“Accontentatevi di Ramallah”
L’Egitto ora scarica i palestinesi L’onda lunga delle reazioni arabe alla decisione di Trump sul riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele non si è ancora esaurita. Sembra invece che negli ultimi giorni abbia ripreso vigore in particolare in Egitto.
I governi arabi, attenti alla simpatia popolare per la causa palestinese, si sono affrettati a condannare pubblicamente il presidente americano Trump. Il presidente al Sisi aveva personalmente protestato contro Donald Trump mentre le autorità religiose di al-Azhar insieme a quelle cristiane copte si erano rifiutate di incontrare il vicepresidente statunitense Mike Pence, che proprio a causa delle proteste ha poi dovuto annullare la sua visita al Cairo prevista per lo scorso mese.
Che molti dei gesti e delle parole forti utilizzate dai leader arabi contro la decisione americana fossero solo facciata era abbastanza prevedibile. Oggi però, almeno per quanto riguarda l’Egitto, ne abbiamo una prova concreta.
Il New York Times è infatti entrato in possesso di quattro scottanti registrazioni telefoniche in cui si sente distintamente un ufficiale dei servizi segreti egiziani, il comandante Ashraf al-Kholi fare pressioni su alcuni famosi conduttori televisivi egiziani per spingere l’opinione pubblica a cambiare idea sulla questione palestinese. Invece di condannare la decisione, il compito dei conduttori tv, secondo al-Kholi, dovrebbe essere quello persuadere i telespettatori ad accettare Gerusalemme capitale di Israele.
Per al-Kholi “un conflitto con Israele non è nell’interesse nazionale egiziano”. Un’altra Intifada infatti porterebbe al rafforzamento dei più acerrimi nemici di Al-Sisi, gli appartenenti alla Fratellanza Musulmana, oltre che creare ulteriore caos nella regione del Sinai, regione in cui l’esercito egiziano è da tempo impegnato in una sanguinosissima lotta contro i miliziani dello Stato islamico. L’Egitto non ha alcun interesse nel vedere altri dei suoi giovani morire per una causa che ormai non sente più sua. Sono lontani i tempi di Nasser e le passate guerre contro lo Stato ebraico hanno dimostrato quanto sia difficile una vittoria contro Israele e il suo alleato americano. Per questo l’Egitto negli ultimi mesi ha pensato a rafforzarsi sia dal punto di vista militare, acquistando armamenti dai Paesi occidentali e dai russi, grazie ai quali ha anche iniziato i lavori per un potenziamento energetico costruendo la centrale nucleare di Dabaa, prima del continente africano (se si esclude il Sudafrica). Al-Sisi ormai bada poco a quello che succede al di là dei suoi confini orientali e da tempo ha rivolto il suo sguardo a ovest, verso la Libia.
Nelle intercettazioni telefoniche pubblicate dal New York Times il comandante al-Kholi suggerisce ai palestinesi di rinunciare alle proprie rivendicazioni su Gerusalemme e “accontentarsi di Ramallah”, città della Cisgiordania che ad oggi ospita la sede dell’Autorità Nazionale Palestinese. “In che modo Gerusalemme sarebbe diversa da Ramallah?” ha cinicamente domandato al-Kholi ad uno dei suoi interlocutori.
Nessuna personalità del mondo arabo aveva fino ad oggi avanzato una simile proposta: i sauditi avevano suggerito Gerusalemme Est come capitale attirandosi le ire della popolazione palestinese e dei suoi leader. Casa Saud aveva già tranquillamente segnalato la sua acquiescenza e la sua tacita approvazione della rivendicazione israeliana su Gerusalemme. Giorni prima dell’annuncio di Trump, il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, ha esortato privatamente il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ad accettare una radicale riduzione delle sue pretese, escludendo la possibilità di avere il controllo sull’intera Gerusalemme.
“Noi, come tutti i nostri fratelli arabi, stiamo denunciando questo problema” – si sente dire da al-Kholi in una delle intercettazioni con uno dei conduttori televisivi riferendosi a Gerusalemme capitale di Israele – “ma presto o tardi questa cosa diventerà una realtà. I palestinesi non possono resistere e non vogliamo andare in guerra. Come sai abbiamo troppi interessi in gioco. Ciò che conta è porre fine alla sofferenza del popolo palestinese ” ha concluso.
Per decenni, potenti Stati arabi come l’Egitto e l’Arabia Saudita hanno pubblicamente criticato il trattamento riservato ai palestinesi da parte di Israele. Ma ora un’alleanza de facto contro nemici comuni come l’Iran e i Fratelli Musulmani, sta portando i leader arabi sunniti in una collaborazione sempre più stretta con la loro nemesi Israele, producendo uno scostamento particolarmente marcato tra la loro posizione pubblica e privata. Scostamento che mina la fiducia dell’opinione pubblica verso i propri leader, aumentando pericolosamente il malcontento della popolazione.
Non è ancora chiaro come le registrazioni delle telefonate tra al-Kholi e i conduttori televisivi siano giunte alla redazione del quotidiano statunitense. Certamente l’intermediario in possesso di queste intercettazioni telefoniche è qualcuno di molto vicino alla causa palestinese e che in aperta opposizione alle politiche del presidente al-Sisi. L’imbarazzo venutosi a creare all’interno dell’amministrazione egiziana è evidente. Nessuno dei diretti interessati, compreso il comandante dei servizi segreti, ha confermato né smentito il contenuto delle registrazioni e in molti non si sono fatti trovare raggiungibili per ulteriori chiarimenti.
Soltanto uno dei quattro conduttori di talk show ha confermato pienamente quanto è stato pronunciato nel corso delle telefonate intercettate. Si tratta di Azmi Megahed, volto noto della Tv egiziana che in un’ intervista ha dichiarato di essere totalmente d’accordo con quanto detto dal comandante al-Kholi.
“Sono amico di Ashraf al-Kholi e parliamo molto spesso”, ha detto Megahed. “un’altra intifada sarebbe devastante. Non ho alcun problema a ripetere, anche in pubblico tutte le cose che si sono sentite in quella registrazione”. Riguardo a coloro che lo stanno criticando per il mancato appoggio alla causa palestinese ha detto: “Dovremmo organizzare un autobus per raccogliere tutti coloro che si dicono pronti al martirio per Gerusalemme e portarceli davvero. Andate pure a combattere se siete così forti. Le persone intelligenti si sono stufate degli slogan. Io personalmente mi preoccupo soltanto degli interessi del mio paese”.
Proprio nella conversazione con Megahed è interessante notare come al-Kholi chieda al suo interlocutore di calcare la mano, durante la sua trasmissione televisiva, sui legami e sulle oscure collaborazioni tra Israele e il Qatar, ormai divenuto un vero e proprio nemico alla stregua dell’Iran per aver dato rifugio ai Fratelli Musulmani in fuga dall’Egitto.
“Dirai anche che Tamim al-Thani (emiro del Qatar) ha legami segreti con Israele” ha detto al-Kholi al conduttore del talk show. “Strettissimi legami”, ha ribadito Megahed, che ha concluso così la telefonata: “Il piacere è tutto mio. Lo (l’argomento ndr) includerò certamente nel prossimo episodio, a Dio piacendo. Inshallah“.
http://www.occhidellaguerra.it/acconten ... lestinesi/