
È durata poco l’euforia del premier Conte per l’accordo sui migranti raggiunto dai 28 dell’Ue dopo una nottata di trattative. Dopo aver dichiarato a caldo «l’Italia non è più sola», il premier ha poco dopo cirretto il tiro aggiunge do che «poteva andare meglio». Il problema sta nel fatto che non c’è nulla di realmente vincolate. Tutto è su base «volontaria».
A togliere ogni illusione ha provveduto in tarda mattinata il solito Macron, che così ha dichiarato: «Le regole di diritto internazionale e di soccorso in mare sono chiare: è il Paese sicuro più vicino che deve essere scelto come porto di approdo. Le nostre regole di responsabilità sono altrettanto chiare: si tratta del Paese di primo approdo nell’Ue. In nessun caso questi principi sono rimessi in discussione dall’accordo». Insomma, la Francia si chiama fuori dalll’accoglienza e il Trattato di Dublino non è minimamente scalfito: il peso degli sbarchi e della gestione delle domande di asilo continuerà a gravare sui Paesi di primo ingresso, Italia, Grecia e Spagna in primis.
E c’è di più. Lo stesso Macron ha precisato che i centri di accoglienza nella Ue su base volontaria «vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, sta a loro dire se sono candidati ad aprirli». Aggiungendo che «la Francia non è un Paese di primo arrivo». Anche il premier belga Michels precisa che l’accordo «non ha cambiato il sistema di Dublino e conferma la responsabilità dei Paesi di primo ingresso».
Ciò significa che la strada per concretizzare l’accordo di principio sulla condivisione degli sbarchi è tutta in salita e per ora tale condivisione riguarderebbe solo Italia, Spagna, Malta. A questo punto è lecito attendersi altri giorni di polemiche tra Italia e Francia.