Notiziario UFO n° 16 – Gennaio Febbraio 1998Il caso Paul Villa
Rilettura di una vicenda frettolosamente ballata come falsa dai Lorenzen. Ma eravamo ai tempi di un’ufologia pionieristica…Per inquadrare correttamente il caso Paul Villa è necessario fare più di un passo indietro e, anche se molto rapidamente, tornare agli anni Sessanta e parlare della situazione del centro APRO (Aerial Phenomena Research Organization) e dei coniugi Lorenzen. Il caso in questione rappresenta un problema per la maggioranza dei ricercatori internazionali, in quanto i dati diffusi in tutti questi anni risalgono alle investigazioni dei Lorenzen, i quali – sia ben chiaro da subito – stabilirono aprioristicamente che le fotografie di Villa erano tutte false. Non era affatto vero. I Lorenzen avevano messo in piedi la prima associazione privata ufologica del Paese, l’APRO e stampavano un bollettino, diffuso già quando risiedevano nel Wisconsin, e che avevano portato avanti anche dopo il loro trasferimento in New Mexico. Qui, tempo addietro, Coral aveva ricoperto l’incarico di responsabile del controllo piattaforma del White Sands Missile Test Range ed il marito Jim lavorava agli impianti di White Sands come elettricista. Si trovavano quindi in New Mexico, in piena attività APRO, quando certi avvenimenti ebbero luogo. Coral era al centro di una delle rampe lanciamissili.
Improvvisamente, un disco spuntò da una porzione di cielo, sorvolò la rampa e si avvicinò, si impadronì di un missile intercontinentale (ROB) e se lo portò via, sparendo dalla vista. E questa fu la prima esperienza di Coral con il segreto governativo; ovvio che di tale incidente mai nulla sarebbe trapelato, ma lei ne era perfettamente al corrente, dato il suo incarico e perché lo aveva constatato con i suoi occhi. Successivamente si dimisero e si stabilirono a Tucson, dove impiantarono il quartier generale dell’APRO, in una zona periferica a nord della città. Er tutte le attività dell’APRO, in particolare per finanziare la “newsletter”, non disponevano di fondi. Si erano ritirati a vita privata e le loro sostanze non erano particolarmente floride. C’è da sottolineare che dalla distribuzione del bollettino recuperavano solo i costi e che non percepivano quote associative né finanziamenti per cui, alla fine, le loro ricerche si erano ridotte al recupero di storie investigate da altri per poi determinare la loro veridicità in base alla loro esperienza. In qualità di pilota, ho più volte trasportato Jim sul luogo delle indagini, e presso le abitazioni dei testimoni. Erano visite che rientravano nello standard investigativo APRO, i cui membri risultavano tutti inquirenti sul campo, ma in realtà erano piuttosto inesperti e disponevano solo di informazioni limitate, apprese dalle pubblicazioni. In pratica, ricevevano il bollettino su cui era riportato questo o quell’evento UFO.
Se c’era un indirizzo e riguardava la loro zona, controllavano i propri archivi e, solitamente, si rivolgevano per via epistolare o telefonica a quanti vivevano nei paraggi, entravano in contatto con queste persone, prendevano un appuntamento e facevano loro visita per intervistarli ed ottenere qualche informazione.
Raramente riuscivano ad intercettare il testimone principale, la gente infatti durante i giorni feriali era impegnata e disponibile solo nei fine settimana. Quindi si imbarcavano in viaggi di 200 – 300 miglia, arrivavano in giornata e incontravano queste persone che non avevano molto tempo libero, si sedevano in salotto davanti ad una tazza di tè e chiedevano informazioni banali, che chiunque avrebbe potuto ottenere, in merito all’UFO. Com’era apparso, cosa aveva fatto, eccetera, ed il testimone avrebbe riferito i fatti nella migliore maniera possibile. Ma non stenografavano mai, si servivano di un taccuino per prendere note ogni tanto, solo alcune parole o frasi per ricordarsi della storia al loro rientro. Tornati a casa, se avevano tempo, cercavano di ricostruire la vicenda tramite le poche note scritte frettolosamente. A volte l’accuratezza del rapporto era buona, a volte corrispondeva al 50% del racconto, a volte persino quasi nulla. In seguito scrivevano una lettera ai coniugi Lorenzen, non più di due pagine vergate a mano ed era questo il livello medio di un rapporto investigativo dell’APRO. D’altra parte non c’era modo di fare meglio, non esisteva altro sistema. Il 90% dei documenti negli archivi era di questa portata.
Quando il caso Villa colpì la loro attenzione, Paul viveva a Los Angeles e aveva conosciuto Gabriel Green, il quale aveva iniziato le pubblicazioni del bollettino dell’associazione contattistica AFSCA (Amalgamated Flying Saucer Clubs of America). Villa diede la prima serie di fotografie a Lorenzen: lavorava per vivere e non aveva alcuna possibilità di condurre ricerche. Ricevuta la lettera di Paul Villa, Green pubblicò tutto – lettera, le foto e relativi dettagli – nel bollettino AFSCA, pur non avendo il tempo per controllare né i particolari dei suoi contatti, né i luoghi dove le foto erano state scattate. Quanto i Lorenzen le video stampate su AFSCA, se ne interessarono e decisero di avviare delle indagini in loco, a Tucson. Ma Paul si era appena trasferito nel New Mexico, a Las Lunas, nei pressi di Albuquerque; si era dovuto trasferire due volte a causa di interferenze, nella sua vita privata, da parte di persone che avevano letto dei suoi casi di avvistamento e gli stavano sempre alle costole: parcheggiavano davanti casa, o in giardino, gli avevano persino rubato la sua cassetta postale come souvenir. Al ché Paul non sopportò più la situazione e traslocò da qualche altra parte nel cuore della notte, senza rivelare a nessuno il suo nuovo indirizzo per evitare ulteriore pubblicità. Ma riuscirono egualmente a scovarlo e qualcuno pubblicò il suo nuovo indirizzo, e tutto ricominciò esattamente come prima. Allora si trasferì di nuovo, decidendosi per Las Lunas, in una casa vera e propria – anziché la roulotte dove aveva abitato a lungo e dove viveva ancora quando io l’ho incontrato la prima volta.
Paul aveva scattato delle fotografie a Los Angeles quando era ispettore delle linee elettriche ad alta tensione. Poi era andato in New Mexico e, ancora per conto della compagnia elettrica, era diventato ispettore della pattuglia stradale di contea e si serviva di una camera fotografica ingombrante, ma molto pratica, una Polaroid a caricamento posteriore, con esposizione di 60 secondi, l’apparecchio più adatto da portare con sé nel corso delle ispezioni ai ponti. Era più semplice documentare fotograficamente eventuali danni alle strutture, piuttosto che scrivere i rapporti. Fu propri in quel periodo che scattò il secondo gruppo di fotografie.
Un giorno, mentre era per servizio alla guida del suo furgone, ad un certo punto, istintivamente, deviò dalla strada principale su una secondaria; non ne sapeva il motivo: girò semplicemente su una strada sterrata che scendeva lungo un corso d’acqua, sebbene non ci fosse alcun ponte, in quanto la strada si trovava lungo un torrente prosciugato. Si fermò accanto ad un albero: il grosso oggetto era posato sul terreno
e tre individui erano proprio lì fuori, due uomini e una donna. Gli si avvicinarono e gli dissero che provenivano da un altro pianeta di un sistema stellare, denominato Chioma di Berenice, e che avevano fatto ripetute visite al nostro pianeta, come anche i loro predecessori, e che lo consideravano meraviglioso. Aggiunsero che stavano studiando la vita e l’evoluzione simbiotica sulla Terra e lo invitarono a bordo della navicella. Si fece coraggio, entrò nella navicella e lì gli mostrarono il loro equipaggiamento, poi, dopo non più di dieci minuti, gli dissero che doveva scendere perché avevano da fare altre cose. Lo accompagnarono fino alla scaletta e gli raccomandarono di allontanarsi perché era pericoloso restare troppo vicino alla navicella durante il decollo.
Si accordarono con lui per effettuare un decollo lento – aveva chiesto ed ottenuto il permesso di fotografare la nave durante il decollo. L’oggetto si alzò e compì un giro intorno a lui, poi si riavvicinò ancora piuttosto lentamente e, durante questo secondo avvicinamento, Paul vide una sorta di dispositivo di aspirazione fuoriuscire dal fondo dello scafo e raccogliere le foglie sottostanti, per poi ritrarsi all’interno, mentre altri “tubi” uscirono uno dopo l’altro per compiere la stessa operazione varie volte. Notò distintamente, al di sotto dello scafo, un nucleo luminoso rosso fuoco. Infine l’oggetto passò sulla sua testa, si soffermò sopra il furgone, in una nuvola di polvere, e le foglie sopra gli alberi tremavano tutte come per una perturbazione atmosferica. La navicella sollevò il camion per un’altezza di circa 6 piedi, lo fece girare di circa 180° e, prima di depositarlo di nuovo a terra, mentre era sospeso in aria, quegli strani dispositivi uscirono, spazzando e pulendo la polvere e il suolo sottostante e, quando sotto ogni ruota del camion fu tutto pulito, la navicella riposizionò il camion e quindi atterrò di nuovo. Uscirono e gli rivolsero ancora la parola.
Che tipo di creature erano?Erano umani, esattamente come noi. Paul chiese qual’era il motivo di tutto questo lavoro e gli risposero che stavano rimuovendo i piccoli insetti prima di far ridiscendere il camion, dimostrando di nutrire grande rispetto per ogni forma di vita. Devo dire che mi piacque molto quella parte del racconto.
Torniamo alle indaginiMentre succedeva tutto questo, Paul Villa continuava a mandare documenti a Gabriel Green che, a sua volta, ne pubblicava solo una piccola parte, di tanto in tanto, con altre fotografie sul bollettino AFSCA; ed è questo il motivo per cui i Lorenzen decisero di fare indagini sul caso. Guidarono per circa 250 miglia fin sul posto dove Paul aveva fermato la sua roulotte e, naturalmente, era un fine settimana. Avevano ottenuto il suo indirizzo da altre persone che gli avevano fatto visita. Paul Villa non sapeva del loro arrivo, ma fu molto cortese. Jim e Coral bussarono alla porta e lui li fece entrare ed accomodare attorno al tavolo della piccola cucina, per bere una tazza di tè. Sedettero uno di fronte all’altro e dopo il tè, Coral – donna di notevole fascino, ma molto aggressiva – gli chiese con un’espressione maliziosa “Paul, adesso mi dici come c…. hai fatto quelle foto”. La reazione di Paul fu furibonda, come succede ai veri contattisti, che possiedono una loro personale verità e non hanno bisogno che gli altri gli dicano se è vera oppure no. Paul è un nativo – americano, per metà messicano e per metà pellerossa, appartiene ad una razza onesta, che racconta le cose esattamente come sono, ma se li contrasti ripagano della stessa moneta e diventano antipatici. Paul sapeva perfettamente che quelle persone erano lì con dei preconcetti, e che intendevano solo rafforzarli. Da lui non volevano sapere come aveva scattato le fotografie, ma in realtà cercavano di provare come aveva fatto a falsificarle. Paul rispose loro di lanciare un cappello sul mare e di scattare una fotografia. Dopodiché si rifiutò di collaborare con loro. Guardandoli fissi negli occhi, riprese le tazze di tè, le svuotò nel lavandino della cucina ed uscì dalla roulotte, e i Lorenzen tornarono a casa. Ecco come è andata l’indagine APRO sul caso di Paul Villa. Egli poi si rifiutò di rispondere alle loro telefonate e lettere e dimostrò di non essere affatto interessato né ai Lonezen né all’APRO, perché era consapevole che le loro intenzioni non erano quelle di conoscere la realtà dei fatti. I Lorenzen non seppero mai come erano andate davvero le cose. Ma ormai, in parte anche giustamente, erano divenuti un modello investigativo per gli altri, per cui quando sostenevano che una foto era falsa, lo diveniva automaticamente. Nel mio caso, quando incontrai per la prima volta Paul Villa, il mio unico scopo era accertare la verità, e gli feci raccontare la sua storia, che era interessantissima. Le fotografie erano state scattate dopo il suo primo incontro, che risaliva al periodo in cui lavorava come ispettore delle linee ad alta tensione, in California. Un giorno, aveva parcheggiato il camion sulla strada, vicino ad una spiaggia, e si era incamminato lungo la riva per trovare un posto dove gustarsi il pranzo in santa pace. Era assorto nei suoi pensieri e si beava della visione del mare. Ad un tratto apparve un tipo, vestito di blu, in modo strano, come trasportato da un raggio, che si diresse verso di lui, camminò tra la sabbia e le rocce, parlandogli dolcemente nella sua lingua e dicendo che lo stavano osservando da tempo. Lo chiamò con il suo vero nome, Apollinare, e lo invitò a constatare la sua provenienza. Gli mostrò il velivolo, sospeso a pochi piedi sull’acqua, e lo invitò a visitarlo. Paul camminò lungo la sabbia e salì ad ispezionare la navicella, che era diversa da quella degli esseri provenienti dalla Chioma di Berenice. Dopodiché lo fecero scendere dicendogli che doveva andarsene in 20 minuti. In questo caso non riuscì a documentare fotograficamente l’incontro. Dopo aver iniziato a lavorare come ispettore stradale della contea di Albuquerque, Paul ebbe un altro avvistamento, e stavolta la Polaroid si rivelò utile, perché immortalò la navicella proveniente da Chioma di Berenice. A bordo c’erano nove persone: sette uomini e due donne che gli parlarono della loro società, e gli dissero di conoscerlo e di averlo tenuto sotto controllo.
Ritengo ci sia qualcosa in questi contattisti che attrae i visitatori alieni, una differente spiritualità che li distingue come la luce di un faro, e Paul era uno di quelli. Organizzazioni come APRO e NICAP, purtroppo, non contribuirono a far luce compiutamente, anzi alcuni casi da loro investigati furono deliberatamente inquinati.