Il vertice europeo sui migranti di fine giugno si è concluso con un avanzamento formale fortemente promosso dal governo di Giuseppe Conte, che ha ottenuto la condivisione del principio secondo cui chi sbarca in Italia sbarca di fatto anche in Europa, ma è stato seguito da una serie di iniziative contraddittorie che hanno palesato, una volta di più, un dato di fatto innegabile: sulle politiche migratorie tutti i Paesi si muovono in ordine sparso e ogni Stato cerca di ottimizzare un interesse di breve termine complici anche i calcoli elettorali dei governi.
Come scritto giustamente da Ivan Giovi, “ognuno pensa ai suoi interessi nazionali in chiave tattica e strategica, soprattutto per non perdere consenso e non vi è alcuna solidarietà”, specie nei confronti del Paese che più di ogni altro di collaborazione avrebbe bisogno, l’Italia. La verità è che l’Europa vede emergere tutte le sue principali fratture e faglie politico-sociali in relazione alla questione migratoria, e l’Italia è lo Stato che più di tutti ha da perdere da un arroccamento miope da parte dei principali partner: la situazione che sembra essersi delineata punta nella direzione di una vera e propria esclusione de facto dell’Italia dall’area Schengen, lo spazio di libera circolazione delle persone nel territorio comunitario.
Le politiche migratorie di Seehofer e Kurz sono contrarie agli interessi italiani
La conclusione della crisi di governo in Germania ha portato la posizione di Berlino più vicina alla linea intransigente del Ministro dell’Interno Seehofer, che ha ottenuto l’istituzione di procedure d’espulsione per i migranti irregolari ai confini del Paese e ha consolidato l’asse col cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il suo omologo di Vienna Herbert Kicl per isolare, di fatto, l’Italia dallo spazio Schengen con una politica migratoria concertata. Le dichiarazioni di Seehofer ai margini dell’incontro con Kurz del 5 luglio scorso, infatti, sono inequivocabili: “Se i rifugiati registrati in Italia o in Grecia dove hanno già presentato domanda di asilo dovessero essere trovati sul confine austro-tedesco, dovranno essere collocati in centri di transito ed entro 48 ore riportati nel primo Paese di ingresso”.
Di rischio per la tenuta di Schengen a causa di una chiusura congiunta del confine austro-tedesco e di quello italo-austriaco sul Brennero ha parlato anche Il Messaggero. Del resto, non è una novità che il governo di destra di Vienna sovrastimi il numero di migranti transitanti dal Brennero: se ai tempi del ridicolo schieramento dei carri armati al Brennero, un anno fa, essi ammontavano a poche centinaia nel corso del 2017, nel 2018, segnala il Corriere della Sera, il numero è calato a 149, senza che a giugno ci sia stato un solo transito. Kurz mette a rischio Schengen sul nulla cosmico.
L’ipocrisia di Macron e la morte di Schengen a Ventimiglia
Emmanuel Macron ha tenuto banco nelle ultime settimane rendendosi protagonista di una polemica a distanza con il Ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini e rilasciando numerose dichiarazioni che, se da un lato dimostravano l’insoddisfazione per lo scarsamente remissivo atteggiamento italiano, dall’altro hanno una volta di più segnalato la costante ipocrisia del Presidente francese nei confronti del nostro Paese, per cui rappresenta il pericolo numero uno.
Dalle dichiarazioni del portavoce de La République En Marche! che definivano “vomitevoli” le politiche di ostacolo del governo italiano alle Ong alla costante negazione da parte di Macron dell’esistenza di un problema migratorio in Italia, i toni si sono fatti sempre più accesi. Eppure, come ha scritto Marcello Foa, l’ultima a indignarsi dovrebbe essere proprio la Francia, “quella Francia che i porti li ha chiusi addirittura un anno fa; che respinge brutalmente gli immigrati al confine di Ventimiglia, senza compassione nemmeno per bambini e donne incinte, e si permette persino di sconfinare con i suoi gendarmi in territorio italiano”.
E delle condizioni precarie di Ventimiglia ha scritto Lodovica Bulian su Il Giornale, segnalando le problematiche legate alla sospensione di Schengen da parte della Francia: “La frontiera è tornata. Anche sui convogli carichi di lavoratori frontalieri che subiscono controlli sui documenti e, lamentano, sono costretti ad anticipare le partenza fino a due ore per non fare tardi sul posto di lavoro. La situazione rischia di precipitare e di relegare Ventimiglia stretta in una tenaglia”. L’ultraeuropeista Macron, ironia della sorte, rischia di essere ricordato proprio come uno dei più convinti carnefici degli accordi di Schengen.
Il tramonto di Schengen e il futuro dell’Europa
Il fatto che su questioni di principio tanto basilari l’Unione Europea rischi il cortocircuito dà l’idea delle sue forti criticità interne. Anni di crisi economica hanno scoperchiato, tanto in campo politico quanto sul profilo economico, tutte le contraddizioni di fondo su cui si basa l’ordinamento comunitario, poco resiliente agli shock e di fatto incapace di reagire a shock esogeni. In questo contesto, anche sui migranti è la Germania a indicare la linea: proprio l’arroccamento del Paese leader dell’Unione ha sancito un vero e proprio “liberi tutti” per il resto del continente.
Schengen è di fatto al tramonto, e prima ancora del tema dei migranti a pregiudicarne la tenuta è l’enorme discrepanza tra la retorica che sottende l’integrazione europea e le sue conseguenze concrete per milioni di cittadini in tutto il continente. Su poche migliaia di migranti l’Europa rischia di andare in tilt lasciando che l’Italia venga di fatto isolata dall’area Schengen e nuovamente lasciata sola a gestire il problema migratorio assieme agli altri Paesi di sbarco. Questa sordità può causare conseguenze enormi: l’Europa, ultimamente, sembra poco più di una mera espressione geografica.
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