sfruttando una procedura che consente a più persone o istituti di possedere contemporaneamente una quota, sono stati in grado di richiedere rimborsi multipli per una singola pratica: una tassa che è stata pagata una sola volta è stata insomma rimborsata due volte o più. La pratica è diventata illegale nel 2012.



http://www.ilpost.it/2017/06/09/scandal ... -germania/


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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 17/06/2017, 12:20 
Germania e Austria ora Sono Contro le Sanzioni alla Russia (oooops)
https://www.rischiocalcolato.it/2017/06 ... ooops.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 17/06/2017, 13:50 
Frau merkel ha creato il 4° reich.



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 08/07/2017, 17:54 
Cita:

La Germania “non è il nuovo leader del mondo libero”, dice l’Economist
È meno influente di quanto sembri, nonostante in molti chiedano ad Angela Merkel di prendere il posto che fu degli Stati Uniti

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L’Economist ha pubblicato un articolo intitolato “La Germania non è il nuovo leader del mondo libero”, dove “leader del mondo libero” è un titolo attribuito dalla stampa anglosassone alla cancelliera tedesca Angela Merkel dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane. Merkel è infatti vista da alcuni come unico leader a capo di uno stato forte e con valori democratici, libertà economiche e aperture commerciali. L’Economist ritiene però che quelle aspettative siano mal riposte e crede che la Germania sia uno stato troppo debole per esercitare quel ruolo, come dimostrano alcune cose successe in Africa, in Polonia e negli stessi Stati Uniti.

Uno dei grandi problemi che deve affrontare la Germania insieme al resto d’Europa è quello dell’immigrazione. Merkel ha rifiutato gli atteggiamenti di chiusura di tanti leader europei e ha trasformato il suo paese nel più grande centro di accoglienza del continente. Per trovare una soluzione a lungo termine al problema, il suo governo ha lanciato quello che molti chiamano il “Piano Marshall per l’Africa“, ispirato, almeno nel nome, al programma di aiuti americani che contribuì alla ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Il piano tedesco ha lo scopo di rafforzare le economie e i governi dell’Africa sub-sahariana, in modo da mettere un freno all’immigrazione alla sua radice. In altre parole, è una manifestazione concreta dello slogan “aiutiamoli a casa loro”.

Oggi la Germania ha già iniziato a fare investimenti nel bacino del lago Ciad, che si trova tra Ciad, Niger e Nigeria, una delle area da cui transita il numero più alto di migranti diretti in Europa. Il piano è certamente una delle poche soluzioni a lungo termine che siano state adottate per affrontare la questione dell’immigrazione, ma, come scrive l’Economist, «la Germania del 2017 non è l’America del 1947». La sua economia è molto più piccola e la quantità di risorse che può mobilitare da sola non è sufficiente a raggiungere lo scopo che si prefigge. Già oggi i funzionari tedeschi che si occupano del piano chiedono che non si utilizzi più il termine “Piano Marshall”, in modo che non vengano alimentate false aspettative, e dicono che il piano non produrrà effetti sull’immigrazione a breve termine. Inoltre, se la Germania non avrà la piena collaborazione di tutto il resto d’Europa gli effetti saranno minimi.

A questo bisogna aggiungere che ci sono iniziative a favore dell’Africa che persino Merkel esita a intraprendere. In Europa ci sono numerose barriere doganali e di altro genere alle importazioni di materie prime agricole. Abbatterle sarebbe un modo per favorire i paesi africani, permettendo loro di esportare le materie prime che producono. Le rare volte in cui è stata tentata questa strada, però, ci sono state fortissime proteste da parte degli agricoltori europei e dei loro rappresentati politici, che sono spesso i primi a utilizzare lo slogan “aiutiamoli a casa loro”. Da allora il tema non è stato più riproposto in maniera significativa.

Per vedere quanto poco la Germania sia davvero in grado di determinare le scelte dei suoi vicini e delle opinioni pubbliche europee, come ci si aspetterebbe dai “leader del mondo libero”, basta guardare alla Polonia, un paese di fatto economicamente dipendente dalla Germania dove però è al potere un partito di destra radicale, Legge e giustizia. La Polonia si è rifiutata di fornire qualsiasi tipo di aiuto sulla questione dei migranti e continua a opporsi a qualunque piano di condivisione degli oneri nel corso delle riunioni europee. I leader polacchi non sembrano percepire un qualche tipo di soggezione nei confronti della Germania e, anzi, utilizzano spesso il sentimento anti-germanico nato dopo la Seconda guerra mondiale per attaccare Merkel e fortificare il loro consenso interno. Immigrazione e rapporti con i vicini europei sono però elementi secondari nella costruzione dell’immagine di “leader del mondo libero”. Merkel ha ottenuto questo epiteto soprattutto dopo la vittoria di Trump, quando ha incontrato il presidente uscente Barack Obama nel corso del suo ultimo viaggio presidenziale. In quell’episodio, in molti videro un simbolico passaggio di testimone.

Il problema, scrive l’Economist, è che l’opposizione di Merkel a Trump e a quello che lui rappresenta è più retorica che sostanziale. L’Economist ricorda il discorso fatto dalla cancelliera lo scorso maggio, in cui disse che l’Europa avrebbe dovuto fare da sé, senza contare sugli Stati Uniti. Ricorda anche i suoi tentativi di proseguire sulla strada di una difesa europea coordinata e per mantenere aperte le frontiere agli scambi commerciali. Ma, sottolinea, queste prese di posizione non sono nulla di nuovo nel panorama tedesco: libero commercio e multilateralismo sono principi cardini del discorso politico in Germania oramai da decenni, non è una novità che un cancelliere torni ad affermarli. Il vero problema è che la Germania è ancora dipendente dagli Stati Uniti per tutto ciò che riguarda la difesa. Il suo esercito è piccolo e con poca esperienza: ha compiuto missioni in Afghanistan, senza mostrarsi particolarmente efficiente, e oggi è impegnato anche in Mali e Lituania. Questa inferiorità mantiene la Germania in una posizione di debolezza rispetto agli Stati Uniti. Oggi, scrive l’Economist, la diplomazia tedesca lavora per limitare i danni che potrebbe causare Trump, non per affrontarlo e scontrarsi con lui a viso aperto.

«Semplicemente, Angela Merkel non è nella posizione di esprimere la leadership che le viene richiesta», dice l’Economist, anche se la Germania è forte e sempre più sicura di sé, e con al suo fianco alleati come il presidente francese Emmanuel Macron. Questi elementi da soli, comunque, non sono sufficienti: il problema è che il mondo libero vorrebbe avere una nuova guida, ora che gli Stati Uniti non lo sono più e ora che il mondo sembra andare in direzione opposta; ma la Germania, nonostante sia stata individuata come guida, non è oggi in grado di svolgere quel ruolo.



http://www.ilpost.it/2017/07/07/germani ... economist/


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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 08/07/2017, 19:40 
Invece io penso che sia esattamente il contrario: la Merkel ha fatto con Macron un'alleanza strategica a cominciare dai flussi migratori. Merkel e Macron sono lo zoccolo duro dell'Ue ed essendo i più forti dettano le regole a tutti. Noi dopo la Grecia siamo i più esposti (debito, banche, migranti etc.) e quindi siamo i più vulnerabili alle loro decisioni.

Ps: Macron era quello che voleva un'Europa diversa e migliore...si è visto!

Cita:



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 08/07/2017, 23:18 
La questione migranti dimostra che l'Italia deve uscire dalla UE e dall' euro.



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 09/07/2017, 01:22 
E tu pensi che un paese che non ha gli attributi per chiudere i porti li abbia per uscire dall'Ue o dalla moneta unica? Questo paese si sveglierà quando è troppo tardi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 09/07/2017, 01:41 
sottovento ha scritto:
Questo paese si sveglierà quando è troppo tardi.

Guarda che si puo' anche morire nel sonno.



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 12/07/2017, 16:49 
Cita:
La Germania ha guadagnato dalla crisi della Grecia: ecco quanto

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 19385.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 07/08/2017, 18:03 
Cita:

INFRASTRUTTURE IN CRISI
Perché nella «imbattibile» Germania le infrastrutture sono un colabrodo

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LEVERKUSEN - Se si attraversa il ponte sul Reno qui a Leverkusen ci si accorge di un fenomeno assai strano: questo è uno dei corridoi più critici per la rete dei trasporti in Germania, si trova nei pressi di uno dei suoi più grandi poli industriali, eppure tra le migliaia di vetture che lo percorrono ogni giorno non ci sono camion.
Il ponte è chiuso al traffico pesante dal 2012, quando nella sua struttura di cemento sono state avvistate alcune fessure. Un ponte sostitutivo sarà inaugurato nel 2020, ma fino ad allora i camion dovranno aggirarlo e trovare una strada alternativa per passare al di là del Reno.
Marcus Hover dirige Vvwl, una lobby di trasportatori locali, ma dice di essere contento che il ponte è rotto. Aggiunge che le sue crepe sono «un campanello d'allarme per il paese intero», un monumento alla crisi delle infrastrutture della Germania.

Ai non addetti ai lavori, la Germania sembra una locomotiva ben oliata. La sua fama di modello di efficienza mette in ombra invece il fatto che molti ponti, strade e edifici pubblici sono in uno sconvolgente stato di decadimento. A digiuno di investimenti per anni, molte infrastrutture poco alla volta stanno andando letteralmente in rovina.

Giovedì scorso le autorità sono state costrette a chiudere un altro ponte sul Reno quando è stata avvistata una crepa nei pali della luce. Di solito sono circa centomila i veicoli che ogni giorno percorrono il ponte di Neuenkamp, a un'ottantina di chilometri a nord di Leverkusen, una delle strade di collegamento più importanti per i trasporti e più transitate tra la cintura industriale della Ruhr e i Paesi Bassi.

Hendrik Wüst, il ministro dei trasporti della Renania Settentrionale-Vestfalia, teme le possibili ripercussioni economiche nella regione: «Quando un uomo d'affari di Siegerland (nella Germania centrale) non ha modo di far arrivare la sua turbina eolica o il suo trasformatore a un cliente perché i ponti sono rotti, siamo in presenza di un grave problema« ha detto. «Rischiamo di perdere posti di lavoro nelle aree rurali in rapida espansione».



La sfida è anche politica
Martin Schulz, leader dei Socialdemocratici (Spd), ha messo la questione delle infrastrutture al primo posto nella sua agenda per la campagna elettorale del Bundestag che lo vedrà impegnato nei prossimi mesi. Sostiene infatti che i governi federali, regionali e locali tedeschi dovrebbero spendere le loro eccedenze di budget pari a 56 miliardi di euro per riparare i tetti delle scuole, invece che garantire gli sgravi fiscali che sta proponendo la Cdu di Angela Merkel.

Secondo KfW, la banca tedesca di sviluppo, le cittadine, le grandi città e i distretti rurali della Germania stanno soffrendo per un grave “gap di investimenti” pari a 126 miliardi di euro, compresi i 34 miliardi di dollari arretrati per le vie di comunicazione e altri 33 per le scuole.
«La Germania si è concentrata troppo a lungo sul compito di bilanciare il budget e ridurre il deficit, invece che investire, e nel corso degli anni tutto ciò ha aggravato pesantemente la situazione» dice Henrik Enderlein, vicepresidente della Hertie School of Governance di Berlino, che ha contribuito a scrivere il programma economico della Spd.

Dalle statistiche emerge che gli investimenti pubblici in percentuale al prodotto interno lordo sono calati dal 5 per cento circa nel 1970 al minimo assoluto dell'1,9 per cento nel 2005, e si sono poi stabilizzati attorno al 2 per cento. Il governo sostiene che gli investimenti pubblici stanno “lievitando”, con un tasso medio annuo di crescita del 3,8 per cento, e che da qui al 2020 aumenteranno di circa il 5 per cento l'anno.
In ogni caso, il governo ammette anche che negli ultimi anni i finanziamenti straordinari messi a disposizione delle autorità locali «non hanno innescato nuovi investimenti di rilievo». Il denaro sembra essere utilizzato «per ridurre i deficit di budget e accumulare eccedenze».



Il problema del “freno al debito”
Alcuni economisti imputano la colpa di questa situazione al “freno del debito”, un emendamento costituzionale approvato nel 2009 che ha imposto una camicia di forza ai governi statali e locali tedeschi vietando loro di avere deficit strutturali. Marcel Fratzscher, capo del think-tank Diw di Berlino, dice che le spese per le infrastrutture soffrono sia nei giorni rosei sia in quelli grigi. Quando i tempi si fanno duri e la disoccupazione e la spesa sociale aumentano, i governi regionali hanno scoperto che “la cosa più facile da tagliare” sono gli investimenti. Quando invece l'economia va meglio, i tedeschi preferiscono “concedersi un regalo” che investire.

Uno di questi “regali” di cui parla è la contesa – e costosa – riforma delle pensioni del 2014, che abbassò l'età della pensione a 63 anni per alcuni lavoratori al suo servizio da anni e aumentò le pensioni per le madri di bambini nati prima del 1992.
Schulz ha proposto adesso un “obbligo di investimento”, una sorta di specchio capovolto del “freno del debito”, e che imporrebbe ai governi di spendere le entrate eccedenti per le infrastrutture. Da questo punto di vista, Schulz sta facendo causa comune con il Fondo Monetario Internazionale, che vuole che la Germania spenda di più nelle infrastrutture pubbliche per incoraggiare gli investimenti privati e ridurre le ingenti eccedenze delle partite correnti del paese.

Merkel sostiene che l'ostacolo principale a spendere di più nelle infrastrutture non è la mancanza di denaro, bensì i colli di bottiglia con i quali si ha a che fare in fase di pianificazione. «Non possiamo spendere i soldi che abbiamo adesso» ha detto il mese scorso. Nel suo manifesto, la sua Cdu promette di eliminare gli ostacoli burocratici, facilitare i vincoli di pianificazione e dare la precedenza ai progetti della massima priorità.
In verità, di rado i soldi sono il problema principale: nel caso del nuovo aeroporto di Berlino, che avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2011 ed è tuttora in fase di costruzione, tra i problemi principali ci sono gli intoppi tecnici, la scarsa pianificazione e i frequenti cambiamenti nel management.

Il ponte di Leverkusen “costa” 126mila litri di carburante al giorno
Il ponte di Leverkusen, dunque, esemplifica e compendia il problema infrastrutturale di tutta la Germania: aperto nel 1965, nel 2012 consentiva il transito di 128mila vetture e 14mila camion al giorno, un carico di traffico per il quale non è mai stato progettato.
La sua chiusura ha imposto un pesante scotto all'ambiente: Hover dice che non potendo percorrere il ponte, l'orario di lavoro dei camionisti in media si allunga di 40 minuti e di una trentina di chilometri al giorno, il che significa complessivamente un consumo di 126mila litri di carburante in più e 330 tonnellate in più di emissioni di biossido di carbonio ogni giorno. I camion, oltretutto, intasano il traffico di Leverkusen, alla ricerca di strade alternative.
«Conosco un'azienda che ha una piccola flotta di una trentina di mezzi e denuncia una lievitazione dei costi per 15mila euro al mese» assicura Hover, che teme che presto appaiano altre crepe e il ponte possa essere chiuso del tutto. «A quel punto qui avremmo il caos assoluto».

Progetti troppo vecchi per il traffico di oggi
Wüst dice che nella sola Renania Settentrionale-Vestfalia i ponti da ricostruire completamente sarebbero circa 300, e aggiunge che le infrastrutture nate negli anni del boom tedesco, tra gli anni Sessanta e Settanta, non sono state progettate per sopportare il traffico odierno.
«Se i camion che percorrono un ponte ogni giorno sono mille o diecimila la differenza è enorme, e così pure se pesano 22 tonnellate o 44. Queste strutture sono arrivate al capolinea del loro servizio molto prima del previsto».
Eppure, riprendendo le parole di Angela Merkel, anche lui conferma che la soluzione non sta nei soldi: dopo anni di tagli e decurtazioni, molte piccole e grandi città sono del tutto prive della capacità istituzionale di gestire grandi progetti. «È di vitale importanza che le autorità locali abbiano personale ben qualificato che sappia come procedere alla pianificazione, alle ispezioni e ai permessi» dice Wüst.

Secondo gli esperti, tuttavia, anche l'atteggiamento dell'opinione pubblica deve cambiare. È improbabile che i politici possano continuare a essere eletti promettendo di investire in un ponte che può crollare tra soli trent'anni, se lasciato privo di manutenzione, dice Hover. Per la maggior parte delle persone, aggiunge poi, un orizzonte temporale di soli 30 anni è «pura fantascienza».




http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=AEDDv88B


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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 08/08/2017, 00:15 
Con la Cina "das Kartell" stavolta non basta.
Per più con quello automobilistico hanno porto il fianco alle bastonate delle autorità USA.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=AEx69H2B
«Das Kartell», Il cartello. Sottotitolo: «Vent’anni di accordi sottobanco».
L’industria tedesca dell’auto è nella bufera dopo l’inchiesta di «Der Spiegel» che nell’ultimo numero ha rivelato che Volkswagen, e i marchi Audi e Porsche, con Bmw e Daimler (Mercedes) avrebbero avuto dal 1990 riunioni tecniche segrete per lo sviluppo e la progettazione di motori diesel e benzina, componenti come freni e trasmissioni, per selezionare i fornitori, per stabilire i prezzi. «La vicenda dieselgate non è un fallimento delle singole società - scrive il settimanale - ma è il risultato di anni di intrallazzi dell’indutria automobilistica tedesca. Audi, Bmw, Daimler, Volkswagen e Porsche hanno cooperato in segretezza, come se fossero divisioni della stessa azienda». Si parla di 60 gruppi di lavoro sulle tecnologie, con oltre 200 manager coinvolti delle tre Case. Incontri che si sarebbero svolti periodicamente da quasi vent’anni in totale segretezza. Tanto da far concludere a Der Spiegel che «l’Industria dell’auto tedesca è un vero e proprio cartello».

Da venerdì scorso, le azioni delle tre società in Borsa hanno perso circa il 5% del loro valore. Titoli sotto pressione anche ieri. Volkswagen ha ceduto l’1,38%. Bmw, che in un comunicato diffuso domenica, a mercati chiusi, ha negato intese segrete con le società rivali, ha continuato a perdere: -2,77,%. Vendite anche sul titolo Daimler che è sceso del 2,65 per cento.

Der Spiegel cita un documento di Volkswagen dei primi di luglio: Vw e Daimler, sulle corde per le inchieste avviate da due Procure tedesche, il 4 luglio hanno deciso di autosegnalarsi all’Antitrust tedesco e alla Dg Concorrenza della Ue, relativamente al capitolo dell’indagine che riguarda un presunto cartello sulle forniture di acciaio agli stabilimenti. Autodenuncia che rischia di trasformarsi in un boomerang: se il cartello dovesse essere provato, l’industria tedesca dell’auto rischia una multa pesantissima. Arndt Ellinghorst, analista di Evercore, parla di un’ammenda «di diverse centinaia di milioni di euro» o «vicina al miliardo di euro», considerando la durata del cartello.

LA GERMANIA NEL MIRINO 24 luglio 2017

Cartello tedesco, Bmw risponde alle accuse del Der Spiegel

«Prendiamo in seria considerazione le accuse. In gioco c’è la credibilità dell’intera industria dell’auto tedesca», ha detto Brigitte Zypries, ministro tedesco dell’Economia.

I sindacati dei lavoratori di Volkswagen hanno chiesto un incontro straordinario del Consiglio di sorveglianza: si svolgerà mercoledì ha stabilito il ceo Hans Dieter Poetsch. «Ci aspettiamo che il management ci dia spiegazioni . La fiducia nei vertici della società diminuisce ogni giorno di più», scrivono i lavoratori Vw. «Preoccupati e arrabbiati» per le accuse si sono detti i lavoratori di Daimler. I sindacati nelle grandi aziende tedesche hanno un ruolo attivo nella gestione e occupano metà delle sedie nei Consigli di sorveglianza.


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 Oggetto del messaggio: Re: Germania: locomotiva d' Europa?
MessaggioInviato: 09/09/2017, 15:36 
Cita:

Cosa nasconde la crescita della quarta economia più grande del mondo
7 settembre 2017, di Alessandra Caparello

BERLINO (WSI) – Anche i tedeschi nel loro piccolo si arrabbiano. Questo il sentimento che emerge guardando il video che ritrae la cancelliera Angela Merkel durante un comizio a Heidelberg, colpita al fianco sinistro dal lancio di pomodori dalla folla giunta per sentire le sue parole.

Nonostante la giacca sporca la cancelliera non si è scomposta e ha continuato a parlare.

“Per me è importante andare proprio in quei posti dove non incontro un’accoglienza favorevole. Molte persone che non condividono il coro di fischi hanno bisogno di incoraggiamento per continuare a dimostrare il loro coraggio civile e difendere la società dall’odio.

Un chiaro segnale che però il malcontento tra i tedeschi che il 24 settembre saranno chiamati alle urne, c’è eccome, malcontento che deriva dalle crescenti diseguaglianze che caratterizzano la Germania di oggi.

La quarta economia più grande del mondo cresce ad un ritmo veloce, il più veloce degli ultimi anni e la fiducia delle imprese ha raggiunto un nuovo record nel mese di luglio. Ma i numeri in realtà nascondono ben altro.

Il paese infatti si trova ad affrontare un problema: disuguaglianze crescenti e potenziali carenze di manodopera. La sua industria leader – quella delle automobili – è stata scossa da uno scandalo sulle emissioni, il dieselgate che ha travolto la Volkswagen e in più da ultimo si parla di un vero e proprio cartello alla tedesca che avrebbe manipolato il mercato fin dagli anni novanta. Il divario tra ricchi e poveri si è allargato dal 1991, l’anno dopo la riunificazione della Germania orientale e occidentale.

E in questi anni a capo della Germania vi era lei, Angela Merkel che si ripresenta alle elezioni e sfida Martin Schulz. Chi andrà al governo dovrà per forza di cose affrontare tale problema: la crescente diseguaglianza che frena la crescita. Non resta che attendere e darci appuntamento al 24 settembre.


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