Facile profezia per il 2012: cercheranno di soffocare la protesta (e le proposte) con la violenza, le armi, il terrore - schemi purtroppo già visti nella nostra storia presente.
Proprio per questo vorrei tornare un attimo a una notizia del 21 Dicembre 2011
Cita:
Argentina, suicida il sottosegretario di Cristina Kirchner, Ivan HeynMONTEVIDEO – Ivan Heyn, 34 anni, sottosegretario al Commercio e astro nascente della politica argentina, è stato trovato impiccato nella sua stanza d’albergo a Monetvideo, dove si trovava per il summit sul mercato comune sudamericano.
Heyn era stato nominato appena due settimane fa dal governo della presidente Cristina Kirchner. La presidente, appena ha saputo la notizia, ha lasciato il vertice del gruppo Mercosur ed è stata colta da malore. La presidente ha annullato tutti gli incontri.
Le delegazioni hanno deciso di tenere i prossimi incontri a porte chiuse in un ambiente più piccolo.
Heyn era ritenuto una delle giovani promesse della scena politica argentina. Prima del vertice aveva avuto incontri preliminari con diverse delegazioni. Lunedì sera è improvvisamente sparito.
Fino a quando non è stato ritrovato nella stanza del Radisson di Montevideo. Sul corpo, secondo quanto scrive il Clarin, non sono stati trovati segni di violenza.
Al momento non si sa che cosa abbia spinto Heyn ad ammazzarsi.
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Fonte:
http://www.blitzquotidiano.it/politica- ... n-1060027/ Forse a capire cosa abbia spinto Heyn ad "ammazzarsi" ci può aiutare quest'altra notizia.
Cita:
ARGENTINA: DAL CRAC AL BOOM, UN MODELLO PER L'EUROPA?
Sono passati più di dieci anni dal famigerato argentinazo e il dramma del maggior fracasso economico vissuto dall’Argentina si è risolto con l’uscita da un crisi che sembrava inesorabile. Anzi, negli ultimi anni si è assistito ad un’inaspettata inversione di tendenza e si è tornati a pronunciare una parola che oggi sembra utopica: crescita. Nel momento economico più nero per l’Europa dal dopoguerra, si guarda con interesse al caso argentino e ci si chiede se può essere preso a modello per uscire dalla crisi.
Anni di politica corrotta, recessione e aumento del debito pubblico avevano portato l’Argentina sull’orlo del baratro.
Dal 1998 al 2002, il PIL del Paese ebbe una caduta che lo fece precipitare di 20 punti percentuali. Ciò provocò una progressiva fuga di capitali e una drastica riduzione dei depositi bancari. Il corralito finanziario con il quale l’allora presidente Fernando de la Rùa cercò di arginare il prelievo di denaro dalle banche scatenò la rabbia popolare che sfociò nelle proteste del 19-20 dicembre 2001, appunto denominate argentinazo.
Le conseguenza immediata fu la drammatica inflazione che rovinò la classe media argentina che aveva i suoi risparmi in pesos ma i suoi debiti in dollari. La percentuale di povertà nel Paese toccò il 52% della popolazione e la disoccupazione aumentò al 24%. La sospensione del pagamento del debito pubblico che ammontava a circa 102.000 milioni di euro e una forte instabilità politica con vari avvicendamenti alla Casa Rosada completarono un quadro disastroso.
La lenta ricostruzione argentina è iniziata nel 2003 grazie a congiunture internazionali favorevoli e riforme economiche decisive. Con Néstor Kirchner alla presidenza, si è dato vita ad una ristrutturazione del debito pubblico e all’incremento della produzione agricola, sfruttando l’immensa estensione territoriale del Paese.
Secondo la sociologa della UBA (Universidad de Buenos Aires) Norma Giarraca, l’Argentina “ha saputo ben gestire le variabili economiche ed ha beneficiato degli alti prezzi internazionali delle materie prime, che hanno avvantaggiato le sue esportazioni”.
In pochi anni, il Paese albiceleste si è convertito in uno dei primi esportatori di materie prime del mondo grazie a due processi. In primo luogo una svalutazione del pesos che ha aumentato la competitività dei suoi prodotti sul mercato. In secondo luogo la crescita esponenziale di nuovi attori economici, come la Cina affamata di materie prime, che ha causato un’impennata della domanda di prodotti come la soja, della quale l’Argentina è diventata la maggiore esportatrice.
Sono state le esportazioni quindi il vero motore dell’economia. L’export ha permesso a Buenos Aires di applicare tasse molto alte (si pensi che la sola soja è tassata al 35%), con le quali il Paese ha anche potuto risanare i conti pubblici.
In politica interna, la Kirchner ha al contrario ridotto le importazioni, creando una sorta di autarchia produttiva che ha aiutato soprattutto la crescita del settore industriale. Una politica sociale da governo peronista e l’incremento degli introiti provenienti dal turismo hanno completato l’opera.
Così, nel corso di questi dieci anni, l’economia argentina ha galoppato tra il 7 e il 10% su base annua, tranne nel 2009 quando si è registrato solo uno 0,9% a causa della bolla finanziaria che aveva colpito gli Stati Uniti nel 2008.
A questo punto l’Europa può trarre una lezione dal modello di risanamento e crescita argentino?
In realtà, le premesse dell’argentinazo e di questa crisi sono molto diverse. D’altra parte anche le ricette dovrebbero esserlo. Innanzitutto la crisi globale, l’irruzione sui mercati economici e finanziari di nuovi e fortissimi attori (vedi Brasile, Cina e India), un indebitamento pubblico senza precedenti degli Stati europei sono tutte variabili che l’Argentina non ha conosciuto nel 2001. Un’altra differenza sostanziale è la non appartenenza del Paese latinoamericano ad un sistema monetario comune, che invece da noi ha sottratto agli Stati, o meglio alle banche nazionali, la cosiddetta “sovranità monetaria”. Gli Stati europei, privi di una moneta nazionale, non potrebbero dunque attuare quelle svalutazioni monetarie che hanno permesso all’Argentina di sostenere l’export.
L’economista Julio Gambina ha inoltre sostenuto che “non sarebbe risolutivo per l’Europa tornare alle proprie monete nazionali e svalutarle. Anche se lo facessero, i Paesi europei non avrebbero una quantità di risorse naturali al pari dell’America Latina e tali da aumentare le esportazioni”. Altro problema di non poco conto per l’Europa è l’impossibilità di aumentare la produzione industriale e quindi la competitività con l’uso di manodopera a bassissimo costo, come avviene in altri continenti come Asia o India.
Unico parallelismo con l’Argentina del 2001 è un diffuso malessere sociale riscontrabile oggi in Europa come in altre parti del mondo. Il 2011 si è infatti segnalato come l’anno dei movimenti auto-organizzati di cittadini al di fuori della politica, come gli Indignados e Occupy Wall Street. Gruppi che hanno fatto ricordare il grande moto di protesta che si levò durante l’argentinazo nel quale lo slogan ricorrente era “Qué se vayan todos!”.
In questo senso, si potrebbe forse imitare il modello di welfare state adottato dal kirchnerismo, che ha permesso, anche se lentamente, di ridurre notevolmente la povertà e la disoccupazione e di migliorare le condizioni di vita degli argentini.
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Fonte:
http://www.meridianionline.org/2012/01/ ... om-europa/E a questo punto potrebbe interessare cosa disse il defunto Heyn durante una riunione dell'FMI
Cita:
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Un anno e mezzo fa, nel corso di una riunione del Fondo Monetario Internazionale, si era scontrato con Strauss Kahn rifiutandosi di accettare e seguire le indicazioni del fondo che vedevano con preoccupazione l’alta inflazione in Argentina (circa il 30%).
Post keynesiano tinto di marxismo, Ivan Heyn - il padre era un intellettuale libertario tedesco sfuggito alla persecuzione della Stasi nella Germania dell’est ed emigrato in Argentina nel 1966 - aveva lanciato un ambizioso programma che si è rivelato vincente.
“Abbiamo tre nemici: la povertà dei ceti disagiati, l’impoverimento dei ceti medi, e il rischio di conflitti sociali interni” aveva sostenuto, varando un piano economico (bocciato dal Fondo Monetario Internazionale) che ruotava intorno a un allargamento del welfare, a un massiccio impegno di sovvenzioni sociali per il rilancio del consumo interno, aumentando le tasse ai ceti ricchi e abbattendo le aliquote fino a zero a tutti i ceti imprenditoriali della fascia media a condizione che assumessero almeno dieci giovani tra i 18 e i 28 anni.
In seguito alle sue idee applicate, l’Argentina è cresciuta nell’ultimo biennio a una velocità del 9,2% l’anno, seconda nel mondo soltanto alla Cina, con l’abbattimento della povertà, e la disoccupazione che dal 22% è scesa al 4%. Il prezzo da pagare è stato un incremento altissimo dell’inflazione, severamente condannato sia dal Fondo Monetario che dall’Europa.
Celebre il suo scontro con il collega tedesco in visita ufficiale, quando, alla conferenza stampa in televisione, ebbe a dire “Che cosa me ne importa a me di avere una inflazione al 3% come avete voi in Europa essendo infelici tutti, se io posso dare felicità alla mia nazione con una inflazione al 30%?
Lo so da me che va abbassata, ho studiato economia anch’io. Lo faremo. Ma lo faremo soltanto quando ci saremo ripresi tutti. Non prima. La felicità ha valore soltanto se può essere condivisa collettivamente, è una teoria economica, questa, e mi meraviglio che lei che viene dal Primo Mondo non lo sappia. La felicità per pochi privilegiati, non è vera felicità, è avidità bulimica. E’ un peccato mortale. Lo sa anche il papa. E noi siamo cattolici”.
Tutto questo per arrivare a dire che forse le strategie economiche corrette da applicare per uscire dalla crisi sono l'esatto contrario di ciò che viene realizzato in Europa nel nome del rigore, del sacrificio, del prelievo fiscale e della riduzione dei diritti.
Rinascita Sociale Globale significa anche osservare quegli esempi di successo che esistono e provare ad applicarli ai nostri modelli economici.
L'Argentina è uno di questi. E forse è proprio per questo che Ivan Heyn è morto.
Perchè dimostra che il FMI e l'applicazione delle sue regole economiche, poste esattamente agli antipodi di quelle avanzate da Heyn, sono oltremodo dannose all'economia del sistema, a differenza di quello che vogliono farci credere.