
La Francia continua a dire di non avere un’agenda segreta per la Libia: ma forse il motivo è che non c’è più nulla di segreto. Tutto fa intendere (ed era chiaro da tempo) che Parigi sia fortemente coinvolta nell’avanzata di Khalifa Haftar. E ormai sono troppi gli indizi che comprovano la mano di Emmanuel Macron dietro le mosse del generale della Cirenaica, che non poteva avviare un’avanzata del genere senza il sostegno delle potenze internazionali coinvolte nel caos libico.La Francia, in questo senso, non ha mai fatto nulla per nascondere il suo coinvolgimento. A parte delle dichiarazioni di facciata in cui approvava il piano delle Nazioni Unite e in cui ha sostenuto da sempre una sorta di soluzione pacifica e condivisa dalle diverse fazioni, in realtà la Francia, già solo invitando per la prima volta Haftar all’Eliseo, diede un’indicazione chiara: nella transizione libica doveva esserci spazio anche per il comandante dell’Esercito nazionale. L’uomo che da est vuole prendere il controllo della Libia e adesso marcia su Tripoli.
L’ultima notizia riportata da La Stampa dimostra, ancora una volta, quanto vi possa essere la mano di Parigi dietro questa strategia del maresciallo di Bengasi. Un mercenario egiziano ha confessato al The Lybia Observer che in un aereo da Benina a Jufra “erano a bordo 14 libici, 30 egiziani e sei consiglieri militari francesi“. Una confessione che ovviamente deve essere confermata. Ma l’indiscrezione non è certo un fulmine a ciel sereno per il caos che sta sconvolgendo il Paese nordafricano. Del resto non è un mistero che i contatti fra Parigi e Bengasi siano molto consolidati. E in questi ultimi tempi, la questione è diventata talmente palese da destare anche l’ira del governo italiano che non ha nascosto la forte preoccupazione per i possibili contatti tra la Francia e il generale.
Le prove, come detto, non mancano. In concomitanza con l’avanzata su Tripoli, gli emissari del generale Haftar hanno preso un aereo da Bengasi a Parigi, lo stesso Falcon che poi è stato avvistato a Ciampino, per incontrare alti funzionari del governo francese. Un altro aereo è partito invece dall’aeroporto di Lione direzione Libia, con uno strano sorvolo continuato dei cieli della costa orientale del Paese. Una mossa che è arrivata qualche giorno prima di un’altra missione degli emissari dell’Enl, quella di Roma, confermata dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ieri, il premier ha confermato di aver incontrato uomini di Haftar: ma il fatto che questo vertice sia giunto dopo almeno quattro giorni rispetto a quello avvenuto in territorio francese, dimostra in maniera abbastanza netta la scala gerarchica nelle scelte di Bengasi.
L’importanza della Francia in questa campagna militare di Haftar è ormai acclarata anche a Tripoli. Lo dimostrano anche i primi manifestanti con i gilet gialli fra le strade della capitale: segno che l’onda anti Macron è arrivata anche per le vie della città di Sarraj. Da tempo nella capitale libica credono che ci sia la Francia dietro le operazioni del generale, e il fatto che Fayez al- Sarraj abbia voluto incontrare i funzionari francesi a Tripoli è un segnale molto chiaro. L’ambasciatore francese è stato ricevuto anche dal ministro dell’Interno libico e, finito l’incontro, da Parigi è arrivata la nota con cui si affermava di non avere alcun “piano segreto” per la Libia. Ma la questione non è così semplice. E la telefonata di Macron a Sarraj per dire che la Francia sostiene il governo riconosciuto sa di una debole scusa.
Anche perché, pochi giorni dopo,
è arrivata la decisione di Parigi di non approvare il documento dell’Unione europea che condannava le milizie del generale e l’avanzata del suo esercito. Dall’Eliseo e dal Quai d’Orsay hanno negato di aver boicottato la bozza Ue per il tacito sostegno al maresciallo ma perché non troppo chiara. Ma la giustificazione francese lascia parecchi dubbi. Tutto l’interesse di
Parigi, in questo momento, è dimostrare che il piano Onu ha fallito e che di fatto, la strategia italiana ha perso credibilità. E il fatto che Macron abbia rinsaldato l’alleanza con l’Egitto (sponsor di Haftar) doveva far capire a tutti che non si sarebbe fermato.
La sfida all’Italia parte anche da questo conflitto.