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MessaggioInviato: 11/05/2013, 19:19 
Battaglia austerità-crescita, arriva la fase finale
Bruxelles apre ma Italia ancora su graticola, a giugno verdetto

10 maggio, 19:32

http://www.ansa.it/web/notizie/speciali ... 86645.html


La pressione per voltare pagina in Europa e mettere fine all'austerita' e' sempre piu' forte, soprattutto dopo che le previsioni economiche della Commissione hanno certificato la debolezza dell'eurozona e la difficolta' a rimettere in moto l'economia. E la battaglia tra rigore e crescita entra ora nella sua fase finale, per chiudersi nel vertice europeo di giugno che decretera' il vincitore.

I segnali della svolta che sembra ormai a portata di mano gia' ci sono: Bruxelles ha concesso due anni in piu' a Francia e Spagna per risanare i conti e far scendere il deficit, e la Germania ha dato il suo benestare. L'Italia, che si aspetta di uscire dalla procedura per deficit eccessivo a fine mese, e' lasciata ancora un po' sulla graticola: la Commissione vuole vedere prima le intenzioni del nuovo governo, il suo impegno a rispettare gli obiettivi di bilancio pattuiti con il governo Monti, e soprattutto vuole vedere il piano per rilanciare l'economia. La debolezza e' ormai strutturale, fanno notare in Commissione, quindi il Paese ha bisogno di interventi radicali per affrontare le difficolta' e per sostenere l'occupazione in caduta libera.

Sara' l'Eurogruppo di lunedi' a fare l'esame al nuovo governo Letta: fonti hanno gia' fatto sapere che e' prevista una presentazione del piano di riforme e di quello di risanamento da parte del ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni, che rispondera' successivamente alle domande dei colleghi. Le richieste dell'Europa saranno di due tipi: dall'Italia vogliono conoscere come rispettera' gli impegni su conti, cioe' come coprira' gli interventi sull'imu e sull'iva, e qual e' la scaletta delle riforme per rilanciare la crescita. ''La crescita in Italia manca da troppo'', spiega una fonte dell'eurogruppo, secondo cui non c'e' tempo da perdere per un Paese con tale difficolta' di sviluppo.

Se anche all'Italia verra' dato credito, e sara' quindi chiusa la procedura per deficit il 29 maggio quando la Commissione presentera' le 'raccomandazioni specifiche per Paese', la battaglia per la crescita sara' gia' un pezzo avanti. A quel punto il confronto tra i capi di Stato e di Governo nel summit di giugno sara' piu' semplice, e lo schieramento pro-crescita, guidato da Francia, Italia e Spagna, avra' piu' chance di convincere i rigoristi tedeschi, finlandesi e austriaci.

Ma se la Merkel non si e' opposta alla flessibilita' sui conti dimostrata dalla Commissione con Francia e Spagna, non e' detto che sia disponibile a ulteriori concessioni, soprattutto qualora esse significassero contribuire col proprio portafoglio al rilancio della crescita nei Paesi deboli. Una solidarieta' che la Merkel non puo' far capire ai suoi cittadini, e comunque a quattro mesi dalle elezioni non si assumerebbe il rischio di spiegargliela.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 11/05/2013, 22:02 
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Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:
I trattati internazionali che io sappia, non possono essere sottoposti a referendum.

Eh già.... l'hanno studiata bene la GABBIA che hanno creato.
Sei contento rmnd?

Tanto i trattati internazionali, dovranno essere RI-trattati...... [:o)]
Con le buone o con le cattive. Cominciamo pure ad abituarci all'idea....



come tutte le cose,si possono pure cambiare le gabbie che ci hanno imposto mediante legiferazione,e quindi indire un eventuale referendum,certo e' che si guardano bene di fare decidere ai cittadini.... [:(!]


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MessaggioInviato: 12/05/2013, 09:11 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Battaglia austerità-crescita, arriva la fase finale
Bruxelles apre ma Italia ancora su graticola, a giugno verdetto

10 maggio, 19:32

http://www.ansa.it/web/notizie/speciali ... 86645.html


La pressione per voltare pagina in Europa e mettere fine all'austerita' e' sempre piu' forte, soprattutto dopo che le previsioni economiche della Commissione hanno certificato la debolezza dell'eurozona e la difficolta' a rimettere in moto l'economia. E la battaglia tra rigore e crescita entra ora nella sua fase finale, per chiudersi nel vertice europeo di giugno che decretera' il vincitore.

I segnali della svolta che sembra ormai a portata di mano gia' ci sono: Bruxelles ha concesso due anni in piu' a Francia e Spagna per risanare i conti e far scendere il deficit, e la Germania ha dato il suo benestare. L'Italia, che si aspetta di uscire dalla procedura per deficit eccessivo a fine mese, e' lasciata ancora un po' sulla graticola: la Commissione vuole vedere prima le intenzioni del nuovo governo, il suo impegno a rispettare gli obiettivi di bilancio pattuiti con il governo Monti, e soprattutto vuole vedere il piano per rilanciare l'economia. La debolezza e' ormai strutturale, fanno notare in Commissione, quindi il Paese ha bisogno di interventi radicali per affrontare le difficolta' e per sostenere l'occupazione in caduta libera.

Sara' l'Eurogruppo di lunedi' a fare l'esame al nuovo governo Letta: fonti hanno gia' fatto sapere che e' prevista una presentazione del piano di riforme e di quello di risanamento da parte del ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni, che rispondera' successivamente alle domande dei colleghi. Le richieste dell'Europa saranno di due tipi: dall'Italia vogliono conoscere come rispettera' gli impegni su conti, cioe' come coprira' gli interventi sull'imu e sull'iva, e qual e' la scaletta delle riforme per rilanciare la crescita. ''La crescita in Italia manca da troppo'', spiega una fonte dell'eurogruppo, secondo cui non c'e' tempo da perdere per un Paese con tale difficolta' di sviluppo.

Se anche all'Italia verra' dato credito, e sara' quindi chiusa la procedura per deficit il 29 maggio quando la Commissione presentera' le 'raccomandazioni specifiche per Paese', la battaglia per la crescita sara' gia' un pezzo avanti. A quel punto il confronto tra i capi di Stato e di Governo nel summit di giugno sara' piu' semplice, e lo schieramento pro-crescita, guidato da Francia, Italia e Spagna, avra' piu' chance di convincere i rigoristi tedeschi, finlandesi e austriaci.

Ma se la Merkel non si e' opposta alla flessibilita' sui conti dimostrata dalla Commissione con Francia e Spagna, non e' detto che sia disponibile a ulteriori concessioni, soprattutto qualora esse significassero contribuire col proprio portafoglio al rilancio della crescita nei Paesi deboli. Una solidarieta' che la Merkel non puo' far capire ai suoi cittadini, e comunque a quattro mesi dalle elezioni non si assumerebbe il rischio di spiegargliela.




Nel frattempo..... lo spettacolo nello spettacolo..... [:p] [:D]

[BBvideo]SYKC1Ie6QX8#![/BBvideo]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 12/05/2013, 23:01 
Non c'è mai fine... [:(]

Irlanda ancora nei guai: servono altri 30 miliardi di euro

Immagine

Le recenti crisi a Cipro e in Slovenia ci hanno fatto dimenticare di uno dei primi fronti dell’eurocrisi: l’Irlanda.

Dal 2008, i contribuenti Irlandesi hanno già pagato 64 miliardi sotto forma di debito pubblico per nazionalizzare e ricapitalizzare le loro banche.

Denari che pesano sui conti dello Stato che si fece carico, allo scoppio della bolla immobiliare, degli enormi passivi degli istituti. Da allora l’Irlanda è stata costretta a chiedere aiuto alla troika - 67,5 miliardi in tre anni concessi a fine 2010 - e ad accettare un faticoso programma di risanamento, per cui Dublino è condizionata dalla supervisione di FMI, BCE e Commissione Europea nella gestione della sua finanza pubblica. Le misure di austerity già costate 25 miliardi di sacrifici (a cui si aggiungeranno i 3,5 del nuovo budget varato a fine 2012).

Il 5 marzo l’Unione europea ha concesso una proroga a Irlanda e Portogallo per il rimborso dei prestiti contratti nell’ambito del bailout. Ma non lo ha fatto “gratis”: solo due giorni dopo, infatti, il presidente della BCE Mario Draghi ha invitato il governo irlandese ad “accelerare il ritmo delle riforme bancarie“.
Inoltre, il controllo esterno a cui lo Stato è sottoposto, anziché allentarsi, sembra irrigidirsi ancora di più. Ad esempio, il governo irlandese dovrà fornire alla troika dei rapporti mensili sulle spese sanitarie nel quadro del processo di riduzione dei costi. Questo perché, secondo un rapporto confidenziale preparato dalla Commissione europea, i creditori internazionali sono preoccupati dalle spese sanitarie eccessive, dalla quantità di mutui non pagati e dal persistere di alti livelli di disoccupazione.

Un controllo così stringente che pochi giorni fa il presidente Michael Higgins è finito nell’occhio del ciclone dopo aver rilasciato un’intervista al Financial Times in cui dichiarava che l’UE è una forza “egemonica” e attraversa una “crisi morale” tanto quanto economica.

Purtroppo, le cattive notizie non finiscono qui. E nemmeno i sacrifici. Secondo Rischio Calcolato alle crisi bancarie non c’è limite. La notizia bomba della settimana la scrive il giornalista Dan White sull’Irish Indipendent: Taxpayer beware! Irish banks need another €30bn at least

L’inchiesta del giornalista Dan White parte dai pessimi risultati di Danske Bank in Irlanda, la banca danese ancora una volta ha svalutato i propri crediti (specie ipotecari) aprendo ancora una volta una stagione di svalutazioni che potrebbero portare ad almeno altri 30 mld di capitale fresco necessario per ricapitalizzare il sistema bancario Irlandese. Ovvero un 18-20% di debito in più rispetto al Pil.

Meno male che, secondo certa stampa, infatti, il Paese stava uscendo dalla crisi. Anzi, in questo senso Dublino era considerata un paradigma di successo nel quadro delle politiche di austerità necessarie al risanamento dei conti pubblici.

Secondo altre voci, l’Irlanda avrebbe sconfitto la crisi economica diventando “green“, ossia puntando sulle energie rinnovabili. Ma ad una analisi più attenta, la svolta “green” della ex tigre celtica più che una rivoluzione sembra uno specchietto per le allodole per convincere gli altri Paesi a seguire la stessa strada di austerità.

Se mai, la vera svolta sul piano energetico è stata la scoperta di un giacimento di petrolio a largo della località di Cork, che dovrebbe produrre circa 280 milioni di barili. Ma per dare il via al progetto servono un miliardo e mezzo di euro.

La realtà mostra un altro Paese rispetto ai ritratti a tinte rosee che i giornali cercano (inconsapevolmente?) di proporre. Un recente report a firma di Anthony Doyle, team fixed income M&G, sintetizzato su Investire Oggi, ci conferma la crisi irlandese è tutt’altro che conclusa.

http://www.imolaoggi.it/?p=50002

Come si fa a credere che i piani di salvataggio dell'Europa servano a qualcosa... COME?!



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MessaggioInviato: 13/05/2013, 12:56 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Non c'è mai fine... [:(]

Irlanda ancora nei guai: servono altri 30 miliardi di euro

Immagine

Le recenti crisi a Cipro e in Slovenia ci hanno fatto dimenticare di uno dei primi fronti dell’eurocrisi: l’Irlanda.

Come si fa a credere che i piani di salvataggio dell'Europa servano a qualcosa... COME?!


..servono solo x dominare gli stati deboli,legandoli indissolubilmente con trattati capestri che rendono tali stati semplici colonie e sfruttando le ricchezze insite in tali nazioni........................ [:(!]


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MessaggioInviato: 13/05/2013, 13:10 
In una conferenza a Udine, Soros ha detto senza tante storie che l'Italia "non è più artefice del proprio destino", dato la dipendenza dalle azioni decise dalla comunita economica europea,come dire che siamo diventati una colonia,sarebbe forse il caso di darsi una svegliata,specialmente che gestisce l'attuale governo,ma dato che sono i medesimi che ci hanno affossato ne dubito che ci solleveremo.......[:(!]


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MessaggioInviato: 13/05/2013, 19:51 
x avere la conferma del taglio dell'imu,e' necessario attendere che saccomanni ministro dell'economia,si rechi a bruxelles x richiedere l'ok dei colleghi dell'eurozona,ma e' mai possibile che un paese(l'italia)che ha partecipato con 43 miliardi di euro alll'operazion e salvastati debba chiedere certi permessi?meglio fare sacrifici ma x se stessi,cosa siamo al livello di colonia?........[:(!]


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MessaggioInviato: 14/05/2013, 08:15 
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La secessione degli inglesi
C'è di nuovo parecchia foschia sulla Manica. Questa volta potrebbe però essere vero che isolato è un po' anche il continente, non solo la Gran Bretagna. La possibilità che Londra abbandoni l'Unione Europea è diventata concreta: certo, è innanzitutto un problema del Regno Unito, dopo che il primo ministro David Cameron ha promesso per il 2015 un referendum sul tema, il partito «indipendentista» ha conseguito una vittoria alle recenti elezioni locali e una serie di ministri e deputati conservatori si sono espressi per un abbandono in tempi rapidi. Al punto che il presidente americano Barack Obama ha invitato ieri Cameron a ricucire i rapporti con Bruxelles. È anche però un problema per l'Europa, che senza Londra non sarebbe necessariamente migliore. Alzare le spalle di fronte a un'ipotesi del genere non è una buona idea.
Una Brexit - come viene definita l'uscita britannica dalla Ue - avrebbe conseguenze di rilievo.

Innanzitutto, verrebbe meno la portata internazionale garantita da Londra: deterrente nucleare, esercito, diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, legami d'amicizia con le ex colonie, una diplomazia esperta. L'ambizione di fare dell'Europa una potenza globale verrebbe ridimensionata.

Secondo, un'Unione Europea senza Regno Unito perderebbe uno dei maggiori sostenitori del mercato unico e delle politiche di liberalizzazione. Se un ruolo positivo, tra i tanti negativi, Londra lo ha infatti giocato nella politica europea è stato nella spinta che i suoi governi hanno dato alle aperture in economia. Senza questa pressione, le posizioni più protezioniste avrebbero domani più spazio. Di riforme si parlerebbe meno, a Bruxelles: e l'Italia sa quanto le non molte innovazioni introdotte nei decenni passati siano state frutto esclusivo delle politiche imposte dall'Europa.

Terzo, l'allargamento della Ue cambierebbe di segno. In particolare, il processo che deve portare all'ingresso della Turchia - che ha trovato in Londra il suo maggiore sostenitore ma che è sempre stato voluto anche da Roma - finirebbe nella sabbia. Quarto, l'uscita del Regno Unito renderebbe davvero più omogenea e più stabile l'Unione, come sostengono i politici e i funzionari europei che vedono bene il divorzio? Probabilmente, più che un compattamento, la perdita di Londra sarebbe vista come il segno di forze centrifughe al lavoro nella Ue. Vero che la Grecia non la si è voluta perdere soprattutto per difendere l'euro (del quale Londra non fa parte): ma, avendo pagato a caro prezzo il salvataggio di Atene, ha senso affrontare la possibile uscita dalla Ue di un Paese di ben maggiore peso con indifferenza o soddisfazione?
La risposta a questi argomenti è, di solito, che il Regno Unito accampa pretese ingiustificate per restare ed è un ostacolo nel processo verso «più Europa». Vero, come si è visto nel recente passaggio del bilancio europeo, nella discussione sull'Unione bancaria e in tante circostanze precedenti. Non un buon motivo, però, per arrendersi a un'eventualità che potrebbe rivelarsi molto negativa. La strada di alcune concessioni reciproche, come indica Obama, può forse essere tentata. Meglio sollevare la nebbia che restare isolati su ambedue le sponde del Canale.

http://www.corriere.it/editoriali/13_ma ... f514.shtml



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MessaggioInviato: 14/05/2013, 18:20 
)
.
Il denaro versato nei piani di salvataggio ammonta a 45 miliardi: incideranno per oltre 2 miliardi l'anno sugli italiani. L'opinione di Paolo Cardenà

I prestiti erogati dal fondo ESM alle banche spagnole. Per gli italiani un fardello di due miliardi l'anno.


ROMA (WSI) - Suscita sempre molto scalpore e indignazione pensare che una banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena, sia stata salvata con i soldi dei contribuenti italiani, appositamente spremuti di tasse. Tanto più se si considera che questi soldi, il più delle volte, sono denari tolti a persone che non ne hanno, soprattutto in questo periodo di crisi.

Nei mesi scorsi, magari da parte di chi cavalca l'onda dell'emotività, è stato detto che il gettito dell'Imu sulla prima casa, tanto discusso in questi giorni, sia servito proprio per il salvataggio del Monte Paschi. Cosa che, evidentemente, costituisce una mezza verità, essendo, quell'imposizione fiscale, non una tassa di scopo e men che meno soggetta a vincolo di destinazione. Banalizzando, possiamo dire che quando si pagano le tasse, queste finiscono in un "salvadanaio" e il governo "decide" poi come utilizzare queste risorse, il più delle volte in maniera sbagliata e talvolta clientelare.

Nel caso specifico, il governo ha ritenuto opportuno destinare 4 miliardi di euro al salvataggio del Monte Paschi. Giusto o sbagliato che sia, tanto è. Chi segue questo sito saprà che, in questi pixel, si è molto discusso a proposito del MES e dei soldi versati dall'Italia ai vari piani di salvataggio europei.

Ad oggi, possiamo affermare che i soldi versati nei vari piani di salvataggio ammontano a circa 45 miliardi di euro. Poco importa sapere che questa enorme massa di denaro sia stata presa in prestito sui mercati, perché, è evidente, l'Italia non dispone(va) di queste risorse all'atto del versamento. Quindi si sono contratti dei prestiti, sui quali, lo stato (ossia il contribuente), dovrà pagare gli interessi in base alle dinamiche dei tassi a cui è stata esposta l'Italia all'atto dell'emissione dei titoli che hanno consentito la raccolta di risorse successivamente versate nei salvataggi.

Volendo giungere ad una quantificazione dell'impatto che avranno in 45 miliardi di euro in termini di interessi corrisposti ai finanziatori, potremmo agevolmente affermare che questi incideranno per ben oltre 2 miliardi all'anno, almeno fino a quando i titoli già emessi non verranno rimborsati e sostituiti con nuove emissioni a tassi più contenuti dei precedenti, sempre che ce ne sia occasione.

Una cifra enorme che pesa sulla testa di ogni italiano, di oggi, e di domani. Ma se vi siete indignati per il salvataggio del Monte Paschi, spero che abbiate il cuore abbastanza forte per sapere che questi soldi sono stati versati per salvare le banche spagnole attraverso il fondo salva stati ESM, nell'occasione, appositamente intervenuto nella veste di fondo salva banche. E i dati ce li fornisce proprio l'ESM in una nota.

Nel documento si legge che, già dal luglio 2012, l'Eurogruppo ha accordato aiuti finanziari al settore bancario della Spagna a seguito di una richiesta ufficiale da parte del governo spagnolo. Gli aiuti erogati sono circa 39.5 miliardi di euro e sono stati forniti al Fondo de Restructuración Ordenado Bancaria (FROB), il fondo di ricapitalizzazione delle banche del governo spagnolo, e poi canalizzati agli istituti finanziari interessati: BFA-Bankia, Catalunya-Caixa, NCG Banco, Banco de Valencia, Banco Mare Nostrum, Banco Ceiss, Caja 3 e Liberbank, oltre che alla SAREB.

L'obiettivo è quello di ricapitalizzare il settore bancario spagnolo e ripristinare la fiducia del mercato in Spagna.

Il contributo concesso dall'Eurogruppo - si legge - è progettato per coprire il deficit stimato dei requisiti di capitale con un ulteriore margine di sicurezza, che coprirà le esigenze di finanziamento fino a €100 miliardi.

L'assistenza finanziaria concessa alla Spagna è subordinata al perseguimento di piani di ristrutturazione del sistema bancario e saranno inoltre realizzate riforme relative alla governance, alla vigilanza e alla regolamentazione del settore finanziario. In parallelo, la Spagna dovrà rispettare pienamente gli impegni e gli obblighi derivanti procedura per i disavanzi eccessivi e le raccomandazioni per affrontare gli squilibri macroeconomici, nel quadro del semestre europeo.

A fianco si vedono i prestiti erogati dal fondo ESM alle banche spagnole.

A proposito dei soldi versati al Mes, per quanto riguarda il nostro paese, come abbiamo già detto in precedenza, c'è da dire che l'Italia partecipa al capitale del fondo per un totale di 125 miliardi, di cui 14.29 in paid-in, e gli ulteriori, eventualmente, a chiamata da corrispondere entro una settimana.
Dei 14.29 miliardi, l'Italia ha già versato poco meno di 9 miliardi e i rimanenti dovranno essere versati in ulteriori due tranche, entro la fine del 2013 e inizio 2014, salvo ulteriori versamenti per la quota a chiamata.
Ma mentre gli italiani si stanno dissanguando per salvare gli altri - prime fra tutte le banche spagnole verso le quali la Germania ha forti esposizioni - nel frattempo, sempre in Italia:

- non si trovano i soldi per finanziare la Cassa Integrazione;
- le tasse hanno già oltrepassato i limiti dell'esproprio;
- verosimilmente ci dovremmo subire l'aumento dell'Iva dal prossimo luglio;
- non possiamo abolire l'IMU sulla prima casa senza che queste risorse non vengano recuperate da altri gettiti tributari, al fine di garantire gli stessi saldi;
- non possiamo pagare le nostre aziende fornitrici della PA che falliscono a centinai di migliaia;
- dobbiamo salvare le nostre banche, oltre che quelle spagnole;

Questo, solo per citare alcune criticità ancora in attesa di soluzione. Ma la lista è ancora molto lunga.


http://www.wallstreetitalia.com/article ... gnole.aspx

..,a i ns governanti servono esclusivamente x scaldare le poltrone?se cosi tanti risparmiarsi gli stipendi ed accettare un governatorato imposto dall' ue........[:(!]


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MessaggioInviato: 15/05/2013, 13:33 
Alert Europa. Francia entra in recessione. Peggiora Germania


Politiche austerity imposte da Berlino fanno un'altra vittima. Parigi assiste a due trimestri consecutivi di crescita negativa. Intera Eurozona in contrazione
http://www.wallstreetitalia.com/article ... mania.aspx

Nella foto il presidente francese in carica, Francois Hollande
ROMA (WSI) - La Francia è in recessione. La fotografia scattata questa mattina dall'Ufficio nazionale di statistica, Insee, non lascia spazio a interpretazione alternative. Nel primo trimestre del 2013 il Pil di Parigi ha accusato una contrazione dello 0,2%. Nell'ultimo trimestre del 2012 aveva registrato un analogo calo del Pil.

Quindi non c'è scampo: la recessione tecnica si verifica, infatti, dopo due trimestri di crescita negativa di fila. Ed è appunto questo il caso francese. Gli economisti si aspettavano una flessione dello 0,1%. Come se non bastasse questo ad allertare l'Eliseo, il potere d'acquisto delle famiglie francesi ha registrato nel 2012 un record negativo dello 0,9%, ha aggiunto sempre l'istituto di statistica nazionale. L'Insee, a fine marzo, aveva messo in conto un ribasso, ma nell'ordine dello 0,4%.

Da qui la decisione di rivedere al ribasso anche il dato sui consumi, portandolo allo 0,4% dal precedente 0,1%. Si salva ancora la Germania. L'economia tedesca é stagnante: cresce solo dello 0,1% destagionalizzato nel primo trimestre del 2013 rispetto ai precedenti tre mesi. Il dato è al di sotto delle previsioni degli economisti, che si attendevano un'espansione dello 0,3% della principale economia europea. Nell'ultimo trimestre del 2012, il Pil aveva fatto registrare un calo dello 0,6%.

Ma se si allarga l'orizzonte temporale anche qui il quadro è poco roseo: su base annua il PIl della Germania risulta, infatti, in rallentamento, con un calo dell'1,4%, dopo essere rimasto invariato nel quarto trimestre. E le sorprese potrebbero non essere finite qui, dicono nelle sale operative alcuni trader. In mattinata sarà comunicato il dato sul Prodotto interno lordo dell'euro zona. Secondo un sondaggio effettuato da Reuters su un panel di 65 economisti il dato dovrebbe evidenziare una flessione dello 0,1%. Attesi anche i dati preliminari sul Pil di Italia, Grecia, Portogallo e Olanda.

Guardando all'Eurozona nel suo complesso, l'area non esce dalla recessione economica. Il Pil complessivo dei 17 paesi dell'area valutaria ha subito infatti un nuovo calo, pari allo 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, stando ai dati preliminari diffusi da Eurostat, peggio di quanto atteso in media dagli analisti. Su base annua il prodotto interno lordo è sceso -1%. Nel quarto trimestre del 2012 il Pil dell'area euro era calato dello 0,6% dal trimestre precedente e dello 0,9% su base annua.



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Nadia Vitali

Due ricercatori lanciano l'allarme contro i devastanti effetti delle misure di contenimento messe in atto dai Governi di diverse nazioni, in un libro che fa già discutere.

Tagli drastici ed improvvisi alla spesa pubblica, avanzata della privatizzazione nel settore della sanità, riduzione dell’assistenza pubblica: sono elementi con cui una parte sempre più ampia del mondo occidentale ha imparato a familiarizzare negli ultimi anni, a partire da quando la “Grande recessione” ha riscritto in negativo le sorti dei Paesi industrializzati di Europa ed America. Politiche volte al risparmio e al contenimento, intervenute per arginare una crisi economica che si annunciò fin dai suoi esordi come grave e profonda, che, tuttavia, stanno portando ad un nuovo devastante effetto: quello di peggiorare la salute collettiva e, di conseguenza, di aumentare in maniera crescente il divario tra le diverse classi sociali. Quella che può sembrare una banale ed ordinaria riflessione, in verità, diventa sempre più oggetto di analisi e attenzione da parte di studi scientifici che confermano come crisi ed austerità stiano incidendo drammaticamente sui bisogni dei singoli individui, sulle loro esistenze, sul loro futuro.

David Stuckler, economista dell’Università di Oxford, e Sanjay Basu, epidemiologo dell’Università di Stanford hanno presentato i risultati delle loro osservazioni partendo da diverse ricerche condotte nell’ultimo decennio; evidenziando come, a partire dal 2009 fino ad oggi, oltre diecimila suicidi e un milione di casi di diagnosi di depressione tra Europa e Nord America sarebbero da imputare alla stretta sui conti voluta dai Governi di molti Paesi che, soffocati dalla morsa della recessione, hanno risposto adottando le contromisure più immediate (e, inevitabilmente, meno lungimiranti). Scelte che, crisi a parte, sono precisa espressione di una volontà politica che non ha trovato ovunque identiche manifestazioni: i due studiosi, infatti, citano il caso della Svezia dove i programmi per il welfare e per l’assistenza pubblica, incrementati dopo la recessione, hanno portato ad una drastica diminuzione del numeri di suicidi, nonostante la disoccupazione sia cresciuta anche tra gli abitanti della nazione scandinava.

Tra i casi presi in esame, certamente merita particolare attenzione la Grecia, modello di riferimento in negativo per i politici di altri Stati (incluso il nostro), oggetto di attenzione mediatica ormai da anni, sempre più alle prese con le sue particolarità innanzitutto geografiche che ne frammentano l’identità e la realtà rendendo complessa e di difficile gestione la situazione: lì, provvedimenti come il taglio del budget destinato alle campagne di informazione e prevenzione contro l’HIV, avrebbe generato un incremento delle infezioni pari a oltre il 200% negli ultimi due anni, riconducibile in parte all’aumento del consumo e dell’abuso di droghe in un contesto in cui il 50% della popolazione giovanile risulta privo di impiego. Sempre in terra ellenica, dopo decenni di silenzio, si torna a parlare di epidemie di malaria seguite ai tagli che sono andati a toccare i programmi stagionali di disinfestazione dagli insetti. I danni riscontrati dai ricercatori includono anche carenza di medicinali essenziali, ridotte capacità di accesso alle prestazioni sanitarie, nonché “epidemie” che potevano essere perfettamente evitate attraverso la prevenzione: abuso di alcol, depressione, suicidi.

«L’austerità sta avendo un effetto devastante» ha dichiarato Stuckler: un effetto che, per oltre cinque milioni di americani, si è tradotto nella perdita di accesso alle cure mediche mentre, per la Gran Bretagna, ha significato circa 10 000 famiglie in più che non hanno più un tetto sotto il quale dormire. Per quanto riguarda il nostro Paese, è noto come il disagio sociale sia in costante aumento, con le famiglie sempre più povere, la produttività crollata, la disoccupazione record: ed il triste bollettino dei suicidi si inscrive nell’orizzonte più ampio della crisi in Europa, alla quale Stuckler aveva già dedicato diversi studi pubblicati da The Lancet e dal British Medical Journal. Quel che è peggio è che, stando così le cose, si allontana sempre più la possibilità di invertire questo circolo vizioso che, negli anni, continuerà a richiedere risorse al fine di intervenire su situazioni che potevano essere evitate all’origine, o quanto meno rese minime nelle manifestazioni: insomma, per superare la crisi economica dovrebbe essere la politica a cambiare, perché le ricette trovate potrebbero avere degli “effetti collaterali” non di poco conto.

The Body Economic: Why Austerity Kills - questo il titolo – sarà pubblicato il prossimo 21 maggio in Gran Bretagna: eppure il libro è già al centro di accese polemiche dovute all’eccessivo allarmismo di cui vengono accusati i due autori: se anche così fosse, non va dimenticato il lavoro di Stuckler e Basu come fonte di riflessione sui tempi oscuri e controversi dai quali tutti, nessuno escluso, siamo stati improvvisamente travolti come risvegliandoci da un sogno.
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8554

..accusano gli autori di allarmismo,mae' semplicemente realta',magari ai burocrati euro temono le voci contrarie e cercano di demonizzare chi invece la pensa diversamente da loro.....[:(!]


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MessaggioInviato: 16/05/2013, 18:25 
La Germania boccia le riforme dell’Italia

Secondo Der Spiegel l'esecutivo di Angela Merkel ritiene insufficienti gli interventi strutturali introdotti nell'eurozona

a Germania è insoddisfatta delle riforme introdotte dagli altri paesi europei durante la crisi. Pochi risparmi e interventi strutturali timidi, che dovrebbero essere ampliati sopratutto nel mercato del lavoro. Il nuovo corso anti austerity che si respira a Bruxelles inquieta la Berlino conservatrice a pochi mesi dalle elezioni federali.


La Germania boccia le riforme dell’Italia
13/05/2013 - Secondo Der Spiegel l'esecutivo di Angela Merkel ritiene insufficienti gli interventi strutturali introdotti nell'eurozona



La Germania è insoddisfatta delle riforme introdotte dagli altri paesi europei durante la crisi. Pochi risparmi e interventi strutturali timidi, che dovrebbero essere ampliati sopratutto nel mercato del lavoro. Il nuovo corso anti austerity che si respira a Bruxelles inquieta la Berlino conservatrice a pochi mesi dalle elezioni federali.



POCO PROGRESSO - Quando è arrivo al potere, François Hollande ha chiesto di affiancare al Fiscal Compact un patto per la crescita al fine di stimolare la ripresa economica nei paesi colpiti dall’eurocrisi. In queste settimane l’Unione europea ha concesso a Parigi, così come ad altre capitali colpite dalla recessione, tempi più lunghi per il rientro dal deficit, con la benevolenza del governo tedesco. A Berlino però lo spirito rispetto agli europartner è sempre più inquieto: Der Spiegel rivela infatti un dossier interno dell’esecutivo Merkel molto critico con gli sforzi fatti dagli altri governi europei per affrontare le cause della crisi. Le riforme strutturali chieste al fine di far recuperare competitività alle economie colpite dalla crisi dei debiti sovrani hanno ottenuto risultati finora piuttosto deludenti, almeno a giudizio degli alti funzionari berlinesi. Un problema sollevato non casualmente quando il diktat dell’austerità appare affievolirsi a Bruxelles, alla luce delle più recenti dichiarazioni dei maggiori leader europei, a cominciare dal presidente della Commissione Barroso.

PROBLEMA ITALIA - Der Spiegel sottolinea come il dossier riservato del governo tedesco indichi “una generale mobilitazione verso le riforme in tutti gli stati membri della Ue, al fine di realizzare gli interventi strutturali necessari al recupero della competitività. I punti critici sono però numerosi, ed evidenziano le perplessità tedesche per l’impegno, troppo lasco, dell’Europa del Sud, a partire dal governo italiano. ” Il nostro paese deve proseguire nella liberalizzazione del mercato del lavoro, dove c’è ancora un significativo ambito di manovra. In Italia è stato apprezzato l’allungamento dell’orario di apertura dei negozi, ma il processo di liberalizzazione di molti servizi è ancora in ritardo. Il governo tedesco è consapevole, rimarca Der Spiegel, del tempo necessario al successo delle riforme, ma al momento c’è bisogno di passi in avanti concreti che non arrivano. La posizione del ministro dell’Economia Saccomanni viene interpretata come una rinuncia all’obiettivo di ridurre il deficit all’1,8% nel 2014, come era stato concordato preventivamente.

CRITICHE AL SUD EUROPA - Anche in Grecia e Spagna le riforme per superare le rigidità del mercato del lavoro sono irrinunciabili. Alla Francia viene rimproverato il fatto che il processo di consolidamento sia avvenuto solo tramite l’aumento dell’imposizione fiscale, arrivata ad un livello tale da rendere ormai inevitabile l’abbassamento delle spese. Al di là degli annunci, il governo di Berlino ha collezionato, con difficoltà rimarca il settimanale tedesco, pochi esempi positivi di riforme strutturali introdotte per migliorare il potenziale del sistema economico. Nel dossier vengono citati gli investimenti infrastrutturali in Grecia, per l’allungamento della rete metropolitana di Salonicco e la modernizzazione della flotta. In Francia ci sono misure che stanno cancellando le restrizioni alla competizione tra i liberi professionisti, come il divieto di pubblicità, per esempio tra i veterinari.

POCHI RISPARMI - L’analisi del governo tedesco è inoltre particolarmente critica sullo scarso risparmio ottenuto dagli esecutivi dei paesi membri. Solo i paesi che si sono sottoposti ai programmi di crediti internazionali – Grecia, Portogallo ed Irlanda, oltre alla Spagna e Cipro hanno ridotto in modo significativo la spesa pubblica. In Grecia il governo di Atene diminuirà la spesa pubblica dal 54,7% al 47,3% con l’entrata in vigore degli ultimi tagli. Una simile previsione vale anche per Irlanda e Spagna. In Francia invece la quota di spese statali sul Prodotto interno lordo è salita dal 56,6 fino al 57,2%, un livello record dell’eurozona. Se non ci fosse stato un aumento delle tasse, il deficit transalpino sarebbe stato ancora più alto rispetto al livello molto elevato “condonato” dalla Commissione. Parigi inquieta molto Berlino, visto che il ministro delle Finanze Moscovici ha dichiarato che un eccessivo adattamento strutturale produrrebbe effetti recessivi ancora più dannosi. Il governo tedesco ha deciso di non scontrarsi con lo storico alleato, per non rendere ancora più instabile e difficilmente governabile l’unione monetaria. A pochi mesi dalle elezioni federali però i segnali di inquietudine che provengono da Berlino sono sempre più numerosi, verso europartner che non riescono a rispettare le misure concordate.

http://www.giornalettismo.com/archives/ ... eurocrisi/


Ultima modifica di Ronin77 il 16/05/2013, 18:27, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 16/05/2013, 22:22 
il governo della germania cerca di difendersi dall'assalto elettorale degli anti euro,e di conseguenza e'contrario a tutte le misure che servono come stimolo x l' economia dei paesi del sud europa,non rendendosi conto che cosi' facendo dalla crisi non potremo uscirne,senza poi contare sul fatto che sia l'economia francese e tedesca stanno rallentando in modo vistoso....[:(!]


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Ecco la mappa dei paesi in recessione (rosso), paesi in crescita molto moderata (azzurro, fra lo zero e l’1% annuo) e paesi in crescita a più del 2% annuo (in verde) ... coi confini cerchiati in blu i paesi sotto "programma di salvataggio": Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro (per ora?).

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http://argentofisico.blogspot.it/2013/0 ... +Fisico%29



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MessaggioInviato: 19/05/2013, 13:20 
http://www.corriere.it/esteri/13_maggio_19/bonino-intervista-europa-federale-ora-o-mai-piu_81704f68-c066-11e2-9979-2bdfd7767391.shtml

Cita:
L'INTERVISTA IL MINISTRO DEGLI ESTERI RILANCIA IL PROGETTO DI INTEGRAZIONE «LEGGERA»

[color=blue]«L'Europa federale? Ora o mai più»

Bonino: «Berlino chiede un'unione politica. Prendiamola in parola. Come ha fatto Hollande in Francia»

ROMA - «Prendo molto sul serio l'apertura di François Hollande. Quali che siano le ragioni che l'hanno ispirata, per la prima volta Parigi segnala la disponibilità a una rivisitazione dell'Europa che mi fa molto piacere, perché fino a poco tempo fa era tabù anche solo parlare di modifiche ai Trattati. È ovvio che le cose ipotizzate dal presidente francese presuppongano per lo meno una revisione dei patti esistenti. Ma se si ammette il bisogno di una riconsiderazione complessiva delle istituzioni e delle politiche, allora si apre lo spazio per discutere se vogliamo un'Europa intergovernativa, come temo Hollande abbia ancora in testa, oppure se ne vogliamo una federale».

Anche da ministro degli Esteri, Emma Bonino non dissimula il suo codice genetico «radicale, spinelliano e federalista», riproponendo quella posizione ostinatamente tenuta per tanti anni in minoranza, insieme a un minuscolo drappello di visionari dell'Europa. «È una posizione storicamente mia - dice nella prima intervista concessa dal suo insediamento alla Farnesina - ma è anche quella dell'Italia, visto che di Stati Uniti d'Europa ha parlato il presidente Enrico Letta al momento della fiducia».

Giuliano Amato dice affettuosamente che lei è «sempre troppo avanti coi tempi». Il rilancio dell'Europa federale è stato il tema conduttore del suo esordio alla guida della diplomazia. In Parlamento e poi all'Università europea, lei ha parlato della necessità di «un nuovo spartito», indicando il federalismo come uno dei temi centrali della prossima presidenza italiana della Ue nella seconda metà del 2014. Non rischia di essere una fuga in avanti?
«No, se si riconosce che l'Europa sia in una situazione insostenibile. Prendiamo l'esempio dell'Unione bancaria, decisa più di un anno fa. Ancora non ci siamo, perché la governance non funziona e quindi non possono funzionarne le politiche. Il tempo non è elemento marginale: una cosa che va bene ora, non funzionerà tra 5 anni quando il mondo sarà andato da un'altra parte. La tesi secondo cui austerità e tagli da soli avrebbero portato alla crescita, a trattati vigenti viene smentita da tutte le parti. Avere i conti a posto è importante e in Italia lo abbiamo fatto, anche grazie al governo Monti. Ma i costi economici sono alti (per tutti, compresa prossimamente la Germania) e a questi si aggiungono quelli politici, perché assistiamo allo sviluppo di populismi ed euroscetticismi che assumono dimensioni preoccupanti, trasformandosi poi in nazionalismo e razzismo, da cui la nostra Storia ci mette in guardia».

Ma perché l'opzione intergovernativa non funzionerebbe?
«Perché a forza di andare avanti sulla strada dell'Europa delle patrie, si distruggono pure le patrie. Non riesci neppure a governare una crisi relativamente piccola come quella di Cipro. Sono federalista per convinzione e non conosco altro sistema istituzionale al mondo in grado di tenere insieme in democrazia, Stato di diritto e diversità 500 milioni di persone di lingue e storie diverse. E non è una cosa esotica, lo abbiamo vicino, in Germania, dove funziona. Non è pensabile cedere ulteriori competenze senza una accountability democratica, senza che il presidente sia eletto, senza che il Parlamento europeo, magari integrato da quelli nazionali, possa votare la sfiducia. Non esiste una capacità di bilancio e imposizione fiscale senza risvolto del controllo democratico, che fra l'altro non è limitato solo all'aspetto economico».

Cosa vuol dire?
«Che esiste nell'Europa attuale anche uno spread di diritti civili. Per esempio sul tema delle carceri e della giustizia in Italia, o della democrazia costituzionale in Ungheria. Non esistono cioè strumenti seri di correzione. Abbiamo criteri economici forti per entrare nella Ue, meccanismi di monitoraggio efficaci: procedure d'infrazione, multe, eccetera. Mentre sulla parte democratica ci sono criteri forti per l'ingresso, ma una volta dentro un Paese può cambiare la Costituzione eliminando la divisione dei poteri senza che accada nulla come è il caso a Budapest. Oppure si può essere come l'Italia, dove pare che il diritto alla difesa non esista più, perché un processo che dura 10 anni non è più tale».

Dove ha sbandato il progetto d'integrazione?
«Si è fossilizzato sulla moneta unica. Ci siamo fermati, aiutati dal fatto che l'euro, checché se ne dica, è stato un successo strepitoso, perfino in questo sistema imperfetto, al punto che ci si è dimenticati di andare avanti con le altre parti finché siamo sprofondati nella crisi. La moneta unica aveva una governance da bel tempo, con la tempesta non ha retto più».

Si è perso però anche il principio di solidarietà, la ragione per cui si è insieme...
«In realtà non abbiamo mai dovuto praticarlo sul serio, perché non siamo mai stati messi veramente alla prova: bastavano i fondi di coesione e le altre voci del bilancio. Questa è la prima grande crisi e l'incapacità di dare risposte fa passare il rifiuto della solidarietà dai governi ai cittadini. Popper ci ha insegnato che in crisi ognuno si rivolge all'autorità più vicina per trovare una soluzione. Per tre anni abbiamo preso misure appena sufficienti a non esplodere: troppo poco e troppo tardi. La verità è che solo un grande progetto di rilancio a tutti i livelli può appassionare qualcuno. Non credo sia più possibile rimettere insieme l'Europa con i piccoli passi. La bizzarria fantastica è che l'Europa continui a essere un magnete di attrazione per tutti i popoli non europei».

Qual è oggi l'argomento forte del bisogno d'Europa?
«Nessuno di noi da solo ha le risorse o l'economia di scala per riuscire a garantirsi un futuro per le proprie generazioni. La visione opposta è quella autarchica e nazionalista, la tentazione di chiudere tutto che poi diventa razzista e fomentatrice di guerre. Insieme siamo più forti sul piano economico e democratico».

Il ministro delle Finanze tedesco Schäuble dice che bisogna modificare i trattati anche solo per l'Unione bancaria. È d'accordo?
«Secondo me non vale la pena. Non è vero che le piccole riforme siano più digeribili da un certo tipo di Paesi. Comunque molti di loro sono obbligati a sottoporle a referendum. E la gente non si rinnamorerà dell'Europa se gli dici che facciamo l'Unione bancaria. Già era difficile innamorarsi di una moneta. Ci sono però cose che toccano molto di più l'immaginario popolare. Non mi stanco per esempio di chiedere cosa ce ne facciamo di 27 eserciti nazionali. Sono 250 miliardi di euro. Abbiamo 2 milioni di persone sotto le armi, nude, cioè non equipaggiate. Tant'è vero che ogni operazione di peacekeeping diventa un dramma: equipaggiamenti, standard diversi, sistemi d'arma diversi, in Libia dopo dieci giorni eravamo senza munizioni. Oppure le infrastrutture, la ricerca».

È la sua idea della Federazione leggera?
«Sì, con un bilancio di appena il 5% del Pil europeo: mettere in comune 4 o 5 settori, nulla a che vedere col Superstato. Il resto lo lasciamo alla sussidiarietà. Non dobbiamo diventare assolutamente omogenei. A differenza della mia amica Ulrike Guérot, secondo cui l'Europa non si fa perché non ci si mette d'accordo se è meglio pasteggiare a vino o a birra, penso che la nostra ricchezza siano proprio la birra e il vino di ognuno dei nostri Paesi. Insieme dobbiamo fare solo le cose che contano: esteri, difesa, sicurezza, fiscalità, tesoro, ricerca, infrastrutture e ci metto anche l'immigrazione. Le cifre più prudenti dicono che l'Europa avrà bisogno di 50 milioni di immigrati entro il 2050».

In che modo il governo italiano dovrà muoversi per far sì che questa apertura francese non sia lasciata cadere?
«Il punto è capire quanta disponibilità ci sia. Boutade a fini interni o meno come qualcuno dice, penso che sia quel tipo di seme che una volta gettato assume vita propria. A noi tocca curarlo, metterci l'acqua, un po' di concime. Se c'è un accordo di massima, sia pure con resistenze comprensibili, questa dovrà diventare l'agenda dei viaggi del presidente del Consiglio, del ministro degli Esteri e di quello del Tesoro. Dobbiamo attivarci in tutti i forum. Così potremo preparare un diverso tipo di elezione europea, con le grandi famiglie politiche che indichino il loro candidato alla presidenza della Commissione, dei commissari e del presidente del Consiglio, avere un diverso dibattito in grado di coinvolgere ed entusiasmare la gente».

E la Germania, uscirà dalla cautela imposta dalle elezioni?
«Capisco che la campagna elettorale abbia una sua dinamica e imponga le sue regole. Ma al netto di questo, Berlino ha sempre detto nessuna mutualizzazione del debito se non c'è cessione di sovranità. Prendiamo la Germania in parola. Se è un bluff andiamo a vederlo».

Paolo Valentino
19 maggio 2013 | 11:42
© RIPRODUZIONE RISERVATA[/color]



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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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