MANICOMIO ITALIA L’Assurdo virale Nosocomio Italia a reti unificate. Non si sfugge, tutte le reti sono sintonizzate sul Tema Unico: Coronavirus. I processi sono bloccati a parte quelli importanti (bisogna vedere quali vengono considerati tali) che necessitano di una corsia preferenziale: c’è il coronavirus. Molti di noi si sorprendono già a pensare: magari si contagiasse tutta una magistratura già infetta di suo. Ma non si può dire. Le scuole sono chiuse e gli studenti li si incontra i in giro a spassarsela in gruppi : c’è il coronavirus e bisogna giustamente stare allegri. Li si vede ai chioschi dei bar, alla paninoteca ecc. Se sono bimbi delle materne, vengono parcheggiati da nonni non sempre così arzilli e pazienti. In molti caso i genitori dovranno assumere una baby sitter, e… pagare.
La cosa che più mi ha colpito di questi “strani giorni” sono queste passeggiate forzose. Intendiamoci, mi piace passeggiare per boschi, lungolago, lungomare, piste ciclabili. Ma vedere un mucchio di gente in giro a passeggio obbligatorio, a causa delle palestre chiuse, piscine chiuse, scuole di yoga, di danza, di canto o altro, chiuse, mi fa pensare che ci hanno reso “esiliati” da noi stessi, Esiliati dalle nostre abitudini, dalla nostra vita, dal nostro tran-tran che magari prima maledivamo pure, ma faceva parte delle nostre certezze. A proposito, anche le riunioni condominiali di pochi condomini, sono saltate: c’è il virus. Ora invece durante questi “quarti d’ora dell’aria” più prolungati del solito, ci sentiamo quasi smarriti da tanta falsa libertà, come se avessimo voglia di rientrare. Sì, ma rientrare dove? A casa occorre evitare la TV a programma unico e a reti unificate sul virus. Con Conte che fa proclami da dittatore-iettatore di una Banana Republic agli italiani e Mattarella che pontifica come all’ultimo dell’anno. Ma quel discorso retorico e vescovile, a differenza del 31 dicembre scorso, non si può evitare: lo rivediamo sul web, lo sentiamo ripreso in tutte le salse. Eppoi andare dove? I Tour Operator se la passano molto male, e sono costretti a disdire i viaggi organizzati. Navi di Costa Crociere, vengono precettate e al personale e ai passeggeri viene impedito di scendere. Vengono annullate perfino le gitarelle fuori porta della domenica, andata e ritorno in giornata, per pensionati e zitelle. Intanto quel che sorprende sono i Club calcistici che continuano imperterriti con partite “a porte chiuse”. Partite di pallone con tornei giocati a stadi vuoti, ma che devono produrre alti indici di audience ai grandi network mondiali. Ma soprattutto, devono recare sollazzo ai contagiati: in metafora, i nuovi “appestati” del XXI secolo, seduti comodamente sui divani durante le loro quarantene forzose. E qui viene in mente lo scrittore dell’Assurdo Samuel Beckett nella sua pièce teatrale “Finale di partita” dove in realtà non c’è partita, perché nessuno si muove. Partita immaginaria con giocatori che minano i gesti come nel finale della partita di tennis in “Blow Up” di Antonioni. Nell’epilogo, si vede una partita di tennis giocata da una compagnia di mimi senza palle né racchette, e il fotografo protagonista, ormai persuaso di aver immaginato tutto, segue con gli occhi la traiettoria dell’invisibile pallina bianca mentre si sente il tipico rumore della palla percossa dalle inesistenti racchette. Ma non mimano un gioco “assurdo e surreale” solo i giocatori. Tutti mimano e simulano. Mimano gli alunni che fingono di apprendere da “aule virtuali”. Simulano l’insegnamento i docenti lasciati a casa e che squadernano PDF e file didattici da scaricare sui loro allievi per far “recuperare i tempi morti”. Con madri e padri sempre più incazzati che oltre a lavorare ora devono improvvisarsi insegnanti. Oops il pc si è impallato, il file non si apre…E allora la mamma telefona, allarmata, alla vicina: ” Ti si apre il file della scuola, di tuo figlio? ” Fingono di lavorare pure quelli dello smart-work da casa. Manager compiaciuti dichiarano nelle loro interviste che “work must go on”. Frattanto, chi ha programmato tutto questo sconquasso, si frega le mani (senza magari averle lavate) per la contentezza: si possono vendere software più efficaci. Senza contare che dall’alto, sulla torre di controllo, stanno monitorando la superfluità del “capitale umano”. Un pò di “programmi, qualche robot…e oplà! In un battibaleno (meglio, in un battibalengo) uomini e donne (quelli in carne e ossa) diventano “superflui”. Anche i medici di base diventano “superflui”. Ambulatori chiusi, telefonate in caso di bisogno, ricettina da scaricare on line. E il vecchietto che non ha il pc? Peggio per lui, non si è modernizzato . E chi ha la stampante guasta? Beh, c’è la chiavetta: copia la ricetta, lo fa scaricare e stampare altrove. Manicomio Italia prima e dopo la Legge 184.
Tutti simulano, verbo che in Inglese si dice “to pretend“, particolarmente efficace nella lingua d’Albione, poiché dà il senso della “pretesa” e della pretenziosità. È inaccettabile che gli Italiani si siano fatti prendere in ostaggio da questa blindatura forzosa, ridotti all’inerzia, all’inattività più supina. Si badi bene, non sto dicendo che il virus non esiste e che vada preso sottogamba, sto dicendo che lo si cura con tutta una serie di altri pericolosi virus, il primo dei quali è la sospensione e sequestro della democrazia: referendum rinviato, così si potrà rinviare ad libitum le elezioni, Mes passato nel silenzio assordante, legge sulla prescrizione, legge sulle intercettazioni con Trojan (un altro virus informatico che chiamano “soft”) fatti passare a colpi di fiducia, tentativi di smantellare le realtà sanitarie locali, per accorparli e centralizzarle con Roma. Ora si parla addirittura di chiudere il Parlamento e aprirlo solo una volta la settimana. Silenzio! Non si parla né si dibatte: c’è il coronavirus. Servivano già a poco i parlamentari, ma ora è ufficiale: il virus è riuscito a fare quel che nemmeno Mussolini è riuscito, a effettuare un bel golpe virale. Andiamoli a prendere con le mascherine e nodosi bastoni, obbligandoli con l’uso della forza a lavorare! E a rischiare il contagio. Ecchediamine!
L’Italia ebbe già l’Asiatica nel 1969 che fece 10.000 morti. Ma per sua fortuna non c’erano i me(r)dia così pervasivi e assordanti e poté guarire senza isterismi collettivi. L’ultima Assurdità l’ho visto al bar. Chiedo un succo di frutto e aspetto. “No, signora, c’è l’ordinanza. Qui al banco non serviamo niente, deve andarsi a sedere”. I tavoli naturalmente erano debitamente distanziati gli uni dagli altri e questo è un bene anche in tempi normali. Poi vado alla cassa e pago. In quel momento, altri clienti erano tutti insieme davanti alla cassa per pagare. Così come ci sono code e assembramenti ai supermercati, mentre i musei, le gallerie d’arte, i cinema e i teatri, restano rigorosamente chiusi. Ma il vero virus, il vero contagio, lo si vede nelle attività commerciali: negozi deserti che sbancano merce al 70% che nessuno vuole manco fosse portatrice di peste, esercizi commerciali chiusi, bar che aprono dopo le 18 col cartellino delle nuove “misure”, disdette che fioccano per compleanni e anniversari presso i ristoranti più chic ormai semi-deserti. Tutti a casa, a consumare pasti forzati. Possiamo invitare gli amici? Sì, ma non baciateli né abbracciateli. Demenziale!
A proposito, anche le chiese sono chiuse e Bergoglio non aspettava altro che l’emergenza virus per dare il colpo di grazia definitivo a una cristianità che se la passa già male. I suoi vescovi soldatini hanno subito accettato l’ordinanza dello stato. Come mai la religione cristiana si è subito appiattita sulle esigenze “basse” del mondo, invece di rivendicare (magari negoziando, tenuto conto che c’è il Concordato) il primato di quelle “alte” dello Spirito?
Si ribella solo qualche preticello di campagna che tiene aperta qualche cappelletta, dove per fortuna ho potuto penetrare di soppiatto per accendere una preghiera e per una candelina accesa. Nessuno (se non tra i commentatori di questo blog) ha ricordato che durante le grandi pestilenze ben più letali di questo virus, le chiese rimanevano aperte per dare conforto attraverso la preghiera. Pestilenze, siccità, carestie… Le comunità parrocchiali si riunivano e tutto ciò, oltre a costituire un conforto spirituale, era anche una forma di aggregazione contro la paura comune della Morte. Non sfugge inoltre il fatto che mentre un’Italia in ginocchio conta i suoi morti, Bergoglio in modo autistico e catatonico continua a ripetere il suo mantra delirante e compulsivo, pro migranti, flagellando perfino i nostri morti, affinché resuscitino per confortare i passeggeri dei barconi dall’Africa. Per loro non c’è coronavirus che tenga. Ci fosse anche la peste bubbonica, la lebbra o il colera, sbarcano, sbarcano, sbarcano. E nessuno fa loro il “tampone” o li mette in vera quarantena in mezzo al mare. A ribellarsi alle “bergogliate” sulla serrata dei battenti delle chiese, ci sono fedeli del comasco, del varesotto, della zone transfrontaliera con la Svizzera. Vanno a Chiasso per una Messa, un pò come gli “spalloni” che portavano le merci di contrabbando oltre frontiera. (La Verità del 6 marzo. articolo di Giorgio Gandola). C’è un piccolo mondo, una piccola comunità devota che si organizza mediante WhasApp per condividere gli orari parrocchiali delle messe ticinesi. “Sono alla ricerca di ciò che non è replicabile su uno schermo: la devozione di chi crede”.
Concludo questo mio collegamento da una Terra Desolata con la frase di Veneziani. “Se per salvarci dal virus, dobbiamo rovinarci la vita, rinunciare all’umanità, vegetare da dementi impauriti sotto vetro, arridatece il rischio di vivere”.
E aggiungo io, anche quello di morire.
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_________________ ):• 11 comandamento...
Comunque lo spessore delle persone alla fine viene fuori. La carta NON È tutta uguale. C'è chi è pergamena e chi carta igienica!
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