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MessaggioInviato: 15/11/2010, 11:04 
Calabria: il paese ‘deleghistizzato’ soccorre il Veneto alluvionato. E Zaia ringrazia
Solo nel 2009 il governatore aveva dato del "demente" al sindaco che oggi ringrazia per avere devoluto simbolicamente il suo stipendio per gli alluvionati. "La politica non c'entra nulla con la solidarietà"


“Grazie al sindaco e a tutta la comunità di Acquaformosa”. Così Luca Zaia, governatore del Veneto, commenta a Ilfattoquotidiano.it la notizia della raccolta fondi per gli alluvionati della sua regione, promossa dal piccolo paese della provincia di Cosenza, in Calabria. E dire che solo un anno fa, Zaia, ai tempi ministro per le Politiche Agricole, aveva pesantemente insultato il primo cittadino di Acquaformosa Giovanni Manoccio. Il paese, abitato da una comunità italo-albanese, si autoproclama “deleghistizzato” dopo che la Lega, il 6 agosto 2009, propone un esame di dialetto per gli insegnanti del Sud che operano al Nord. Per Manoccio questo “è troppo”, ci vuole una “battaglia di civiltà”, contro il pensiero leghista “che offende e dileggia il Meridione”. Una iniziativa voluta da tutta la giunta e portata a compimento con il ‘Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato‘ e con il posizionamento di un cartello all’entrata del paese: “Benvenuti ad Acquaformosa, paese deleghistizzato”.

Una idea “simpatica” per il sindaco, che nell’estate del 2009, disse: “Non ce l’ho con la Lega. I leghisti, per certi aspetti e per il loro folklore, mi sono anche simpatici”. Di tutt’altra opinione l’allora ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, che parlò di una “becerata”. Prima diede del “demente” al sindaco, poi lo invitò a “depurarsi nelle acque del Po”. Evidentemente ha cambiato idea, visto che oggi, nei giorni del disatroso alluvione in Veneto, lascia da parte le vecchie ruggini e ringrazia pubblicamente Manoccio per il pensiero, accettando lo stipendio che il primo cittadino calabrese vuole devolvere per la causa.

L’iniziativa di Acquaformosa prende spunto da una lettera inviata dal sindaco al governatore del Veneto: “Egregio Signor Presidente, con la presente le voglio esprimere la solidarietà mia e dei miei concittadini per la situazione difficilissima in cui versa la sua regione per i danni prodotti dalle intemperie atmosferiche di questi giorni”. Ma le parole non bastano, se non seguono i fatti. “Da ieri mattina un grande salvadanaio è stato messo all’entrata del comune – dice il sindaco – La prossima domenica poi ci sarà una raccolta di fondi nella piazza centrale”. Tutto questo “per mostrare ancora una volta che, pur nella povertà il sud e la Calabria, come hanno fatto da sempre nella loro storia millenaria, sanno essere vicini a chi vive situazioni di bisogno. E anche per riaffermare che il nostro Paese è uno dal Nord al Sud’’. Il governatore del Veneto, intervistato dal Fattoquotidiano.it dice “grazie al sindaco e a tutta la comunità di Acquaformosa”. Parole ben accolte da Manoccio, che però non dimentica le polemiche passate. Nella lettera si legge: “Lei non ebbe parole simpatiche nei miei confronti, mostrando un atteggiamento poco rispettoso. Il Sud è una parte d’Italia dove i sentimenti di solidarietà sono costantemente vivi e presenti, noi soffriamo quotidianamente e siamo vicini a chi subisce la nostra stessa sorte in ogni parte del mondo”. La risposta di Zaia è secca: “Ha ragione il sindaco, ma la politica non ha nulla a che vedere con la solidarietà. Oltre tutto, anche i veneti hanno avuto modo di dimostrare il loro spirito di solidarietà. Non ultimo all’Aquila”.

Capitolo chiuso? Non per il piccolo centro calabrese, che adesso vuole impegnarsi per portare al successo l’iniziativa di beneficenza. Non si cancella, però, il tanto discusso decalogo, che contiene chiari riferimenti alle frasi celebri dei dirigenti padani: le risposte al sindaco Gentilini (“nel nostro paese non togliamo le panchine per gli immigrati, anzi le dotiamo di cuscini”), ma anche quelle al leader lumbard Umberto Bossi (“nel nostro paese non occorre affermare di avercelo duro: tutti lo sanno già”). Il testo composto da dieci punti, scritto con il gusto dell’ironia e della dissacrazione adesso verrà aggiornato. La giunta ha infatti deciso di aggiungere un undicesimo punto: “I cittadini di Acquaformosa aiutano i popoli celti e padani del Nord”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11 ... zia/76228/



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MessaggioInviato: 19/11/2010, 11:57 
E ora chi salverà il Veneto dal fango della burocrazia?

http://www.ilsussidiario.net/News/Crona ... /2/127645/

di Francesco Jori

Le alluvioni non finiscono mai: dopo la piena d’acqua, ecco anche stavolta quella delle parole a nastro, delle promesse tradite, delle polemiche feroci. Poi calerà il silenzio, e allora comincerà il brutto.

Il Veneto è ancora nella fase uno, ma già è investito in pieno dalla due. Purtroppo per lui, arriverà pure la tre. Il maltempo delle scorse ore, e quello annunciato delle prossime, probabilmente non provocherà nuovi disastri, ma di sicuro peggiorerà quelli esistenti. E intanto “gli aiuti al Veneto perdono la strada”, titola non una qualche testata baluardo dell’ultralocalismo, ma Il Sole 24 Ore.

Perché è vero che Roma ha stanziato pronta cassa 300 milioni. Ma è altrettanto vero che per la parte legata alla sospensione degli adempimenti fiscali si è scelta una strada diversa rispetto al passato: ieri, vedi l’Abruzzo, bastava abitare in uno dei Comuni danneggiati per ottenerla; adesso ogni singolo interessato, imprenditore o contadino o semplice residente, deve richiedere un aiuto individuale sulla base di una procedura che chiama in causa Comune, Regione e ministero dell’Economia.

Un occhio al calendario: oggi è il 18 novembre, già l’altro ieri scadevano i versamenti di contributi, ritenute e Iva, tra 12-giorni-12 scade il termine per pagare il secondo acconto di Irpef, Ires e Irap; che, giusto per chiarezza, vuol dire il 60%. Morale, intanto pagate e dopo si vedrà. Una mostruosità che si somma a quella di migliaia di persone a cui enti pubblici e soggetti privati, assicurazioni in testa, chiedono di produrre le pezze d’appoggio dei danni subìti. Finite a mollo nell’alluvione. Peggio per gli alluvionati: invece di portare in salvo i macchinari, i beni di famiglia, gli elettrodomestici, le bestie, i ricordi, dovevano scattare loro una foto e fare l’inventario.

Ma che razza d’Italia. Aveva ragione da vendere Vittorio Meneghello, sindaco di Bovolenta, una delle località padovane più colpite, a supplicare il presidente Napolitano, durante la sua visita in Veneto, di concedergli una sola cosa: “Ci aiuti a levarci di torno la burocrazia”. La sua resterà una speranza negata, come tante altre. Arriveranno un po’ di soldi, si farà un po’ di manfrina, poi l’attenzione rifluirà nell’oblìo assieme all’acqua che si ritira, e ciascuno dovrà sfangarsela da solo.

Peggio: non si farà nulla per prevenire, e così si metterà già in cantiere un’altra catastrofe. Resteranno solo a verbale le nette parole pronunciate da Luigi D’Alpaos, docente di idrodinamica all’università di Padova, che dopo la disastrosa alluvione del 1966 fece parte di una commissione d’indagine sul Veneto. Martedì scorso, alla commissione Ambiente del Consiglio regionale, ha elencato i tre problemi di fondo: insufficiente portata idraulica di tutti i grandi fiumi veneti, precarietà della rete idrica minore dei canali e degli scoli, urbanizzazione massiccia e incontrollata del territorio.

Sottolineature fatte già allora, 44 anni fa, e rimaste lettera morta. L’alluvione di questi giorni? “Solo il frutto inevitabile di 40 anni di politiche sbagliate e una sistematica incomunicabilità tra università e istituzioni territoriali”, ha chiarito D’Alpaos. Arriveranno dei soldi alle persone colpite, e saranno comunque briciole. Ma ci sarà qualcuno che pagherà per questi reati di omissione? No. Se ne farà carico l’anonima anziana veneta che prende 350 euro mensili di pensione, ma che l’altro ieri ha fatto sapere di volerne versare 20 ogni mese per gli alluvionati. Grazie, signora, che ci aiuta ancora ad avere fede in questa Italia piena di fango.



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MessaggioInviato: 01/12/2010, 00:35 
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Alluvione: il veneto è riemerso
http://blog.panorama.it/italia/2010/11/29/alluvione-il-veneto-e-riemerso/
«Riemersi, ripuliti, riaperti. Dal 1911, continua…». La frase scritta su un lenzuolo appeso a un muro di Vicenza suona come una sfida al fiume Bacchiglione che, a 20 giorni dalla grande alluvione, continua a sfiorare gli argini. «L’hanno messo i titolari di uno dei più antichi negozi di granaglie della città. Una testimonianza della grande volontà dei veneti di ricominciare» racconta Flavio Albanese, appoggiato a una delle vetrate dell’ex tipografia Rumor che lui, ex direttore del mensile Domus e docente di architettura, ha trasformato nella sua casa-studio. Vetrate che hanno retto alla spinta poderosa del fiume che ha massacrato il centro della città. «Ora vedo in tutti una grande voglia di ripartire» dice Albanese «ma avverto un senso di malinconia in questa gente che si è sentita abbandonata da tutti. Il Veneto ha reagito prima che lo Stato prendesse decisioni. Andare e fare è legato alla nostra superata miseria. Ma saremo capaci di riflettere sul fatto di avere costruito una ricchezza infelice, dove essere imprenditore è più importante che essere cittadino?».

Certo, dal Veneto è venuta una grande lezione di civiltà per tutti: le strade dove ai primi di novembre si passava solo in barca oggi sono pulite, forse più di prima. Tonnellate di rifiuti sono state portate via dalle case e dalle aziende immerse in acqua, fango, liquami di fogna e gasolio: inutile cercarne le tracce, sono sparite. E la solidarietà è stata totale, travolgente quasi come il fiume. A Vicenza il sindaco Achille Variati, del Pd, ha lanciato un appello «e la mattina dopo si sono presentati 2.500 volontari. Tanti giovani e anche tanti immigrati».

Grazie a loro, e alle pompe idrovore prestate dal Comune di Padova, il sindaco è riuscito a salvare il Teatro Olimpico del Palladio, con la scenografia in stucco e legno del 1584. Variati, che dovrà anche affrontare una denuncia presentata contro di lui, il prefetto e la Protezione civile perché non avrebbero allarmato per tempo la città, ricorda che era dal 1882 che Vicenza non subiva un’alluvione così grave, sa che i concittadini sono «spaventati». Ma intanto la città riprende a vivere: «Devono arrivare i fondi e in fretta» dice Luciano Pozzan, che a 71 anni ancora gestisce il suo negozio di colori in pieno centro. Lui ha avuto pochi danni, altri hanno perso quasi tutto. «Ma sono già di nuovo al lavoro» spiega Pozzan, che ha rappresentato per anni i commercianti del centro, «perché Natale si avvicina. Anzi, abbiamo discusso se mettere o meno le luci per le feste, ma lo faremo: perché Vicenza deve essere bella per Natale».

E anche in provincia si respira la stessa aria di riscossa. A Caldogno la rottura di un argine ha salvato Vicenza da danni ancora più gravi, ma ha condannato due frazioni, quelle di Rettorbole e Cresole. Qui sono andati sommersi piccoli laboratori artigiani, le case degli anziani che spesso vivono al pianoterra per lasciare ai figli i piani superiori. Ma camminando per strada si nota un fervore incredibile, una voglia di fare che non conosce riposi o domeniche. I ragazzi del centro sociale No Dal Molin, che si battono contro la base americana alle porte del paese, si sono presentati in 50 per dare una mano: kefiah accanto ai fazzoletti degli scout cattolici. E si commuove ancora la signora Natalina, perché ha visto i bambini andare a cercare nei campi i palloni e le maglie della squadra del paese. Ma intorno ferve il lavoro e la parola d’ordine è «ripartire».

Come per il fornaio Maurizio Zenere, che ha visto travolto dall’acqua il laboratorio aperto dal padre nel 1937. «Questa settimana ricomincio a fare i panettoni»ha detto ai suoi clienti. Poco lontano, Davide Loato da gennaio vuole riaprire l’officina di autoriparazioni, che ora è conciata da fare paura.

Anche a Monteforte (Verona) la furia dell’acqua è stata devastante, ma la vita pare già tornata normale, a parte i paracadutisti e gli alpini che fanno base al municipio e controllano gli argini. Don Alessandro, il parroco, ha organizzato la mensa per loro, e nei giorni più duri ha dato da mangiare a tutto il paese. Ora gli hanno dato un capannone, dove accumula tutto quello che viene donato per poterlo consegnare a chi ha perso tutto. Il sindaco Carlo Tessari corre fra una riunione e l’altra: la priorità è ridare la casa a chi l’ha persa e battersi per ottenere i fondi per le aziende devastate dal fango. Come a Bovolenta e a Casal Serugo, nel Padovano, dove l’alluvione ha messo fuori uso decine di aziende agricole e industriali. Elisa Venturini a 31 anni guida con grande entusiasmo la giunta pdl di Casal Serugo che, ricorda, «versa 12 milioni di Irpef all’anno. Sarebbe giusto che i nostri imprenditori ottenessero una sospensione, per poter spendere quei soldi per ripartire. E poi tornare a pagare le imposte».

A Bovolenta Vittorio Meneghello, fiero del suo passato di paracadutista, fa suo il motto «Mi spezzo ma non mi piego» e dà l’esempio ai suoi concittadini che da giorni lavorano nel fango per ripartire. «Se torni tra un mese, ti faccio vedere com’è la mia fabbrica» dice Antonio Magagna. È pronto a fare ripartire la sua azienda di tende da sole: ha avuto 2 milioni di danni e lui ne fattura in tutto 5 all’anno. Ma sorride.



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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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