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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 03/12/2017, 21:14 
Esattamente...
Fa schifo, ma è il mondo di ********** in cui viviamo che funziona così.
Tutto celato, speculare, nascosto, per continuare a tirare avanti questa democrazia farlocca.

D'altronde loro sono l'1%, noi il 99%, l'unico modo per tenerci buoni è pigliarci per il cülo.



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 04/12/2017, 19:41 
"A sinistra intanto ... ovvero, compagni che sbagliano" (E continuano a sbagliare) [^]

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Facci, sapete cosa sono i magistrati in politica? Ingroia, Di Pietro, Emiliano: brutalizzati

4 Dicembre 2017


Facci, sapete cosa sono i magistrati in politica? Ingroia, Di Pietro, Emiliano: brutalizzati

Un altro magistrato in politica, anzi, un magistrato che diventa direttamente leader politico per acclamazione: anche se questo qui, Pietro Grasso, è un po' diverso. In ogni caso è già il leader della "Cosa Rossa" che ieri è stata consacrata all' Atlantico Live di Roma, e che sarà una fusione tra Mdp (Movimento democratico progressista) e SI (Sinistra italiana) e Possibile (il partitello di Giuseppe Civati).

Il censimento di quanto accade a sinistra, a rischio labirintite, potrebbe proseguire inseguendo i destini di Giuliano Pisapia, Laura Boldrini, Pier Ferdinando Casini ed Emma Bonino: ma per oggi fermiamoci a Grasso, uno che finisce per legittimare questa "Cosa Rossa" anche perché è uno che raramente fa passi a vuoto.

È vero, l' ambasciatore degli Usa a Roma, John Phillips, un annetto fa liquidava Grasso come leader sbiadito, privo di esperienza politica, inadatto a fare le riforme. Ma gli statunitensi non sanno che nella politica europea, soprattutto italiana, l' apparente assenza di qualità è una squisita qualità. Nel caso di Grasso, è più che altro una postura. È un po' come il sindaco di Milano Giuseppe Sala: avrebbe poturo candidarsi o farsi leader di tutt' altri schieramenti, non importa. E pazienza se nell' insieme, anche se Grasso è in pensione, ne esce una sciagura per l' immagine della magistratura, sempre più ricondotta ad anticamera della politica. Si è sempre amministrato divinamente, Grasso, e non sempre era facile: 43 anni di carriera, già magistrato a 24 anni (i famosi giudici ragazzini) e presto ritrovatosi a rischiare la pelle nel giudicare il maxiprocesso a Cosa Nostra: quattrocento boss in un dibattimento istruito dal pool di Falcone e Borsellino. Fu consulente della commissione Antimafia del comunista Gerardo Chiaromonte (quando la commissione serviva a qualcosa) e fu vicecapo di gabinetto agli Affari penali ancora con Falcone. Poi andò a sostituire Gian Carlo Caselli a Palermo - per la gioia del centrodestra - e rappresentò un segno di netta discontinuità.

In sostanza era il numero uno dell' Antimafia, e, come tale, si candidò col Pd dopo aver recitato per anni il rosario del magistrato che non entra in politica: una sconfitta per tutti gli altri, considerando che per l' elezione a sindaco di Palermo era stato corteggiato da tutti i partiti (non dal Pdl) e che lo stesso è poi accaduto per le elezioni regionali siciliane. Fu corteggiato persino dall' Udc di Casini e dall' Italia dei Valori siciliana di Leoluca Orlando: questo per dimostrare che qualche qualità doveva averla.

Non sembra, ma si muove sempre. Fece fuori i pm caselliani uno alla volta, non firmò il ricorso d' Appello contro Andreotti, diede pubblicamente del "disinformatore" a Marco Travaglio. È un "democristiano" che non si è mai tirato indietro, Grasso, ma che non si è mai mosso in un' unica direzione.

Comunque vada, è un' altra toga che scende in politica (o ci sale, o ci rimane) e che può solo accreditare l' immagine di una magistratura comunque contigua, sempre più lontana dall' immagine distaccata e indipendente che ormai sembra appartenere soltanto alle rivendicazioni corporative. In Parlamento erano già una quindicina: e quasi tutti non sarebbero mai scesi in politica - avevano solennemente dichiarato - prima di scenderci.

ANTONIO INGROIA
Antonio Ingroia è stato sempre e per sempre "allievo di Paolo Borsellino", sentendosi obbligato a nominarlo anche se un passante gli chiedeva l' ora. Tirocinante con Giovanni Falcone, per molto tempo si è occupato di mafia con risultati buoni e meno buoni, comunque sempre ben pubblicizzati. Tra i risultati ritenuti buoni (non da tutti) la condanna di Bruno Contrada e di Marcello Dell' Utri, andando poi a impantanarsi nell' inchiesta più sconclusionata e velleitaria del Dopoguerra: quella sulla trattativa Stato-Mafia. È poi divenuto neo-eroe dell' antimafia-piagnens (quella dietrologica, emergenziale, fatta di fiaccolate, cortei luttuosi, parenti imbarazzanti, e appelli, video, urla, pianti, pugni battuti sul petto) e ha cominciato a frequentare più dibattiti e talk show che aule di tribunale: poi a congressi di partiti comunisti, in dibattiti grillini, in vacanza con Travaglio e naturalmente in tv. Da allora è cominciato il più lungo preannuncio di attività politica che si ricordi (dopo quello di Di Pietro, naturalmente) con Ingroia che criticava il Csm, non rispettava le sentenze che lo riguardavano né i giudici che le pronunciavano, faceva sparate personalizzate con ricadute politiche, attribuiva connivenze mafiose a forze votate da mezzo Paese, e implicitamente si proponeva come epigono di Falcone e Borsellino, chiaro. Nel luglio 2012 è stato nominato dall' Onu a capo di un dipartimento di investigazione contro la criminalità organizzata in Guatemala: ma è durata poco. Poi si è candidato premier a capo della sua lista "Rivoluzione Civile", ma andò malissimo. Allora si lasciò decadere dalla magistratura e accettò un incarico dalla Regione Sicilia. In pratica è scomparso.

LUIGI DE MAGISTRIS
La progressione economica dei magistrati non è un automatismo, ma è vincolata a periodiche valutazioni di professionalità: esami un po' fasulli con una percentuale di promossi del 99,6%. Tra i pochissimi bocciati, nel giugno 2008, ci fu Luigi De Magistris. Era già cominciata la carriera di un magistrato di inchieste fallimentari - carte alla mano - che ha distrutto vite, famiglie, imprese, posti di lavoro e reputazioni. Anche tutte le sue inchieste "politiche" hanno prodotto solo sconquassi, ma lo resero popolare nonostante i procedimenti finissero in niente o più spesso si arenassero prima ancora di giungere in dibattimento: cancellati, polverizzati, distrutti da gip, organi del riesame, Corti d' Appello e di Cassazione, chiunque abbia avuto modo di verificarne l' incredibile imperizia.

Nacque persino una nutrita "Associazione vittime di De Magistris". Quando il bluff si fece troppo scoperto, lui si candidò europarlamentare per l' Italia dei Valori - che poi salutò - e, se prima faceva il magistrato e parlava da politico, poi fece il politico ma parlando da magistrato: se con la toga evocava la "nuova P2", la "strategia della tensione" e "settori deviati di apparati dello Stato", da politico e da sindaco di Napoli cominciò a denunciare "fatti inquietanti che hanno impedito la raccolta dei rifiuti", "sabotaggi di ambienti refrattari alla svolta politica che stiamo attuando", eccetera. Da primo cittadino precipitò all' ultimo posto per gradimento, ma in campagna elettorale seppe risollevarsi - con grandissime sparate - e soprattutto dovette affrontare avversari ridicoli contrapposti da Pd e 5Stelle. È ancora sindaco di Napoli, benché il modello non sia sicuramente esportabile.

GIANRICO CAROFIGLIO
Gianrico Carofiglio ha sempre l' aria da quello a cui non frega niente di niente. Si laureò in giurisprudenza, entrò nello studio di un avvocato, poi s' iscrisse al concorso per magistrato perché glielo propose un amico (a lui non fregava niente) e si presentò con una preparazione "lacunosa", termine suo.

Ma ovviamente ce la fece. E fece anche una breve carriera sino a passare dalla Direzione antimafia di Bari, anche se intanto aveva incominciato a scrivere (è figlio di scrittori) e il discreto successo dei suoi romanzi non gli faceva capire se gliene fregava di fare il magistrato o di fare lo scrittore o di fare il senatore, visto che il Pd, intanto, nel 2008 gli aveva offerto una candidatura.

Scelse la scrittura e, come dopolavoro, il Senato: ma ebbe perlomeno la coerenza di dimettersi da magistrato alla fine del mandato parlamentare. Da allora è rimasto in disparte come se l' esposizione politica potesse compromettere il suo status di letterato, e raramente ha rilasciato interviste o fatto parlare di sè. La politica, per lui, ha tutta l' aria di un secondo lavoro, e non vuole seccature. Dapprima definito renziano, di recente ha detto che "non sono mai stato un sostenitore di Renzi, ma nemmeno un suo avversario". Di Pietro Grasso, altro ex magistrato, ora dice: "Non mi sembra l' uomo adatto per riportare la sinistra fuori da queste secche... la politica dovrebbe essere un processo di selezione dei più adatti, una procedura basata sul metodo democratico, non una sequenza di investiture ispirate dagli umori del momento". Carofiglio, forse, pensa di essere diventato senatore per selezione naturale.

ANTONIO DI PIETRO
Se è difficile sintetizzare la carriera di Antonio Di Pietro, è facile dire che cosa ne è rimasto: zero, anche se ufficialmente risulta "politico, avvocato ed ex magistrato".

Dopo la rivoluzione di Mani Pulite - forte del consenso più alto mai avuto nel Dopoguerra da un singolo uomo - rimase col cerino in mano per un paio d' anni, sino a candidarsi coll' allora Pds quando a Brescia cominciarono a indagare su di lui. Divenne ministro dei lavori pubblici nel governo Prodi I ma dovette dimettersi quando fu inquisito. Fondò e rifondò il partito Italia dei Valori che proseguì tra alti e bassi con una gestione familistico-personalistica mai vista prima. Fu movimentista e di governo, nel suo classico stile: il nuovo Ulivo, l' Europarlamento, l' Unione, le primarie, i girotondi, l' intruppamento in tutti gli antiberlusconismi possibili, Ministro delle infrastrutture nel Governo Prodi II (ma protestando il piazza contro il suo stesso governo per via dell' indulto) e infine i primi ammiccamenti con Beppe Grillo, che però gli stava sfilando lo scettro dell' antipolitica. È il declino.

Nelle elezioni del 2013 decide di rinunciare a presentarsi col suo partito per appoggiare la lista Rivoluzione Civile di Ingroia, che però non passa la soglia di sbarramento né alla Camera né al Senato. Si dimette da presidente dell' Italia dei Valori, che mediaticamente si dissolve. Parlicchia di candidarsi alle Europee e a sindaco di Milano, ma non se ne sa più niente. Ogni tanto riappare in tv nel ruolo di reperto archeologico, e s' infuria per qualcosa.

http://www.liberoquotidiano.it/news/opi ... ietro.html



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 04/12/2017, 21:11 
TheApologist ha scritto:
Esattamente...
Fa schifo, ma è il mondo di ********** in cui viviamo che funziona così.
Tutto celato, speculare, nascosto, per continuare a tirare avanti questa democrazia farlocca.

D'altronde loro sono l'1%, noi il 99%, l'unico modo per tenerci buoni è pigliarci per il cülo.

Scusa mi era sfuggito questo tuo scritto.
Io, già sono incaxxoso normalmente, ma se mi prendono per il cuxo, non sto buono per niente.



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Comunque lo spessore delle persone alla fine viene fuori.
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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 05/12/2017, 16:11 
Laura Boldrini, l'attacco de Il Tempo: "Tace sul fotomontaggio brigatista su Matteo Salvini"

Una prima pagina durissima, di quelle destinate a fare parecchio rumore, quella de Il Tempo di martedì 5 dicembre. Una prima pagina, in apertura, "dedicata" a Laura Boldrini: il fotomontaggio della presidenta in stile Aldo Moro, con bavaglio sulla bocca davanti alla bandiera delle Brigate Rosse. Un fotomontaggio che fa il verso a quello che ha fatto molto discutere nelle ultime ore, che però vedeva Matteo Salvini al posto della Boldrini. Un Salvini che ha annunciato denuncia e che ha raccolto la solidarietà di tutto l'arco politico, Pd compreso. Si è fatto sentire, però, soltanto un assordante silenzio. Proprio quello della presidenta, della stessa Boldrini che ha una parola, spesso a sproposito, per tutto e tutti. Ma non in questo caso.
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... tempo.html



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 05/12/2017, 19:27 
Meloni: “Basta, non sta ai partigiani decidere chi ha diritto di parola”

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“Prove generali di regime da parte della sinistra. Molti comuni italiani stanno approvando un regolamento proposto dall’Associazione nazionale partigiani affinché non si concedano spazi e suolo pubblico a coloro i quali professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti, omofobi, transfobici e sessisti. Ovviamente la patente di buoni e cattivi, omofobi o moderni, la decidono loro”. Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Un vergognoso stratagemma antidemocratico – avverte – per limitare la libertà di parola e mettere il bavaglio a chi contesta le teorie gender, la deriva mondialista e l’immigrazione incontrollata. Chiediamo l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, garante della Costituzione italiana: manifestare le proprie idee è un diritto previsto dalla nostra carta Costituzionale che nessuno può permettersi di vietare”.

http://www.secoloditalia.it/2017/12/mel ... di-parola/



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 08:23 
Hanno nostalgia di un bello stato totalitario come ai tempi di Peppone e di Tito, i loro "modelli"...



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 09:03 
TheApologist ha scritto:
Hanno nostalgia di un bello stato totalitario come ai tempi di Peppone e di Tito, i loro "modelli"...

Perchè quello che sognate voi non è totalitario?. [:246]
Qual'è il vostro modello?, ne avete uno accettabile?. [:302]
La differenza è che nel Regime Fascista le leggi sono imposte a convenienza e violenza con olio di Ricino, manganello e deportazioni (vedi Cile di Pinochet) dai pochi ricchi capitalisti, nel Regime Comunista le Leggi sono fatte invece dalla maggioranza del popolo che lavora. [:306]


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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 10:11 
nel Regime Comunista le Leggi sono fatte invece dalla maggioranza del popolo che lavora. [:306]




Questa è bella davvero. [:305]



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MessaggioInviato: 06/12/2017, 11:00 
:D



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 12:41 
greenwarrior ha scritto:
nel Regime Comunista le Leggi sono fatte invece dalla maggioranza del popolo che lavora. [:306]


La tua riflessione è ancora più "bella" davvero!,vuoi dire che nei Regimi di Destra il potere c'è l'ha il popolo? [:D], ma..almeno nella vera Sinistra questo è nel loro Programma,se poi gli Uomini si corrompono è un'altro discorso. [:296]
Nella Destra invece il programma dice tutt'altra cosa se lo sapete interpretare. [:D]
Mi sà che è l'aria inquinata e il freddo "Ariano"del Nord che respirate che vi fa andare fuori di testa!.[:302] [:302] [:302]


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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 13:31 
greenwarrior ha scritto:
nel Regime Comunista le Leggi sono fatte invece dalla maggioranza del popolo che lavora. [:306]




Questa è bella davvero. [:305]




[:302] Bleff, vallo a dire ai popoli sottomessi per ... 70 anni! [:291] (Erano indietro di 20 almeno, rispetto all'occidente)!



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 13:34 
Ma quando mai il potere l'ha avuto "il popolo"!?
Noi non c'è l'abbiamo neanche adesso che siamo in una FINTA democrazia, figurati se ce l'avevano quei poveretti sotto Stalin!

Si, bello fare le rivoluzioni, ma poi una volta finite sono diventati tutti ducetti col caviale, e il "popolo" a mangiare pane nero e acqua... :D



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 13:46 
.. per non parlare di Fidel Castro, Ché Guevara, Masaniello, Robespierre e tanti altri "capi" popolo .... Tutti accoppati e rifiutati dallo stesso popolo alla fine!
Giusto Stalin ... Ma si è premunito di massacrare un'ottantina di milioni di oppositori, tra intelletuali, politici e ... CONTADINI! Solo così è potuto durare 70 anni!
(Capito bleff ...?) [;)]



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MessaggioInviato: 06/12/2017, 16:31 
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L’onda nera, quando l’antifascismo retorico diventa strumento di lotta politica


I tempi della comunicazione, si sa, sono diventati velocissimi, e i messaggi sono sempre più effimeri. Mentre questa nota “va in pagina” magari l’onda nera è già rifluita, sostituita da altre e più concrete preoccupazioni: per esempio cosa potrebbe dire Ghizzoni nella commissione parlamentare sulle banche, se alla fine, superato il cordone sanitario del PD, fosse malauguratamente “audito”.

Oppure, cosa più probabile, continuerà a crescere, poiché “si stanno creando condizioni politiche e persino antropologiche per le quali la più grande conquista del Novecento, cioè la democrazia, può essere rimessa in discussione” (Veltroni dixit). Insomma, mica roba da poco! Se questi sono i prodromi, ci dobbiamo anche aspettare un crescendo di pistolotti finto-colti dello stesso tenore, in una gara spietata a chi la spara più grossa: dal sindaco che candida la sua città a diventare “capitale dell’antifascismo”(visto che con la cultura e i trenini gli è andata malaccio), al giornalista che pensa di acquisire qualche medaglietta con reportage accigliati su bandiere portate in cima ai monti o spiate nelle stanze degli allievi carabinieri, su immancabili saluti romani in campo, o su giovani più o meno nerboruti che irrompono in sedi altrui per leggere un comunicato.

A scanso di equivoci, io – e oso credere tutte le persone dotate di normale sensibilità civica - non riesco a immaginare nessuna giustificazione plausibile per pratiche politiche intimidatorie, e nemmeno per più lievi attitudini folkloristiche di varia natura, che si configurino o meno come reato. Detto questo, il discorso potrebbe anche considerarsi chiuso: aggiungerei solo che a lume di buon senso tutta questa retorica sul pericolo dell’onda nera mi pare fuori misura e basata più sulla speranza di un qualche ritorno propagandistico per un PD in cattive acque nei sondaggi, che su una adeguata riflessione storica e sociologica.

Ma… ci sono almeno due ma, che mi impongono di continuare.

Il primo ha a che fare con la solita, fastidiosa e incorreggibile malattia dei “due pesi e due misure”: si condanna il comportamento di giovani che entrano in una sede, interrompono l’attività che vi si sta svolgendo e impongono la lettura di un loro comunicato. Perfetto, ma che dire? Sono decenni che gruppi “alternativi”, centri sociali, combattenti di svariate cause interrompono lezioni, conferenze e riunioni; nelle versioni più soft e educate leggono un comunicato, si siedono un po’ di tempo nella sala prescelta rumoreggiando, lanciano qualche slogan e se ne vanno. Ma talora bloccano l’insegnante di scienza politica o di storia non gradito, talora impediscono al rappresentante di Israele (per esempio) di tenere una conferenza, talora con schiamazzi e spintoni intimidiscono raduni regolarmente autorizzati di gruppi giudicati omofobi dalla loro inquisizioncella, talora alzano urla democratiche e entrano in conflitto attivo con la polizia affinché il comizio di Matteo Salvini (per dire) non si svolga, solo perché il loro tribunaletto di tardivi kominternisti lo giudica fascista. In questa bella serie di pratiche pluraliste abbiamo visto perfino il sindaco di una grande città dare man forte ai facinorosi, per bloccare l’infamia di un regolare e autorizzato comizio del leader di una forza che pure ha i suoi rappresentanti eletti in parlamento, governa intere regioni – e che regioni - e partecipa con il suo stile e le sue legittime opzioni alla vita delle istituzioni della Repubblica.

Benissimo, allora c’è un’ottima notizia: da adesso in poi sicuramente per questi comportamenti si leveranno condanne unanimi di giornalisti e politici di sinistra, frotte di sindaci candideranno la loro città a capitale della tolleranza e del rispetto democratico di tutti, e perfino i rettori più conigli non consentiranno l’uso degli ambienti universitari come campetto di gioco per aspiranti guerriglieri.

Il secondo “ma” è forse meno sarcastico, ma un po’ più seriamente preoccupato.

Negli indimenticabili anni 70 l’evocazione del fascismo fu frutto di una precisa e studiata strategia per spostare a sinistra l’asse politico del paese. La categoria “fascismo” aveva maglie larghissime, e dentro ci finivano via via non solo i missini in ripresa di consensi, ma liberali anticomunisti, democristiani ostili al compromesso storico, ex comandanti partigiani non propensi a sposare la narrazione comunista della Liberazione. Da una parte questa invadenza propagandistica produsse un contraccolpo: l’apparizione della maggioranza silenziosa e la crescita di una destra che cominciò ad uscire dalla sua riserva identitaria costituirono il terreno fertile del “riflusso” e del movimento di opinione moderato che si coagulò attorno all’avventura giornalistica di Indro Montanelli, e non solo. Gli eccessi di retorica e il clima intimidatorio contribuirono in definitiva a porre le premesse di un’onda lunga che nel 1994, con la geniale aggregazione berlusconiana e la fine della conventio ad excludendum a destra, rivelò anche ai più duri di comprendonio che la maggioranza sociologica degli italiani poteva diventare maggioranza politica.

D’altra parte quegli anni non furono certo confortevoli da vivere. I gruppuscoli più ideologizzati si erano fatti interpreti della religione antifascista, negando agibilità politica e perfino sociale agli avversari, con risvolti violenti nelle scuole e nelle università, e con l’innesco della spirale degli anni di piombo. Il clima culturale era monotematico e opprimente. C’è un episodio chiave, che tanti avranno rimosso: quando l’editore Adelphi intraprese, per cura di Colli e Montinari, l’edizione critica dell’opera omnia di Nietzsche l’establishment culturale si scandalizzò. Le case editrici di destra vissero a lungo in un clima praticamente da samizdat. Lo sdoganamento di filoni anticonformisti fu lento e faticoso, se si pensa che perfino la pubblicazione del Signore degli anelli di Tolkien fu accolta con molta diffidenza: in definitiva la legittimazione fu sempre stentata, e non fu mai davvero consentito di respirare aria pluralistica a pieni polmoni. La pubblicazione dell’Arcipelago Gulag di Solzenicyn, che in Francia era entrato con forza nel dibattito pubblico, qui fu salutata a denti stretti, quando non proprio con l’ostilità riservata a chi smonta rassicuranti universi onirici.

Il clima di quegli anni è così lontano che forse ci siamo immaginati non potesse più riprodursi, che fossimo in qualche modo al sicuro. Qualcuno per caso ci vuole tornare? Anche escludendo un disegno consapevole, di fatto stanno riaffiorando classificazioni semplicistiche funzionali al solito disegno politico: vincere demonizzando l’avversario. Esagerato? Quando decine di consigli comunali deliberano che per fare politica in pubblico devi avere un certificato antifascista (e antiomofobo, ça va sans dire) col timbro del comune, qualcosa di grave è già accaduto, senza che praticamente nessuno ne abbia denunciato con vigore la logica illiberale soggiacente.

La Costituzione e le leggi non bastano più e sono necessari zelanti comitati di controllo ideologico sul territorio? Seguiranno le denunce dei “sospetti”, come in ogni copione giacobino che si rispetti? La preoccupazione forse è eccessiva, forse no. Ma in ogni caso ci spinge a guardare con occhio almeno diffidente l’enfasi sull’onda nera e il compulsivo rincorrersi di proposte di censura, regolamenti e leggi dal sapore liberticida.

https://www.loccidentale.it/articoli/14 ... a-politica



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 Oggetto del messaggio: Re: A sinistra intanto..ovvero, compagni che sbagliano
MessaggioInviato: 06/12/2017, 20:02 
Armata Brancaleone

Pisapia dice basta, è la fine di Renzi: "Impossibile alleanza tra Pd e Campo progressista"

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Fine di Campo progressista, fine del centrosinistra. E, forse, fine di Matteo Renzi. L'annuncio arriva a metà pomeriggio: Giuliano Pisapia getta la spugna. "Ci abbiamo provato, per molti mesi, con tanto impegno ed entusiasmo. Il nostro obiettivo, fin dalla nascita di Campo Progressista, è sempre stato quello di costruire un grande e diverso centrosinistra per il futuro del Paese in grado di battere destre e populismi. Oggi dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti nel nostro intento", spiega in una nota. "La decisione di calendarizzare lo Ius Soli al termine di tutti i lavori del Senato, rendendone la discussione e l'approvazione una remota probabilità, ha evidenziato l'impossibilità di proseguire nel confronto con il Pd", certifica l'ex sindaco di Milano.

"Ringrazio di cuore tutte le donne e gli uomini che hanno creduto e si sono impegnati in questo progetto e che ora si
muoveranno secondo le proprie sensibilità, la cui diversità è sempre stata, a mio modo di vedere, una delle ricchezze e
risorse più importanti di questa esperienza. In Parlamento e nel Paese - assicura, al termine della riunione dei vertici di
Campo Progressista - continuerà il nostro impegno per l'approvazione di norme di civiltà per il nostro Paese". Dal punto di vista politico, la rottura di ogni possibile alleanza tra Campo progressista e Pd certifica l'uscita di scena dei dem nella corsa a Palazzo Chigi. Sondaggi alla mano e con questa legge elettorale, una coalizione che stenta ad arrivare al 30% (ipotizzando pure un generoso aumento di consensi a Renzi nei prossimi mesi) probabilmente non avrà la possibilità di opporsi al Movimento 5 Stelle e al centrodestra. Non solo: i componenti ex Sel di Campo progressista questa mattina hanno incontrato Pisapia per comunicare la decisione di andare con Liberi e uguali, il nuovo soggetto anti-Pd di sinistra guidato dagli scissionisti di Mdp D'Alema, Bersani e Speranza che avranno nel presidente del Senato Piero Grasso il loro leader in campagna elettorale.

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... rati-.html


Da quando non sventola più la bandiera rossa sul Cremlino ........... [:306]



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