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Rivoluzione ai vertici
Deutsche Bank, in 20mila rischiano il posto di lavoro Se le indiscrezioni sul numero di tagli fossero confermate, si tratterebbe della più grande riduzione di personale nel settore bancario dai tempi del crack di Lehman Brothers, quando in 26.000 persero il proprio posto di lavoro
Rivoluzione al vertice e un piano di ristrutturazione da 20.000 tagli. Deutsche Bank si prepara a un lungo weekend, per poter annunciare già lunedì mattina la profonda riorganizzazione voluta dall'ad, Christian Sewing, su pressione di azionisti e fondi di investimento. A saltare, secondo Bloomberg, sarà anche il potente capo di retail e commerciale dell'istituto, Fanck Strauss. La sua testa si aggiunge a quelle di Gart Ritchie, responsabile di Corporate e Investment banking, e Sylvie Matherat, numero uno del regolatorio. Se le indiscrezioni sul numero di tagli fossero confermate, si tratterebbe della più grande riduzione di personale nel settore bancario dai tempi del crack di Lehman Brothers, quando in 26.000 persero il proprio posto di lavoro. Ma soprattutto il progetto di Sewing segna il ritiro delle ambizioni globali di Deutsche e dell'obiettivo di diventare l'alternativa europea ai colossi statunitensi del trading e dell'investment come Goldman Sachs. Il colosso tedesco ha perso complessivamente 6 miliardi di euro tra il 2012 e il 2018. La sua quotazione in Borsa e' vicina ai minimi storici. Gli scandali finanziari sono risultati costosi in termini economici e di reputazione. La volonta' di Sewing e' di tornare alle radici, con una Deutsche concentrata sui prestiti a famiglie e imprese: meno Wall Street e piu' Main street.
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Il problema europeo si chiama Germania: a maggio crollo degli ordini
Roma, 6 lug – Le speranze di ripresa dell’economia dell’eurozona devono fare i conti (non da oggi) con le difficoltà della la Germania. La sedicente “locomotiva” vive infatti da mesi le avvisaglie di una crisi che rischia di non concludersi presto.
A maggio crollo degli ordini
Dopo la frenata di aprile, con la produzione industriale calata dell’1,9%, anche maggio non sembra deporre a favore di Berlino. Gli ordini del mese, pubblicati ieri dall’istituto di statistica federale Destatis, mostrano infatti un calo negli ordinativi pari a 2,2 punti percentuali rispetto al +0,3% registrato il mese precedente. Che diventa un drammatico -8,6% su base annuale (rispetto cioè a maggio 2018). Sconfessate così le già non ottimistiche previsioni, che parlavano rispettivamente di -0,2 e -6,2%.
A pesare è soprattutto il settore automobilistico, ma a soffrire del calo degli ordini è tutta l’industria: “Il brusco calo del dato mina alla base la possibilità di un rimbalzo del manifatturiero della Germania, o quantomeno indebolisce l’idea che l’industria tedesca avesse toccato il fondo alla fine del primo trimestre”, ha commentato l’analista di Ing Carsten Brzeski.
Cala la domanda interna, crolla quella estera
A far flettere i numeri della Germania sono sia la componente interna che quella estera. Se la prima è in discesa dello 0,7%, molto peggio fa la seconda: -4,3%, con -1,7% dall’eurozona e addirittura -5,7% dagli altri Paesi. Segno, quest’ultimo, che le non placate tensioni internazionali (che oppongo gli Stati Uniti alla Cina e, sia pur in misura minore, all’Ue) si stanno facendo prepotentemente sentire su di un’economia, quella tedesca, fatta di austerità per andare alla ricerca della domanda estera.
Un’architettura “made in Germania” e poi estesa al resto dell’area euro, che mostra così tutte le sue fragilità. Trascinando con sé – il Pil era già stato rivisto al ribasso, ora la stima potrebbe essere ulteriormente revisionata – tutti i partner.
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