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19/11/2010, 11:57
01/12/2010, 00:35
Alluvione: il veneto è riemerso
http://blog.panorama.it/italia/2010/11/29/alluvione-il-veneto-e-riemerso/
«Riemersi, ripuliti, riaperti. Dal 1911, continua…». La frase scritta su un lenzuolo appeso a un muro di Vicenza suona come una sfida al fiume Bacchiglione che, a 20 giorni dalla grande alluvione, continua a sfiorare gli argini. «L’hanno messo i titolari di uno dei più antichi negozi di granaglie della città. Una testimonianza della grande volontà dei veneti di ricominciare» racconta Flavio Albanese, appoggiato a una delle vetrate dell’ex tipografia Rumor che lui, ex direttore del mensile Domus e docente di architettura, ha trasformato nella sua casa-studio. Vetrate che hanno retto alla spinta poderosa del fiume che ha massacrato il centro della città. «Ora vedo in tutti una grande voglia di ripartire» dice Albanese «ma avverto un senso di malinconia in questa gente che si è sentita abbandonata da tutti. Il Veneto ha reagito prima che lo Stato prendesse decisioni. Andare e fare è legato alla nostra superata miseria. Ma saremo capaci di riflettere sul fatto di avere costruito una ricchezza infelice, dove essere imprenditore è più importante che essere cittadino?».
Certo, dal Veneto è venuta una grande lezione di civiltà per tutti: le strade dove ai primi di novembre si passava solo in barca oggi sono pulite, forse più di prima. Tonnellate di rifiuti sono state portate via dalle case e dalle aziende immerse in acqua, fango, liquami di fogna e gasolio: inutile cercarne le tracce, sono sparite. E la solidarietà è stata totale, travolgente quasi come il fiume. A Vicenza il sindaco Achille Variati, del Pd, ha lanciato un appello «e la mattina dopo si sono presentati 2.500 volontari. Tanti giovani e anche tanti immigrati».
Grazie a loro, e alle pompe idrovore prestate dal Comune di Padova, il sindaco è riuscito a salvare il Teatro Olimpico del Palladio, con la scenografia in stucco e legno del 1584. Variati, che dovrà anche affrontare una denuncia presentata contro di lui, il prefetto e la Protezione civile perché non avrebbero allarmato per tempo la città, ricorda che era dal 1882 che Vicenza non subiva un’alluvione così grave, sa che i concittadini sono «spaventati». Ma intanto la città riprende a vivere: «Devono arrivare i fondi e in fretta» dice Luciano Pozzan, che a 71 anni ancora gestisce il suo negozio di colori in pieno centro. Lui ha avuto pochi danni, altri hanno perso quasi tutto. «Ma sono già di nuovo al lavoro» spiega Pozzan, che ha rappresentato per anni i commercianti del centro, «perché Natale si avvicina. Anzi, abbiamo discusso se mettere o meno le luci per le feste, ma lo faremo: perché Vicenza deve essere bella per Natale».
E anche in provincia si respira la stessa aria di riscossa. A Caldogno la rottura di un argine ha salvato Vicenza da danni ancora più gravi, ma ha condannato due frazioni, quelle di Rettorbole e Cresole. Qui sono andati sommersi piccoli laboratori artigiani, le case degli anziani che spesso vivono al pianoterra per lasciare ai figli i piani superiori. Ma camminando per strada si nota un fervore incredibile, una voglia di fare che non conosce riposi o domeniche. I ragazzi del centro sociale No Dal Molin, che si battono contro la base americana alle porte del paese, si sono presentati in 50 per dare una mano: kefiah accanto ai fazzoletti degli scout cattolici. E si commuove ancora la signora Natalina, perché ha visto i bambini andare a cercare nei campi i palloni e le maglie della squadra del paese. Ma intorno ferve il lavoro e la parola d’ordine è «ripartire».
Come per il fornaio Maurizio Zenere, che ha visto travolto dall’acqua il laboratorio aperto dal padre nel 1937. «Questa settimana ricomincio a fare i panettoni»ha detto ai suoi clienti. Poco lontano, Davide Loato da gennaio vuole riaprire l’officina di autoriparazioni, che ora è conciata da fare paura.
Anche a Monteforte (Verona) la furia dell’acqua è stata devastante, ma la vita pare già tornata normale, a parte i paracadutisti e gli alpini che fanno base al municipio e controllano gli argini. Don Alessandro, il parroco, ha organizzato la mensa per loro, e nei giorni più duri ha dato da mangiare a tutto il paese. Ora gli hanno dato un capannone, dove accumula tutto quello che viene donato per poterlo consegnare a chi ha perso tutto. Il sindaco Carlo Tessari corre fra una riunione e l’altra: la priorità è ridare la casa a chi l’ha persa e battersi per ottenere i fondi per le aziende devastate dal fango. Come a Bovolenta e a Casal Serugo, nel Padovano, dove l’alluvione ha messo fuori uso decine di aziende agricole e industriali. Elisa Venturini a 31 anni guida con grande entusiasmo la giunta pdl di Casal Serugo che, ricorda, «versa 12 milioni di Irpef all’anno. Sarebbe giusto che i nostri imprenditori ottenessero una sospensione, per poter spendere quei soldi per ripartire. E poi tornare a pagare le imposte».
A Bovolenta Vittorio Meneghello, fiero del suo passato di paracadutista, fa suo il motto «Mi spezzo ma non mi piego» e dà l’esempio ai suoi concittadini che da giorni lavorano nel fango per ripartire. «Se torni tra un mese, ti faccio vedere com’è la mia fabbrica» dice Antonio Magagna. È pronto a fare ripartire la sua azienda di tende da sole: ha avuto 2 milioni di danni e lui ne fattura in tutto 5 all’anno. Ma sorride.