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Grigio
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 Oggetto del messaggio: Le atrocità in nome (e della) Chiesa
MessaggioInviato: 22/08/2010, 12:13 
In questa discussione vorrei inserire tutto ciò che riguarda le atrocità in nome (e della) Chiesa.

Quante persone hanno perso la vita in nome di strani riti e/o credenze? Quanto male c'è stata, c'è e ci sarà?


Immagine
Il simbolo dell'inquisizione



INDICE:

- Il Malleus Maleficarum - Il martello delle streghe: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122751
- Le torture della santa inquisizione: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122782
- 7 regole per appendere il sospettato: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122783
- Le crociate medievali: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122790
- Il museo della tortura: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122797
- Vittime della fede cristiana: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122804
- Le atrocità della bibbia: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122810
- Giovanna D'Arco: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122912
- Giordano Bruno: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122931
- I Catari: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=122957
- Il genocidio dei Conquistadores in America: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=123053
- Galileo Galilei: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=123058
- Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia": http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=123207
- Gli abusi sessuali su minori nella Chiesa Cattolica: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=130834
- La Chiesa Cattolica e la pena di morte: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=130838
- "Ad Extirpanda", la bolla che permise l'inizio dell'inquisizione: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=146378
- L'inquisizione medievale: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=146434



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Le atrocità in nome (e della) chiesa
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MessaggioInviato: 22/08/2010, 12:17 
Il Malleus Maleficarum

[Tratto da "L'Inquisizione" di Michael Baigent e Richard Leigh, Marco Tropea Editore, Milano ~]


Per secoli, la Chiesa conservò un atteggiamento piuttosto confuso nei riguardi della stregoneria.
La maggior parte dei sacerdoti, soprattutto nelle zone rurali, era poco istruita e assai simile ai parrocchiani, dei quali condivideva la fede indiscussa nella realtà della stregoneria, nella possibilità che un'anziana donna del villaggio esercitasse poteri occulti, mandasse in rovina un raccolto, causasse malattie al bestiame e, addirittura, che fosse responsabile di tutte le morti apparentemente senza spiegazione. Che osservassero o no il voto di celibato, non dovevano sapere granché in tema di ginecologia e molti provavano repulsione per quelle che dovevano sembrar loro le impure complicanze del corpo femminile. Per il suo modo di affrontare quei problemi, per la fiducia e la sicurezza che ispirava alle altre donne, l'anziana del villaggio, quasi quotidianamente, metteva il prete di fronte alla prova pratica ed evidente della sua inadeguatezza e inferiorità. Per quei sacerdoti, quindi, la stregoneria era una realtà inconfutabile, una realtà che favoriva rivalità e risentimento.
Per tutto il XV secolo, però, il dogma ufficiale della Chiesa negò la realtà della stregoneria. I raccolti danneggiati, le epidemie di bestiame, le morti inspiegabili potevano essere attribuiti all'opera del diavolo o a cause naturali, ma non a una donna del villaggio. Per quanto riguardava la Chiesa, la stregoneria era una menzogna divulgata dal diavolo. Il peccato, perciò, consisteva non nella stregoneria, ma nel credere a essa e nelle pratiche legate a tale credenza, poiché era a causa di questa che la strega ha abbandonato il cristianesimo, ha rinnegato il battesimo, ha adorato Satana come suo Dio, si è concessa a lui anima e corpo e vive unicamente per essere il suo strumento nel compiere il male [...] che egli può attuare soltanto tramite un agente umano (Lea, H.Ch., A History of the Inquisition of the Middle Ages).
Era dal IX secolo che la Chiesa dichiarava frutto di fantasia i racconti di streghe che volavano durante ì Sabba; tuttavia, chiunque ci credesse, era accusato di allontanarsi dalla fede e, quindi, considerato "infedele e pagano". Questo atteggiamento sarebbe più tardi diventato un articolo della legge canonica: sì riteneva che chi credeva nella stregoneria avesse perso la fede e ceduto a un inganno e dunque doveva essere considerato eretico.
Intorno alla metà del XV secolo la posizione della Chiesa cominciò a cambiare. Nel 1458 un inquisitore, certo Nicholas Jaquerius, sostenne che "la setta delle Streghe" dell'epoca non aveva niente a che vedere con gli eretici citati nei relativi articoli della legge canonica; perché il potere che aveva era concreto, e non doveva essere semplicemente archiviato come una fantasia. Nel 1484 la Chiesa fece un globale, spropositato voltafaccia: una Bolla papale capovolse la posizione precedente e riconobbe ufficialmente la stregoneria come entità reale. Nella Bolla, il pontefice dichiarava:
[...] Recentemente, è infatti arrivato alle nostre orecchie, non senza procurarci grande pena, che in certe regioni della Germania settentrionale, come pure nelle province, città e territori di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema, numerose persone dell'uno e dell'altro sesso, incuranti della loro salvezza e deviando dalla fede cattolica, si sono abbandonati a demoni, succubi e incubi, e facendo ricorso ad incantesimi, sortilegi, congiure, altre infami attività superstiziose e pratiche magiche, hanno sgozzato bambini ancora nel grembo della madre, vitellini e bestiame, hanno fatto seccare i raccolti, reso uomini impotenti e donne sterili, di modo che i mariti non potessero andare con le mogli e le mogli non potessero ricevere i loro mariti
[...] (Bolla di Innocenzo VIII, "Summis desiderantibus affectibus", 1484).
Sette anni dopo, nel 1491, dall'università di Colonia fu diramato un documento con la notifica che qualunque affermazione contro la realtà della stregoneria, "sarebbe incorsa nella colpa di ostacolare l'Inquisizione".
Con maggiore tortuosità retorica, quella stessa concezione veniva resa, poco tempo dopo, inappellabile dall'inquisitore della città di Como, il quale sosteneva:
Numerose persone sono state arse per aver preso parte al Sabba, la qual cosa non si sarebbe potuta fare senza l'assenso del papa, nel che consiste la bastevole prova che l'eresia era reale, perché la Chiesa punisce soltanto le colpe evidenti (Lea, H.Ch., A History of the Inquisition of the Middle Ages).
Secondo uno storico moderno:
Insoddisfatti delle semplici accuse di stregoneria, e del fatto che a essa si facesse risalire qualsiasi pratica di magia, i giudici volevano ora rappresentare lo stregone come appartenente a una cospirazione demoniaca contro la religione e i suoi fedeli. Lo stregone, dedito a mirate e singole azioni di malvagità rivolte nemici particolari, cedeva il passo a una confraternita di streghe impegnata nella distruzione della cristianità (Kieckhefer, Magic of the Middle Ages).
In passato credere nella stregoneria era un eresia; ora improvvisamente, diventava un'eresia non crederci.
Si era instaurato un meccanismo automatico attraverso il quale per chiunque la Chiesa avesse riconosciuto come nemico non ci sarebbe più stata via di scampo. Si creò un clima generalizzato di sospetto. E potevano essere cercati dei capri espiatori anche per rispondere dei disastri naturali, esonerando in tal modo sia Dio che il diavolo. Data l'accesa misoginia degli inquisitori, quei presunti responsabili erano quasi sempre donne.
Nella Bolla del 1484, che dava ufficialità alla stregoneria papa Innocenzo VIII faceva due nomi:
E anche se i nostri diletti figli, Heinrich Kramer e Johann Sprenger [...] sono stati delegati come inquisitori con lettera apostolica [...] decretiamo che ai suddetti inquisitori venga data potestà di giusta riprensione, incarcerazione e punizione di chiunque, senza permesso e senza limitazione (Bolla di Innocenzo VIII, "Summis desiderantibus affectibus", 1484).
Heinrich Kramer era un domenicano che, intorno al 1474, era già stato nominato inquisitore per il Tirolo e per la città di Salisburgo, dove fu direttore spirituale della chiesa domenicana. Nel 1500 sarebbe stato nominato nunzio apostolico e inquisitore per la Boemia e la Moravia. Il suo collega, Johann Sprenger, anche lui domenicano, era il priore del convento dell'ordine, a Colonia. Nel 1480 divenne preside della facoltà di teologia, un anno più tardi fu nominato inquisitore delle province di Colonia, Magonza e Treviri e, nel 1488, fu messo a capo dell'intera regione.
Intorno al 1486, due anni dopo essere stati citati dal papa, Heinrich Kramer e Johann Sprenger pubblicarono un libro che rappresenta certamente una delle opere più miserabili - nel senso più profondamente morale del termine - e indegne dell'intera storia della civiltà occidentale. Il suo titolo era Malleus Maleficarum (Il maglio delle streghe), in riferimento alla pesante mazza che sarebbe stata usata per schiacciarle e, davvero, con le sue cinquecento e più pagine, il libro rappresenta, anche nell'edizione moderna, un pesantissimo maglio. Nel 1520, appena trentaquattro anni dopo la sua uscita, era ormai talmente popolare, da avere raggiunto la tredicesima edizione; anzi, le ristampe si sono susseguite fino ai giorni nostri e, cosa davvero aberrante, ci sono ancora persone che lo prendono sul serio. Nel 1986 è stato nuovamente tradotto in inglese ed esaltato con un entusiastico panegirico da Montague Summers, un eccentrico aspirante esorcista, autonominatosi esperto di vampiri e di lupi mannari. Secondo Summers, il Malleus è "uno dei più importanti e ponderosi libri del mondo". Nel caso tale lode possa apparire tiepida e modesta, Summers aggiunge:
È un'opera che cattura irresistibilmente l'attenzione di tutti coloro che pensano, vedono, o stanno cercando dì vedere, la realtà ultima che sta alla base degli eventi della materia, del tempo e dello spazio.
Non esitando a entrare nei sinistri e spesso pornografici particolari, il Malleus si incarica di descrivere tutte le supposte manifestazioni di stregoneria, nella pretesa di rappresentare un esaustivo manuale fai-da-te non solo per gli inquisitori, ma anche per giudici, magistrati e autorità secolari di ogni livello, e, per estensione, per qualunque cittadino abbastanza anormale da trovare una ragione o una "sragione" sufficiente a fargli sospettare la presenza di stregoneria attorno a sé. Ma, in verità, il libro sembra piuttosto rappresentare un compendio di psicopatologia sessuale e l'illuminante descrizione di una sfrenata fantasia deviante. Con un'ossessività che salterebbe immediatamente agli occhi di qualunque psicologo moderno, il testo si concentra o, meglio, si fissa in modo maniacale sulla copulazione con il diavolo, su congiungimenti carnali con incubi e succubi, e su varie altre forme di esperienze erotiche e di attività (o di passività) sessuale, che un'immaginazione malata attribuisce alle forze demoniache. Inoltre, offre tecniche di diagnosi e prognosi delinea procedure terapeutiche e punizioni riabilitatone, fornisce formule e ricette per gli esorcismi, e tutto ciò con classico spirito e ambizione enciclopedici. Effettivamente, per gli inquisitori, e non solo per loro, divenne una specie di surrogato della Bibbia. Come dice Montague Summers - una volta tanto, a ragione - nella sua mal riposta apologia, il Malleus
si trovava sul banco di ogni giudice e sullo scrittoio di ogni magistrato: era l'autorità ultima, irrefutabile, indiscutibile. Veniva riconosciuto non solo dall'assemblea legislativa cattolica ma anche da quella protestante
.
Il Malleus inizia affermando esplicitamente:

La credenza che le streghe esistano è una parte talmente essenziale della fede cattolica, che sostenere ostinatamente l'opinione opposta sa manifestamente di eresia.
Si tratta evidentemente di un'eco della Bolla papale del 1484, che rovesciava la precedente opinione della Chiesa riconoscendo ufficialmente l'esistenza della stregoneria.
Avendo esposto le sue premesse di base, il Malleus procede nella sua esposizione:
Questo è ciò che proponiamo: i diavoli, con le loro arti, causano alcuni effetti per mezzo della stregoneria, eppure è vero che senza l'assistenza di un qualche mediatore, non possono fare niente [...] non sosteniamo che possono causare danni senza l'assistenza di un mediatore, ma che per suo tramite possono portare infermità, e qualunque altra pena, e che tutto ciò è reale.
In altre parole, le forze demoniache sono prive di poteri autonomi e possono fare il male solo tramite un agente umano. Di conseguenza, sono gli esseri umani i veri colpevoli delle sventure che prima venivano attribuite o all'imperscrutabile volontà divina, o all'attività della natura, o alla malvagità del demonio; tutte cose al di fuori della portata dell'Inquisizione. Ma ormai, per qualsiasi infortunio nell'ordinato funzionamento dell'esistenza, ci sarebbe stato un colpevole da punire.
Secondo l'ardita logica del Malleus, le streghe al massimo del loro potere possono provocare tempeste di pioggia o di grandine, invocare i fulmini e farli cadere su uomini e animali, causare la peste e uccidere neonati per offrirli in sacrificio alle forze diaboliche. Quando nessuno le vede, possono far cadere i bambini nei corsi d'acqua e farli affogare; possono far impazzire un cavallo mentre ha in groppa il cavaliere, suscitare negli uomini un amore forsennato o un odio furibondo; possono uccidere persone e animali con uno sguardo, il famoso "malocchio"; possono rivelare il futuro e volare "con il corpo o con la mente".
Il Malleus ammette che alcuni inquisitoli si dimostrano eccessivamente prudenti nel punire, per la paura di aggressioni o vendette del demonio contro di loro. Perciò fa un tentativo, in verità debolissimo, per essere rassicurante, affermando che le streghe non possono causare ingiuria agli inquisitori o ad altri funzionari perché essi sono i dispensatori della pubblica giustizia. Si potrebbero addurre molti esempi come prova, ma il tempo a disposizione non lo permette.
Il tempo era davvero poco: gli autori del Malleus dovevano ancora scrivere cinquecento pagine per sviluppare le loro tesi. Perciò si limitarono a offrire un altro briciolo di rassicurazione:
Ci sono tre classi di uomini benedetti da Dio, a cui quella razza detestabile non può fare del male con la propria arte diabolica. La prima è quella di coloro che amministrano la giustizia contro i mediatori del demonio, e per l'autorità del proprio ufficio li perseguono. La seconda è quella di coloro i quali, secondo i riti tradizionali e santi della Chiesa, fanno legittimo uso del potere e della virtù che la Chiesa tramite il suo esorcismo concede con l'aspersione dell'acqua santa, con l'offerta del sale consacrato, con l'accensione delle candele benedette [...] la terza classe è quella degli uomini che, in modi diversi e innumerevoli, sono benedetti dai santi angeli.
In altre parole, anche la Chiesa si serve di superstizioni, di pratiche e di rituali magici, ma essi sono sostanzialmente rispettabili proprio perché nella Chiesa hanno la loro derivazione. Nei "santi angeli" la Chiesa riconosce i propri misteriosi e incorporei alleati, che sono immensamente più potenti dei misteriosi e incorporei alleati della strega:
Perché gli esorcismi della Chiesa hanno lo scopo preciso, essendo rimedi assolutamente efficaci, di difendere se stessi dalla malvagità delle streghe.
Il Malleus è pragmaticamente, anzi, psicoticamente, misogino. Per quanto coraggiosi potessero mostrarsi nella lotta contro i poteri invisibili, gli autori avevano un terrore delle donne che rasentava la follia; le consideravano intrinsecamente deboli e, per definizione "peccatrici". La donna "è un animale imperfetto, che inganna per natura";"incline a vacillare in materia di fede religiosa", "istintivamente bugiarda", "bella a guardarsi, contaminante a toccarsi e mortale a possedersi"; è biasimevole in tutto, perché "ogni stregoneria deriva dal desiderio carnale, che nella femmina è insaziabile".
Se tutte le donne avvenenti suscitavano un particolare sospetto, lo stesso avveniva per le levatrici, per la loro intima conoscenza ed esperienza di quelli che gli inquisitori consideravano i misteri femminili. Era credenza comune che i bambini nati morti fossero in realtà stati uccisi dalla levatrice come sacrificio al demonio. Anche quelli deformi, sfigurati, malati, o anche solo irrequieti, erano frutto dell'azione magica della levatrice. Grazie alla fiducia che ispirava nelle altre donne, e per la concorrenza che faceva all'autorità del prete, la levatrice era un bersaglio ideale; era proprio su di lei che l'inquisitore poteva fare pratica, poteva affilare e perfezionare impunemente le proprie inclinazioni depravate.
Il Malleus è spietatamente inflessibile con le ragazze sedotte e abbandonate;
Quando una giovane è stata corrotta, ed è stata disdegnata dal suo amante dopo che ha copulato con lui senza pudore nella speranza e con la promessa di matrimonio, e si è ritrovata delusa in tutte le sue speranze e sprezzata da tutti, si rivolge all'aiuto e alla protezione dei diavoli.
Naturalmente, il seduttore non è stigmatizzato in alcun modo e, anzi, fa intendere il Malleus, è una vittima potenziale della stregoneria.
Il libro non esita a interpretare come stregoneria qualunque tipo di comportamento che gli autori non riescano a spiegarsi: gli effetti di una droga, come la cornuta o i "funghi magici", o la masturbazione, o una sensuale esposizione di nudità.
Spesso le streghe sono state viste sdraiate sulla schiena nei prati o nei boschi, nude sino all'ombelico, ed era evidente dalla disposizione degli arti e degli organi relativi alle parti veneree e all'orgasmo, come anche dal movimento delle gambe e delle cosce, che stavano copulando con i demoni noti come Incubi, anche se questi erano invisibili agli astanti.
Il libro offre anche una spiegazione razionale, che deve aver lenito l'orgoglio ferito di molti mariti traditi:
È pur certo che possa essersi verificato quanto segue. Vari mariti hanno effettivamente visto un Incubo accoppiarsi con la propria moglie, anche se in un primo momento hanno ritenuto che non si trattasse di un diavolo ma di un uomo. E quando hanno afferrato un'arma, per cercare di trapassarlo da parte a parte, il diavolo è improvvisamente scomparso, rendendosi invisibile.
Il Malleus cita altre presunte manifestazioni e pratiche stregonesche. Menziona l'uccisione di bambini, con conseguente cottura e consumo delle loro carni. Descrive i vari modi in cui le streghe si legavano alle forze demoniache. Discute della pratica di infilare spilli in immagini di cera. Più volte, con fissazione ossessiva, torna su argomenti sessuali. Non di rado le ossessioni sessuali si trasformano in fantasie farneticanti; per esempio, si racconta di streghe che [...] raccolgono organi maschili in gran numero, fino a venti o trenta membri insieme, e li mettono nel nido di un uccello, o li chiudono in una scatola, dove si muovono come vivi, e vengono nutriti a orzo e grano.
Immagini come queste vengono attribuite a un'illusione demoniaca, causata "dalla confusione procurata all'organo della vista mediante la trasformazione dell'immaginazione mentale in facoltà visiva", tuttavia, non possiamo fare a meno di chiederci se gli autori dell'opera, anche solo per concepirle, non abbiano fatto uso essi stessi di sostanze allucinogene, oppure se non disponessero di una fantasia persino più tormentata e anomala di quella di Hieronymus Bosch.
Il Malleus è particolarmente ossessionato dai rapporti sessuali con le entità demoniache immateriali: incubi, quelle maschili, e succubi, quelle femminili. Il frutto di queste copule con demoni incorporei erano le polluzioni notturne; di conseguenza, gli autori si preoccupavano molto dello sperma. Usando dettagli clinici, esaminano il problema dell'effettiva materialità dell'atto sessuale dei demoni, cioè se esso "sia sempre accompagnato dall'emissione di sperma". In caso affermativo, si interrogano sulla provenienza dello sperma, se sia di sostanza demoniaca o se sia stato rubato a una creatura mortale. Si passa poi a un attento esame qualitativo: con quale criterio vengono scelti gli uomini a cui trafugare il seme? Lo sperma emesso in una polluzione "innocente" può essere raccolto dai demoni e, per così dire, riciclato? Nessuna possibilità è lasciata senza approfondimento.
Per gli autori del Malleus, la pratica sessuale con entità incorporee era una trasgressione terribilmente grave ed empia, perché rappresentava una blasfema parodia del concepimento di Gesù nel seno di una Vergine, a opera dello Spirito Santo. Quattro secoli dopo, il romanziere Joris-Karl Huysmans sarebbe ritornato sull'oscuro, innominabile e, alla fin fine, imperdonabile "peccato contro lo Spirito Santo'. Quel peccato, per il quale si diceva che non ci fosse possibilità di perdono, e la cui natura era sempre stata scrupolosamente tenuta segreta dalla Chiesa, Huysmans volle identificarlo con la parodia sacrilega della nascita del Bambino dalla Vergine, implicita nell'accoppiamento con un'entità immateriale. Quasi certamente aveva ragione, ma quel terribile segreto poteva, in fondo, non essere tale. Nel Dottor Faust di Marlowe, per esempio, scritto quando il Malleus, pubblicato per la prima volta solo un secolo prima, era ancora largamente in uso, Faust si serve di fattori demoniaci per evocare l'ombra di Elena di Troia, qualificata come succubo. Ed è solo dopo essersi congiunto sessualmente con lei che il suo fato si compie ed egli è irrevocabilmente dannato.
L'Inquisizione, armata del Malleus Maleficarum, instaurò un regno di terrore in tutta l'Europa. Nelle inchieste e negli interrogatori, la regola che veniva applicata alle prove era semplicissima: qualunque fatto su cui giurassero due o tre testimoni veniva accettato come vero e anche come definitivamente provato. Si faceva largo uso di domande trabocchetto, escogitate allo scopo di raggirare sia il sospettato che il testimone. Per esempio, la domanda poteva essere se credeva o no che esistesse la stregoneria, e che si potessero scatenare tempeste o affatturare uomini e animali. È da notare che, inizialmente, la maggior parte delle streghe affermava di no.
Se la persona imputata negava di crederci, la domanda successiva arrivava con la violenza di una trappola che scatta: «Allora, le streghe bruciate sono state condannate ingiustamente? E il malcapitato, o la malcapitata, era costretto a dare una risposta». E neanche importava quale fosse, perché la colpevolezza era certa, dal momento che non credere nella stregoneria era già di per sé un'eresia.

Quando una strega veniva arrestata, si prendevano complicate precauzioni per neutralizzare i suoi poteri: per negarle il contatto con la terra, e attraverso di essa con le regioni infernali, veniva trasportata tenendola sollevata su un'asse di legno oppure in un cesto; quando si trovava davanti al giudice doveva rimanere voltata di spalle: in tal modo le era impossibile qualunque tentativo di ammaliarlo con lo sguardo; e sia i giudici che il personale coinvolti nel processo, "non dovevano lasciarsi toccare da lei e, particolarmente, dovevano fare in modo di non venire in contatto con le sue braccia o le sue mani nude". Ai giudici veniva anche consigliato di portare al collo, appesi a un laccio o a una catenella, erbe benedette e sale consacrato durante la domenica delle Palme, sigillati in una speciale cera, anch'essa benedetta. Nonostante le ripetute rassicurazioni di immunità, era sempre meglio non correre rischi.
Il processo veniva portato avanti con una conoscenza piuttosto sofisticata della psicologia. Le tecniche impiegate riflettevano la notevole esperienza acquisita nell'ottenere e nell'estorcere informazioni. Gli inquisitori sapevano che la mente dell'indagato spesso era il suo peggior nemico, che la paura nasce nella solitudine e nell'isolamento, e che spesso può produrre risultati soddisfacenti quanto la violenza fisica. Così, la paura della tortura, per citare l'esempio più ovvio, veniva provocata e alimentata fino a che non si trasformava in uno stato talmente parossistico di panico da vanificare la necessità della tortura stessa. Se l'accusato non confessava subito, gli veniva detto che sarebbe seguito un interrogatorio sotto tortura, però solo dopo un certo periodo di tempo. Il Malleus consiglia
che l'accusato sia denudato o, se è femmina, che venga prima condotta nelle celle penali e lì denudata da donne oneste e di buona reputazione.
Successivamente, i giudici potevano "interrogarla con moderazione, senza spargimento di sangue", ma solo dopo avere tenuto l'accusata in uno stato di attesa, rinviando continuamente il giorno dell'interrogatorio, e usando spesso la persuasione verbale.
L'inquisitore era incoraggiato a utilizzare una strategia che è oggi ben nota, quella di un poliziotto "inflessibile" e di uno "malleabile" che ordini agli incaricati di legarla con corde a una macchina di tortura; e che essi obbediscano prontamente ma non con gioia, anzi mostrando di essere turbati dal loro compito. Che venga poi liberata di nuovo, portata da un'altra parte, e che si provi ancora a persuaderla; e nel persuaderla, le si dica che può evitare la pena di morte.
Il Malleus consiglia una palese doppiezza: a un'accusata si poteva anche promettere la vita, ma la vita sarebbe stata in carcere, a pane e acqua.
E che non le si dica, quando le si promette la vita, che così sarà messa in prigione; ma venga condotta a credere che le sarà imposta qualche altra penitenza, come l'esilio.

Comunque, per ottenere quelle dubbie concessioni, doveva denunciare e rivelare l'identità di altre streghe. Del resto, si affretta a chiarire il Malleus, la promessa di avere salva la vita non doveva essere davvero mantenuta: non c'era alcun obbligo di rispettare la parola data a una strega. Molti inquisitoli infatti pensano che, dopo essere stata messa in carcere, la promessa di risparmiarle la vita dovrebbe essere mantenuta per un po', ma dopo un certo periodo la donna dovrebbe essere bruciata.
O, in alternativa, il giudice può promettere, senza rischi, la vita all'accusata, ma in modo tale da liberarsi dell'incombenza di pronunciare la sentenza di morte, deputandola a un altro giudice al posto suo.
Quando una strega veniva riportata in cella dopo una seduta di tortura, il giudice doveva assicurarsi che nel tempo di pausa ci [fossero] sempre delle guardie con lei, in modo da non lasciarla mai sola, per paura che il diavolo la [spingesse] a suicidarsi.
In altre parole, anche un suicidio o un tentato suicidio, causato dallo strazio o dal terrore, veniva interpretato come un'ispirazione del demonio, e perciò come un'ulteriore prova di colpevolezza. In tal modo, gli inquisitori discolpavano se stessi. Quando qualche sventurata donna tentava di suicidarsi infilandosi nella testa gli spilloni con cui fermava sui capelli la cuffia, dicevano: "L'abbiamo trovata in questo stato, come se avesse voluto infilarli nelle nostre teste". Anche quei folli atti di disperazione venivano attribuiti a intenzioni malevole e aberranti, al fine di produrre prove di colpevolezza.
I suicidi e i tentati suicidi erano ovviamente piuttosto comuni. Il Malleus riferisce di streghe che "dopo avere confessato i loro crimini sotto tortura, [hanno cercato] di impiccarsi", oppure che "approfittando della disattenzione delle guardie, si sono impiccate con i lacci delle scarpe o con gli abiti".
Se, nonostante la tortura, la strega si rifiutava ancora di confessare, il Malleus consigliava stratagemmi mi più cervellotici. L'accusata, per esempio, poteva essere portata in una casa, i cui proprietari dovevano "fare finta di partire per un lungo viaggio e di lasciarla sola". E poi
Si faccia in modo che qualcuno di sua conoscenza [...] vada a trovarla e le prometta che sarà messa in completa libertà se gli insegnerà come si effettuano certe magie. E il giudice ponga mente che in questo modo molte hanno confessato e sono state condannate.
Come ultima risorsa, il Malleus consiglia il più sfacciato e incredibilmente spudorato imbroglio:
E che, infine, il giudice entri e prometta che avrà misericordia, con la segreta, intima intenzione che ciò che intende è che sarà misericordioso verso se stesso e verso lo Stato; perché tutto quello che viene fatto per lo Stato è un atto di misericordia.
Ai giorni nostri, abbiamo tutti esperienza di come un qualche "timore" collettivo possa crescere progressivamente, come per contagio psicologico, e assumere proporzioni di vera e propria isteria di massa. Durante gli anni cinquanta, negli Stati Uniti, ci fu l'ossessiva crociata del senatore Joseph McCarthy per scovare presunti comunisti. Nel dramma Il crogiolo il commediografo Arthur Miller attaccò la campagna di McCarthy usando, per analogia, la metafora dei processi di stregoneria svoltisi a Salem nel XVII secolo. Grazie all'opera di Miller l'espressione "caccia alle streghe" è diventata un diffuso modo di dire moderno, per indicare qualunque tentativo di snidare presunti nemici instillando e diffondendo la paura collettiva. Ancora più di recente, abbiamo conosciuto altre forme di panico di massa. In seguito alle tensioni con la Libia, sotto la presidenza di Ronald Reagan, parecchi turisti americani hanno modificato i loro progetti di vacanza per evitare, terrorizzati, i voli internazionali. Si è verificato il caso, in Gran Bretagna, di intere comunità di cittadini sospettate di avere compiuto violenza sui minori durante riti satanici, con il risultato che decine e decine di genitori sono stati allontanati dai figli con la forza. Considerati questi esempi, è facile capire come la paura della stregoneria potesse avere raggiunto le proporzioni di una vera e propria epidemia di panico, quando si consideri che era stata diffusa dalla suprema autorità religiosa del tempo; anzi, come fosse potuta diventare, a tutti gli effetti, l'equivalente psicologico della peste. Secondo uno storico:
La paura delle streghe era sostanzialmente una malattia dell'immaginazione, creata ed eccitata dalla persecuzione contro la stregoneria. Dovunque un inquisitore o un magistrato civile si recasse a cancellarla con il fuoco, intorno a lui spuntava una messe di streghe.
Parlando della Chiesa, lo stesso storico osserva:
Qualunque inquisitore decidesse di combattere la stregoneria, diventava, con la propria azione, un missionario che ne diffondeva ancora di più il seme.
La delirante persecuzione contro le streghe cominciò sotto gli auspici dell'Inquisizione, quando la Chiesa esercitava ancora una supremazia indiscussa sulla vita religiosa dell'Europa. L'Inquisizione era talmente
concentrata sulla stregoneria, che ben presto si sarebbe lasciata cogliere del tutto alla sprovvista dall'avvento di una minaccia assai più seria, che avrebbe assunto l'identità di un monaco apostata di nome Martin Lutero. È comunque giusto ricordare che, trent'anni dopo la pubblicazione del Malleus Maleficarum, l'insensata caccia alle streghe avrebbe conquistato anche le giovani Chiese protestanti.
Nella seconda metà del XVI secolo, dunque, sia i cattolici sia i protestanti mandarono al rogo non due o tre, ma centinaia di donne accusate di stregoneria: e questo delirio incendiario sarebbe proseguito per più di un secolo, raggiungendo il suo culmine nella sanguinosa guerra dei Trent'anni, svoltasi fra il 1618 e il 1648. Fra il 1587 e il 1593 l'arcivescovo di Treviri fece giustiziare trecentosessantotto streghe, il che equivale alla media di una e mezzo alla settimana. Nel 1585 due villaggi tedeschi subirono una tale decimazione che in entrambi rimase viva una sola donna. Lungo un arco di tre mesi, cinquecento presunte streghe furono condannate al rogo dal vescovo di Ginevra. Fra il 1623 e il 1633 il principe e arcivescovo di Bamberga ne fece morire tra le fiamme più di seicento. Nei primi anni del XVII secolo novecento persone furono bruciate dal principe e vescovo di Würzburg, tra cui il suo stesso nipote, diciannove sacerdoti, e alcuni bambini accusati di avere avuto rapporti sessuali con il demonio. In Inghilterra, nel periodo del "protettorato", anche Cromwell si servì di un "generale-scova-streghe", il famigerato Matthew Hopkins. Alla fine del Seicento l'isterismo si era propagato anche al di là dell'Atlantico, alle colonie puritane del New England, dando luogo ai tristemente famosi processi di Salem, quelli che avrebbero fornito lo scenario alla commedia di Arthur Miller.
Tuttavia, i peggiori eccessi protestanti non riuscirono mai a uguagliare quelli della Chiesa di Roma, in seno alla quale l'Inquisizione si espresse al massimo delle proprie potenzialità, vantandosi apertamente di avere bruciato, con un calcolo approssimato per difetto, trentamila streghe lungo un arco di 150 anni. La Chiesa aveva sempre manifestato una tutt'altro che piccola tendenza alla misoginia e l'operazione contro la stregoneria le fornì un mandato su larga scala per una crociata contro le donne e tutto ciò che era femminile.

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MessaggioInviato: 22/08/2010, 13:48 
Le torture della “Santa” Inquisizione



L'esecuzione non era possibile senza una confessione, che non poteva certo essere estorta con le buone maniere. Si ricordano 3 Inquisizioni: quella medievale, quella spagnola e quella romana. Sebbene si collochino in luoghi ed epoche differenti, i loro metodi di procedura furono essenzialmente gli stessi.

Vennero impiegati antichi sistemi di tortura e ne furono inventati di nuovi, grazie anche al contributo di presunti esperti di stregoneria e demonologia. Essi erano convinti che il diavolo lasciasse un "marchio" sulla pelle del suo servo: segno invisibile, ma che rendeva insensibile la pelle in quel punto. Per questo le carni degli accusati venivano penetrate da lunghi spilloni fino a identificare il punto in cui il "servo di Satana" non provava dolore ovvero non urlava (magari perché sfinito dalla tortura). Questa era considerata una prova sufficiente. I supplizi più usati furono i seguenti:

ACQUA INGURGITATA: l'accusato, incatenato mani e piedi ad anelli infissi nel muro e posato su un cavalletto, è costretto a ingurgitare più di NOVE litri d'acqua, e ancora altrettanti se il primo tentativo non risulta convincente, per un totale di DICIOTTO litri.

ANNODAMENTO: era una tortura specifica per le donne. Si attorcigliavano strettamente i capelli delle streghe a un bastone. Robusti uomini ruotavano l'attrezzo in modo veloce, provocando un enorme dolore e in alcuni casi arrivando a togliere lo scalpo e lasciando il cranio scoperto. Questa tortura fu usata in Germania anche contro gli zingari (1740-1750) e in Russia nel corso della Rivoluzione Bolscevica nel 1917-1918;

CREMAGLIERA o CAVALLETTO: era un modo semplice e popolare per estorcere confessioni. La vittima veniva legata su una tavola, caviglie e polsi. Rulli erano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni;

CULLA DELLA STREGA: questa era una tortura a cui venivano sottoposte solamente le streghe. La strega veniva chiusa in un sacco poi legato a un ramo e veniva fatta continuamente oscillare. Apparentemente non sembra una tortura ma il dondolio causava profondo disorientamento e aiutava a indurre a confessare. Vari soggetti hanno anche sofferto durante questa tortura di profonde allucinazioni;

CULLA DI GIUDA O TRIANGOLO: l'accusato veniva spogliato e issato su un palo alla cui estremità era fissato un grosso oggetto piramidale di ferro. Alla fine alla vittima venivano fissati dei pesi alle mani e ai piedi;

DISSANGUAMENTO: era una credenza comune che il potere di una strega potesse essere annullato dal dissanguamento o dalla purificazione, tramite fuoco, del suo sangue. Le streghe condannate erano "segnate sopra il soffio" (sfregiate sopra il naso e la bocca) e lasciate a dissanguare fino alla morte;

FANCIULLA DI FERRO o VERGINE DI NORIMBERGA: era una specie di contenitore di metallo con sembianze umane (di fanciulla appunto) con porte pieghevoli. Nella parte interna delle porte, erano inserite delle lame metalliche. I prigionieri venivano chiusi dentro in modo che il loro corpo fosse esposto a queste punte in tutta la sua lunghezza, ma senza ledere in modo mortale gli organi vitali. La morte sopraggiungeva lentamente fra atroci dolori;

FORNO: questa barbara sentenza era eseguita in Nord Europa e assomiglia ai forni crematori dei nazisti. La differenza era che nei campi di concentramento le vittime erano uccise prima di essere cremate. Nel XVII secolo più di duemila fra ragazze e donne subirono questa pena nel giro di nove anni. Questo conteggio include anche 2 bambini;

GARROTA: non è altro che un palo con un anello in ferro collegato alla vittima, seduta o in piedi; le veniva fissato e andava stretto poi per mezzo di viti o di una fune. Spesso si rompevano le ossa della colonna vertebrale;

IL TOPO: Tortura applicata a streghe ed eretici. Un topo vivo veniva inserito nella vagina o nell'ano con la testa rivolta verso gli organi interni della vittima e spesso, l'apertura veniva cucita. La bestiola, cercando affannosamente una via d'uscita, graffiava e rodeva le carni e gli organi dei suppliziati;

IMMERSIONE DELLO SGABELLO: questa punizione era usata più spesso sulle donne. La vittima veniva legata a un sedile che impediva ogni movimento delle braccia. Questo sedile veniva poi immerso in uno stagno o in un luogo paludoso. Varie donne anziane che subirono questa tortura morirono per lo shock provocato dall'acqua gelida. L'immersione dello sgabello era usata per le streghe in America e in Gran Bretagna nonché come punizione per crimini minori, prostituzione e ai danni dei recidivi;

IMPALAMENTO: è una delle più antiche forme di tortura. Veniva attuata per mezzo di un palo aguzzo inserito nel retto della persona, forzato a passare lungo il corpo per fuoriuscire dalla testa o dalla gola. Il palo era poi invertito e piantato nel terreno, così, queste miserabili vittime, quando non avevano la fortuna di morire subito, soffrivano per alcuni giorni prima di spirare. Tutto ciò veniva fatto ed esposto pubblicamente;

MASTECTOMIA o STRAPPASENI: alcune torture erano elaborate non solo per infliggere dolore fisico, ma anche per sconvolgere la mente delle vittime. La mastectomia era una di queste. La carne delle donne era lacerata per mezzo di tenaglie, a volte arroventate. Uno dei più orribili casi noti in cui fu usata questa tortura era quello di Anna Pappenheimer. Dopo essere già stata torturata con lo "strappado", fu spogliata, i suoi seni furono strappati e, davanti ai suoi occhi, furono spinti a forza nelle bocche dei suoi figli adulti. Questa vergogna era più di una tortura fisica; l'esecuzione faceva una parodia sul ruolo di madre e nutrice della donna, imponendole un'estrema umiliazione;

ORDALIA DELL'ACQUA: in questo tipo d'ordalia, l'acqua simboleggia il diluvio dell'Antico Testamento. Come il diluvio spazzò via i peccati così l'acqua "pulirà" l'anima della persona. Dopo 3 giorni di penitenze, l'accusato doveva immergere le mani in acqua bollente, a volte fino ai polsi, in altri casi fino ai gomiti. Si aspettavano poi 3 giorni per valutare le sue colpe.
Veniva messa in pratica anche un'ordalia dell'acqua fredda. Alla persona imputata venivano legate le mani e i piedi con una fune, in modo tale che la posizione non fosse certo propizia per rimanere a galla dopodiché veniva immersa in acqua: se galleggiava, era sicuramente colpevole, in quanto l'acqua "rifiutava" una creatura demoniaca; se andava a fondo, era innocente, ma difficilmente sarebbe stata salvata in tempo;

ORDALIA DEL FUOCO: prima di iniziare l'ordalia del fuoco, tutte le persone coinvolte dovevano prendere parte a un rito religioso. Questo rito poteva durare fino a 3 giorni nel corso dei quali gli accusati dovevano partecipare a preghiere, digiuni, sottostare ad esorcismi, ricevere vari tipi di benedizioni e prendere i sacramenti; dopodiché aveva inizio l'ordalia che poteva avvenire in diverso modo. Uno di questi consisteva nel trasportare per una certa distanza un pezzo di ferro incandescente, di peso variabile tra mezzo chilo e un chilo e mezzo.
Un altro tipo di ordalia del fuoco consisteva nel camminare a piedi nudi sopra carboni ardenti, a volte con gli occhi bendati. Dopo la prova, le ferite venivano coperte e, allo scadere di 3 giorni una giuria controllava lo stato delle ustioni. Se le ferite non erano rimarginate l'accusato era colpevole, altrimenti era considerato innocente;

PERA: era un terribile strumento che veniva impiegato il più delle volte per via orale. La pera era usata anche nel retto e nella vagina. Questo strumento era aperto con un giro di vite da un minimo a un massimo dei suoi segmenti. L'interno della cavità ne risultava orrendamente mutilato, spesso mortalmente. I rebbi costruiti alla fine dei segmenti servivano per aumentare il danno fisico. Questa era una pena riservata alle donne accusate di avere avuto rapporti sessuali col Maligno;

PRESSA: anche conosciuta come pena forte et dura, era una sentenza di morte. Adottata come misura giudiziaria durante il XIV secolo, raggiunse il suo apice durante il regno di Enrico IV. In Bretagna venne abolita nel 1772;

PULIZIA DELL'ANIMA: era opinione diffusa in molte zone che l'anima di una strega o di un eretico fosse corrotta, sporca e covo di quanto di contrario ci fosse al mondo. Per pulirla prima del giudizio, qualche volta le vittime erano forzate a ingerire acqua calda, carbone, perfino sapone. La famosa frase "sciacquare la bocca con il sapone", che si usa oggi, risale proprio a questa tortura;

ROGO: una delle forme più antiche di punizione delle streghe era la morte per mezzo di roghi, un destino riservato anche agli eretici. Il rogo spesso era una grande manifestazione pubblica. L'esecuzione avveniva solitamente dopo breve tempo dall'emissione della sentenza. In Scozia, il rogo di una strega era preceduto da giorni di digiuno e di solenni prediche. La strega veniva strangolata, avendo cura di farla rimanere in uno stato di stordimento; il suo corpo, a volte, era immerso in un barile di catrame prima di venire legato a un palo e messo a fuoco. Se poi, per qualche fortuita coincidenza la strega fosse riuscita a liberarsi dal palo e ad uscire dalle fiamme, la gente la respingeva dentro;

RUOTA: in Francia e in Germania la ruota era popolare come pena capitale. Era simile alla crocifissione. Alle vittime venivano spezzati gli arti e il corpo veniva sistemato tra i raggi della ruota che veniva poi fissata su un palo. L'agonia era lunghissima e poteva anche durare dei giorni;

SEDIA INQUISITORIA: era una sedia provvista di punte e aculei alla quale il condannato era legato mediante strette fasciature. Il fondo poteva essere arroventato per produrre gravi ustioni;

SEGA: terribile metodo di esecuzione applicato, nella maggior parte delle volte, agli omosessuali. Il condannato veniva appeso a testa in giù con le gambe divaricate e con una sega veniva tagliato in 2 verticalmente. Veniva tenuto a testa in giù affinché il dissanguamento fosse più lento e perché il maggior afflusso di sangue al cervello acuisse la sensibilità al dolore. Pare anche che la vittima restasse cosciente finché la sega arrivava al cranio;

SQUASSAMENTO: era una forma di tortura usata insieme alla "strappata". L'accusato qui veniva sempre issato sulla carrucola, ma con dei pesi legati al suo corpo che andavano dai 25 ai 250 chili. Le conseguenze erano gravissime;

STIVALETTO SPAGNOLO: le gambe venivano legate insieme in una sorta di stivale di ferro, che il boia stringeva fino allo spappolamento delle ossa;

STRAPPATA: l'accusato veniva legato a una fune e issato su una sorta di carrucola. L'esecutore faceva il resto tirando e lasciando di colpo la corda e slogando, così, le articolazioni;

TORTURA DELL'ACQUA: veniva inflitta frequentemente a personaggi compromettenti, dal momento che i suoi risultati non erano visibili esteriormente. Veniva fatta ingurgitare all'accusato una quantità spropositata d'acqua, finché il suo ventre non raggiungeva dimensioni abnormi, quindi veniva messo a testa in giù perché la massa d'acqua pesasse sul diaframma e sui polmoni. Oltre al fortissimo dolore, ciò provocava gravi strappi e lesioni agli organi interni;

TORTURA DELL'ANIMALE: un insetto, per lo più un tafano, a volte anche una o più api, veniva messo nell'ombelico dell'imputato, chiuso da un bicchiere di vetro. Alternativamente si poteva inserire la testa del malcapitato in un sacco pieno di bestie inferocite, spesso gatti;

IL TOPO: Tortura applicata a streghe ed eretici. Un topo vivo veniva inserito nella vagina o nell'ano con la testa rivolta verso gli organi interni della vittima e spesso, l'apertura veniva cucita. La bestiola, cercando affannosamente una via d'uscita, graffiava e rodeva le carni e gli organi dei suppliziati. Chissà come i disgraziati riuscissero a sopportare il terrore provocato alla sola vista del topo che da li a poco sarebbe entrato nel suo corpo;

TURCAS: questo mezzo era usato per lacerare e strappare le unghie. Nel 1590-1591 John Fian è stato sottoposto a questa e altre torture in Scozia. Dopo che le sue unghie vennero strappate, degli aghi furono inseriti nelle sue estremità;

VEGLIA: consisteva nel privare del sonno gli accusati. Matthew Hopkins la usava in Essex. La vittima, legata, era costretta a immersioni nei fossati anche per tutta la notte per evitare che si addormentasse.



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 14:04 
7 regole per "appendere" il sospettato


L'inquisitore e il vescovo possono sottoporre qualcuno alla tortura? In caso affermativo, a quali condizioni? Essi possono ricorrere alla tortura, conforme alle decretali di Clemente V (Concilio di Vienne), a condizione di deciderlo insieme. Non ci sono regole precise per determinare in quali casi si possa procedere alla tortura (Sospensione del condannato con funi e caduta con strappi di corda ). In mancanza di giurisprudenza precisa, ecco sette regole di riferimento.


1.


Si tortura l'accusato che vacilla nelle risposte, affermando ora una cosa, ora il contrario, ma sempre negando i capi d'accusa più importanti. Si presume in questo caso che l'accusato nasconda la verità e che, pungolato dagli interrogatori, si contraddica. Se negasse una volta, poi confessasse e si pentisse, non sarebbe considerato un “vacillante” ma come “eretico penitente” e verrebbe condannato.


2.


Sarà torturato il diffamato che abbia contro anche un solo testimone. Infatti la pubblica nomea più un testimone costituiscono insieme una mezza prova, cosa che non stupirà nessuno dal momento che una sola testimonianza vale già come un indizio. Si dirà testis unus, testis nullus? Ciò vale per la condanna, non per la presunzione. Una sola testimonianza a carico dunque basta. Tuttavia, ne convengo, la testimonianza di uno solo non avrebbe la stessa forza di un giudizio civile.


3.


Il diffamato contro il quale si è riusciti ad accumulare uno o più indizi gravi deve essere torturato. La diffamazione più gli indizi bastano. Per i preti, basta la diffamazione (tuttavia si torturano solo i preti infami). In questo caso le condizioni sono sufficientemente numerose.


4.


Sarà torturato colui contro il quale deporrà uno solo in materia di eresia e contro il quale si avranno inoltre indizi veementi o violenti.


5.


Colui contro il quale peseranno più indizi veementi o violenti verrà torturato, anche se non si dispone di alcun testimone a carico.


6.


A maggior ragione si torturerà colui il quale, simile al precedente, avrà in più contro di sé la deposizione di un testimone.


7.


Colui contro il quale si ha solo diffamazione o un solo testimone o un solo indizio non verrà torturato: una di queste condizioni, da sola, non basta a giustificare la tortura.


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MessaggioInviato: 22/08/2010, 14:19 
LE CROCIATE MEDIEVALI
(1096-1270)


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I) Col termine "crociate" s'intendono le spedizioni militari e coloniali che i feudatari europei occidentali, appoggiati dal clero cattolico (sia romano che franco-germanico) e con l'appoggio economico dei ceti borghesi e militare di masse diseredate (prevalentemente di estrazione rurale), condussero nei paesi del Mediterraneo orientale, nell'area degli slavi occidentali e dei popoli baltici. Le crociate, che erano propagandate dal clero come iniziative religiose (ad es. "liberare i Luoghi santi" di Gerusalemme dai mussulmani), iniziarono alla fine dell'XI sec. e proseguirono sino alla fine del XIII sec. Sono la prima esperienza di colonialismo cristiano, da parte della chiesa cattolico-romana.

II) Ad esse parteciparono:
1) i più grandi feudatari (re, duchi, conti, ecc.) che volevano ingrandire i propri possedimenti, aumentare le entrate e consolidare la propria influenza in Europa: questi nobili si sentivano minacciati dall'espandersi delle ricchezze degli emergenti ceti borghesi, che avevano dato vita alla rivoluzione comunale;
2) i piccoli feudatari (o cavalieri), che costituivano il nucleo meglio organizzato e preparato delle forze militari crociate. Il beneficio vitalizio, che l'imperatore concedeva ai vassalli maggiori, trasformandosi in fondo ereditario, cioè passando in proprietà dal padre al primogenito (maggiorasco), aveva determinato uno strato numeroso di cavalieri (cadetti) che non possedevano feudi e che finivano o con l'entrare nei monasteri facendo la carriera ecclesiastica o col darsi alla ventura, nel tentativo di procurarsi dei territori, asservendo i contadini ivi residenti;
3) i mercanti più ricchi di molte città (Venezia, Genova e Pisa soprattutto), che cercavano d'invadere i mercati del vicino Oriente, eliminando la concorrenza commerciale di Bisanzio e degli arabi;
4) la chiesa cattolica, che era la più grande proprietaria feudale, aveva come scopo quello di sottomettere la chiesa ortodossa, estendendo la propria giurisdizione nell'Europa orientale, e ovviamente quello di cacciare gli islamici dai territori mediorientali e africani: fu essa che si assunse il ruolo di promotrice ideologica delle crociate;
5) infine ingenti masse proletarie e affamate che cercavano di affrancarsi dalla servitù della gleba e dalla miseria.

III) Fu la notizia della caduta di Gerusalemme in mano turca (1070) a fornire il pretesto necessario per scatenare la "guerra santa" contro gli "infedeli". Verso la fine del sec. XI la Siria e la Palestina e quasi tutta l'Asia Minore erano cadute sotto i turchi Selgiuchidi, una popolazione di origine mongolica e di religione islamica, che determinerà la decadenza politica sia del mondo arabo che del mondo bizantino. Nel 1095, il pontefice Urbano II, rispondendo alla richiesta di aiuto dell'imperatore bizantino, minacciato dall'invasione turca, invitò tutto l'Occidente a intervenire militarmente. In particolare egli sospinse gli strati sociali più poveri a cercare in Oriente il loro riscatto. Ai partecipanti la chiesa prometteva la dilazione dal pagamento dei debiti, la remissione dei peccati con le indulgenze plenarie e altre cose ancora. Gli europei si lanciarono subito nell'impresa, convinti che la conquista dei paesi mediterranei orientali sarebbe stata facile, in quanto si sapeva che gli emirati turchi erano tra loro ostili. Inoltre si sapeva che l'impero bizantino era molto ricco.

IV) La prima crociata (1096) fu detta dei "pezzenti" perché composta da gente molto povera o contadina, proveniente soprattutto da Francia, Germania e Italia, che pensava di trovare in Oriente la liberazione dall'oppressione di feudatari e borghesi proprietari agricoli e nuove terre in cui insediarvisi. Vi erano anche donne e bambini. Essi erano disarmati, non avevano né provviste né denaro e lungo la via verso Costantinopoli si dedicavano al furto e all'elemosina, compiendo anche violenze a danno degli ebrei. La popolazione (ungara e magiara) dei paesi attraversati da questi crociati cercò di combatterli con ogni mezzo. Furono quasi tutti sterminati nel primo scontro con i turchi.

V) La prima vera crociata (sempre del '96) fu condotta da cavalieri ben armati ed equipaggiati. Essi conquistarono Edessa (dove fondarono il loro primo stato), Tripoli, Antiochia e Gerusalemme. I massacri fatti in queste due ultime città furono spaventosi. I bizantini si dissociarono ben presto dalle imprese dei crociati: sia perché questi, durante il loro transito, avevano saccheggiato anche delle città cristiane; sia perché l'idea di una "guerra santa", con tanto di vescovi, abati e monaci armati di tutto punto, era estranea alla loro mentalità; sia perché pochi crociati avevano intenzione di restituire all'imperatore i territori conquistati (in tal senso particolarmente odiata dai bizantini era l'armata normanna, che si insediò ad Antiochia).

VI) Nei territori conquistati, i crociati conservarono anzi accentuarono gli ordinamenti feudali esistenti: i contadini (arabi e siriani), già servi della gleba, dovevano pagare al proprietario delle loro terre una rendita che toccava il 50% del raccolto; quelli liberi vennero asserviti con la forza. Nelle città costiere dei loro stati il commercio era in mano ai mercanti genovesi, veneziani e marsigliesi, che avevano ottenuto il privilegio di poter costituire qui delle colonie. I crociati non furono in grado di apportare alcun elemento di novità nella vita economica dei paesi conquistati, semplicemente perché in quel periodo le forze produttive, la ricchezza materiale e culturale dell'Oriente era di molto superiore a quella occidentale. Essi si comportarono soltanto come ladri e oppressori: di qui la costante lotta con la popolazione locale, che all'oppressione feudale si era vista aggiungere quella straniera.

VII) Sul piano politico il sovrano dello stato latino aveva un potere limitato dall'assemblea dei più grandi feudatari. Gli stati erano divisi tra loro e sostanzialmente senza rapporti con quello bizantino. Sul piano religioso i sovrani cercavano di sostituire coi loro prelati il clero bizantino e arabo locale. Per la conquista di nuovi territori e la cristianizzazione forzata delle loro popolazioni furono istituiti gli Ordini cavallereschi (quello dei Templari, di origine francese, quello Teutonico, di origine tedesca e quello dei Giovanniti, di origine italiana). Erano una specie di ordini religiosi i cui membri, oltre ai voti monastici di castità-povertà-obbedienza, giuravano anche di difendere i Luoghi Santi contro gli infedeli. Dipendevano direttamente dal papa.

VIII) La seconda crociata fu causata dalla caduta di Edessa (1144). La chiesa cattolica riuscì a convincere il re di Francia e l'Imperatore germanico a muovere contro i turchi. Ma, logorati dall'ostilità dei bizantini, disgregati da discordie interne, decimati da privazioni ed epidemie, i crociati vengono sterminati dai turchi presso Damasco (1148).

IX) La terza crociata fu causata dalla caduta di Gerusalemme (1187) per opera del grande condottiero turco Saladino, che aveva già esteso la sua signoria sull'Egitto e sull'Arabia occidentale. A differenza dei crociati, il Saladino non effettuava stragi nelle città vinte ai cristiani: questi anzi avevano la possibilità di andarsene pagando un riscatto in oro (un uomo 10 denari, 5 la donna); chi non pagava era fatto schiavo. Sebbene alla crociata partecipassero i re d'Inghilterra e di Francia, nonché l'imperatore germanico, i suoi risultati furono irrilevanti (l'imperatore Federico Barbarossa addirittura vi morì). Troppe erano le discordie interne: i francesi e gli inglesi, tornati in patria, si combatteranno a vicenda per il possesso di alcuni territori in Francia. Gerusalemme, in sostanza, restava in mano turca, anche se i cristiani vi avevano libertà di accesso. Bisanzio si alleò ripetutamente coi turchi perché si era accorta che la presenza latina le causava più danni che vantaggi.

X) Alla fine del XII sec., papa Innocenzo III, grazie al quale la chiesa cattolica aveva raggiunto l'apice della sua potenza, bandì la quarta crociata (1202-1204), cercando di approfittare della morte del Saladino (1193). Alla crociata, diretta non solo verso l'oriente ortodosso e islamico, ma anche verso i paesi baltici, parteciparono i feudatari francesi, italiani e tedeschi (quest'ultimi furono i soli nel Baltico). Essi decisero di partire da Venezia per servirsi della sua flotta: l'intenzione era quella di conquistare Gerusalemme dopo aver occupato l'Egitto. Ma Venezia, che aveva buoni rapporti commerciali con l'Egitto, riuscì a dirigerli con l'inganno contro la rivale Bisanzio. I crociati, infatti, che non avevano denaro sufficiente per pagare il viaggio, accolsero la proposta di prestare aiuto ai veneziani per la conquista della città di Zama, appartenente al re cattolico d'Ungheria. Indignato, Innocenzo III scomunicò i crociati, ma subito dopo concesse il perdono nella speranza che muovessero contro i turchi. Ma durante l'assedio di Zara venne al campo crociato il figlio dell'imperatore di Costantinopoli per annunciare che il proprio padre era stato cacciato dal fratello e che se l'avessero aiutato a ritornare sul trono avrebbero ottenuto grandi somme e la riunione delle due chiese cristiane. I crociati così si diressero verso Costantinopoli, ma qui incontrarono la resistenza della cittadinanza, che non ne voleva sapere dei latini. L'imperatore deposto venne rimesso sul trono senza spargimento di sangue, poiché il fratello usurpatore era fuggito dalla città. Ma i crociati pretesero che accanto all'imperatore fosse nominato con lo stesso titolo anche il figlio, il quale naturalmente aveva intenzione di mantener fede agli impegni contratti a Zara. Tuttavia, il tesoro della capitale era vuoto, il patriarca e il popolo si rifiutavano di riconoscere il papa come capo della chiesa universale e non avevano alcuna intenzione di pagare i debiti dell'imperatore, né di concedere privilegi ai crociati e ai veneziani. Per queste ragioni la popolazione insorse uccidendo sia l'imperatore che il figlio.

XI) Allora i crociati decisero di vendicarsi: irruppero nella città e per tre giorni la saccheggiarono orrendamente, proclamando l'Impero latino d'Oriente e dimenticandosi della spedizione contro Gerusalemme. A capo della chiesa bizantina fu posto un nuovo patriarca, che cercò di avvicinare la popolazione locale, greca e slava, al cattolicesimo. Il papato, ufficialmente, condannò il massacro, ma quando vide che l'imperatore eletto e il patriarca gli riconoscevano piena supremazia su tutta la chiesa cristiana d'Oriente e d'Occidente, decise di accettare il fatto compiuto. Tuttavia, più ancora che il papato o i feudatari, fu Venezia a trarre i maggiori profitti dalla conquista dell'impero bizantino, del cui territorio essa aveva occupato i 3/8: in particolare, i mercanti veneziani riuscirono ad ottenere per le loro merci l'esenzione dai dazi in tutti i paesi dell'Impero.

XII) L'impero latino crollò nel 1261, sotto l'urto dei bulgari, albanesi e bizantini, aiutati dai genovesi, che temevano la presenza veneziana nei Balcani. Bisanzio sopravvivrà per altri 200 anni, ma non tornerà più al suo antico splendore.

XIII) La quinta, la sesta, la settima e l'ottava crociata non ebbero molta importanza: i crociati subirono altre sconfitte o, nel migliore dei casi, scendevano a patti coi turchi prima ancora di dare battaglia; e questo nonostante che i mongoli si fossero alleati con loro contro turchi e arabi. Il fatto è che dopo la quarta crociata non v'era quasi più nessuno in Occidente disposto a partecipare a spedizioni lontane e pericolose, per cui quando i crociati si trovavano in difficoltà non ottenevano mai gli aiuti e i rinforzi richiesti.

XIV) Nei secoli XII-XIII in Europa si ebbe un notevole aumento della produzione, la tecnica agricola si era perfezionata, le città si erano sviluppate: questo può spiegare perché vennero meno le cause che avevano indotto vari ceti della società occidentale a partecipare alle crociate. I mercanti, ad es., si accontentarono dei risultati delle prime quattro crociate, che avevano assicurato l'eliminazione della funzione mediatrice esercitata dall'impero bizantino tra est e ovest. Dal canto loro, i cavalieri ebbero la possibilità di entrare nelle truppe mercenarie dei re nazionali dell'Occidente, l'importanza dei quali andava crescendo. Molti altri cavalieri vennero utilizzati dalla chiesa cattolica per colonizzare nuovi territori nel Baltico, al fine di sottomettere gli slavi e tutta la Russia a Roma, ma l'impresa riuscirà solo in parte.


Bilancio delle crociate:

1) Il risultato di maggior rilievo fu la conquista delle vie commerciali mediterranee, che prima erano controllate da Bisanzio e dai paesi arabi, i quali entrarono in una profonda decadenza economica.
2) Le città dell'Italia settentrionale (Venezia, Genova e Pisa) assunsero un ruolo dominante nel commercio con l'Oriente.
3) Si introdussero in Europa occidentale nuove industrie e manifatture (seta, vetri, specchi...) e nuove colture agricole (riso, limoni, canna da zucchero...). Compaiono i mulini a vento, sul tipo di quelli siriani.
4) La classe dei feudatari vede aggravarsi la propria crisi, sia perché ha impiegato molte risorse ottenendo scarsi vantaggi, sia perché si è rafforzata una nuova classe, la borghesia, ad essa ostile.
5) Le classi popolari, sacrificatesi senza ottenere alcuna contropartita, si orienteranno verso forme di protesta socio-religiosa (le eresie), ispirate all'uguaglianza evangelica.
6) I crociati distrussero le ultime tracce di fratellanza tra cattolici e ortodossi; saccheggiando Costantinopoli, aprirono le porte agli invasori turchi. La mobilitazione ideologica nella guerra santa segnò il trionfo dello spirito d'intolleranza e di fanatismo. La chiesa infatti accentuerà sempre più i fattori autoritari e dogmatici, legati al suo ruolo di guida suprema della cristianità europea.


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MessaggioInviato: 22/08/2010, 14:46 
In riferimento alle torture invito chiunque si trovi a visitare la Toscana (San Gimignano) e se non erro anche a San Marino di fare un salto al "Museo della Tortura", vi si accapponera' la pelle, ma ne vale la pena per comprendere dove la mente umana possa arrivare......

L'ho visitato e devo dire che la sensazione che si prova a vedere certi "macchinari" di tortura, è indescrivibile.....un misto tra incredulita',paura,sgomento e rabbia......
Tutto in nome di dio......



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 15:52 
Vittime della fede cristiana



Atrocità delle Chiese nel XX secolo

Campi di annientamento cattolici. È sorprendente come pochi sappiano che in Europa, negli anni della seconda Guerra Mondiale, non c’erano solamente i campi di concentramento nazisti. In Croazia, negli 1942-43, vi erano numerosi campi di sterminio, organizzati dai cattolici ustascia agli ordini del dittatore Ante Pavelic, un cattolico praticante ricevuto regolarmente dall’allora papa Pio XII. Vi erano persino campi di concentramento speciali per bambini! Nei campi croati venivano soppressi soprattutto serbi cristiano-ortodossi, ma anche un cospicuo numero di ebrei. Il più famigerato era il lager di Jasenovac; il suo comandante fu per un certo tempo un certo Miroslav Filipovic, un frate francescano temuto con l’appellativo di "Brüder Tod" (Sorella Morte). Qui, al pari dei nazisti, gli ustascia cattolici bruciavano le loro vittime nei forni, ma vivi, diversamente dai nazisti che prima avevano almeno ucciso le prede col gas. In Croazia, però, la maggior parte delle vittime veniva semplicemente soppressa, impiccata o fucilata. Il loro numero complessivo è stimato fra i trecentomila e i 600.000; e questo in un paese relativamente piccolo. Molti uccisori erano monaci francescani, armati allora con mitragliatrici. Queste nefandezze perpetrate dai Croati era talmente spaventose, che persino alcuni ufficiali della sicurezza delle SS tedesche, in qualità di osservatori degli avvenimenti croati, protestarono direttamente con Hitler (il che lasciò peraltro indifferente il dittatore). Il papa però fu ben informato di queste atrocità, e non fece nulla per impedirle.


Terrore cattolico in Vietnam

Nel 1954 i combattenti per la libertà del Vietnam, i cosiddetti Viet Min, liquidarono finalmente il governo coloniale francese nel Nord Vietnam, che fino ad allora era stato finanziato con più di due miliardi di dollari dagli USA. Sebbene i vincitori proclamassero libertà religiosa per tutti (la maggioranza dei Vietnamiti non buddhisti era cattolica) vaste campagne di propaganda anticomunista spinsero masse di cattolici a fuggire nel sud del paese. Col sostegno della lobby cattolica a Washington, e con l’appoggio del cardinale Spellmann, portavoce del Vaticano nella politica americana - il quale avrebbe in seguito definitio le truppe americane in Vietnam come «truppe di Cristo» - venne progettato un colpo di Stato per impedire elezioni democratiche nel Sud del Vietnam. Da tali elezioni, probabilmente, anche nel Sud sarebbero usciti vincitori i Viet Min comunisti. Di contro, si elesse alla presidenza del Vietnam meridionale il fanatico cattolico Ngo Dinh Diem .Diem fece in modo che gli aiuti dagli USA, viveri e medicinali, risorse tecniche e d’ogni specie andassero a beneficio dei soli cattolici. I buddhisti, o i villaggi a maggioranza buddhista, vennero ignorati, oppure dovettero pagare per gli aiuti che i cattolici ottenevano invece gratuitamente. Di fatto, l’unica religione ufficialmente riconosciuta era quella romano-cattolica.l’isteria anticomunista si scatenò in Vietnam in modo ancor più brutale che nella sua versione americana negli USA, la famosa "caccia alle streghe" dell’era di McCarthy.
Nel 1956, il presidente Diem emise un decreto in cui si diceva:
«Individui che minacciano la difesa nazionale o la sicurezza collettiva possono essere internati dalle autorità in campi di concentramento»
Per contrastare il comunismo, come usava dire, vennero così posti in "custodia cautelativa" migliaia di dimostranti e di monaci buddhisti. Per protesta, dozzine di monaci e di maestri buddhisti si diedero fuoco pubblicamente.[Nota bene: qui i buddisti davano fuoco a essi medesimi, laddove i cristiani hanno piuttosto la tendenza a incenerire il loro prossimo; su questo, vedasi anche l’ultimo capoverso].
Nel frattempo, diversi campi di prigionia, in cui da tempo ormai languivano anche cristiani protestanti e persino cattolici - si erano organizzati in autentici campi di sterminio. Si stima che in questo periodo di terrore (dal 1955 al 1960) restassero ferite nei disordini almeno 24.000 persone, che fossero giustiziati circa 80.000 oppositori; 275.000 furono le persone incarcerate e torturate, mentre circa mezzo milione vennero ristrette in campi di concentramento o di prigionia .Per appoggiare un tale governo, inoltre, nel corso degli anni Sessanta, migliaia di soldati americani dovettero lasciare la loro vita.


Virus catholicus

Il primo luglio 1976 morì la 23enne studentessa tedesca di pedagogia Anneliese Michel, lasciandosi morire, nel senso letterale del termine, per fame. Da mesi essa era stata colpita da visioni e apparizioni demoniache; non solo, ma per lunghi mesi due sacerdoti cattolici - con l’autorizzazione ufficiale del vescovo di Würzburg - avevano tormentato la povera ragazza con esorcismi e presunte pratiche antidiaboliche. Quando morì nell’ospedale di Klingenberg, il suo corpo era tutto solcato da cruente ferite. I suoi genitori, entrambi fanatici cattolici, vennero condannati a sei mesi di carcere per omissione di soccorso, specialmente per non aver chiamato alcun medico. Ma neanche un religioso venne indagato e punito per questo. Al contrario! La tomba della sventurata Anneliese Michel è fatto oggetto di pellegrinaggi da parte di fedeli cattolici (ricordiamo che nel Seicento la città di Würzburg era malfamata per le numerosissime esecuzioni di streghe sul rogo). Questo caso non è che la punta dell’iceberg di tale diffusa e pericolosa superstizione e si é risaputo solo in conseguenza del suo tragico esito...


Massacri in Rwanda

Anno 1994: nel giro di pochi mesi, nel piccolo Stato africano del Rwanda, vengono massacrate diverse centinaia di migliaia di civili. In apparenza, si trattava d’un conflitto tra i gruppi etnici degli Hutu e dei Tutsi (Watussi). Per parecchio tempo, si udirono soltanto delle voci su un coinvolgimento del clero cattolico. Negli organi di stampa cattolici furono pubblicate strane smentite; e questo prima che qualcuno avesse accusato ufficialmente di complicità dei componenti della chiesa cattolica. Senonché, il 10 ottobre 1996, l’emittente radio S2 - tutt’altro che critica nei riguardi del cristianesimo - reca nel notiziario S2 Aktuell delle ore 12 la seguente notizia:
«Sacerdoti e suore anglicani, ma soprattutto cattolici, sono gravemente accusati di aver preso parte attiva all’assassinio di indigeni. In particolare, il comportamento di un religioso cattolico ha tenuto desto per mesi l’interesse della pubblica opinione, non solo nella capitale ruandese Kigali. Era parroco nella chiesa della Sacra Famiglia, ed è accusato di aver ucciso dei Tutsi nei modi più atroci. Sono rimaste incontestate deposizione di testimoni secondo cui il religioso, col revolver alla cintola, fiancheggiava bande saccheggiatrici di Hutu. Nella sua parrocchia, in effetti, era avvenuta una sanguinosa strage di Tutsi che avevano cercato scampo in quel tempio. Perfino oggi, due anni dopo, vi sono molti cattolici a Kigali che, per la complicità a loro avviso dimostrata da una parte dei sacerdoti, non mettono più piede nelle chiese della città. Quasi non v’è chiesa nel Rwanda in cui fuggitivi e profughi - donne, bambini, vecchi - non siano stati brutalmente picchiati e massacrati al cospetto della croce. Vi sono testimonianze in base alle quali i religiosi hanno rivelato i nascondigli dei Tutsi, lasciandoli in balìa delle milizie Hutu armate di machete.Nel frattempo, si son date prove schiaccianti del fatto che, durante il genocidio in Rwanda, anche monache cattoliche si sono macchiate di gravi colpe. In questo contesto, si fa costante menzione di due benedettine, rifugiatesi intanto in un monastero belga per sottrarsi al corso della giustizia ruandese. Secondo testimonianze concordi di superstiti, una aveva chiamato i sicari Hutu, introducendoli da migliaia di Tutsi che avevano cercato rifugio nel suo convento. Con la forza, i morituri erano stati cacciati dal chiostro e tosto soppressi in presenza della suora. Anche la seconda benedettina aveva collaborato direttamente con le bande assassine delle milizie Hutu; anche di questa suora testimoni oculari affermano che avesse assistito freddamente, senza reagire in alcun modo, a come i nemici venivano macellati. Alle due donne si contesta addirittura (in base a precise testimonianze) di aver fornito ai killer il petrolio con cui le vittime vennero bruciate vive»


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Le atrocità della Bibbia



Antico Testamento

Genesi, 34:13 – Sichem si unì carnalmente – in un atto prematrimoniale – a Dina, figlia di Giacobbe, destando la collera degli altri suoi figli. L’unione previa circoncisione era considerata da Giacobbe un disonore e, per questo, a Sichem, a suo padre Camor, e ad ogni maschio della città fu richiesta la circoncisione, che avrebbe reso ogni uomo idoneo all’unione con le altre sue figlie. Tre giorni dopo, mentre gli uomini ancora pativano i dolori dell’operazione, “due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi.” – “Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono.” – “I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata” – “presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi.” – “Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case.“

Genesi, capitoli 6 e 7 – Malcontento della malvagità dell’uomo, Dio sterminò ogni creatura del pianeta risparmiando soltanto la famiglia di Noè. Uomini, donne, bambini ed animali morirono annegati in una impensabile agonia.

Genesi, 19:6 – Una sera, Lot ospitò due angeli nella sua casa a Sodoma. Quella stessa sera la casa di Lot fu assalita da una folla di delinquenti omosessuali in cerca di esperienze carnali con gli angeli. Lot cedette volontariamente le sue figlie vergini alla folla, esortandola: “Vi prego, fratelli miei, non fate questo male!” – “Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombra del mio tetto”.

Genesi, 19:26 – Dio, impassibile davanti alla proposta di stupro delle figlie vergini di Lot, trasformò sua moglie in una statua di sale per aver commesso il nefando crimine di essersi guardata le spalle.

Genesi, 38: 8-10 – Giuda pregò Onan di dormire con la moglie di suo fratello – ucciso da Dio per la sua malvagità – incoraggiandolo: “Va’ dalla moglie di tuo fratello, prenditela in moglie come cognato e suscita una discendenza a tuo fratello.” Onan ottemperò, “ma ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello.” Dio ritenne questo un gesto malvagio e lo punì con la morte.

Esodo, 2:12 – Mosè scorse un egiziano che picchiava un ebreo. Si guardò intorno e, non trovandovi testimoni, “uccise l’Egiziano e lo nascose nella sabbia.“

Esodo, 7:2-4 – Dio “indurì” il cuore del faraone e pianificò i suoi “prodigi nel paese d’Egitto.“

Esodo, 7:20-21 – Dio trasformò l’acqua del Nilo in sangue. Tutti i pesci morirono e l’acqua divenne imbevibile.

Esodo, 8: 6-7 – Dio inviò una piaga di rane che “coprirono il paese d’Egitto.“

Esodo, 8:16 – Dio inviò una piaga di zanzare.

Esodo, 8:24 – Dio inviò una piaga di mosche velenose. “La terra fu devastata.“

Esodo, 9:5 – Dio, con l’ennesima epidemia, sterminò tutto il bestiame d’Egitto; “ma del bestiame dei figli d’Israele non morì neppure un capo.“

Esodo, 9:10 – Dio inviò una piaga di “ulceri che si trasformarono in pustole sulle persone e sugli animali.“

Esodo, 9:22-25 – Dio inviò una piaga di grandine che colpì uomini e animali, e che spogliò i campi.

Esodo, 12: 29 – Dio uccise il primogenito di ogni famiglia egiziana la cui casa non fosse stata contrassegnata da sangue d’agnello.

Esodo, 17:13 – Il bastone di Dio, retto dalle mani di Mosè sulla vetta del colle, permise a Giosuè di sterminare Amalec e la sua gente “passandoli a fil di spada“.

Esodo, 21:20-21 – Per la legge di Dio “se uno bastona il suo schiavo o la sua schiava fino a farli morire sotto i colpi, il padrone deve essere punito” – “ma se sopravvivono un giorno o due, non sarà punito, perché sono denaro suo.” – Dio approvava la schiavitù.

Esodo, 32:27 – Alla vista del vitello d’oro, Dio comandò ai figli di Levi: “Ognuno di voi si metta la spada al fianco; percorrete l’accampamento da una porta all’altra di esso, e ciascuno uccida il fratello, ciascuno l’amico, ciascuno il vicino.” – “In quel giorno caddero circa tremila uomini” e Dio ne fu compiaciuto.

Levitico, 26:7-8 – Dio ricompensò l’obbedienza assicurando che ogni nemico sarebbe perito per la spada.

Levitico, 26:22 – Dio ammonì la popolazione che, qualora non lo avessero ascoltato, avrebbe inviato loro le bestie feroci: “che vi rapiranno i figli, stermineranno il vostro bestiame, vi ridurranno a un piccolo numero, e le vostre strade diventeranno deserte.“

Levitico, 26:27-29 – “E se, nonostante tutto questo, non volete darmi ascolto, ma con la vostra condotta mi resisterete” – “anch’io vi resisterò con furore e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati.” – “Mangerete la carne dei vostri figli e delle vostre figlie.“

Numeri, 12:9-14 – Dio si stufò della presenza di Maria e, per questo, la colpì con la lebbra, bandendola dall’accampamento per sette giorni.

Numeri, 15:32-26 – Un uomo raccolse della legna di sabato. Per ordine divino dato a Mosè, “tutta la comunità lo condusse fuori dal campo e lo lapidò, e quello morì.“

Numeri, 16:27-33 – Gli uomini si dimostrarono indocili, perciò Dio fece sì che la terra si aprisse ed inghiottisse uomini, donne e bambini.

Numeri, 16:35 – Il fuoco di Dio “divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso.“

Numeri, 16:49 – Con una piaga, Dio sterminò quattordicimilasettecento uomini.

Numeri, 21:3 – Il Signore affidò i Cananei ad Israele, che “votò allo sterminio i Cananei e le loro città.“

Numeri, 21:6 – Il Signore “mandò tra il popolo dei serpenti velenosi i quali mordevano la gente, e gran numero d’Israeliti morirono.“

Numeri, 21:35 – Con l’approvazione di Dio gli Israeliti si recarono nella città di Og, ne uccisero il re Basan – senza risparmiare i figli – sterminarono l’esercito senza lasciare superstiti, e assunsero il controllo del territorio.

Numeri, 25:4 – “Il Signore disse a Mosè: Prendi tutti i capi del popolo e falli impiccare davanti al Signore, alla luce del sole, affinché l’ardente ira del Signore sia allontanata da Israele.“

Numeri, 25:8 – Fineas, figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, si recò in una tenda occupata da un uomo israelita ed una donna madianita e “li trafisse tutti e due, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre.“

Numeri, 25:9 – Una pestilenza divina sterminò ventiquattromila persone.

Numeri, 31:9 – Su comando divino gli israeliti sequestrarono le donne ed i bambini madianiti, e “presero tutte le spoglie e tutta la preda.“

Numeri, 31:17-18 – Dio ordinò a Mosè di uccidere ogni maschio madianita tra i bambini, e “ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo” – “ma tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini, lasciatele in vita per voi.” – Nota: sarebbe interessante scoprire l’astuzia con cui i soldati riconoscevano le donne vergini.

Numeri, 31:31-40 – Dio spartì il bottino di guerra tra i soldati, i sacerdoti e gli israeliti senza tralasciare il tributo al Signore: “seicentosettantacinquemila pecore, settantaduemila buoi, sessantunmila asini e trentaduemila persone, ossia donne che non avevano avuto rapporti sessuali con uomini.“

Deuteronomio, 2:33-34 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini di Sicon. – “Non vi lasciammo nessuno in vita.“

Deuteronomio, 3:6 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini di Og. Saccheggiarono il bestiame ed i possedimenti.

Deuteronomio, 7:2 – Dio parlò ad ogni uomo d’Israele e, riguardo i nemici, proclamò: “Tu li voterai allo sterminio; non farai alleanza con loro e non farai loro grazia.”

Deuteronomio, 20:13-14 – Dio stabilì le regole della guerra ordinando il massacro di tutti gli uomini. Tralasciò le donne, i bambini, il bestiame ed i possedimenti che potevano essere tenuti come preda.

Deuteronomio, 20:16 – “Nelle città di questi popoli che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità, non conserverai in vita nulla che respiri.”

Deuteronomio, 21:10-13 – Secondo la legge di Dio, se un uomo israelita, durante una guerra, avesse avvistato una donna attraente, avrebbe potuto catturarla e tenerla per moglie. La donna, quindi, avrebbe dovuto radersi il capo, tagliarsi le unghie e togliersi i vestiti che indossava al momento della cattura. Avrebbe dovuto piangere suo padre e sua madre per un mese intero. E qualora il soldato non fosse rimasto soddisfatto, avrebbe potuto lasciarla andare “dove vorrà.“

Deuteronomio, 28:53 – La punizione di Dio per i disobbedienti prevedeva che questi mangiassero “il frutto del proprio seno, le carni dei propri figli e delle proprie figlie.“

Giosuè, 6:21-27 – Sotto la direzione di Dio Giosuè distrusse l’intera città di Gerico con la punta della spada; uomini, donne e bambini inclusi. Tenne l’argento, l’oro, il bronzo ed il ferro per Dio e, infine, diede fuoco alla città.

Giosuè, 7:19-26 – Acan rubò “un mantello di Scinear, duecento sicli d’argento e una sbarra d’oro del peso di cinquanta sicli.” – Giosuè e gli israeliti portarono Acan, il bottino, i suoi figli, le sue figlie, il bestiame, gli asini, le mule e tutti i suoi possedimenti sulla valle di Acor, dove li lapidarono e bruciarono vivi.

Giosuè, 8:22-25 – Dio appoggiò Giosuè nel combattere e sterminare dodicimila uomini e donne nella città di Ai. Nessuno sopravvisse.

Giosuè, 10:10-27 – Dio aiutò Giosuè nel massacro dei Gabaoniti.

Giosuè, 10:28 – Con l’approvazione di Dio, Giosuè passò la città di Machedda ed il suo re “a fil di spada” – “Li votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano; non ne lasciò scampare una.“

Giosuè, 10:30 – Dio mise la città di Libna nelle mani di Giosuè. “Giosuè la mise a fil di spada con tutte le persone che vi si trovavano; non ne lasciò scampare una.“

Giosuè, 10:32-33 – Dio diede la sua approvazione affinché Giosuè uccidesse ogni uomo, donna e bambino della città di Lachis. Con la spada.

Giosuè, 10:34-35 – Tutti gli abitanti della città di Eglon furono falciati dalle spade di Giosuè e della sua armata.

Giosuè, 10:36-37 – Dio lasciò che Giosuè uccidesse il re di Ebron ed il suo villaggio con ogni suo abitante. – “Non ne lasciò sfuggire una, esattamente come aveva fatto a Eglon; la votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano.“

Giosuè, 10:38-39 – “Poi Giosuè con tutto Israele tornò verso Debir, e l’attaccò.” – Morirono tutti.

Giosuè, 11:6 – Dio ordinò a Giosuè di sconfiggere il nemico presso le acque di Merom. “Tu taglierai i garretti ai loro cavalli e darai fuoco ai loro carri.“

Giosuè, 11:8-15 – L’esercito di Giosuè, sotto il comando di Dio, sterminò il nemico “senza lasciarne scampare nessuno.“

Giosuè, 11:20 – “Infatti il Signore faceva sì che il loro cuore si ostinasse a dar battaglia a Israele, perché Israele li votasse allo sterminio senza che ci fosse pietà per loro, e li distruggesse come il Signore aveva comandato a Mosè.“

Giudici, 1:4 – Il Signore mise nelle mani di Giuda i Cananei e i Ferezei. Diecimila vittime.

Giudici, 1:6 – Adoni-Bezec – dei Cananiti – si diede alla fuga, ma l’esercito di Giuda lo raggiunse e “gli tagliarono i pollici e gli alluci.“

Giudici, 1:8 – Dio approvò l’attacco di Giuda alla città di Gerusalemme. L’esercito di Giuda mise la città a ferro e fuoco.

Giudici, 1:17 – “Poi Giuda partì con Simeone suo fratello, e sconfissero i Cananei che abitavano in Sefat; distrussero interamente la città.“

Giudici, 3:29 – Il signore mise i moabiti nelle mani degli israeliti. “In quel tempo sconfissero circa diecimila Moabiti, tutti robusti e valorosi; non ne scampò neppure uno.“

Giudici, 4:21 – Iael, con un martello, piantò un piuolo nella testa di Sisera, “tanto che esso penetrò in terra.“

Giudici, 7:19-25 – Sotto la guida del Signore la gente di Gedeone sconfisse i madianiti. Uccise e decapitò il loro principe e ne consegnò la testa a Gedeone.

Giudici, 8:15-21 – Gedeone castigò gli uomini di Succot con rovi e spine del deserto. Quindi “abbatté la torre di Penuel e uccise la gente della città.“

Giudici, 9:5 – Abimelec assassinò i suoi fratelli.

Giudici, 9:45 – Abimelec e i suoi seguaci uccisero tutti gli uomini della città. Poi li cosparsero di sale.

Giudici, 9:53-54 – Abimelec riposava tranquillo nella città di Tebes quando “una donna gettò giù un pezzo di macina sulla testa di Abimelec e gli spezzò il cranio.” – “Egli chiamò subito il giovane che gli portava le armi, e gli disse: «Estrai la spada e uccidimi, affinché non si dica: “Lo ha ammazzato una donna!”» Il suo servo allora lo trafisse ed egli morì.“

Giudici, 11:29-39 – Iefte sacrificò sull’altare del Signore la sua amata figliuola per ringraziarlo di avergli concesso la vittoria in battaglia.

Giudici, 15:15 – Sansone uccise mille uomini con “una mascella d’asino ancora fresca.“

Giudici, 16:27-30 – Dio concesse a Sansone la forza per buttare giù le colonne del tempio ed uccidere tremila persone.

Giudici, 18:27 – I daniti giunsero a Lais, “da un popolo che se ne stava tranquillo e senza timori; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.“

Giudici, 19:22-29 – Un viaggiatore di Betlemme, la sua compagna ed un servo erano ospiti nella dimora di un anziano signore a Ghibea quando “gente perversa” circondò l’abitazione chiedendo di “abusare” dell’ospite maschio. L’anziano padrone di casa offrì agli assalitori la sua figlia vergine e la compagna del suo ospite, implorandoli: “Ecco qua mia figlia che è vergine, e la concubina di quell’uomo; io ve le condurrò fuori e voi abusatene e fatene quel che vi piacerà; ma non commettete contro quell’uomo una simile infamia!” – La signora subì uno stupro e morì. Il viaggiatore caricò il corpo senza vita della donna su un asino, tornò a casa, “si munì di un coltello, prese la sua concubina e la divise, membro per membro, in dodici pezzi, che mandò per tutto il territorio d’Israele.“

Giudici, 20:43-48 – Gli israeliti uccisero venticinquemila uomini. Seicento fuggirono nel deserto. Gli israeliti li raggiunsero e “li passarono a fil di spada, dagli abitanti delle città al bestiame, a tutto quello che si trovava; e diedero alle fiamme tutte le città che trovarono.“

Giudici, 21:10-12 – La comunità uccise ogni uomo e ogni donna non vergine di Iabes in Galaad. Trovarono quattrocento vergini da portare con sé.

1 Samuele, 4:10 – I filistei uccisero trentamila soldati israeliti.

1 Samuele, 5:6-9 – Come punizione per aver rubato l’Arca dell’Alleanza, “il Signore colpì gli uomini della città, piccoli e grandi, e un flagello d’emorroidi scoppiò in mezzo a loro.“

1 Samuele, 6:19 – “Il Signore colpì gli abitanti di Bet-Semes, perché avevano guardato dentro l’arca del Signore; colpì settanta uomini fra i cinquantamila del popolo.“

1 Samuele, 7:7-11 – Il Signore aiutò gli uomini di Samuele ad uccidere i filistei, che li inseguirono “e li batterono fin sotto Bet-Car.“

1 Samuele, 11:11 – Sotto la benedizione di Dio, Saul ed il suo esercito massacrarono gli Ammoniti “finché il giorno si fece caldo.“

1 Samuele, 14:31 – Giònata e i suoi uomini sconfissero i filistei, “si gettarono sulla preda e presero pecore, buoi e vitelli e li macellarono e li mangiarono con il sangue.“

1 Samuele, 15:7-8 – Dio ordina a Saul: “Va’ dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini.“

1 Samuele, 15:33 – “Samuele trafisse Agag davanti al Signore in Gàlgala.“

1 Samuele, 18:27 – Davide ed i suoi uomini uccisero duecento filistei, prelevando “i loro prepuzi“, che Davide “contò davanti al re per diventare genero del re. Saul gli diede in moglie la figlia Mikal.“

1 Samuele, 30:17 – Davide lasciò in vita solo quattrocento filistei, che riuscirono a fuggire.

2 Samuele, 2:23 – Abner colpì Asaèl “con la punta della lancia al basso ventre, così che la lancia gli uscì di dietro ed egli cadde sul posto.“

2 Samuele, 3:30 – Ioab e Abisai vendicarono la morte di Asaèl uccidendo Abner.

2 Samuele, 4:7-8 – Is-Bàal riposava indisturbato nel suo letto quando Recàb e Baanà entrarono nella stanza. “Lo colpirono, l’uccisero e gli tagliarono la testa; poi, portando via la testa di lui, presero la via dell’Araba, camminando tutta la notte.” – Davide non sopportava che un uomo innocente fosse stato ucciso.

2 Samuele, 4:12 – Davide punì Recàb e Baanà uccidendoli, tagliando loro le mani e i piedi ed appendendoli presso la piscina di Ebron.

2 Samuele, 6:6-7 – Il bue che trasportava l’Arca cadde a terra sfinito, e Uzzà accorse per rimetterlo in piedi. “L’ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l’arca di Dio.“

2 Samuele, 6:22-23 – Davide subì le beffe di Mikal per essersi “scoperto davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe un uomo da nulla.” – Così Dio punì Mikal, figlia di Saul, che “non ebbe figli fino al giorno della sua morte.” – Si noti la contraddizione con 2 Samuele 21:8, dove è narrato che Mikal ebbe cinque figli.

2 Samuele, 8:1-18 – Le imprese di Davide compresero l’uccisione di due terzi dei soldati Moabiti, l’azzoppamento di seimilanovecento cavalli, lo sterminio di ventiduemila siriani e di diciottomila edomiti. Il verso 6 recita: “Il Signore rendeva vittorioso Davide dovunque egli andava.“

2 Samuele, 10:18 – Davide uccise settecento pariglie di cavalli e quarantamila Aramei.

2 Samuele, 11:14-27 – Davide desiderò ardentemente la moglie di Uria, quindi lo fece uccidere in battaglia perché potesse avere Betsabea tutta per sé.

2 Samuele, 12:1 – “Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore.” – Per punirlo il Signore uccise il suo bambino.

2 Samuele, 13:1-15 – Il figlio di Davide – e di Betsabea – Amnòn si innamorò di sua sorella Tamàr, vergine. Tamàr protestò i corteggiamenti del fratello, ma – verso 14 – “egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò unendosi a lei.“

2 Samuele, 13:28-29 – Il fratello di Tamàr, Absalom, ordinò ai suoi uomini di rendere ebbro Amnòn per poi ucciderlo e vendicare lo stupro di sua sorella.

2 Samuele, 18:6-7 – L’armata di Davide sterminò ventimila uomini nella foresta di Efraim.

2 Samuele, 18:15 – Ioab “prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.” – “Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono.“

2 Samuele, 20:10-12 – Ioab conficcò un pugnale nello stomaco di Amasà, rovesciandone l’intestino per terra. Amasà morì nel bel mezzo della strada rotolandosi nel suo stesso sangue.

2 Samuele, 24:15 – Dio mandò una pestilenza sulla città di Israele per punire Davide del suo peccato. Morirono settantamila innocenti.

1 Re, 2:24-25 – Solomone uccise Adonia.

1 Re, 2:29-34 – Solomone uccise Ioab.

1 Re, 13-15-24 – Un profeta mentì ad un uomo, convincendolo a bere acqua e mangiare pane in un posto in cui il Signore aveva precedentemente proibito lui di farlo. L’uomo, rassicurato, mangiò e bevve in quel posto. Dio mandò un leone a punirlo, “il suo cadavere rimase steso sulla strada.“

1 Re, 20:29-30 – Gli israeliti si batterono contro i siriani. L’ammontare di vittime per ogni singolo giorno fu di centomila. Sulle restanti ventisettemila crollò un muro di pietra.

2 Re, 1:10-12 – Elia richiamò un fuoco dal cielo, invocando l’aiuto di Dio, e cinquanta uomini furono consumati dalle fiamme.

2 Re, 2:23-24 – Eliseo camminava per strada quando quarantadue bambini si presero gioco della sua calvizie. “Egli si voltò, li guardò e li maledisse nel nome del Signore. Allora uscirono dalla foresta due orse, che sbranarono quarantadue di quei fanciulli.“

2 Re, 5:27 – Eliseo maledice Ghecazi e i suoi discendenti, per sempre, con la lebbra. “Egli si allontanò da Eliseo, bianco come la neve per la lebbra.“

2 Re, 6:18-19 – Il nemico si incamminò verso Eliseo ed egli, rivolgendosi al Signore, supplicò: “Oh, colpisci questa gente di cecità!. E il Signore li colpì di cecità secondo la parola di Eliseo.” – “Disse loro Eliseo: Non è questa la strada e non è questa la città. Seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate. Egli li condusse in Samaria.” – “Quando giunsero in Samaria, Eliseo disse: Signore, apri i loro occhi; essi vedano!. Il Signore aprì i loro occhi ed essi videro. Erano in mezzo a Samaria!“

2 Re, 6:29 – Una donna si lamentò di patire la fame davanti al re di Israele. Era triste perché aveva accettato di cucinare e mangiare suo figlio.

2 Re, 9:24 – Ieu tradì Ioram, poi lo uccise colpendolo con arco e freccia nel mezzo delle spalle. “La freccia gli attraversò il cuore.“

2 Re, 9:27 – Ieu ordinò ai suoi uomini di inseguire ed uccidere Acazia, re di Giuda.

2 Re, 9:30-37 – Ieu fece uccidere Gezebele. “Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo, poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re.” – “Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani.” – “Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: Si è avverata così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele.” – “E il cadavere di Gezabele nella campagna sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele.“

2 Re, 10:7 – Ieu ordinò che i settanta figli di Acab venissero decapitati. “Quindi posero le loro teste in panieri e le mandarono da lui.“

2 Re, 10:14 – Ieu ordinò la morte della famiglia di Acab, settantadue persone in totale.

2 Re, 10:17 – Secondo il racconto di Dio Ieu si recò a Samaria e sterminò “tutti i superstiti della casa di Acab fino ad annientarla, secondo la parola che il Signore aveva comunicata a Elia.“

2 Re, 10:19-27 – Ieu intrappolò gli adoratori di Baal nel tempio, poi disse alle guardie: “Entrate, uccideteli. Nessuno scappi.“

2 Re, 11:1 – Atalia distrusse la famiglia reale.

2 Re, 14:5 – Amazia fece giustiziare gli ufficiali che uccisero suo padre.

2 Re, 14:3-5 – Dio si arrabbiò con Amazia, anche se egli aveva fatto ciò che era giusto agli occhi del Signore. Le alte cariche non erano ancora state eliminate, e Dio era geloso dei loro sacrifici sull’altare. Così, Egli punì Azaria con la lebbra.

2 Re, 15:16 – Menachem attaccò la città di Tifsach, distruggendola, e “fece sventrare tutte le donne incinte.“

2 Re, 19:35 – Un angelo del signore sterminò centottantacinque uomini nei campi assiri.

2 Cronache, 13:17 – Dio diede il controllo degli israeliti ad Abia e Giuda. Cinquecentomila nemici morirono.

2 Cronache, 21:4 – “Ioram prese in possesso il regno di suo padre e quando si fu rafforzato, uccise di spada tutti i suoi fratelli e, con loro, anche alcuni ufficiali di Israele.“

Isaia, 13:15 – Isaia vide una profezia sulle sorti di Babilonia. “Quanti saranno trovati, saranno trafitti, quanti saranno presi, periranno di spada. I loro piccoli saranno sfracellati davanti ai loro occhi; saranno saccheggiate le loro case, disonorate le loro mogli.“

Isaia, 13:18 – “Con i loro archi abbatteranno i giovani, non avranno pietà dei piccoli appena nati, i loro occhi non avranno pietà dei bambini.“

Isaia, 14:21-23 – “Preparate il massacro dei suoi figli a causa dell’iniquità del loro padre e non sorgano più a conquistare la terra e a riempire il mondo di rovine. Io insorgerò contro di loro – parola del Signore degli eserciti -, sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe – oracolo del Signore -. Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione – oracolo del Signore degli eserciti -.“

Isaia, 49:26 – La punizione di Dio contro coloro che attaccano Israele: “Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto.“

Geremia, 16:4 – La parola del Signore a proposito dei bambini nati in questa terra: “Moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma saranno come letame sulla terra. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto degli uccelli dell’aria e delle bestie della terra.“

Esdra, 6:12-13 – Il decreto del re Dario stabilì che, qualora qualcuno avesse cambiato il suo editto, “si tolga una trave dalla sua casa, la si rizzi ed egli vi sia impiccato. Poi la sua casa sia ridotta a letamaio.“

Ezechiele, 20:26 – Israele insorse, e la punizione di Dio fu sobria. “Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore.“

Ezechiele, 23:34 – Dio predispose che le prostitute bevessero una coppa di sdegno e si lacerassero i seni.

Ezechiele, 23:45-47 – Dio punì l’adulterio: “Si farà venire contro di loro una folla ed esse saranno abbandonate alle malversazioni e al saccheggio. La folla le lapiderà e le farà a pezzi con le spade; ne ucciderà i figli e le figlie e darà alle fiamme le case. Eliminerò così un’infamia dalla terra e tutte le donne impareranno a non commettere infamie simili.“

Osea, 13:16 – In seguito alla ribellione di Israele: “si alzerà dal deserto il soffio del Signore e farà inaridire le sue sorgenti, farà seccare le sue fonti, distruggerà il tesoro di tutti i vasi preziosi.“


Nuovo Testamento

Matteo, 5:17 – “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.” – Gesù appoggia gli omicidi di massa, gli stupri, le schiavitù, le torture e gli incesti descritti nel Vecchio Testamento.

Matteo, 8:12 – Gesù avverte delle torture eterne dell’inferno: “i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti.“

Matteo, 10:35-36 – Gesù motiva la sua venuta: “Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua.“

Matteo, 11:21-24 – Le opere di Gesù non impressionarono le città di Corazid, Betsaida e Capernaum. Gesù disse: “Guai a te!” e le destinò ad una sorte peggiore di quella toccata a Sodoma.

Matteo, 8:21 – Un uomo decise che, prima di seguire Gesù nella sua impresa, avrebbe seppellito suo padre appena deceduto. Gesù rispose: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti.“

Marco, 4:10 – Nella parabola del seminatore Gesù spiegò ai suoi discepoli che era solito utilizzare parabole al fine di accrescere la loro confusione, “affinché non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati.“

Marco, 7:10 – Secondo la legge dell’Antico Testamento ogni bambino che avesse dimostrato odio nei confronti dei genitori sarebbe stato condannato a morte.

Luca, 8:32-33 – Gesù trasferì dei demoni dal corpo di un uomo nudo ad un branco di porci, “e quel branco si gettò a precipizio giù nel lago e affogò.” – Gli abitanti supplicarono Gesù di abbandonare la città.

Luca, 12:47 – Gesù avvertì che un servo di Dio che non avesse rispettato la volontà del suo Padrone avrebbe ricevuto “molte percosse.“

Luca, 19:26 – Nella parabola delle dieci mine il padrone – Dio – disse di quelli che avessero deciso di non seguirlo: “conduceteli qui e uccideteli in mia presenza.“

Giovanni, 6:53-66 – Gesù invitò i suoi discepoli a mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Malgrado il tono metaforico molti discepoli non condivisero l’idea e decisero di abbandonarlo.

Atti, 5:1-9 – Anania mentì sull’ammontare ricavato dalla vendita della sua proprietà per tenere per sé parte di quella somma. Dio uccise lui e sua moglie.

Romani, 1:26-27 – Paolo dice che lesbiche ed omosessuali meritano la morte.

Lettera agli efesini, 1:4-5 – Malgrado le istruzioni elargite da Gesù sul come riconoscerlo come salvatore, Egli dice che Dio ha già “predestinato” coloro i quali saranno salvati secondo la Sua volontà.

Ebrei, 12:20 – Dio predispose che ogni animale accampato sul monte Sion venisse lapidato.

1 Pietro, 1:20 – Dopo il fallimento dell’esperimento di Dio nel giardino dell’Eden, la catastrofe di Noè e la soluzione finale del sacrificio di Cristo, scopriamo che Gesù fu predestinato alla morte fin dal principio. Fu tutto “già designato prima della creazione del mondo.“

Apocalisse, 6:8 – Alla fine dei tempi, Dio autorizzerà la Morte a falciare il 25% della popolazione terrestre "con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra".


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MessaggioInviato: 22/08/2010, 16:37 
Apocalisse, 6:8 – Alla fine dei tempi, Dio autorizzerà la Morte a falciare il 25% della popolazione terrestre "con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra".


Ho paura che quest'ultima parte sia gia' in atto, molti si sentono di essere la "MORTE" in persona......


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MessaggioInviato: 23/08/2010, 01:22 
Forum,

Bel lavoro Cagliari79 [:264]

Quoto l'apertura di questo thread.




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MessaggioInviato: 23/08/2010, 07:17 
Cita:
ArTisAll ha scritto:

Forum,

Bel lavoro Cagliari79 [:264]

Quoto l'apertura di questo thread.




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è il namasté, il saluto indiano. [:D]
Grazie per il complimento, provvederò quanto prima ad "ampliare" le info di questo topic



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MessaggioInviato: 23/08/2010, 09:18 
GIOVANNA D’ARCO


Giovanna d'Arco, la figlia più piccola di una famiglia di contadini del villaggio di Domrémy, in Francia, nacque nel 1412, in un periodo in cui la nazione era sotto la dominazione inglese a seguito della sanguinosa Guerra dei Cent'anni. Inoltre, la regione era stravolta da una guerra civile che vedeva gli Armagnacchi, partigiani del re, schierati con gli inglesi contro i Borgognoni. Uno dei fattori decisivi di questo conflitto interno era rappresentato dal controllo della città di Orléans, situata in posizione strategica sulla riva della Loira. Una sola cosa avrebbe potuto salvare la Francia e farle superare il suo periodo più oscuro... un miracolo.

Alla morte dei re Enrico V di Inghilterra e Carlo VI di Francia, avvenute entrambe nel 1422, gli inglesi proclamarono Enrico VI, allora ancora bambino, re di Inghilterra e di Francia. L'erede legittimo al trono francese, Carlo VII, si rifiutò di abdicare ribadendo i suoi diritti di successione al trono, ma non potè far celebrare la sua incoronazione secondo il rito ufficiale che avrebbe dovuto tenersi nella città di Reims, allora sotto il dominio inglese.

Nel frattempo, nel villaggio di Domrémy, la tredicenne Giovanna d'Arco trascorreva la sua adolescenza in preghiera. La giovinetta non solo era solita confessarsi più volte al giorno, ma spesso udiva "voci" celesti e aveva strane e sorprendenti visioni.

Ella stessa racconta:
La voce mi disse che dovevo lasciare il mio paese per recarmi in Francia. E aggiunse che avrei posto in assedio la città di Orléans. Mi ordinò di recarmi a Vaucouleurs, da Robert de Baudricourt, capitano della città, che avrebbe affidato alcuni uomini al mio comando. Risposi di essere una semplice ragazza che non sapeva andare a cavallo e ignorava come si conduce una guerra.

Sin dall'inizio le fu comunicata la sua missione: era stata scelta da Dio per salvare la Francia e aiutare il Delfino Carlo VII, erede legittimo al trono. Per portare a compimento quanto le era stato comandato avrebbe dovuto indossare abiti maschili, brandire le armi e condurre un esercito.

Un giorno, al suo ritorno dai giochi nei campi, Giovanna scopre che gli inglesi hanno invaso il suo villaggio. Nascosta in una credenza, assiste alla morte della sorella diciottenne, violentata e uccisa da alcuni soldati inglesi. In seguito a questo tragico evento, Giovanna viene mandata a vivere dagli zii in un villaggio vicino. Può sembrare alquanto improbabile che questa giovane ragazza innocente, che non era mai andata a scuola e non sapeva né leggere né scrivere, avrebbe un giorno condotto l'esercito francese alla vittoria sulla grande potenza inglese. Eppure nel maggio del 1428, Giovanna, eliminato ogni dubbio sulla sua chiamata divina in aiuto del re, scende in campo.

Dopo aver lasciato per sempre l'unica casa che avesse mai conosciuto, Giovanna si reca a Chinon per incontrare il Delfino. In un primo momento, il re e i suoi sudditi non sanno cosa pensare delle parole di Giovanna. Informato sulle presunte "visioni" della ragazza, ma nutrendo al tempo stesso dei sospetti sulle sue intenzioni, Carlo incarica il suo migliore arciere, Jean D'Aulon, di prendere il suo posto. Arrivata al castello, Giovanna si accorge dello scambio e lo rivela apertamente, suscitando lo stupore del re che le concede un colloquio privato.

Queste le sue parole a Carlo:
Vi porto notizie dal nostro Dio. Il Signore vi renderà il vostro regno, voi sarete incoronato a Reims e scaccerete i nostri nemici. In questo sono la messaggera di Dio: concedetemi la possibilità e io organizzerò l'assedio della città di Orléans.

Persuaso a credere alle parole di Giovanna, Carlo la mette a capo di un esercito con il quale raggiungere la vittoria sugli inglesi e assicurare la città di Reims per l'incoronazione. Nonostante siano molti a ritenere che la ragazza sia, nella migliore delle ipotesi, un'isterica innocua e, nella peggiore, una vera e propria minaccia non solo al trono, ma alla stessa vita del re, tutti percepiscono in lei un'aurea magica e un'irresistibile capacità di persuasione.

Giovanna si presenta sul campo di battaglia con indosso un'armatura bianca e con un proprio vessillo. L'apparizione impressiona profondamente entrambi gli eserciti, non abituati a vedere una donna impegnata nei combattimenti. Schierata nelle trincee al fianco dei suoi uomini, la Pulzella d'Orléans conduce alla vittoria i francesi, rinvigoriti e ispirati dal loro nuovo comandante. Ma la battaglia non è ancora finita: Giovanna, determinata a sferrare un altro attacco, raduna nuovamente le truppe per liberare per sempre la città di Orléans dalla dominazione inglese. Nonostante il valore con cui viene condotto l'attacco, gli uomini del suo esercito, già esausti, perdono ogni speranza quando la ragazza viene colpita in pieno petto da una freccia. 1 francesi si ritirano e si prendono cura della giovane donna ferita.

Gli eserciti di Francia continuano a trionfare sugli inglesi, sempre più indeboliti, ma, ben presto, alla vista della carneficina causata dai numerosi scontri, Giovanna inizia a provare un profondo rimorso. Sopraffatta dall'entità del massacro, la Pulzella contatta gli inglesi proponendo loro di ritirarsi. Un estratto della lettera inviata da Giovanna al re d'Inghilterra nel 1429 ce la mostra come una paladina della fede:

Sovrano d'Inghilterra, rendete conto delle vostre azioni al Re dei Cieli che vi ha conferito il vostro sangue reale. Restituite le chiavi di tutte quelle care città che avete strappato alla Pulzella. Ella è stata inviata dal Signore per reclamare il sangue reale ed è pronta alla pace se le darete soddisfazione rendendo giustizia e restituendo quanto avete preso.
Sovrano d'Inghilterra, se non agirete in siffatta maniera, io mi porrò a capo dell'esercito e, ovunque sul territorio di Francia trovi i vostri uomini, li costringerò a lasciare il paese, anche contro la loro stessa volontà. Se non dovessero obbedire a questo ordine, allora la Pulzella comanderà che vengano uccisi. Ella è inviata dal Signore dei Cieli per scacciarvi dalla Francia e promette solennemente che se non lascerete la Francia, ella, al comando delle truppe, solleverà un clamore quale non si è mai udito in questo paese da mille e mille anni. E confidate che il Re dei Cieli le ha conferito un potere tale da rendervi incapaci di nuocere a lei o al suo coraggioso esercito.

Come per miracolo l'esercito inglese si ritira. Si tratta di una vittoria sorprendente che consente l'incoronazione di Carlo a Reims.

Una volta incoronato, Carlo VII sembra pienamente soddisfatto. Non altrettanto Giovanna, che decide di continuare a combattere. Le sue truppe, ridottesi ormai da varie migliaia a poche centinaia di uomini, sono stanche e affamate. Aulon la informa che non soltanto Carlo ha abbandonato l'intenzione di fare una guerra, ma sta ordendo dei piani per tradirla. Rinnovando la sua fede in Dio, la giovane si sente obbligata a continuare a combattere con determinazione fino a quando le "voci" non le ordinino altrimenti.

Contro ogni parere, la Pulzella fa volta verso Compiègne dove ha luogo una battaglia durante la quale viene fatta prigioniera dai Borgognoni, un gruppo di mercenari che sostengono gli inglesi. Venduta al suo nemico, Giovanna si risveglia in una cella insieme alla sua Coscienza, che le appare nelle vesti di un misterioso uomo incappucciato. L'uomo incrina la volontà ferrea della giovane e le pone delle domande che la spingono a mettere in dubbio la veridicità delle sue visioni.

Abbandonata da tutti, Giovanna viene accusata di eresia e di stregoneria. Ha quindi inizio il processo per dimostrare che è una strega. Più e più volte le vengono poste domande sulle sue visioni e sulla sua fede nella Chiesa Cattolica. Fra una seduta e l'altra, la giovane conferisce con la Coscienza, che critica la sua fiducia in lui e la sua ingenuità.

Giovanna ne è devastata e comincia a perdere le speranze.

Sul finire del maggio del 1430, impegnata in operazioni belliche presso Compiegne, dove si resisteva al duca di Borgogna, fu catturata dal Bastardo di Wandomme, luogotenente di Jean de Luxembourg, che era vassallo fedele del duca di Borbogna. Carlo VII non fece nulla per liberarla e così la Pulzella, abbandonata, fu trasferita per sei mesi in diverse prigioni, prima di essere venduta agli Inglesi e processata come eretica a Rouen da giudici - inquisitori legati al partito anglo - borgognone-, con lo scopo di colpire irrimediabilmente la credibilità e la rispettabilità di Carlo VII. Gli sforzi compiuti dagli avversari per dimostrare, mediante le procedure dell'Inquisizione, che Giovanna era una strega che si serviva di poteri diabolici, testimoniano della profonda incidenza della sua missione.

Poco prima che il processo si concluda, viene chiesto alla Pulzella di rinunciare ai suoi intenti passati e di giurare di non indossare più armi o abiti maschili, pena la morte sul rogo. Giovanna acconsente e viene condannata alla prigione a vita. All'ultimo momento, però, la giovane donna si rifiuta di sottomettersi al giudizio di una corte inglese. La sua decisione fa di lei un'eretica impenitente e la destina a morte certa.


Il supplizio

Il 30 maggio 1431 entrarono nella cella di Giovanna due frati domenicani, Jean Toutmouillé e Martin Ladvenu; quest'ultimo la ascoltò in confessione e le comunicò quale sorte era stata decretata per lei quel giorno; nella sua ultima lamentazione, la Pulzella, vedendo entrare il vescovo Cauchon esclamò: "Vescovo, muoio per causa vostra". In seguito, quando questi si fu allontanato, Giovanna chiese di ricevere l'eucaristia. Fra Martin Ladvenu non seppe che cosa risponderle, poiché non era possibile ad un eretico comunicarsi e chiese allo stesso Cauchon come dovesse comportarsi; sorprendentemente, ed in violazione, ancora una volta, di ogni norma ecclesiastica, questi rispose di somministrarle l'eucaristia.
Giovanna fu condotta nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen e fu data lettura della sentenza ecclesiastica. Successivamente, senza che il balivo o il suo luogotenente prendessero in custodia la prigioniera, fu abbandonata nelle mani del boia, Geoffroy Thérage, e condotta dove il legno era già pronto, di fronte a una folla numerosa riunitasi per l'occasione.
Vestita di un lungo abito bianco e scortata da circa duecento soldati, salì sino al palo di dove fu incatenata, sopra una gran quantità di legna. In tal modo, non c'era possibilità per il boia di abbreviare il supplizio della condannata, facendole perdere i sensi per l'impossibilità di respirare e facendo poi bruciare il corpo già morto.

La condannata sarebbe dovuta ardere viva.

Giovanna, caduta in ginocchio, invocava Dio, la Vergine, l'Arcangelo Michele, Santa Caterina e Santa Margherita; domandava ed offriva perdono a tutti. Chiese una croce ed un soldato inglese, impietosito, prese due rami secchi e li legò a formarne una, che la ragazza strinse al petto; Isambart de La Pierre corse a prendere la croce astile della chiesa e gliela pose dinanzi; infine, i soldati strattonarono il boia e gli ordinarono: "fa' ciò che devi". Il fuoco salì veloce e Giovanna chiese dapprima dell'acqua benedetta, poi, investita dalle fiamme, nel dolore atroce, gridò a gran voce: "Gesù!"

Così morì Giovanna la Pulzella, a soli diciannove anni.

Nel 1456 il Pontefice Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarò la nullità di tale processo. Beatificata nel 1909 e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, Giovanna venne dichiarata patrona di Francia.



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Giordano Bruno


Giordano Bruno nacque a Nola, presso Napoli, nel 1548, da una famiglia di modeste condizioni. Il padre Giovanni era un militare di professione e la madre Fraulissa Savolino apparteneva ad una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Gli fu imposto il nome di battesimo di Filippo. Compì i primi studi nella città natale, da lui molto amata e spesso ricordata anche nei lavori più tardi, ma nel 1562 si trasferì a Napoli dove frequentò gli studi superiori e seguì lezioni private e pubbliche di dialettica, logica e mnemotecnica presso l’Università. Nel giugno 1565 decise di intraprendere la carriera ecclesiastica ed entrò, col nome di Giordano, nell’ordine domenicano dei predicatori nel convento di S. Domenico Maggiore. Si fa rilevare come l’età di 17 anni sia da considerare piuttosto elevata, nel contesto, per decisioni del genere.
Nel convento cominciò subito a manifestarsi il contrasto tra la sua personalità inquieta, dotata di viva intelligenza e voglia di conoscere e la necessità di sottostare alle rigorose regole di un ordine religioso: dopo circa un anno era già accusato di disprezzare il culto di Maria e dei Santi e corse il rischio di essere sottoposto a provvedimento disciplinare. Percorse peraltro rapidamente i vari gradi della carriera: suddiacono nel 1570, diacono nel 1571, sacerdote nel 1572 (celebrò la sua prima messa nella chiesa del convento di S. Bartolomeo in Campagna ), dottore in teologia nel 1575. Ma contemporaneamente allo studio serio e profondo dell’opera di S. Tommaso non rinunciò a leggere scritti di Erasmo da Rotterdam, rigorosamente proibiti e la cui scoperta causò l’apertura di un processo locale a suo carico, nel corso del quale emersero anche accuse di dubbi circa il dogma trinitario. Era il 1576 e l’Inquisizione aveva ormai da tempo dato clamorosi esempi di rigore e di efficienza per cui il B., temendo per la gravità delle accuse, fuggì da Napoli abbandonando l’abito ecclesiastico.

Ebbe così inizio la serie incredibile delle sue peregrinazioni, durante le quali si mantenne impartendo lezioni in varie discipline (geometria, astronomia, mnemotecnica, filosofia, etc.).Nell’arco di due anni (1577-1578) soggiornò a Noli, a Savona, a Torino, a Venezia e a Padova dove, su suggerimento di alcuni fratelli domenicani e pur in mancanza di una formale reintegrazione nell’ordine, rivestì l’abito. Dopo brevi soste a Bergamo e a Brescia, alla fine del 1578 si diresse verso Lione ma, giunto presso il convento domenicano di Chambery, fu sconsigliato di fermarsi in quella città di confine con i paesi riformati e soggetta a particolari controlli, per cui decise di recarsi nella non lontana Ginevra, la capitale del calvinismo.

Qui venne accolto da Gian Galeazzo Caracciolo marchese di Vico, esule dall’Italia e fondatore della locale comunità evangelica italiana. Deposto di nuovo l’abito e dopo una esperienza di "correttore di prime stampe" presso una tipografia, il B. aderì formalmente al calvinismo e fu immatricolato come docente nella locale università (maggio 1579). Già nell’agosto però, avendo pubblicato un libretto in cui stigmatizzava il titolare della cattedra di filosofia evidenziando ben venti errori nei quali costui sarebbe incorso in una sola lezione, fu accusato di diffamazione e quindi arrestato, processato e convinto a pentirsi sotto pena di scomunica. Il B. ammise la sua colpevolezza ma dovette lasciare Ginevra, non senza conservare in sé un forte risentimento.
Quasi per reazione si recò allora a Tolosa, in quegli anni baluardo dell’ortodossia cattolica nella Francia meridionale, dove cercò, senza ottenerla, l’assoluzione presso un confessore gesuita, ma poté comunque ottenere un posto di lettore di filosofia nella locale università e per due anni circa commentò il "De anima" di Aristotele.
Nel 1581 lasciò anche Tolosa, dove si profilava una recrudescenza delle lotte religiose tra cattolici e ugonotti e si recò a Parigi dove tenne, in qualità di "lettore straordinario" (quelli "ordinari" erano tenuti a frequentare la messa, cosa a lui interdetta come apostata e scomunicato) un corso in trenta lezioni sugli attributi divini in Tommaso d'Aquino.

La notizia del successo del corso pervenne al re Enrico III al quale B. dedicò subito dopo (1582) il suo "De umbris idearum" con l’annessa "Ars memoriae" ottenendo la nomina a "lettore straordinario e provvisionato". L’appartenenza al gruppo dei "lecteurs royaux" gli consentiva una certa autonomia anche nei confronti della Sorbona, della quale non mancò di criticare il conformismo aristotelico. E’ questo un periodo di grande fecondità nella produzione filosofica e letteraria del B., che pubblica in breve successione il "Cantus circaeus", il "De compendiosa architectura et complemento artis Lullii" e "Il Candelaio".

Con il favore del re divenne "gentilomo" (ma ben presto apprezzato amico) dell’ambasciatore di Francia in Inghilterra Michel de Castelnau, che raggiunse a Londra nell'aprile del 1583, e grazie al quale frequentò la corte della "diva" Elisabetta. Continuò qui a pubblicare opere importanti: "Ars reminiscendi", "Explicatio triginta sigillorum" e "Sigillus sigillorum" in unico volume e subito dopo la "Cena delle ceneri", il "De la causa, principio et uno", il "De infinito, universo et mondi" e lo "Spaccio della bestia trionfante". Nell’anno seguente, sempre a Londra, diede alle stampe "La cabala del cavallo pegaseo" e il "Degli eroici furori".

Quest'ultima opera, al pari dello Spaccio, è dedicata a sir Philip Sidney, nipote di Robert Dudley conte di Leicester. Alcuni di questi testi risentono di polemiche con l’Università di Oxford e con una parte dell’aristocrazia inglese. Venuto a contatto con la famosa università oxoniana, sospinto dall’irruenza del suo carattere, durante un dibattito mise in difficoltà, senza troppi riguardi, uno stimato docente: John Underhill, e restò così inviso a una parte dei suoi colleghi che non mancarono di manifestare in seguito la loro animosità. Ottenuto infatti, dopo alcuni mesi, l’incarico di tenere una serie di conferenze in latino sulla cosmologia, nelle quali difese tra l'altro le teorie di Niccolò Copernico sul movimento della terra, fu accusato di aver plagiato alcune opere di Marsilio Ficino e costretto a interrompere le lezioni. Ma al di là dei risentimenti personali, confliggevano con la temperie culturale e religiosa inglese del tempo alcune idee di fondo del B., quali appunto la sua cosmologia ed il suo antiaristotelismo. L’episodio del giorno delle ceneri del 1584 (14 febbraio) è significativo: il B. era stato invitato dal nobile inglese Sir Fulke Greville ad esporre le sue idee sull’universo.

Due dottori di Oxford presenti, anziché opporre argomento ad argomento, provocarono un acceso diverbio ed usarono espressioni che il B. ritenne offensive tanto da indurlo a licenziarsi dall’ospite. Da questo fatto nacque "La cena delle ceneri" che contiene acute e non sempre diplomatiche osservazioni sulla realtà inglese contemporanea, attenuate poi, anche per la reazione di alcuni che si sentivano ingiustamente coinvolti in tali giudizi, nel successivo "De la causa, principio et uno". Nei due dialoghi italiani, Bruno contrasta la cosmologia geocentrica di stampo aristotelico-tolemaico, ma supera anche le concezioni di Copernico, integrandole con la speculazione del "divino Cusano". Sulla scia della filosofia cusaniana, infatti, il Nolano immagina un cosmo animato, infinito, immutabile, all'interno del quale si agitano infiniti mondi simili al nostro.

Tornato in Francia a seguito del rientro del Castelnau, il B. si occupò di una recente scoperta di Fabrizio Mordente, il compasso differenziale, per presentare la quale scrisse - su invito dell’inventore - una prefazione in latino nella cui stesura prevalevano talmente le applicazioni che il B. faceva dello strumento per avvalorare le sue tesi filosofiche sul limite fisico della divisibilità, da oscurare o ridurre a un fatto "meccanico" l’invenzione. Offeso, il Mordente si affrettò a comprare tute le copie disponibili e le distrusse. Bruno rinfocolò la polemica pubblicando un dialogo dal titolo e dal tono sarcastico "Idiota triumphans seu de Mordentio inter geometras deo" che indirettamente rese più difficile la sua permanenza a Parigi, essendo il Mordente un cattolico ligio alla fazione del duca di Guisa, che di li a poco avrebbe raggiunto il massimo della sua parabola ascendente, mentre il B. ribadiva la sua fedeltà ad Enrico III. Reazioni negative suscitarono di li a poco a Cambrai le tesi fortemente antiaristoteliche contenute nell’opuscolo "Centum et viginti articuli de natura ed mundo adversos peripateticos" discusse a nome del maestro dal suo discepolo J. Hennequin. L’intervento critico di un giovane avvocato che B. sapeva appartenere alla sua stessa parte politica, convinsero il filosofo nolano che la permanenza a Parigi non era ulteriormente possibile. Di nuovo ramingo per l’Europa, il B. approda nel giugno 1586 a Wittemberg, in Germania, dove insegna per due anni nella locale università come "doctor italus", al termine dei quali si congeda (anche per il prevalere in città della parte calvinista) con una "Oratio valedictoria" con la quale ringrazia l’università per averlo accolto senza pregiudizi religiosi.

L’orazione contiene anche un caloroso elogio di Lutero per il suo coraggio nell’opporsi allo strapotere della Chiesa di Roma che ha grande valore come difesa della libertà religiosa ma non rinnega i convincimenti critici del B. circa la dottrina luterana rilevabili in altre opere (specialmente "Cabala" e "Spaccio"). Gli "eroici furori" sembravano al B. incompatibili con la paolina teologia della croce. Dopo un breve soggiorno nella Praga di Rodolfo II, cui dedicò gli "Articuli adversos mathematicos", alla fine del 1588 si reca a Helmstedt dove, per poter insegnare nella locale "Accademia Iulia" aderisce al luteranesimo.

Ma i problemi di fondo rimangono: dopo nemmeno un anno è scomunicato dal locale pastore Gilbert Voet per motivi non ben chiariti e che il B. sostiene fossero di natura privata. E’ in questa città comunque che vennero pubblicate gran parte delle opere c.d. "magiche": "De magia , De magia mathematica", "Theses de magia", ecc. Il 2 giugno 1590 il B. giunge a Francoforte dove chiede ma non ottiene il permesso di soggiorno e rimane precariamente ospitato in un convento di carmelitani.

Pubblicati tre poemi latini (De triplice minimo, De monade, De innumerabilis) e dopo alcuni mesi di permanenza a Zurigo dove tiene lezioni di filosofia, torna a Francoforte dove nella primavera del 1591 viene raggiunto da due lettere del nobile veneziano Giovanni Mocenigo che lo invitano a Venezia per insegnargli l’arte della memoria. I motivi per i quali B. si decise ad accettare l’invito, con tutti i rischi connessi ad un rientro in Italia, sono tuttora dibattuti tra gli studiosi. Probabilmente a ragione, Michele Ciliberto è convinto che convergessero in questa scelta una pluralità di cause. Scomunicato dalle chiese riformate non meno che dalla cattolica, in rotta con gli ambienti puritani e con la fazione allora dominante in Francia, era isolato e indesiderato a livello europeo. Aveva fiducia nella tradizionale autonomia della Repubblica veneta (dove di fatto sopravvivevano circoli aristocratici orientati in senso "liberale") rispetto al Papa, ed aspirava alla cattedra di matematica dell’università di Padova, allora vacante, che sarà poi di Galileo Galilei. A queste considerazioni, peraltro, il Ciliberto ne aggiunge un’altra, direttamente connessa con gli ultimi raggiungimenti della filosofia del nolano: una sorta di forte autocoscienza, di vocazione in senso riformatore, quasi si sentisse un "Mercurio mandato dagli dei" per diradare le tenebre del presente. Una cosa, rileva ancora Ciliberto, B. non aveva previsto: "che razza di uomo fosse il Mocenigo" (Giordano Bruno, cit. pagg. 259 sgg.).
Comunque sia, a fine marzo 1592 l’inquieto pellegrino giunge in casa Mocenigo a Venezia. Dopo alcuni mesi il patrizio veneziano, forse insoddisfatto nella sua aspettativa di mirabolanti tecniche magico-mnemoniche, forse anche indispettito per il carattere indipendente del B. che mal si adattava alla condizione di "famiglio", specialmente di una persona così insipiente (egli si apprestava tra l’altro ad andare a Francoforte per far stampare libri e continuava a sperare in una cattedra a Padova), contravvenendo alle più elementari regole dell’ospitalità, rinchiuse B. nelle sue stanze e lo denunciò alla locale Inquisizione asserendo di averlo sentito profferire bestemmie e frasi eretiche. Dopo un paio di mesi peraltro il processo, subito iniziato, si presentava in modo abbastanza favorevole al B., che si era difeso sostenendo di aver formulato ipotesi filosofiche e non teologiche e che per quanto riguardava le cose di fede si rimetteva pienamente alla dottrina della Chiesa chiedendo perdono per qualche frase sconsiderata che potesse aver pronunciato.

Ebbe inoltre attestazioni favorevoli o per lo meno non ostili da parte di diversi testimoni del patriziato veneto. Quando tutto faceva sperare in una prossima assoluzione, giunse improvvisamente da Roma la richiesta del trasferimento del processo al tribunale centrale del S. Uffizio. La prima risposta del senato, geloso custode dell’autonomia della Serenissima, fu negativa, ma dietro le insistenze vaticane, nella considerazione che l’inquisito non era cittadino veneziano e che il suo processo era iniziato prima del suo arrivo nella città lagunare (ci si riferiva ai fatti del 1575) giunse alla fine il nulla-osta e nel febbraio 1593 il gran peregrinare del B. terminò in una cella del nuovo palazzo del S. Uffizio, fatto costruire da Pio V nei pressi di Porta Cavalleggeri.
Del processo, che si protrasse per ben sei anni e durante il quale per una volta almeno si ricorse con ogni probabilità alla tortura, ci rimane una "sommario", ritrovato stranamente nell’archivio personale di Pio IX e pubblicato da A. Mercati nel 1942. Si tratta quasi certamente di una sintesi compilata ad uso dei giudici, per consentire loro una visione d’insieme che non era facile avere nella gran congerie dei documenti originali.
Un fondamentale studio di questo estratto è contenuto nel libro di L. Firpo "Il processo di Giordano Bruno", Napoli, 1949, al quale si rinvia per i particolari drammatici e significativi dell’intricato procedimento che, oltre a fornire numerosi dati sulla vita del B., mostra il progressivo sgretolamento della sua tesi difensiva della separatezza tra il piano filosofico (sul quale, soltanto, lui asseriva di aver speculato) e quello teologico, che non gli interessava.
Decisivo al riguardo fu l'ingresso nel tribunale nel 1597 del teologo gesuita Roberto Bellarmino, chiamato ad esaminare gli atti processuali e soprattutto le opere a stampa per enuclearne il contenuto eterodosso.
Quando il nolano, che pure durante il processo aveva cercato di dissimulare, attenuare e talvolta anche accettato di ripudiare talune sue posizioni in più aperto conflitto con la dottrina cattolica si trovò di fronte alla necessità - per salvarsi - di rifiutare in blocco le sue idee, giudicate radicalmente incompatibili con l’ortodossia cristiana, si irrigidì in un fermo e sprezzante rifiuto e fu la fine.

Il 20 gennaio 1600 Clemente VIII, considerando ormai provate le accuse e rifiutando la richiesta di ulteriore tortura avanzata dai cardinali, ordinò che l’imputato, "eretico impenitente", pertinace , ostinato", fosse consegnato al braccio secolare. Ciò significava, nonostante la presenza nella sentenza della solita ipocrita formula che invocava la clemenza del Governatore, la morte per rogo. L’8 febbraio la sentenza fu letta nella casa del Cardinal Madruzzo e fu allora che il B., come riferisce un attendibile testimone oculare (lo Schopp) rivolto ai giudici pronunciò la famosa frase "Forse avete più paura voi che emanate questa sentenza che io che la ricevo" (trad. dal latino). Il successivo giovedi 17 febbraio 1600 - anno santo - venne condotto a Campo de’ Fiori con la lingua in giova" cioè con una mordacchia che gli impediva di parlare e qui, spogliato nudo e legato a un palo venne bruciato vivo ostentatamente distogliendo lo sguardo da un crocefisso, del quale stava condividendo la sorte ma che gli volevano far apparire come carnefice. Aveva messo in pratica e purtroppo sperimentato sulla sua pelle una considerazione di molti anni prima e cioè che "dove importa l’onore, l’utilità pubblica, la dignità e perfezione del proprio essere, la cura delle divine leggi e naturali, ivi non ti smuovi per terrori che minacciano morte" (Dialoghi Ital. a cura di G. Gentile Firenze 1985 pp. 698-99). Nel sommario del processo ci sono tramandati i capi d’accusa (24) ma non quelli ritenuti provati nella sentenza, che peraltro ci sono così riferiti dallo Schopp, a memoria:

1. avere opinioni contrarie alla fede cattolica
2. avere opinioni eretiche sulla Trinità, la divinità e l'incarnazione di Cristo
3. avere opinioni eretiche su Cristo
4. avere opinioni eretiche sull'eucaristia e la messa
5. credere nell'esistenza e nell'eternità di più mondi
6. credere nella metempsicosi
7. praticare la divinazione e la magia
8. non credere nella verginità di Maria
9. essere lussurioso
10. vivere al modo degli eretici protestanti


Di tali errori il quarto risulta manifestamente infondato essendo lo "Spaccio" piuttosto antiluterano che antipapista; le volgari invettive contro Cristo, i profeti e gli apostoli dei nn. 13 e 14 sono evidentemente echi di sfoghi contingenti di una persona esasperata. Dove il contrasto con l’Istituzione appare insanabile è piuttosto con il nucleo centrale della dottrina del B., adombrato nei punti 5, 6 e 8. Non è qui il caso di approfondire il sistema filosofico del nolano, ma il solo pensare che la terra, da centro di un limitato universo, oggetto specifico e privilegiato dell’azione creatrice di Dio, diventi un minuscolo puntolino in un universo infinito e tra mondi infiniti; che tale universo è pervaso e vivificato da uno spirito divino immanente; che nel continuo trasformarsi della vita anche le anime, immortali, informano corpi diversi, ecc. rendeva le Scritture, Cristo, la Vergine, i profeti e i dogmi come imperfettissime ombre di una realtà che la filosofia mostrava ben più grande, e tutt’al più utili a tenere quieti i popoli. Probabilmente le idee di Bruno non sarebbero mai riuscite a far presa sulle masse, a sollecitare scismi lontanamente paragonabili a quello luterano; ma insomma di trattava, in un certo senso, di un tentativo di sostituire una nuova "summa" sull’universo a quella tradizionale di S. Tommaso. E questo fu considerato un pericoloso esempio, un attentato alla supremazia della teologia sulla filosofia, della religione sulla ragione.


La sentenza di condanna

Non si possiede più l’originale della sentenza, ma una copia parziale destinata al Governatore di Roma. Nella casa del cardinale Ludovico Madruzzo, adiacente la chiesa di Sant'Agnese, in piazza Navona, i cardinali inquisitori Madruzzo, Santorio, Dezza, Pinelli, Berberi; Sfondrati, Sasso, Borghese, Arrigoni e Bellarmino sentenziarono:

«Essendo tu, fra Giordano [...] che tu avevi detto ch’era biastiema grande il dire che il pane si transustantii in carne etc et infra.

Le quali proposizioni ti furno presentate alli XVIII de gennaro MDXCIX nella congregatione de’ signori Prelati fatta nel Santo Offitio et assegnatoti il termine di sei giorni a deliberare et poi rispondere se volevi abiurare le dette proposizioni o no; et poi alli XXV dell’istesso mese [...] rispondesti che [...] eri disposto a revocarle; et poi immediatamente presentasti una scrittura indrizzata a Sua Santità et a noi [...] et successivamente, alli quattro del mese di febraro MDXCIX, fu ordinato che nuovamente ti proponessero le dette otto proposizioni, come in effetto ti furno proposte alli XV di detto mese [...] et dicesti all’hora di riconoscere dette otto proposizioni per eretiche et essere pronto per detestarle et abiurarle [...] ma poi, avendo tu dato altre scritture nell’atti del Santo Officio et dirette alla Santità di Nostro Signore et a Noi, dalle quali apparisce manifestamente che tu perseveravi pertinacemente negli suddetti tuoi errori.

Et essendosi avuto notitia che nel Santo Offitio di Vercelli eri stato denunziato, che mentre tu eri in Inghilterra eri tenuto per ateista et che avevi composto un libro di Trionfante bestia, ti fu alli diece del mese di settembre MDXCIX prefisso il termine di XL giorni a pentirti [...] non dimeno hai sempre perseverato pertinacemente et ostinatamente [...] siamo venuti all’infrascritta sententia.

[...] proferimo in questi scritti, dicemo, pronuntiamo, sentenziamo et dichiariamo te, fra Giordano Bruno predetto, essere eretico impenitente et ostinato [...] et come tale te degradiamo verbalmente et dechiariamo dover essere degradato, sì come ordiniamo et comandiamo che sii attualmente degradato da tutti gl’ordini ecclesiastici maggiori et minori [...] et dover essere scacciato, sì come ti scacciamo, dal foro nostro ecclesiastico et dalla nostra santa et immacolata Chiesa, della cui misericordia ti sei reso indegno; et dover esser rilasciato alla Corte secolare, sì come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor Governatore di Roma qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo però efficacemente che voglia mitigare il rigore delle leggi circa la pena della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilatione di membro.

Di più, condanniamo, riprobamo et prohibemo tutti li sopradetti et altri tuoi libri et scritti come eretici et erronei et continenti molte eresie et errori, ordinando che tutti quelli che sin’hora si son havuti, et per l’avenire verranno in mano del Santo Offitio siano pubblicamente guasti et abbrugiati nella piazza di San Pietro, avanti le scale, et come tali che siano posti nell’Indice de’ libri prohibiti, sì come ordiniamo che si facci
[...]

Finita di leggere la sentenza, scrive lo Schoppe, Bruno, rivolto ai suoi giudici, disse in tono minaccioso: «Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla».

Al Governatore di Roma, il milanese monsignor Ferrante Taverna, che sarà nominato cardinale da Clemente VIII, fu dunque affidato il condannato a morte Giordano Bruno, perché se ne prendesse cura, evitandogli ogni «pericolo di morte o mutilazione di membro». Così, lo fece custodire nelle famigerate carceri di Tor di Nona.


Il rogo

Le carceri di Tor di Nona, situate alla sinistra del Tevere, di fronte a Castel Sant'Angelo, erano costituite dalla medievale torre Orsini e dagli edifici che vi si raggruppavano intorno. Furono trasformate cinquant'anni dopo in teatro dopo la costruzione delle "Carceri nuove" nella vicina via Giulia e il teatro fu a sua volta demolito alla fine dell'Ottocento per far posto ai muraglioni che fiancheggiano il fiume. Chiamate "la prigione del papa", la maggior parte dei reclusi veniva poi giustiziata nella vicina piazzetta che si apriva davanti al ponte Sant'Angelo; altri luoghi di supplizio erano piazza Navona e Campo de' Fiori.

Il 12 febbraio 1600, L' Avviso di Roma riportava che «hoggi credevamo veder una solennissima giustitia, et non si sa perché si sia restata, et era di un domenichino de Nola, heretico ostinatissimo, che mercoledì in casa del cardinal Madrucci sentenziarono come auttore di diverse enormi opinioni, nelle quali restò ostinatissimo, et ci sta tuttora, nonostante che ogni giorno vadano teologhi da lui».

Fu un rinvio di quattro giorni. Il giornale dell’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato, chiamata a prelevare dal carcere di Tor di Nona i condannati per accompagnarli al rogo, registra il 17 febbraio che Bruno «esortato da' nostri fratelli con ogni carità, e fatti chiamare due Padri di san Domenico, due del Giesù, due della Chiesa Nuova e uno di san Girolamo, i quali con ogni affetto et con molta dottrina mostrandoli l'error suo, finalmente stette sempre nella sua maladetta ostinatione, aggirandosi il cervello e l’intelletto con mille errori e vanità. E tanto perseverò nella sua ostinatione, che da’ ministri di giustitia fu condotto in Campo di Fiori, e quivi spogliato nudo e legato a un palo fu brusciato vivo, aconpagniato sempre dalla nostra Compagnia cantando le letanie, e li confortatori sino a l’ultimo punto confortandolo a lasciar la sua ostinatione, con la quale finalmente finì la sua misera et infelice vita».

Kaspar Schoppe che, oltre a esser stato presente alla lettura della sentenza, assistette anche al rogo, aggiunge che il supplizio fu allestito di fronte al Teatro di Pompeo - dunque non al centro della piazza, dove ora sorge il monumento al filosofo - e che «mentre veniva condotto al rogo e gli si mostrava, in punto di morte, l'immagine del Salvatore crocefisso, torvo in volto la respinse con disprezzo; e così arrostito miseramente morì, andando ad annunciare, io penso, a quegli altri mondi da lui immaginati, in che modo gli uomini blasfemi ed empi sogliono essere trattati dai Romani».

Anche l'Avviso di Roma ne diede notizia il 19 febbraio: «Giovedi mattina in Campo di Fiore fu abbruggiato vivo quello scelerato frate domenichino de Nola, di che si scrisse con le passate: heretico ostinatissimo, et havendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede, et in particolare contro la Santissima Vergine et Santi, volse ostinatamente morir in quelli lo scelerato; et diceva che moriva martire e volentieri, et che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso. Ma hora egli se ne avede se diceva la verità».

L'anonimo cronista, oltre a non essere ben informato sul processo, non aveva evidentemente mai letto nulla di Giordano Bruno.



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vorrei ricordare il genocidio dei conquistadore in america latina. Non solo perchè hanno sterminato popolazioni intere, ma anche perchè così facendo hanno cancellato una parte essenziale della storia dell'umanità, che ormai è andata perduta per sempre.


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Sirius ha scritto:

vorrei ricordare il genocidio dei conquistadore in america latina. Non solo perchè hanno sterminato popolazioni intere, ma anche perchè così facendo hanno cancellato una parte essenziale della storia dell'umanità, che ormai è andata perduta per sempre.

Grazie per avermelo ricordato... piano piano si arriverà anche a quello [;)]



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