Hannah ha scritto: Secondo me, se vogliamo fare un discorso serio (e mi pare che il taglio dato da Zelman sia serio), il discorso alimentare ha sempre delle implicazioni culturali molto profonde (ora parlo da esperta della faccenda: master in comunicazione multimediale dell'enogastronomia
![Imbarazzato [:I]](./images/smilies/UF/icon_smile_blush.gif)
). Con il cibo passa sempre anche una serie di messaggi legati al cibo. Laddove c'è una tradizione culturale legata al cibo molto forte, il problema è limitato. Ad esempio Napoli è l'unico posto in cui i Mc Donald's, dopo un primo entusiasmo, falliscono. Ci sono stati anche altri motivi ma pizza e slow food battono hot dog 100 a 0.
I prodotti tipo coca cola, liquori, portano con loro, anche grazie al messaggio pubblicitario, tutta una serie di messaggi che riguardano lo stile di vita. L'associazione psicologica tra cibo e messaggio pubbilcitario è psicologica e molto più profonda e condizionante di quanto si possa pensare. Cambiare alimentazione, significa cambiare una parte importante della propria cultura.
Se questa cosa viene vissuta consapevolmente, come scambio, come esplorazione, bene. Altrimenti, è una forma come un'altra di colonizzazione.
Appunto e nono vedo la Ferrero ed il marchio nutella in che modo possano nuocere in questo panorama. Se ci fossero più multinazionali con base italiana che fossero in grado di distribuire nel mondo i nostri modelli di alimentazioni e stile di vita sarebbe un mondo certamente migliore. Anche perchè è proprio la cultura italiana e di conseguenza quella alimentare che è frutto di millenni di commistioni culturali, miscugli razziali e via dicendo. Quando l'integrazione è totale ci sono solo vantaggi e il nostro splendido paese col sua splendida cultura gastronomica ne è un esempio lampante.