Forse vado un po' fuori tema, ma vorrei fare una breve digressione sulla paura: ho notato che quasi sempre, quando si parla di grigi, lo si fa con timore o addirittura con vero e proprio terrore. Ora, io non ho mai vissuto un incontro con questi presunti esseri quindi parlo da "outsider", però non riesco proprio a capire tutto questo terrore; posso capire che spesso (domanda: ma sempre sempre oppure no ?) l'incontro con questi ipotetici esseri sia associato ad esperienze sgradevoli, ma quanta gente vive o ha vissuto esperienze tremendamente reali e altrettanto tremendamente sgradevoli? Moltissima. In certe zone del sud per esempio ci sono persone incolpevoli che vivono col terrore quotidiano di avere la vita rovinata (sotto forma di attività commerciale distrutta, dolore fisico o perfino morte) dai criminali di turno; cosa ci può essere di peggio di questo timore molto concreto? Eppure vivono, ci convivono, lo dominano. Voglio dire che la paura è qualcosa di relativo alle esperienze di ciascuno. Il più grande dolore della mia vita l'ho provato in quasi totale assenza di paura per la perdita di una persona a me carissima. Non credo che ci siano molte altre cose in grado di farmi raggiungere quelle vette di dolore, tutto il resto sta in basso. Il mio più grande spavento invece, un vero e proprio terror panico, l'ho provato quando, a passeggio da solo in mezzo ai boschi e del tutto inaspettatamente, sono stato caricato da un cinghiale; lì è stata la sopresa che, in modo del tutto irrazionale, mi ha scatenato un panico durato una decina di secondi (il tempo di scappare, poi il cinghiale ha mollato) che però sono bastati a farmi venire la febbre; in quei 10 secondi circa mi sono immaginato ferito a morte, la paura era tutta nella mia mente, adesso rido della mia stupidità. Questo fa capire che la paura è associata all'attaccamento che ciascuno ha per il proprio corpo, in definitiva per il proprio io. E' un attaccamento molto naturale, ma è pur sempre un vincolo. Infatti non a caso nel buddhismo delle origini, che aveva un taglio molto più ascetico della religione popolare che poi sarebbe in gran parte divenuto, tra le altre cose si prendeva di petto anche la paura, quindi si diceva: se stai camminando osservala e continua a camminare, se si in piedi osservala e continua a stare in piedi, se sei seduto osservala e continua a stare seduto, se sei sdraiato osservala e continua a stare sdraiato; erano insegnamenti rivolti ad asceti che vivevano nei pericoli della giungla, sfidando se stessi, malattie, fame, sete e briganti; però funzionavano. Ancora in tempi recenti, un grande maestro del buddhismo Hinayana, il Thailandese Achaan Chah morto nei primi anni '90, raccontava della sua esperienza di novizio alle prese con la paura in un cimitero Thai, come da tradizione. Questo racconto è riportato in un libro di cui non ricordo il titolo, in un capitolo intitolato "nel cuore della notte" ed è interessantissimo, sia per l'esperienza descritta (un incontro ravvicinato con qualcosa di non ben definito, visto che Achaan Chah sedeva immobile ad occhi chiusi, ma forse non semplicemente umano e nemmeno animale), sia soprattutto per la descrizione del livello di terrore raggiunto e poi dissolto trasmutandosi in un baleno in un fortissimo e straripante sentimento di forza/invulnerabilità/libertà/serenità/totale assenza di paura; questo perché la paura è un'energia potente associata all'istinto di conservazione ed al senso dell'io ed essere in grado di dominarla prima e soprattutto di trasmutarla poi significa dominare e disporre di una potentissima energia di liberazione; lo strumento grazie al quale questa vera e propria alchimia interiore è riuscita è la classica illuminazione (intesa in un senso non meramente intellettuale) provocata dall'interiorizzazione profonda di alcuni potenti pensieri tipici di quella tradizione (nel caso specifico quella Hinayana dei monaci della foresta). Questa descrizione è interessantissima e secondo me molto istruttiva. Quindi la paura è qualcosa di relativo che può essere sempre superato. Ancora, qualche volta ripenso alle lettere che uno dei fratelli di mio nonno, morto nella guerra del 15-18, mandava a casa. Anche lì, in mezzo a quella grandine di proiettili e a quei reticolati di filo spinato, la morte era presente ad ogni respiro; chissà quanti uomini hanno avuto paura ogni giorno, ogni ora, forse ogni secondo eppure molti ne sono usciti vivi; un altro fratello di mio nonno, uscito vivo sempre da quella guerra, una volta tornato a casa non aveva più paura di niente (tra l'ansia di mio nonno, il minore dei fratelli, che invece aveva paura di molte cose); non riusciva nemmeno a riadattarsi al letto di casa, d'estate dormiva all'aperto. Tornando agli extraterrestri io penso proprio che, almeno nel mio caso, lo stupore e la curiosità sarebbero più forti di ogni paura, almeno finché non si manifestassero atti apertamenti ostili.
Ultima modifica di quisquis il 20/08/2010, 09:17, modificato 1 volta in totale.
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