31/05/2011, 19:22
31/05/2011, 19:27
steve1965 ha scritto:Ufologo 555 ha scritto:
Ma porco giuda! TUTTI I SACCHETTI che buttano in strada, vengono dal nord? Dovete essere polemici a tutti costi (anche contro l'intelligenza!)![]()
Lo capisci Ufologo che con personaggi così la colpa sarà sempre di chi si è civilizzato un pochino di più ????
e l'africa è così perchè l'abbiamo sfruttata noi , e il nord è ricco e pulito perchè sfrutta il sud e scarica la sua monnezza da loro![]()
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sono mistificatori della realtà e farebbero di tutto piuttosto di dire che forse ci possa essere un altro motivo per spiegare una situazione ....... da qui la NON-unità d'Italia
31/05/2011, 19:32
31/05/2011, 19:36
bleffort ha scritto:
Tu neanche lo sai che significa la parola CIVILTA'.
31/05/2011, 19:37
Ufologo 555 ha scritto:
Va là, bleffort! Non dico altro perché c'è molta gente del sud che non lo merita ... (te compreso, ne sono convinto). Ma purtoppo è una mentalità anche quella: latitudine che vai usanze ... che trovi.
31/05/2011, 19:38
31/05/2011, 19:50
Ufologo 555 ha scritto:bleffort ha scritto:
Tu neanche lo sai che significa la parola CIVILTA'.
Ci sei andato pesante, èh?! Ti perdono, diciamo che ti è ... scappato!
(E sì che non sei più giovane; se volessi "divertirmi", potrei attaccare sia il nord che il sud, essendo centrale, visto che "in medio stat virtus", ma non mi perdo con il campanilismo, ci pensa già la politica ...che fà già schifo abbastanza!)
31/05/2011, 19:54
31/05/2011, 20:00
31/05/2011, 20:26
sezione 9 ha scritto:
Perchè hanno le discariche così piene che le hanno dovute riaprire tra le proteste della gente? Perchè lì la camorra smaltiva i rifiuti dal nord. Perchè non hanno un ciclo dei rifiuti normale, perchè non fanno la differenziata? Perchè coi rifiuti ci devono fare le ecoballe, con le quali è così tanto reale la possibilità di farci una fortuna, che i signori che le controllano (Impregilo) stanno aspettando ancora che il "rifiuto da inceneritore" cresca di prezzo. Perchè hanno i rifiuti per strada? Perchè non sanno dove metterli: l'idea è termovalorizzatore tal quale, senza raccolta differenziata. Più si brucia, meglio è, cioè, più rifiuto c'è, più si guadagna. Le discariche sono piene, ecoballe ne hanno fin sopra i capelli, il termovalorizzatore (quello di Acerra) l'hanno sì costruito, ma non per bruciare il tal quale, cioè, la monnezza così com'è. Acerra non può bruciare tutto, dovrebbe bruciare solo ciò che resta del secco dopo aver riciclato plastica, vetro e metalli, invece ci finisce dentro di tutto, compreso l'umido. E infatti va da schifo, a metà, e alternativamente, perchè devono continuamente riparare ciò che si rompe: ad Acerra è come se stessero facendo andare una macchina a metano col petrolio.
31/05/2011, 21:01
31/05/2011, 22:02
31/05/2011, 22:46
sezione 9 ha scritto:
E' stupendo vedere come Il Giornale e Grillo si trovino d'accordo. Sì, tutti e due a rodersi il fegato...
Ubatuba, il problema non è chi governa la Campania, ma chi governa il problema. Certo che Bassolino e Jervolino hanno colpe enormi, ma sono 15 anni che i rifiuti sono gestiti dai vari commissari, alcuni nominati dalla sinistra, altri dalla destra. E il commissario ha pieni poteri: inutile continuare a dire che la colpa è della Jervolino, dato che la Jervolino NON POTEVA PER LEGGE gestire il problema.
Allora, la cronologia è questa:
Bassolino diventa sindaco di Napoli nel 1993 (prima governava la DC), il commissario viene nominato nel 1994;
dal 1994 al 1996 è competente per tutto (raccolta e pianificazione) il commissario (prefetto di Napoli);
Nel 1996 il prefetto resta competente per la raccolta, mentre il Presidente della Regione deve preparare un piano generale; il Presidente è Rastrelli di AN, che rimane in carica fino al 2000;
Nel 2000 gli succede Bassolino, che segue il piano di Rastrelli che intanto aveva fatto l'appalto per la gestione dei rifiuti, che viene vinto da una ditta che doveva fare 7 inceneritori, tra cui Acerra, con le ecoballe; gli inceneritori non si fanno e la ditta è sotto processo per truffa alla Regione Campania;
Nel 2007 viene nominato da Prodi commissario straordinario (per tutto il problema) De Gennaro, che viene sostituito poi da Berlusconi nel 2008 che nomina Bertolaso.
Quindi, il sindaco di Napoli è stato causa del problema dal 1993 al 1994 (e credo che il problema non nasca in pochi mesi), mentre gli altri colpevoli sono Rastrelli per 4 anni, Bassolino per 7 anni, De Gennaro per pochi mesi e Bertolaso idem. Perchè il Governo Berlusconi, nonostante sia chiaro a tutti che il problema non si sia mai risolto, dichiara l'emergenza finita, lasciando gli enti locali (tutti, Comune, Provincia e Regione, in mano sia alla destra che alla sinistra) nel casino più totale. Notare che un commissario si nomina perchè si ritiene che da solo l'ente locale non possa farcela, e questi hanno lasciato un casino (per legge) irrisolvibile dagli enti locali senza averlo risolto, proprio agli enti locali...
Io ho idea che TUTTI abbiano delle belle responsabilità, dovute a incapacità reciproche di amministratori locali, nazionali e commissari (di tutti i colori), e che nessuno abbia saputo affrontare bene a Napoli (e a Caserta, chissà come mai quella zona resta fuori dalle polemiche) IL problema si sempre, la camorra.
[color=blue]Napoli dietro gli scandali
A UN MESE DALL'APPARIZIONE DEL COLERA
La città corre due pericoli opposti e altrettanto gravi
Da una parte l'indifferenza, l'ingiusto sollievo per qualche "mancia assistenziale"; dall'altra la denuncia che trova la via della rabbia popolare, della sfiducia e del fascismo - Si dice: "Non siamo degli inibiti da mettere sotto tutela" - Ma non è neanche possibile ignorare una lunga e triste catena di abusi
(Dal nosiro inviato speciale)
Napoli, 22 settembre, .ìd un mese esatto dalla apparizione del colera (se è vero che il primo caso fu il 23 agosto), Napoli corre due pericoli opposti e altrettanto gravi. Da una parte l'indifferenza, l'ingiusto sollievo, quello stesso silenzio che, dopo altre sciagure naturali, colpì nel passato Gibellina e Ancona, l'Irpinia e Pozzuoli.
« Finita l'emergenza, elargita magari qualche mancia assistenziale, tutti i problemi tornano a caderci addosso », dice un dirigente sindacale napoletano.
L'altro rischio è che la denuncia e la protesta, invece, trovino la via della rabbia popolare per sfogare nella sfiducia e nel fascismo.
I disoccupati / disoccupati che assediano il Municipio da molti giorni, che circondano le auto delle autorità locali, che si schierano a Mergellina o sul lungomare, che assaltano gli uffici di collocamento e urlano contro lo Stato inadempiente e le promesse non mantenute, sono il sintomo di un male vero, ma anche il germe di un male peggiore, l'avanguardia di un esercito che potrebbe ingrossarsi sotto la spin'.a degli agitatori nià in azione.
« Napoli come Reggio? » si chiede un giovane dirigente politico di sinistra. « Non è facile, con 80 mila metalrraccanici in città ». Ma l'ottimismo dilegua facilmente camminando nei fondaci, nei quartieri dove vive la borghesia degradata, nelle cinture periferi¬ che dove lo spazio di verde individuale è stato calcolato talvolta a 10 cm per persona.
Un mese di colera, e il quaderno del cronista è colmo di episodi sconcertanti, che oscurano con la loro forza negativa anche lo sforzo dei sanitari, la compostezza popolare davanti al pericolo epidemico, la volontà di ripresa dei lavoratori di ogni settore.
« Gli scandali non sono una chiave di spiegazione » insiste Giuseppe Galasso, sino ad oggi unico dimissionario di una giunta comunale sconvolta dalla burrasca. « Non siamo degli inabili da mettere sotto tutela.
Cosa si vuole, mandare a Napoli un viceré calato dal Nord, o un prussiano? ». Gli scandali non spiegano tutto, ma altri ribattono che Napoli si difende anche non lasciando tutti gli argomenti al diavolo. E di argomenti ce ne sono, non c'è che il triste imbarazzo della scelta: denunce, proteste, rivelazioni, documenti, personaggi.
Proviamo a guardare a caso, a fare un rapido montaggio di scene e di frasi. Ecco il cardinale Ursi, che nel duomo di San Gennaro leva in alto la teca con il sangue liquefatto del santo, e predica contro « l'infezione spirituale» che ammorba Napoli. Ma Ursi è il patrono dei pescatori abusivi di Mergellina e di Santa Lucia, e sulla carta intestata della Curia era scritta quella lettera che incitava il presidente dell'Ente porto a cercare un « artifizio giuridico » per salvare le coltivazioni sospette e illegittime.
Ecco la bambina malata gravemente al « Gesù e Maria », che deve aspettare sette ore prima che una ambulanza la venga a raccogliere per portarla in un altro ospedale, e infine vi giunge morta. E il direttore di quell'ospedale che si difende raccontando che ha gli ammalati sdraiati anche nei corridoi, le cimici nei letti, e deve rispedire a casa i nuovi arrivati. Cozze abusive Ecco il medico provincial~ sotto accusa, che intanto rivela come fu minacciato e sconfitto quando tentò di abolire i campi abusivi di frutti di mare: barricate sulle rive, inutili sparatorie sui galleggianti, lettere di pressione e di ricatto. Ed ecco il presidente dell'Ente porto che racconta come la motove letta della Capitaneria, comandata addirittura da un generale, non riusci neppure ad entrare nel porto di San*n Lucia sbarrato dai pescatori ammutinati, e fu poi definitivamente fermata da una lettera del prefetto di allora. Ma subito dopo ecco gli accusatori dello stesso presidente del porto rivelare che la famiglia di sua moglie vive da anni coltivando frutti di mare nelle acque fetide del golfo. Sullo sfondo, una folla di ufficiali sanitari che tacciono o acconsentono, di benevole pressioni, di favori ricambiati, di demagogia. E poi le siringhe comprate alla borsa nera, la battaglia fra clientele per l'assegnazione di pochi posti di dipendente comunale, l'ultimo episodio delle società di comodo per guadagnare l'appalto della lotta ai iopi o della distruzione dei rifiuti...
Gli scandali non sono una spiegazione, ma ignorarli è impossibile. Forse è più giusto risalire agli scandali più vasti, quelli che è più difficile denunciare? E allora ecco altre scene, in un montaggio casuale. Una ((tangenziale» che costa 100 miliardi e serve ben poco, mentre Napoli ha solo mezzo migliaio di mezzi pubblici galleggianti in un mare di 700.000 auto private, a loro volta controllate da poco più di mille agenti, di cui quasi la metà rimane a casa ogni giorno. Una legge speciale che servi solo all'amministrazione Lauro per piantare qualche albero in piazza Municipio, ch2 da allora in poi ha visto i suoi fondi giustamente bloccati sia dalla svalutazione sia dal Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. Un piano regolatore d'antegverra, sul quale gli abusi portano i nomi degli autori come le vette alpine: la « Variante Lauro », la « Variante Correrà »; l'ex sindaco democristiano Fernando Clemente che fa acquistare al Comune aree espropriate a prezzi assurdi; le mappe comunali trafugate e poi falsificate per consentire le speculazioni. Forse gli scandali non spiegano nulla, certamente non servono a nulla. Come nei drammi post-pirandelliani, le colpe salgono, si fanno aeree, diventano impalpabili. Di chi è la responsabilità davanti allo «scandalo delle cifre», ai dati su Napoli tante volte ripetuti?
La criminalità che aumenta di un venti per cento all'anno, l'affollamento che è quasi di due persone per ambiente, la disoccupazione che colpisce un napoletano su quattro... E a che giova ripetere dei grandi potentati cittadini, le famiglie che amministrano città e regione come un feudo personale, e scavalcano gli organismi elettivi? Nel copione di questa inquieta fine d'estate napoletana dovrebbe trovare nuovamente posto una foto di gruppo della famiglia Gava; magari ambientata sullo sfondo del Banco di Napoli, che tira le redini della vita economica cittadina e che controlla un giornale, la maggiore testata meridionale, che in questi giorni dedicava solo poche righe, in seconda pagina di cronaca, alla crisi comunale. Ma questi non sono scandali, sono elementi del panorama cittadino come la collina del Vomero o il Maschio Angioino.
Pretendiamo forse di scoprire Napoli? Trasformismo e clientele sono concetti che si trovano ormai anche nei «baedeker» turìstici, idee sepolte nei manoscritti di Guido Dorso a pochi chilometri da qui, ad Avellino. Ed ecco allora il dilemma dei democratici napoletani, che li condanna spesso ad essere inascoltati o li costringe all'emigrazione. Abbandonare la denuncia, o alzare la voce con il timore che venga raccolta da orecchie sbagliate? Come difendere le istituzioni se sono gestite così male, come gettar via l'acqua e non il bambino che vi fa il bagno? Come distruggere l'economia sottoproletaria senza abbandonare i più umili alla loro sorte? Come chiedere interventi straordinari senza danneggiare le autonomie locali? Stato e Regioni Qualcuno ha voluto anche vedere nella vicenda del colera l'occasione di un confronto tra Roma e la periferia, fra Stato e Regioni. Informazioni tardive, competenze non ancora definite, riforme insabbiate. Nel suo grande ufficio di piazza S. Carlo, il prefetto Domenico Amari ha il piglio del combattente: ripete volentieri che viene da una zona di mafia e racconta di quando fuggì dalla prigionia nazista calandosi da una finestra ad Alassio. Per lui, naturalmente, il ruolo del prefetto è insostituibile. «Le Regioni trasformano tutto in politica — dice —.
Qui in Campania ci sono state tre crisi in tre anni, gli assessori sono sempre riuniti in giunta per decidere se devono fare gli assessorati o i dipartimenti. E inoltre non hanno soldi. Lo Stato che dovrebbe fare, stare a guardare, ad aspettare? E poi, siamo davvero maturi per un sistema di autonomie come le contee inglesi, o i governatorati americani?». Si ravvia i capelli bianchi: solo pochi minuti fa la sua auto è stata ammaccata da una folla di disoccupati. A Palazzo S. Lucia, il presidente della Regione, Vittorio Cascetta, ex moroteo ora doroteo, professore di storia e filosofia, si tiene la testa fra le mani, parla con un filo di voce, i giornali che ha sul tavolo chiedono le sue dimissioni, i pescatori del Pallonetto lo aspettano al portone.
Dice che i poteri della Regione sono solo un modello, un prototipo, un dìsegno teorico da confrontare con la realtà. Le malattie infettive, ad esempio, sono un problema nazionale, di dimensioni statali, che non può essere trasferito alle Regioni.
«E la vaccinazione — aggiunge — è un problema politico, potevo ignorarlo, anche se non era di mia competenza? Siamo in una fase costituente, tutto è ancora da completare, solo Cavour prese lo Statuto del Regno di Sardegna e lo trasferi al Regno d'Italia. Noi abbiamo ereditato degli uffici; se funzionavano prima funzionano anche ora, ma è vero anche il contrario. E non sono io a dire che i ministeri ci hanno trasferito competenze e funzioni, ma si sono tenuti i fondi di bilancio». Il medico provinciale intanto sale ancora le scale della prefettura per ricevere ordini, il comitato provinciale della Sanità è ancora presieduto dal prefetto, lo stesso ministro Gui ha parlato di «una zona d'imprecisione», dì un vuoto di informazione e perciò anche di potere. Ospedali e autorità sanitarie non sono più collegati con il ministero, ma non lo sono ancora abbastanza con le Regioni. E allora non ci sarebbe altra strada che la riforma sanitaria: il colera di Napoli dimostra che costa più non farla che tarla.
Ma che cosa la impedisce? La previsione di spendere mille e più miliardi (ma solo le infezioni nel Sud rischiano di costare una cifra simile in un mese) o la pressione contraria delle grandi mutue, veri imperi burocratici e assistenziali? Lasciamo il prof. Cascetta nel suo ufficio. La sua voce affranta c'insegue fino all'uscita: «Sono problemi controversi, maglie da completare, leggi ancora sperimentali...».
Tutto affonda Le Regioni sono in parte inattuate, il governo di centro-destra negò mezzi finanziari adeguati, la tutela ambientale e igienica è oggi affidata a capitani di porto, sindaci e pompieri, lepidemiologo dell'Istituto Superiore di Sanità è andato in super-pensione e non è stato sostituito. Ma non c'è scandalo, non bisogna protestare, perché altrimenti si aiuta la destra neofascista.
Basta affondare tutto insieme ai grappoli dei frutti di mare. La denuncia è distruttiva, inopportuna, occorre ripetere all'infinito che ci vogliono cantieri di lavoro e risanamenti urbani, scuole e ospedali, fabbriche e case. E intanto, a gestire i nuovi programmi (tutti ancora sepolti nelle buone intenzioni) si preparano gli uomini di sempre, quelli che governano per delega, piazzando nei posti di potere i loro clienti più fidati, personaggi fuori o al di sotto della mischia. Così nulla cambia, e dopo settimane dallo scoppio del colera e anni dalla fine del laurismo, sentiamo il Sud chiedere un «nuovo modo di vivere», mentre il Nord chiede già «un nuovo modo di lavorare».
E Napoli rimane la capitale involontaria di un regno di sfacelo ambientale, di un arcipelago di città meridionali frananti o gonfie di livore antistatale. Essere un meridionale significa ancora essere un cittadino sfortunato, immerso in un «habitat» malsano e miserabile, in attesa che dal Nord si srotolino le autostrade, s'impianti qualche fabbrica subito inaccessibile o s'invochi la salvezza di qualche chiesa barocca. Ma ormai neppure questo fa scandalo. Andrea Barbato Napoli.
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Autore: Andrea Barbato
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31/05/2011, 23:00
31/05/2011, 23:30
sezione 9 ha scritto:
PS: Lauro, noto imprenditore (flotta Achille Lauro, proprio lui), patron del Napoli Calcio, ebbe anche una "storiella" da 70enne con una 18enne. La cosa mi ricorda qualcuno...