C'ERA UNA VOLTA UN SISTEMA SOLARE... (RACCONTO)
C’era una volta, e c’è tuttora, un sistema solare chiamato il Sistema di Elyanna, una stella a luce gialla di media grandezza…. Questo sistema aveva ben due pianeti abitati, il terzo e il quarto. Abitati da due diverse civiltà. Essi si chiamavano Arethya, il quarto, e Artheya, il terzo. Arethya era il più piccolo dei due, e quello con una storia più antica. Nei tempi remoti, quando era giovane, quel mondo aveva avuto un grande oceano, e le sue terre erano state coperte di ricca vegetazione. Provenendo dalla notte cosmica, vi erano giunte stirpi provenienti da stelle lontane, che l’avevano colonizzato. Erano giunti anche sul terzo pianeta, Artheya, ma vi avevano lasciato tracce meno durevoli. Diverse civiltà molto elevate si erano succedute su Arethya, mentre Artheya rimase selvaggia e deserta per molti milioni di anni, essendo più geologicamente tumultuosa della sua sorella. In ogni caso, Arethya era il meno ospitale dei due mondi. Più lontano dalla sua stella, e quindi più freddo, più piccolo, più arido perché il suo grande oceano era progressivamente scomparso a causa della piccolezza del pianeta, era ora coperto in gran parte di vasti deserti rossi. La vita si concentrava soprattutto in vaste tundre di muschi e licheni, costellate di cespugli e di boschi di enormi alberi simili a conifere. Tali zone di vegetazione coprivano circa un terzo della superficie del pianeta, e apparivano come grandi macchie di colore verde-blu sulla superficie, se viste dallo spazio, alternate alle più vaste distese rossastre dei deserti. Gli abitanti di Arethya avevano scavato una immensa rete di enormi canali che attraversavano tutto il pianeta da una calotta polare all’altra, per convogliare le scarse risorse idriche nelle vastità pianeggianti del pianeta, e creare dei baluardi contro i freddi deserti. Ma le loro vaste città si estendevano soprattutto nel sottosuolo, protette dal rigore del clima disagevole. Sulla superficie rimanevano ancora le vestigia di antiche civiltà passate, enormi piramidi, muraglie e monoliti vari. Gli abitanti di Arethya, di nome Xin, erano creature umanoidi molto alte e dal corpo esile, con un fisico adeguato alla scarsa gravitazione del loro pianeta, pallidi, addirittura spettrali nel loro biancore, perché vivevano da tempo immemorabile nel sottosuolo, da quando l’irrigidirsi del clima aveva reso meno ospitale la superficie, e le sabbie rosse avevano coperto le grandi rovine delle antiche città. Inoltre, il loro sangue era incolore come latticello, e ciò li rendeva ancora più bianchi. Gli Xin erano l’ultima di una serie di civiltà che si erano succedute sul pianeta da molti milioni di anni, e in loro continuava un’antica eredità di un elevato livello scientifico e civile. Da tempo immemorabile erano un popolo pacifico e unito, alieno a ogni cambiamento brusco, in perfetta armonia ed equilibrio fra di loro e con l’ambiente che vivevano. Sul loro mondo, apparentemente, la storia sembrava essersi fermata, o meglio muoversi come un fiume di ghiaccio. Non sembravano avere un grande interesse per l’universo circostante, anche se conoscevano i viaggi spaziali. Avevano alcune basi e colonie in vari punti del Sistema di Elyanna, ma non si erano mai spinti più in là, anche se mantenevano i contatti con certi loro lontani cugini di altre stelle, popoli differenti dal loro, ma con cui avevano antenati in comune, dai tempi remotissimi in cui i loro antenati erano giunti su Arethya, provenendo dalle lontane regioni della Nube di Magellano. Completamente diverso era il caso del vicino pianeta Artheya. Più grande, più caldo, coperto in gran parte da vasti oceani, ricco di vita, era popolato da una specie umanoide giovane, primitiva e aggressiva, autoctona, ma in rapido sviluppo civile e scientifico. In passato altre civiltà, più evolute, avevano abitato il pianeta, provenendo da stelle lontane, come quella degli Xin, ma esse si erano quasi del tutto estinte, e per milioni di anni il pianeta era rimasto deserto ed abbandonato, coperto solo di immense, lussureggianti foreste. Pareva però che alcuni degli antichi abitanti si fossero rifugiati in luoghi isolati e nascosti, nelle profondità degli oceani e del sottosuolo, in attesa del momento giusto per risalire alla luce del sole. Più bassi e tozzi dei loro vicini, più numerosi, gli abitanti primitivi di Artheya erano divisi in tante nazioni e tribù in perenne lotta tra di loro per la supremazia sull’intero pianeta. La loro storia era stata un’immensa, spaventosa escalation di nazioni e imperi sempre più potenti ed aggressivi, che si erano estesi fino a raggiungere gli angoli più desolati del pianeta per acquisire anche l’ultimo centimetro della sua superficie. Essi erano detti Omann. All’inizio, gli Xin di Arethya non si preoccuparono degli Omann di Artheya. Troppo primitivi per destare preoccupazioni. Gli Xin non avevano mai pensato di tentare una colonizzazione di Artheya, sebbene fosse un mondo migliore di Arethya, in quanto la maggior gravitazione del terzo pianeta era troppo disagevole per loro. Solo, in passato avevano compiuto diverse spedizioni di ricerca sul vicino pianeta, arrivando a stimolare l’evoluzione intellettuale, civile e culturale degli Omann. Gli Omann li ricordavano come esseri divini e mitologici, giganti antichi e divinità celesti venute per civilizzare i loro antenati, ma ormai nessuno di loro conosceva la verità, anche se alcuni la sospettavano, dileggiati dalla massa ignara dei segreti dell’universo. Ma ad un certo punto gli Xin dovettero cominciare a rivolgere la loro attenzione alla vicina Artheya. I popoli di Artheya si stavano sviluppando sempre più. Scoprivano nuove tecniche e nuovi segreti scientifici con una rapidità che prima gli era sconosciuta, come una valanga che prima comincia con pochi frammenti di neve, e alla fine diventa un torrente in piena di neve e ghiaccio. Gli imperi di Artheya crescevano in potenza e vastità, e guerreggiavano fra di loro con sempre maggiore frequenza, mentre i loro esploratori cercavano sempre nuove frontiere da conquistare, e i loro scienziati cominciavano a capire i fondamenti dell’universo, e la natura dello spazio esterno. Da tempo, gli Omann di Artheya avevano scoperto i telescopi e cercavano di scoprire i segreti del loro sistema solare. All’inizio, non si resero conto di quanto importante era il vicino pianeta Arethya. Guardavano le fasi del vicino pianeta Astarya, avvolta di nubi, che ricordava le fasi del loro satellite Menlena, e osservavano le quattro grandi lune del pianeta gigante Dzunar, o gli splendidi anelli dell’altro pianeta gigante, Ekron. Arethya all’inizio sembrava solo un piccolo e poco importante pianeta di colore rossastro. Ma quando costruirono telescopi più potenti, e poterono vedere il disco rosso di Arethya più da vicino, scoprirono cose che attirarono subito e pericolosamente la loro attenzione. Videro che sulla superficie rossa si trovavano delle strane macchie blu-verdi, e all’inizio pensarono potessero essere dei mari, poi cominciarono a intuire che si trattava di distese di vegetazione. Nacque in loro l’idea che il pianeta vicino potesse essere abitato. In seguito, cominciarono a scorgere i grandi canali che attraversavano i deserti rossi, o meglio le strisce di vegetazione che li circondavano. A quel punto, il dubbio divenne certezza. Gli Omann si sentirono ragionevolmente certi che gli Areziani, gli abitanti di Arethya, esistevano veramente. Cominciarono a pensare a come prendere contatto con loro, e cominciarono persino a diffondersi molti romanzi che favoleggiavano degli Areziani e della loro favolosa e antica civiltà, che aveva costruito i grandi Canali. Gli Xin se ne accorsero. Osservavano l’evoluzione degli Omann da tempo immemorabile, e vedendo il loro recente sviluppo, le loro indagini si erano moltiplicate. All’inizio non fecero niente, anche se si posero il problema della possibilità di stabilire nuovamente un contatto, come nei tempi antichi. Fu proprio negli anni successivi alla scoperta dei Canali di Arethya da parte degli astronomi, che scoppiò una grandissima e devastante guerra su Artheya. Fu uno scoppio irrazionale di violenza che investì le più potenti nazioni del pianeta, scagliandole le une contro le altre senza che si riuscisse a capire il vero motivo. Fu uno sconvolgimento civile spaventoso. Interi imperi caddero, altri cambiarono di regime, ci furono incredibili rivoluzioni, e molte speranze di pace e progresso che prima venivano coltivate furono spente, apparentemente per sempre. Morirono milioni di persone, ma gli anni successivi furono ancora più spaventosi, perché gli sconvolgimenti della Grande Guerra portarono al potere regimi violenti, autoritari, che meditavano la conquista del mondo attraverso la guerra, la rivoluzione e la sopraffazione, e attraverso lo sterminio di interi popoli. E intanto il progresso tecnologico degli Omann avanzava, a una velocità spaventosa. Già alcuni meditavano di sfruttare l’energia nucleare, e di cominciare l’esplorazione dello spazio. Gli Xin cominciarono a spaventarsi. Ma sul serio. Cominciò a nascere in loro il terrore di vedere un giorno arrivare sul loro pianeta i feroci eserciti di Artheya, per conquistarlo, colonizzarlo e sterminarne gli abitanti. Come fare per evitare questo probabile cataclisma? Gli Xin erano un popolo pacifico e alieno dalla violenza. Avrebbero potuto diffondere sulle città di Artheya delle sostanze che avrebbero provocato la sterilità di tutti i suoi abitanti, così che nel giro di una generazione, la popolazione di Artheya si sarebbe ridotta ai minimi termini, e non avrebbe più costituito una minaccia per molto tempo. Ma questo urtava contro i principi degli Xin, dato che gli Omann non avevano ancora fatto loro alcun male, e c’era sempre la speranza che il selvaggio popolo del terzo pianeta si convertisse a uno stile di vita più razionale e pacifico. In fin dei conti, erano un popolo intelligente, per quanto selvaggio. La loro grande avanzata tecnologica lo dimostrava. E c’erano sul pianeta persone e movimenti che predicavano la pace e la concordia tra i popoli. Niente impediva di credere che un giorno gli Omann avrebbero potuto rinunciare alla loro bellicosità e convertirsi alla pace. Gli Xin scelsero quindi un’altra via, magari più difficoltosa e rischiosa per loro, ma indubbiamente priva di violenza: nascondersi. Avrebbero creato, tramite la loro superiore tecnologia, un campo di distorsione che avrebbe nascosto la loro civiltà agli abitanti di Artheya, e avrebbe mostrato loro dei dati scientifici falsi, così che Arethya sarebbe apparsa loro un mondo morto e deserto, povero di atmosfera e di acque a tal punto da non poter ospitare la vita. Sarebbe stato faticoso e rischioso, ma si poteva fare. Gli astronomi di Omann forse sarebbero rimasti perplessi dalle nuove scoperte sul pianeta dei deserti rossi, ma avrebbero pensato che i precedenti ricercatori si erano sbagliati, causa l’imperfezione dei loro strumenti. Gli Xin riuscirono ad attuare i loro propositi: per prima cosa, riuscirono a far sparire i Canali. A partire da un certo periodo, gli astronomi di Artheya non li videro più, e comica fu la spiegazione che trovarono per spiegare quella misteriosa scomparsa: dissero che si trattava di illusioni ottiche che il perfezionamento dei telescopi ora impediva di vedere. Ben pochi si chiesero come mai, se erano illusioni ottiche, tali illusioni si riscontravano solo su Arethya e non su altri corpi celesti. Tutto procedeva bene per gli Xin, ma le cose su Artheya peggioravano sempre più. Scoppiò un altro spaventoso conflitto sul pianeta, ancora peggiore del primo. Furono massacrati decine e decine di milioni di Omann, ci furono esplosioni di inimmaginabile violenza, veri e propri genocidi, e alla fine la più potente delle nazioni fece esplodere due bombe atomiche distruggendo due città con tutti i loro abitanti, condannandoli a una morte orribile e spaventosa. Solo allora la guerra cessò, ma il pianeta era in rovina. Non solo in senso materiale, ma forse ancora di più in senso morale. Dopo la guerra, ci fu chi pensò seriamente che era ora di organizzare la pace sul pianeta, e non più la guerra, e fu istituito un organo internazionale per proteggere la pace e la concordia tra le nazioni, ma si dimostrò presto un intento inutile. Infatti, si preparava l’ombra di un altro spaventoso conflitto fra le maggiori potenze del pianeta, a base di armi atomiche. Il pianeta Artheya era diventato una spaventosa minaccia per se stesso e per il pianeta vicino. Forse anche per le stelle vicine. La sorveglianza degli Xin si fece più stretta e frenetica. Dopo due anni dalla fine del secondo conflitto, gli Xin approntarono una flotta di controllo che ricorrentemente visitava e studiava il pianeta vicino. Bisognava sorvegliare ogni mossa degli Omann, per prepararsi al momento in cui sarebbero arrivati fino ad Arethya. Soprattutto, bisognava spingerli a un atteggiamento più pacifico, e se possibile bisognava limitare il loro progresso tecnologico, in particolar modo le loro prossime imprese spaziali. Infatti, pochi anni dopo la fine del secondo grande conflitto, gli Omann cominciarono a lanciare sonde e satelliti artificiali nello spazio, poi uomini. Le due massime nazioni del pianeta, l’Unione Occidentale e l’Unione Orientale, facevano a gara per conquistare lo spazio esterno. Volevano entrambe raggiungere Menlena, il satellite naturale di Artheya, per primi, per dimostrare poi di essere la nazione più avanzata. Il passo successivo, sarebbe stato raggiungere Arethya. Gli Xin diventavano sempre più spaventati. Tra l’altro, gli Xin avevano delle colonie da tempo immemorabile su Menlena, poiché per loro era stata un’ottima base di contatto con Artheya, e per i molti materiali utili che vi si trovavano. Le grandi cavità interne del satellite erano state una sede ideale per le loro colonie sotterranee, e ora esse erano in pericolo, dopo innumerevoli millenni. Alla fine, ancora prima che gli Omann raggiungessero Menlena, avvenne un altro motivo di preoccupazione: gli Omann dell’Unione Occidentale mandarono una sonda verso Arethya, per orbitare attorno ad essa e fotografarne la superficie. Fu relativamente facile per gli Xin ingannare gli Omann, quella prima volta. La sonda era uno strumento molto primitivo, e fu semplice farle fotografare immagini false, che mostravano solo deserti e crateri, senza segni di vegetazione o di acque, o di civiltà. Già da tempo gli Omann si erano fatti l’idea che Arethya fosse in realtà un mondo arido e desolato, anche se non tutti erano d’accordo, e la sonda rafforzò questa convinzione. Su Artheya, quasi più nessuno pensava che Arethya fosse abitato da un’antica civiltà, come invece quasi tutti credevano pochi decenni prima. Gli Xin cominciarono a sentirsi più rassicurati e soddisfatti, ma si era ben lontani dalla vittoria. Quattro anni dopo la prima sonda, gli Omann raggiunsero Menlena, il satellite naturale di Artheya. Fu una grande conquista per loro, e un motivo di paura in più per gli Xin. Osservarono in distanza i progressi della missione esplorativa, e il governo dell’Unione Occidentale, che aveva mandato la missione su Menlena, si accorse di loro, ma si guardò bene dal riferire la presenza degli alieni alle masse di Artheya. Da tempo, i governi sia dell’Unione Occidentale che di quella Orientale sapevano di essere osservati da qualcuno che veniva da fuori, ma non sapevano da dove, né perché. Il sistema di schermatura degli Xin funzionava, e nessuno ancora, neanche ad alti livelli, sospettava la verità, anche se all’inizio ci furono alcuni che, con i primi avvistamenti delle navicelle di sorveglianza degli Xin, avevano ipotizzato la cosa più logica: che venivano da molto vicino, cioè da Arethya. Con la conquista di Menlena da parte dell’Unione Occidentale, la sorveglianza si fece più stretta. L’Unione Occidentale ormai progettava la conquista di Arethya come una tappa molto prossima, e si pensava che quindici anni dopo la conquista di Menlena, la si sarebbe potuta attuare. Bisognava intervenire. Scoraggiare la conquista dello spazio, limitare le conquiste degli Omann, porre loro degli ostacoli che li spingessero a rinunciare. Gli Xin passarono dall’osservazione e dal nascondimento passivi all’azione nascosta. Cominciarono a penetrare nella società degli Omann e a influire su di essa. Se si rallentava il progresso delle conquiste spaziali, se si cercava di limitare i conflitti fra le nazioni, se si spostava l’attenzione degli Omann su altre cose, si poteva impedire la catastrofe. Gli Omann non avrebbero conquistato lo spazio fino a quando non avrebbero imparato a rinunciare alla loro politica di potenza e imperialismo, e la civiltà di Arethya sarebbe stata salva. Mandarono i loro astronauti a prelevare e rapire alcuni Omann, per diversi scopi. Il primo, era di influire sulle loro menti e sulle loro personalità, per farne strumenti di cambiamento. Il secondo, trasformare alcuni di loro in agenti segreti degli Xin, che avrebbero agito anche ad alto livello, intervenendo nel corso della storia degli Omann, volgendola a favore degli Xin. Questo senz’altro significava ledere la libertà dei singoli individui di Artheya, ma era necessario per evitare cose molto peggiori, come la guerra, lo sterminio, le catastrofi ecologiche che ne sarebbero seguite. Così alcuni personaggi nell’ambito della politica, dell’esercito e dell’economia furono contattati da alcuni degli astronauti degli Xin. In cambio delle loro prestazioni, essi avrebbero avuto un maggiore potere, maggiori mezzi economici e anche alcune tecnologie innovative per Artheya. Assieme a loro ci sarebbero state persone più comuni, la cui vita sarebbe stata così insospettabile che nessuno, per la strada, avrebbe mai immaginato di trovarsi di fronte a un agente alieno. Essi sarebbero penetrati ovunque nella vita degli Omann, e avrebbero tenuto tutto sotto osservazione e controllo. Sarebbero penetrati in ogni organismo e in ogni associazione di un certo livello, per osservare e comprendere tutti gli aspetti della vita degli Omann e permettere di capire come si poteva influire sulla loro evoluzione sociale, culturale, scientifica, morale e spirituale per impedirgli di diventare un pericolo ancora maggiore. Il piano ottenne un notevole successo: dopo pochi anni i viaggi su Menlena cessarono, e furono dimenticati, così come la possibilità di costruire basi e colonie sul satellite. Anche la missione esplorativa su Arethya fu accantonata e posticipata a tempo indeterminato. Gli agenti degli Xin erano riusciti a convincere il governo dell’Unione Occidentale, la più potente ed avanzata delle nazioni, che la conquista dello spazio non avrebbe avuto sufficienti ritorni economici e politici. Negli anni seguenti, tutti i tentativi di conquista dello spazio furono fatti fallire, facendoli cadere nel dimenticatoio. Gli Omann non tornarono più su Menlena, non compirono più altre imprese, e anzi si dimenticarono delle grandi speranze che li avevano pervasi all’inizio dell’era spaziale. La gente di Artheya non poteva sospettare nulla, chiusa nella sua indifferenza ed ignoranza dei misteri dell’universo, anche se ad alto livello alcuni sospettavano, e alcuni si rendevano conto di quanto vasto fosse il dramma che si consumava dietro le quinte. Molte persone erano state rapite dagli Xin e dai loro agenti omann, che obbedivano loro ciecamente, convertiti alla loro causa che nasceva da una superiore intelligenza che suscitava negli Omann una sorta di reverenziale timore e quasi di adorazione, come già era avvenuto in un passato remoto, quando le prime civiltà degli Omann avevano adorato come Dei i visitatori provenienti da Arethya e da altri mondi. Negli Omann rapiti, gente qualunque soprattutto dell’Unione Occidentale, la più sorvegliata delle nazioni, ma anche di altre nazioni, erano stati inseriti dei microscopici impianti cerebrali che stabilivano un continuo collegamento fra le menti dei rapiti e gli Xin, in modo che essi potessero osservare l’evoluzione degli Omann fin nei minimi dettagli. Tutto quello che i rapiti pensavano, dicevano, facevano, vedevano, sentivano, percepivano, subivano, vivevano, gli Xin lo ricevevano e lo registravano nei loro computers che li elaboravano, e permettevano ai loro padroni di valutarlo e di servirsene per meglio capire i loro vicini. In questo modo, gli Xin avevano tutti i dati necessari per comprendere la civiltà degli Omann fino in fondo, e intervenire nel modo più appropriato. Ormai l’azione degli Xin su Artheya era diventata un’azione di conversione capillare e nascosta: migliaia di agenti omann si aggiravano sul pianeta, e altrettanti erano stati portati su Menlena e su Arethya, e in altri posti del sistema, per venire addestrati ed istruiti. Erano diventati l’esercito segreto degli Xin. Un esercito che aveva il compito soprattutto di controllare e di osservare, quasi mai di intervenire direttamente. A loro era stato detto che loro e i loro figli avrebbero dovuto guidare Artheya sulla strada di una nuova civiltà, quando si fosse arrivati allo scontro finale. Se fosse scoppiata una guerra fra Artheya e Arethya, loro avrebbero dovuto ricostruire tutto dalle macerie del conflitto. I primi agenti erano stati assoldati pochi anni dopo il secondo grande conflitto, ma ora, dopo decenni, si era arrivati alla seconda generazione, e i figli dei primi agenti volavano sui veicoli degli Xin come se fossero essi stessi degli Xin. Alcuni degli Omann li avevano visti ed incontrati, e si erano convinti che gli alieni che guidavano le navi spaziali che visitavano Artheya erano in realtà esseri in tutto come loro. Altri invece pensavano che i veicoli spaziali degli Xin fossero guidati dai governi di Artheya, e che si fossero celati sotto il mito dei viaggiatori alieni per occultare la verità. Ma la verità la gente non la sapeva, lo sospettavano solo alcuni ad alto livello. Nessuno avrebbe potuto immaginarla, perché andava oltre ogni immaginazione. Circa sette anni dalla prima astronave che raggiunse Menslena, gli scienziati dell’Unione Occidentale mandarono due delle loro sonde su Arethya.. Esse erano più sofisticate, e avevano il compito di stabilire se su Arethya esisteva la vita oppure no. Anche questa volta fu relativamente facile ingannare gli Omann. Ormai gli agenti degli Xin erano già infiltrati negli enti governativi dell’aeronautica e si fece in modo di far atterrare le due sonde in mezzo al deserto di sabbia rossa, lontano dai centri abitati e dalle zone di vegetazione, poi si fece in modo che i tecnici facessero dei grossolani errori in modo che le sonde non scoprissero nel terreno niente di vivo. Unico neo: per una falla nella schermatura delle distorsioni di immagini, una delle due sonde fotografò una zona di antiche rovine, dove si trovava un monte scolpito con la forma di un antichissimo personaggio storico degli Xin, e una città di piramidi e templi ormai in rovina. Ma fu facile far credere che si trattasse di un inganno prospettico. I pochi che sospettarono la presenza di un’antica civiltà su Arethya furono presi per visionari. In seguito, le sonde successive furono ingannate con altre immagini che mostravano che le rovine non erano mai esistite. Qualche anno dopo purtroppo ci fu un’altra falla nella schermatura. Una sonda dell’Unione Orientale riuscì a fotografare una delle immense astronavi degli Xin in orbita attorno ad Arethya. Fu necessario distruggerla prima che rivelasse altro. Ma ormai il danno era fatto. Gli Xin si accorsero che presto questa schermatura non avrebbe più funzionato. Non si poteva schermare un intero pianeta per sempre, e gli Omann continuavano a progredire. Si poteva rallentare un po’ il loro progresso, o deviarlo leggermente, ma non si poteva arrestarlo senza che le conseguenze fossero enormi e contrarie ai principi di vita degli Xin. Gli Xin potevano influenzare gli Omann per tenerli lontani da sé il più a lungo possibile, e potevano patteggiare con singoli individui, ma non potevano intervenire in massa, altrimenti le conseguenze sarebbero state imprevedibili e avrebbero potuto causare proprio quello che cercavano di impedire. Un giorno gli Omann avrebbero capito la verità, e per quel giorno si sarebbe dovuto essere pronti. Negli anni seguenti gli Omann continuarono a mandare sonde sempre più perfezionate su Arethya, e le falle nella schermatura aumentarono. Mentre prima gli Xin erano quasi riusciti a convincere tutti gli Omann che Arethya era arido e spento, negli anni successivi cominciò a diffondersi di nuovo l’opinione opposta, quella vera, quella che stava per prevalere cento anni prima. L’unica cosa che gli Xin ormai potevano fare, era guastare o eliminare la maggior parte delle sonde, quando non riuscivano più a ingannare a sufficienza gli Omann. Ma anche le sonde che non facevano una brutta fine, riuscivano a cogliere qualcosa: una qualche rovina, dei cespugli, qualche torrente, delle macchie di vegetazione, qualche foresta e persino qualche lago o qualche fiume, oppure qualche piccola forma di vita sul terreno desertico. Una volta persino un monolito e la traccia all’infrarosso di una delle città sotterranee degli Xin apparvero, e i sospetti aumentarono, come anche quando fu fotografato un fiume che attraversava una valle verde. E poi, anche i dati ambientali risultavano ormai tutti sballati: prima gli Xin erano riusciti a far credere che l’atmosfera era molto più rarefatta, ora invece risultava evidente che c’erano stati degli sbagli enormi, che l’atmosfera non era così inospitale come sembrava… ma nessuno ancora aveva il coraggio di dire che doveva esserci stato un qualche inganno… … era troppo fantastico da credere! Un intero mondo schermato ad arte. Un inganno globale continuato per decenni. Era troppo irreale per essere creduto… Ma i fatti parlavano chiaro. Come era possibile che mentre le sonde di Artheya raggiungevano tutti i corpi celesti del Sistema di Elyanna senza problemi, quando arrivavano su Arethya si perdevano poco prima di arrivare, o si guastavano, o si schiantavano? Proprio sul mondo che più era simile ad Artheya, uno dei più vicini, e quindi più facile da raggiungere? Era evidente che qualcosa non andava…. Ma nessuno aveva il coraggio di dirlo. I governi di Artheya ormai se ne erano accorti da tempo, ma non avevano mai avuto il coraggio di dire la verità: c’era una potenza oscura, immensa, cosmica, che sorvegliava il loro mondo e lo influenzava in modo incomprensibile, imprevedibile. E quella potenza aveva sede molto vicino a loro. Ma c’erano sempre stati degli Omann, magari più dotati di fantasia di altri, o più disposti a tenere conto di ipotesi ritenute improbabili dalle masse, che si erano insospettiti. Quei pochi, alla fine stavano diventando tanti. L’inganno era andato avanti troppo a lungo, l’evidenza stava risalendo alla superficie. Troppe cose che non tornavano, troppi eventi strani, troppe persone che raccontavano strane esperienze, troppi silenzi da parte delle autorità, troppe strane luci nel cielo, nel mare e nei campi, troppe tracce lasciate ovunque. Ormai, sia gli Xin che i governi di Artheya si erano accorti che si era giunti alla fine, alla resa dei conti. E il sentimento generale era la paura, anzi il terrore. Presto, la verità sarebbe stata svelata, e l’inganno avrebbe ceduto il passo alla rivelazione. Mentre la schermatura dava segni di cedimento, mentre le persone che avevano avuto rapporti coatti con gli Xin trovavano il coraggio di riferire le loro esperienze, mentre i governi cominciavano ad ammettere la verità sui visitatori di qualche altro mondo, la civiltà di Artheya stava attraversando una crisi finale. Le forze che volevano solo la conquista del potere economico tramite la violenza e l’inganno, in un ultimo parossistico sforzo di conquista, avevano gettato il pianeta in una serie di inutili guerre e conflitti, mentre una spaventosa crisi economica avanzava. Era il momento che gli Xin aspettavano. Il momento in cui gli Omann si sarebbero trovati di fronte alle macerie del loro assurdo e irrazionale modo di concepire la vita e l’universo. Il momento in cui avrebbero capito che una civiltà fondata sulla sopraffazione e sull’individualismo estremo, sulla competizione e sulla prevalenza dell’io non poteva esistere, e doveva convertirsi in una civiltà della collaborazione e della dedizione dell’individuo al bene comune, come unica possibile strada della sopravvivenza. Solo là dove ognuno si sente parte di un Tutto e tutti provvedono alle necessità degli altri, è possibile il benessere e la prosperità. Gli Xin, come tutte le civiltà elevate, avevano imparato da tempo che esiste una Legge Cosmica, un grande Ordine, un grande Disegno in tutte le cose. La loro conoscenza dell’universo gli aveva permesso di giungere a una verità immanente a tutte le cose, e che le teneva unite. Gli Omann la chiamavano Dio, ma era un termine vago che loro usavano a sproposito, avendone una percezione emotiva, fideistica, e non razionale. Essi non avevano penetrato ancora i misteri della mente e della coscienza, così come non avevano penetrato i misteri dell’universo e della vita, e quindi non conoscevano la Verità Universale, se non per sentito dire, per quello che gli avevano detto coloro che erano più sapienti di loro. Gli Xin, invece, la conoscevano faccia a faccia. Perché conoscevano se stessi, a differenza degli Omann. Tutta la loro azione su Artheya era stata finalizzata innanzitutto da questo scopo: spingere gli Omann a riconsiderare i principi della loro civiltà, e spingerli a cercare, per proprio conto, la verità su se stessi. Gli Xin avrebbero potuto mandare dei missionari per rivelare il loro sapere superiore, ma sarebbe stato uno sbaglio. Gli Omann certe cose dovevano scoprirle da soli, perché la Verità era in loro, vicinissima a loro, e non dovevano cercarla altrove. Così come gli Xin l’avevano cercata, e trovata, solo in loro stessi, e non da un’altra parte. Gli stessi agenti degli Xin non erano a parte di molti dei loro segreti, ma ne conoscevano solo alcuni. E solo quando gli Omann avessero raggiunto un certo livello di evoluzione mentale, avrebbero potuto rivelarsi ai loro simili. La Legge Cosmica prevedeva che ogni essere seguisse la propria evoluzione, si sviluppasse per conto proprio. La Diversità Universale, il manifestarsi della vita in infinite forme diverse, era il significato stesso della Legge Cosmica, e gli Xin, andando contro questo principio, avrebbero danneggiato, ancora prima degli Omann, se stessi. I principi base andavano seguiti, o sarebbe stata davvero la fine. O un destino peggiore della fine. Ma ora la battaglia finale si avvicinava. L’eredità della vecchia civiltà di Artheya era giunta alla fiammata finale, come una candela che manda l’ultimo bagliore prima di spegnersi, e il rischio di un olocausto finale di violenza era molto prossimo. L’indigenza, la sovrappopolazione, l’inquinamento e lo sperpero delle risorse che si manifestavano attraverso il riscaldamento globale e la scarsità di acqua potabile, erano ormai giunti al culmine. La crisi economica avrebbe acutizzato la violenza, e le forze del fanatismo, del nazionalismo, del razzismo, dell’odio e del disprezzo per chi è diverso, avrebbero raggiunto la battaglia decisiva contro le forze che invece volevano l’avanzamento e la liberazione del pianeta dalla violenza e dall’oppressione. Solo allora, nello scatenarsi della battaglia decisiva, gli Xin si sarebbero rivelati, dopo che i governi di Artheya avessero ammesso la loro esistenza. E quel momento si avvicinava sempre più. Dopo, ci sarebbe stata la lenta risalita, e forse un Alba nuova sarebbe sorta sul Sistema Solare della gialla stella Elyanna. Allora forse gli Xin e gli Omann avrebbero potuto incontrarsi da amici, dopo un lungo calvario. È solo una favola, ma chissà se può essere vera, negli infiniti campi delle possibilità del Multiverso…..
|