L’Europa è spaccata a metà. Come se al centro si fosse creata una faglia che ha la Germania come fronte di guerra. A Oriente, l’ascesa del Gruppo Visegrad è sospinta da una convergenza di fattori che sta rendendo Viktor Orban l’astro nascente della politica europea. A Occidente, invece, regna un insieme di debolezza e caos che mette l’intero fronte “atlantico” in subbuglio.
Il fianco Ovest dell’Europa, quello che storicamente è sempre stato il più saldo, rischia adesso di naufragare sotto i colpi di una serie di scelte, incidenti e scandali che danno un quadro politico senza precedenti. Spagna, Francia e Gran Bretagna, Paesi che hanno sempre rappresentato un blocco solido per la parte occidentale dell’Europa, sono entrati in un vortice di debolezza che sta minando nel profondo la solidità delle loro istituzioni politiche.
La debolezza spagnola
In Spagna, il neo-primo ministro Pedro Sanchez, diventato premier a seguito di un voto di sfiducia contro Mariano Rajoy, guida una coalizione instabile e di difficile definizione. Sostenuto da movimenti populisti, indipendentisti e dell’estrema sinistra, il premier socialista si trova a dover chiedere aiuto al centro e al centrodestra per il bilancio dello Stato. Una condizione di fragilità estrema che caratterizza un quadro politico e istituzionale spagnolo già abbastanza complicato.
La monarchia vive un momento di grande distanza con la popolazione: c’è addirittura chi ritiene che questo possa essere l’ultimo re di Spagna. Dall’altro lato le forze centrifughe dell’indipendentismo covano nell’ombra e sono pronte a tornare operative. La Catalogna non è un problema risolto: è come un vulcano in quiescenza in attesa che Sanchez conceda ancora maggiori autonomie. Altrimenti, da Barcellona fanno già sapere di essere di nuovo pronti alla sfida contro lo Stato.
Una debolezza politica su cui adesso si sta abbattendo il fenomeno migratorio. Sul fronte meridionale, da Ceuta a Melilla fino alle coste andaluse, la Spagna è investita da un’ondata migratoria senza precedenti, dopo anni in cui sembrava una fortezza inespugnabile.
Macron e la caduta degli dei
Oltre i Pirenei, la situazione non è per niente rosea. Emmanuel Macron, che doveva essere l’uomo forte di questa nuova Unione europea dopo il tramonto della leadership di Angela Merkel vive ore buie. Il caso Benalla ha scosso profondamente l’Eliseo. Macron è in difficoltà e lo scandalo personale oscura la stella che si pensava dovesse rappresentare il futuro francese.
Ma a prescindere dal caso scandalistico, che in Francia ha un peso molto rilevante, non vanno sottovalutati tutti i gravi problemi che caratterizzano il Paese. Il sistema sociale francese è fragile. La vittoria al mondiale e gli scontri, terrificanti, con cui è stata “festeggiata” la vittoria dei Bleus, è stato un segnale che il Paese ribolle di problemi mai risolti. A questo, si aggiungono i continui scioperi delle categorie colpite dalle riforme economiche volute dal presidente e dal suo governo e un crollo della popolarità senza precedenti, che si attesta intorno al 32%.
Macron è in bilico: mai come adesso sembra debole e incapace di reagire. E questo, in una “repubblica monarchica” come la Francia, non è un problema di poco conto. I Repubblicani già hanno lanciato una mozione di sfiducia, simbolica ma importante, contro il primo ministro Edouard Philippe. E qualcosa si muove, anche in Francia, per ricompattare le opposizioni.
La Gran Bretagna e Theresa May
Oltre la Manica, la premier britannica Theresa May non vive un periodo sereno. La Brexit pesa sul governo. La spaccatura fra i sostenitori di un’uscita “hard” dall’Unione europea e quelli che vogliono mantenere i legami con Bruxelles, ha ferito nel profondo il Partito conservatore. E la premier, indebolita dalla decisione di andare a elezioni anticipate, si trova in una condizione complicata.
Le trattative con l’Ue sono in una fase di stagnazione e il 2019 si avvicina inesorabile. Londra vuole arrivare a una conclusione delle trattative così come Bruxelles. Ma niente appare scontato. I nodi da sciogliere sono molti, dall’Irlanda ai cittadini europei così come a tutti gli accordi commerciali e strategici. E questo governo, già indebolito, non sembra abbia la forza necessaria per reggere.
La questione assume importanza a livello mondiale. Lo ha dimostrato anche Donald Trump in viaggio in Gran Bretagna. Il presidente Usa non solo sostiene la Brexit, per ricompattare l’asse commerciale fra Londra e Washington, ma sostiene anche la linea dura. Trump ha consigliato la May di denunciare l’Ue a livello internazionale. E quell’assist a Boris Johnson, fautore della hard Brexit e appena dimissionato dal governo, è apparsa come un campanello d’allarme per tutto il governo. Trump sostiene l’uscita dall’Ue, ma non vuole ripensamenti che minino gli interessi americani.
L’alba del fronte orientale
Mentre l’Occidente appare indebolito, a Est tutto appare più chiaro, solido. E queste certezze orientali entrano come coltello nel burro di fronte ai tentennamenti in Occidente. L’ascesa di politici carismatici e con posizioni forti su temi che scottano, in particolare l’immigrazione, è inarrestabile di fronte alla debolezza dei governi occidentali.
Oggi, anche un uomo come Orban, leader di un Paese piccolo e con un’economia decisamente meno importante rispetto al resto d’Europa, giganteggia. E questo comporta una serie di conseguenze politiche che stanno lentamente spostando il baricentro politico europeo da ovest a est. L’asse centrale, quello composto da Germania e Italia, si trova su fronti contrapposti. Mentre a Est, gli alleati sono molti, così come le potenze esterne interessate. Cina, Russia e Stati Uniti hanno già affilato le armi.
L’idea è che verso l’Atlantico, la debolezza regna sovrana e le certezze sono poche. Come tessere di un domino, cadono sempre più certezze un tempo ritenute granitiche. E l’Europa si trova ora ad assistere a un’eclissi. Ma questa volta, la luna non c’entra. E chissà quanto durerà.
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