Cita:
xfabiox ha scritto:
loro quelli dello spazio ci usavano come schiavi per estrarre l'oro che gli serviva, la fed contiene tutto l'oro del mondo di ogni nazione. qualcosa mi puzza
Come vedi qui sotto la puzza che senti tu la sento pure io:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=239522
E Ti aggiungo altra puzza alla puzza:
Noi, riserva aurea mondiale: e dov’è finito l’oro dell’Italia?Dov’è finito l’oro dell’Italia? Pochi lo sanno, ma il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo
Usa,
Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di
euro. Bankitalia potrebbe usarli per ridurre il debito e contrastare attacchi speculativi, ma non lo fa. E poi: siamo sicuri di sapere esattamente dove si trovi quella montagna d’oro? E’ il bene-rifugio per antonomasia, quello che «tesaurizza le aspettative di
crisi». In suo nome, scrive Mauro Bottarelli su “
Il Sussidiario”, sono accadute molte cose strane e in apparenza inspiegabili. Come nella
guerra in Libia, trasformatasi in un incredibile Vietnam. Poi, lo stallo militare fu sbloccato in soli tre giorni. Armi dall’Occidente? Servizi segreti? Forze speciali francesi e britanniche a fianco dei ribelli? Ma no: oro. Per la precisione, i lingotti che il Venezuela aveva parcheggiato a Londra: Hugo Chávez chiese il rimpatrio di quell’oro, ma la Banca d’Inghilterra l’aveva “movimentato”, non ce l’aveva più nei suoi caveau. Quale occasione migliore, allora, per arraffare le 150 tonnellate di riserve auree di Gheddafi?
Per restituire al Venezuela l’oro che Chavez aveva concesso in leasing alla Bank of England, Londra avrebbe dovuto procurarselo altrove: ricomprarlo

sul mercato, o – meglio ancora – prenderlo, manu militari, direttamente ai libici. «Così facendo, il Venezuela avrebbe riavuto ciò che era suo e il mercato non avrebbe subito nuovi, pericolosissimi scossoni per chi gioca con i
futures e per chi, come Londra e New York, gode dello status di caveau dell’oro mondiale ma, di fatto, di lingotti fisici ne ha davvero pochi», scrive Bottarelli, ricordando «lo scandalo delle barre di tungsteno dipinte in color oro e conservate alla Fed, come denunciato da Ron Paul». Perché oggi l’oro torna al centro della scena? Perché c’è la
crisi, ovviamente. E la tendenza è chiara: riprendere il controllo del bene-rifugio più sicuro di sempre. Cosa che, peraltro, la
Germania ha già fatto: nel 2001, scrive “Il Sussidiario”, la Bundesbank ritirò i due terzi delle sue detenzioni d’oro presso la Bank of England, stando a un report confidenziale diffuso di recente.
La rivelazione, aggiunge il blog, ha fatto seguito alla sacrosanta richiesta da parte degli enti preposti al controllo del budget tedesco, affinché il governo verificasse sul posto che le riserve auree depositate a Londra, New York e Parigi esistessero davvero, fisicamente. La
Germania possiede 3.396 tonnellate d’oro, pari a un controvalore di 143 miliardi di
euro, ed è la seconda riserva aurea al mondo dopo gli
Usa, «sempre ammesso che quello statunitense non sia davvero tutto tungsteno». La massima parte dell’oro tedesco fu stivata all’estero durante la
Guerra Fredda, nel timore di un’invasione sovietica. Circa il 66% è conservato alla Fed di New York, il 21% alla Bank of England e l’8% alla Banque de France: la Corte degli Uditori tedesca, però, in tempi di
crisi nera, ha ritenuto di non fidarsi e ha avvertito i legislatori tedeschi che «le riserve auree non sono mai state verificate fisicamente». Di qui l’ordine alla Bundesbank di assicurarsi l’accesso ai siti di [img]http://libreidee.org/prova/wp-content/uploads/2012/11/Hugo-Chávez-con-Muhammar-Gheddafi.jpg[/img]
stoccaggio. Sempre la Corte ha ordinato il rimpatrio nei prossimi tre anni di 150 tonnellate per verificarne qualità e peso, visto anche che Francoforte non dispone di un registro di numerazione delle barre d’oro.
Stando sempre al report, aggiunge “Il Sussidiario”, la Bundesbank avrebbe ridotto le sue detenzioni d’oro a Londra da 1.440 a sole 500 tonnellate tra il 2000 e il 2001, ufficialmente «perché i costi di stoccaggio erano troppo alti». A quel punto, il metallo sarebbe stato trasportato per via aerea a Francoforte. Il tutto, mentre l’allora ministro del Tesoro britannico, Gordon Brown, «stava svendendo a mani basse le riserve auree britanniche – ai prezzi minimi sul mercato – e con l’
euro da poco introdotto come valuta di riferimento anch’esso ai minimi di 0,84 sul dollaro». Perché questa mossa? «Semplice: per evitare che l’oro andasse in giro e non tornasse più». Insomma, una scelta difensiva: «Sia perché la Bank of England stava esagerando con il leasing dell’oro che deteneva, sia perché il governo Blair aveva deciso di vendere le riserve per fare cassa, sia perché le barre d’oro tedesche non avevano un registro e un codice identificativo, quindi non erano reclamabili in modo certo». Insomma, il rischio è quello di non poter

richiedere con prove e certezza il proprio oro e «diventare, legalmente, solo un creditore generale con un conto in metallo».
Più di dieci anni fa, quindi, la
Germania ha avuto la lungimirante idea di mettere al sicuro gran parte delle proprie riserve. Domanda: se si rompe la catena che sul mercato aureo collega custodi, prestatori e soggetti che operano nel leasing, chi può davvero reclamare il proprio oro se non si sa dove sia e se non esiste un registro con numeri seriali? «Quanto emerso in questi giorni grazie all’iniziativa dei regolatori tedeschi è particolarmente interessante per il nostro paese», osserva Bottarelli, data la consistenza della riserva aurea italiana, la quarta al mondo. Lo scorso 6 ottobre ne ha fatto diretto riferimento la stessa Consob, cioè l’ente per la vigilanza sui mercati finanziari guidato da Giuseppe Vegas. «Per cercare di abbattere il
debito pubblico – sostiene la Consob – si possono usare senza tanti problemi le riserve auree della Banca d’Italia». Palazzo Koch, infatti, «può liberamente disporre di tutti i propri beni mobili e immobili, nei limiti in cui tali atti di disposizione non incidano sulla capacità di poter trasferire alla
Bce le attività di riserva eventualmente richieste».
Incombe infatti il rischio di nuovi attacchi dopo quello della scorsa estate, quando la Commissione Europea aveva proposto la costituzione di un super-fondo a cui trasmettere, tra le altre cose, le riserve di Bankitalia per cercare di contrastare un
debito pubblico ormai prossimo ai 2.000 miliardi di
euro. Sempre la Consob ricorda che la legge 262 sul risparmio, varata nel 2005, stabilisce che Bankitalia è “istituto di diritto pubblico”, nonostante le quote di partecipazione al capitale di palazzo Koch oggi ancora detenute dalle
banche. «Sul punto – rileva Bottarelli – sarebbe dovuto intervenire un regolamento governativo, che però ancora non c’è». Un tassello effettivamente mancante, per la Consob, secondo la quale «una volta emanato il citato regolamento, lo Stato – quale unico azionista della Banca

d’Italia – potrebbe liberamente disporre di tutti i beni della Banca d’Italia che, come l’oro, non sono in alcun modo funzionali allo svolgimento dei compiti istituzionali».
Ma dove sono le circa 2450 tonnellate d’oro, pari a circa 110 miliardi di
euro, di riserve auree italiane? Presso Bankitalia? «Non certo tutte: una parte è custodita negli
Usa e a Londra», spiega ancora Bottarelli. «Se la Bundesbank dieci anni fa ha deciso che era meglio tenersele vicine, non sarebbe il caso che, prima di discutere le proposte della Consob, qualcuno si prenda il disturbo di dare una controllatina?». E poi: in che percentuale le nostre riserve sono conservate all’estero? Esiste un regolare registro? Barre e lingotti sono contraddistinti con numeri seriali, dai quali si evince senza ombra di dubbio la proprietà italiana? «Non dico un’interrogazione parlamentare – conclude Bottarelli – ma una domandina almeno al question time del mercoledì qualcuno vorrebbe farla al ministro competente? Prima di fare conti, come quelli di Vegas, senza avere più il metallo».
Source:
Noi, riserva aurea mondiale: e...l’oro dell’Italia? | LIBRE