Aztlan ha scritto:
La risposta è arrivato a darla prima il buon vimana131:
Si si certo, tuttavia prova anche a chiedere come mai in Francia è stata approvata nel 2015 la legge di transizione energetica che prevede la riduzione costante della produzione di energia nucleare, per un livello massimo del 50% nel 2025.
Poi comincia anche a domandarti, data la nostra vicinanza territoriale, come i francesi gestiranno i problemi ambientali legati agli impianti che superano i 40 anni di attività.
Infine, prova anche a domandarti dove sono finite le scorie radioattive prodotte dai francesi in tutti questi anni.
di Alessandro Iacuelli
Dopo lo scandalo sullo smaltimento di scorie nucleari nelle zone rurali del Paese, scoperto da France 3 con un recente documentario, in Francia scoppia l'ennesimo scandalo nucleare, che investe direttamente lo Stato e le istituzioni pubbliche preposte alla gestione della produzione energetica nucleare. Stavolta è stata la rete televisiva Artè a scoprire, con un documentario-inchiesta intitolato "Déchets: le cauchemar du nucléaire", dove vanno delle grosse quantità di scarti nucleari transalpini. L'inchiesta, ripresa dal quotidiano Libération, ha scoperto che la Francia ha stoccato in modo totalmente abusivo degli elevati quantitativi di scorie nucleari in Siberia.
L'inchiesta di Artè ha svelato che il 13% delle scorie radioattive francesi sarebbero attualmente stoccate nel complesso atomico russo di Tomsk-7, in Siberia e che ogni anno 108 tonnellate di uranio impoverito provenienti dalle centrali atomiche francesi verrebbero spedite in Russia e scaricate a cielo aperto. "Come e perché le scorie francesi sono arrivate in Siberia?", si chiedono gli autori del documentario, prima di seguire le scorie. I container vengono imbarcati a Le Havre, su navi che attraversano la Manica ed il Baltico, fino a San Pietroburgo, poi sono caricati a bordo di un treno che li porta fino al complesso atomico di Tomsk-7, in Siberia. In questo impianto l'uranio viene sottoposto ad un processo di arricchimento, appena il 10% dell'uranio trattato viene così recuperato, e rispedito in Francia dove viene reintrodotto nel processo di produzione di energia.
Il resto, il 90% del materiale che arriva in Siberia, non è riutilizzabile, diventa di proprietà dell'impresa nucleare russa Tenex e rimane stoccato a cielo aperto. Gli ecologisti russi e francesi di Greenpeace accusano il governo francese di abbandonare le proprie scorie radioattive in Russia, e di non essere capaci di gestire il plutonio, una materia molto pericolosa. Naturalmente questo risultato, portato alla luce e all'attenzione dell'opinione pubblica, pone delle serie questioni. Prima di tutto, come si legge su Libération: "La scarsa sicurezza del trasporto delle scorie per ottomila chilometri, la pericolosità dell'accumulo di questi materiali e la dubbia efficacia del trattamento a cui vengono sottoposti".
Fortissimo l'imbarazzo di Edf, un cui portavoce ha affermato che "I rifiuti radioattivi prodotti dal trattamento dei combustibili restano in Francia dove sono custoditi in depositi in tutta sicurezza". Nonostante questo tentativo "a caldo" di rassicurare, restano vive le immagini dell'inchiesta condotta da Eric Guéret e Laure Noualhat, che mostrano in maniera inequivocabile e dettagliata contenitori con combustibile nucleare usato stoccati accanto ad una ferrovia in Siberia senza nessuna precauzione. Direttamente sul terreno.
In Francia, alle rassicurazioni da parte dei vertici di Edf, soprattutto dopo le fughe radioattive di Tricastin, oramai non crede quasi più nessuno, ad iniziare dall'associazione ambientalista "Sortir du nucléaire", che dichiara: "Mentre il ministro dell'ecologia si accontenta di chiedere un'inchiesta, con l'obiettivo evidente di guadagnare tempo perché l'affaire sparisca dall'attualità, la nostra associazione chiede il ritorno in Francia delle scorie radioattive francesi abbandonate da Edf in Russia". In effetti, il segretario di Stato all'ecologia francese, Chantale Jouanno, ha dichiarato di essere favorevole all'apertura di un'inchiesta interna dell'azienda energetica Electricité de France (Edf) sullo stoccaggio di scorie nucleari francesi in Siberia, pur senza "trarre conclusioni affrettate", quasi a mettere in dubbio la validità del lavoro di Artè, poi ha aggiunto: "A partire dal momento in ci sarà un dubbio, è normale che l'opinione pubblica sarà informata".
Si tratta certamente di una forte manifestazione di imbarazzo nell'affrontare questo nuovo pasticcio, che arriva dopo anni di incidenti, fughe radioattive, ritrovamenti di scorie sepolte in zone rurali della Francia stessa. Tutti eventi che minano e screditano quel nucleare che i francesi stessi hanno sempre definito "sicuro". Così com’é completamente ingiustificabile che l'industria nucleare francese si sbarazzi all'estero dei suoi rifiuti radioattivi. L'argomentazione ingannevole di Edf che pretende che non si tratti di scorie ma di "materiale valorizzabile", e quindi recuperabile e riciclabile, non può essere posta: si recupera il 10% del materiale, il resto rimane in Russia, e si tratta di rifiuti nucleari.
"Bisogna che la Francia nucleare si assuma le conseguenze delle sue attività e ne renda finalmente conto davanti all'opinione pubblica", continua il comunicato di "ortir du nucléaire", "I cittadini francesi devono in questa occasione prendere coscienza dell'accumulazione drammatica di diverse categorie di rifiuti e residui radioattivi prodotti dall'industria nucleare e dell'assenza di soluzioni per queste scorie. Il rimpatrio in Francia delle scorie radioattive spedite in Russia obbligherà le autorità francesi a tentare di trovare un sito di stoccaggio, pur sapendo che è più difficile trovare un sito del genere in Francia che in fondo alla Siberia. Questo permetterà di ricordare che, malgrado le manovre indegne, lo Stato francese non riesce, da molti mesi, ad imporre la realizzazione di un sito di interramento delle scorie radioattive: i tentativi fatti nell'Aube all'inizio del 2009 sono stati respinti dalle popolazioni locali e dalle associazioni antinucleari".
Gli ambientalisti francesi fanno la lista di altre scorie che la Francia ha nascosto in altri Paesi come gli "sterili", vere montagne di residui dell'estrazione di uranio abbandonati a cielo aperto in Niger da Areva. La scoperta della discarica nucleare francese in Russia mette fortemente in dubbio quel che Edf ed Areva propagandano con una massiccia campagna sui media: "Il 96% delle scorie nucleari francesi sono riciclate", secondo alcuni quotidiani francesi, si tratta invece di una campagna di disinformazione che Edf dovrebbe addirittura rettificare.
A dimostrazione di questo, l'inchiesta di Artè arriva appena una settimana dopo l'incidente avvenuto nell'impianto in dismissione di Cadarache vicino Marsiglia, che produceva fino al 2003 carburante MOX, incidente valutato livello 2 dal Commissario per l’energia atomica: durante la dismissione sono stati registrati livelli di radioattività decisamente oltre la soglia consentita. Analizzando l'accaduto, è stato scoperto che nei depositi c'è molto più plutonio di quanto ne fosse stato dichiarato: 39 chili al posto di 8 chili.
Un errore pericolosissimo, poichè come ricorda l'ASN (Autorité de sûreté nucléaire): "Quando vi è una massa critica di materiale nucleare e vi sono determinate condizioni ambientali, si può innescare una reazione nucleare a catena. Di certo vi è che i margini di sicurezza a questo punto si sono abbassati", ma anche un errore grossolano e madornale, nella valutazione della quantità del materiale depositato. Un errore che un qualunque tecnico nucleare non dovrebbe mai commettere. Un errore di superficialità. Cosa che nel settore del nucleare nessuno può permettersi. L'impianto in questione, forniva carburante specialmente al mercato tedesco, era in attività dal 1961 e l'attività fu sospesa nel 2003 perché la zona si rivelò ad alto rischio sismico. Nel corso della pulizia e della dismissione di 450 contenitori di plutonio, il Commissario per energia atomica a potuto constatare che la quantità del materiale radioattivo era nettamente superiore a quello dichiarato.
Quanto accade in Francia, dove oramai l'intero sistema nucleare sta svelando i suoi scheletri nell'armadio, è l'ennesima dimostrazione del fatto che non esiste una soluzione sensata al problema delle scorie. Problema che nella nostra Italia viene addirittura affrontato con estrema superficialità, nel programma berlusconiano di rilancio del nucleare. Infatti da noi si preferisce annunciare, con la pomposità di uno spot elettorale, nuove centrali, ma mai si racconta come si prevede di smaltire i rifiuti radioattivi.
Eppure, in preda ad una follia collettiva da parte delle forze di governo italiane, mentre il resto del mondo ragiona sul come abbandonare la produzione per via atomica di energia elettrica, da noi da qualche anno si è tornati a parlare dell'energia nucleare addirittura come di "un'energia verde". Si racconta che la filiera nucleare è chiusa, che i materiali radioattivi sono riutilizzabili, che si ridurrebbe la dipendenza dal petrolio e si attenuerebbero le emissioni di anidride carbonica. Peccato che la realtà sia quasi all'opposto.
I tedeschi, che sono di sicuro più attenti al soldo dei francesi, l'hanno capito a loro spese (sia scorie che decommissioning delle centrali a fine vita) ed è per questo che hanno drasticamente virato direzione:
Smaltimento delle scorie nucleari: il fallimento radioattivo delle miniere di sale in Germania
Il Bundesamt für Strahlenschutz (Bfs) l'Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni della Geermania, ha chiesto la rapida evacuazione di 128 mila bidoni di scorie nucleari stoccate dal 1967 al 1979 in nella miniera di sale Asse II nel land del Niedersachsen (Bassa Sassonia), nelle regione del Brunswick, tra questi ci sono 1.300 fusti di scorie di "media attività" che contengono circa 11 kg di plutonio, provenienti dall'impianto di trattamento del combustibile nucleare di Karlsruhe.
40 anni fa la soluzione della miniera di sale sembrò ideale per stoccare i fusti pieni di materiale radioattivo e la Germania si vantava di aver trovato questa soluzione "avanzata" oggi le autorità federali di Berlino hanno tra le mani una grana colossale e non sanno come fare ad evacuare le migliaia di bidoni e soprattutto non sanno in quale altro posto metterli.
Il 15 gennaio scorso gli esperti del Bfs hanno lanciato l'allarme, chiedendo il "de-stoccaggio" di 126.000 fusti di scorie che sono messi a dura prova da decenni dai 12 m3 di acqua, vale a dire 12.000 litri, che ogni giorno ruscellano sul pavimento e le pareti di una miniera di sale che doveva essere al sicuro da ogni infiltrazione di umidità.
Invece, la montagna esercita una gigantesca pressione sulle gallerie della vecchia miniera e dal 1988 ad oggi sono stati censiti 32 punti di infiltrazione d'acqua, alcune gallerie sono addirittura collassate e i barili incastrati nel sale sono stati danneggiati, contaminando la salamoia che ruscella e si infiltra e che raggiunge livelli di radioattività superiori fino a 10 volte la norma. Il torrentello radioattivo finisce in una "piscina" ad oltre 500 metri di profondità e poi viene convogliato verso la superficie, ma secondo gli ambientalisti tedeschi le infiltrazioni potrebbero alla fine provocare un'inondazione dell'Asse II che si trasformerebbe in «Una vera catastrofe nucleare. La falda freatica contaminata renderebbe la regine vicina inabitabile. E' solo una questione di tempo».
Bisogna anche far presto perché dopo il 2020 l'Asse II non sarà più utilizzabile. Secondo Sigmar Gabriel, l'ex ministro dell'ambiente socialdemocratico del precedente governo di Angela Merkel, l'«asse est è più o meno bucato come un pezzo di groviera svizzero»
Davanti a questo clamoroso fallimento dello stoccaggio sotterraneo delle scorie, le autorità locali e nazionali giocano allo scarica barile: l'ufficio del land per le miniere a Clausthal-Zellerfeld è perfettamente al corrente del rischio nucleare ma dice che se ne deve occupare il ministero dell'ambiente del governo giallo-nero e filonucleare a Berlino, che in effetti non ha tenuto molto conto della relazione del Bfs.
Il centro Helmholtz di Monaco di Baviera, che gestisce Asse II, dice di aver informato l'ufficio delle miniere e assicura che è pronto a fermare tutti i lavori. Intanto i superspecialisti delle scorie sembrano scoprire oggi con grande sorpresa le dimensioni di un pasticcio nucleare che è stato nascosto per trent'anni all'opinione pubblica tedesca sotto una coltre di sale e di rassicurazioni.
Il Bfs assicura che non rimane molto tempo per l'evacuazione dei bis doni di scorie, ma anche se si farà in fretta il cantiere durerà una decina d'anni e costerà almeno 2,5 miliardi di euro, che verranno pagati essenzialmente dai contribuenti (a proposito di costi aggiuntivi dell'energia nucleare). Ma i rischi e le incognite sono molti: lo stesso Bfs ammette che quello del recupero dei fusti è un metodo costoso e delicato e che l'Asse II potrebbe presentare ulteriori problemi, visto che bisognerà spostare dei bidoni «Il cui contenuto e stato di conservazione sono sconosciuti.
Secondo Thorben Becker, un esperto del Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (Bund, la federazione degli Amici della Terra tedeschi) «Bisognerà estrarre i fusti dalle gallerie dove sono stati coperti dal sale, con tutti i rischi di contaminazione ai quali saranno esposti gli operai. Altre soluzioni, come la cementificazione totale della miniera, sarebbero evidentemente più rapidi e meno costosi, ma sarebbe un ripiego. Questo funzionerebbe solo se Asse II fosse stabile, il che è praticamente escluso. Cementare la miniera mine sarebbe una bomba a scoppio ritardato. Estratti da Asse II, i 126.000 barili dovranno essere trasportati alla miniera di ferro di Konrad, abbastanza vicina, ma questa non è, per il momento, prevista per questo utilizzo. E la resistenza degli ambientalisti d e della popolazione della regione è appena iniziata».
Secondo il Bund la vicenda dell'Asse II sta rendendo sempre più chiaro che non esiste nessuna risposta convincente sul futuro delle scorie nelle miniere di sale: «Bisogna guardare all'imminente crollo della miniera di sale di Asse II come ad un monito contro la continuazione della produzione di scorie nucleari in Germania. Si noti inoltre che è stato un errore stabilire, senza una sufficiente giustificazione tecnica, il sito di Gorleben (candidato allo stoccaggio di altre scorie nucleari tedesche, ndr) per un deposito nucleare. Entro pochi decenni potrebbero verificarsi nelle miniere di sale locali problemi analoghi a quelli di Asse II».
Becker non usa mezzi termini: «La soluzione migliore rimane la fine della produzione nucleare e la chiusura delle centrali nucleari».
Quindi l'articolo di Brian Wang riportato da vimana è meno di carta straccia. Troppo facile mostrare solo i vantaggi e nascondere gli svantaggi.
Prova ad aggiungere i costi della gestione scorie, i costi ambientali e i costi di decommissioning e poi vediamo quanto rimane conveniente il nucleare.
E prima o poi questi costi arriveranno, è inevitabile.
Nucleare, per smantellare impianti europei e stoccare scorie servono 268 miliardi. Ma ce ne sono solo 150
Le cifre sono contenute in un documento di lavoro della Commissione Ue. Soltanto il Regno Unito avrebbe abbastanza soldi. In Francia, dove le centrali sono tante, le risorse dedicate sono meno di un terzo dei 74,1 miliardi necessari. In Germania mancano 7,7 miliardi in aggiunta ai 38 già assicurati. E l'Italia? Brancola nel buio, senza un deposito nazionale.
Mandare definitivamente in soffitta il nucleare è difficile e soprattutto costoso. I Paesi che lo hanno deciso devono fare i conti con le proprie casse. Secondo quanto riporta Reuters, che cita un documento di lavoro della Commissione europea, gli Stati membri sono infatti a corto di risorse: per far fronte ai costi di smantellamento delle centrali nucleari e di stoccaggio delle scorie radioattive, la Ue ha a disposizione circa 150,1 miliardi di euro a fronte di spese che si prevedono intorno ai 268,3 miliardi. Dunque c’è un buco di oltre 118 miliardi di euro che potrebbe anche allargarsi perché, sottolinea Bruxelles, il costo dei depositi permanenti delle scorie radioattive è in gran parte sconosciuto.