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Grigio
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MessaggioInviato: 03/07/2010, 11:16 
Oggi vi voglio segnalare alcuni articoli freschi freschi:


Lavoro, Usa: il tasso di disoccupazione (quello vero) e' all'11.8%, peggiore in decenni
Ecco quel che il mercato finanziario non vuole o fa finta di non sapere: si sottovaluta colpevolmente il calo drammatico della forza lavoro in America. In un contesto economico ancora depresso, altri 652 mila americani hanno perso il posto nel mese di giugno.


Il vero e unico motivo che si cela dietro al calo del tasso di disoccupazione - sceso oggi contropronostico al 9.5% dal 9.7% - e' un altro ribasso: quello del tasso di partecipazione della forza lavoro, che secondo l'Ufficio di Statistica del Lavoro americano ha perso altre 652 mila persone nel mese di giugno (leggere Usa: persi 125 mila posti, disoccupazione al 9.5%).

Cio' ha comportato un rapporto tra forza di lavoro e popolazione civile non-istituzionale del 64.7%: si tratta del secondo numero piu' basso in decenni di dati e migliore solo di quello fatto registrare in dicembre 2009, quando la percentuale si trovava al 64.6%.

Il problema e' che si sottovaluta gravemente la disparita' che c'e' tra coloro che sono solo marginalmente collegati al mercato del lavoro e i 14.623 che sono stati formalmente disoccupati nel mese di giugno.
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Il numero di americani "scoraggiati" ha continuato a crescere e la forza lavoro si e' contratta di 652.000 unita' ai minimi da febbraio. Se queste persone fossero rimaste all'interno della forza lavoro, il tasso di disoccupazione sarebbe salito al 10.1% e raggiunto la sua punta massima.

Il calo della partecipazione alla forza lavoro e' molto pronunciato. Molto di piu' di quanto si pensi. Se si calcolasse il "ritorno" medio nell'arco degli ultimi 10 anni del tasso di partecipazione della forza lavoro media, pari al 66.2%, allora bisognerebbe aggiungere altre 3.5 milioni di persone disoccupate ai 14.6 milioni del conteggio ufficiale. Si otterrebbe un tasso di disoccupazione dell'11.8%, lasciando da parte tutti gli altri fattori come lavoratori temporanei, natalita', mortalita', etc.

Qual e' la cifra piu' realistica tra il 9.5% e l'11.8% in un'economia che alla fine si e' resa conto di non essersi mai lasciata veramente alle spalle la seconda grande depressione, sta a voi deciderlo.

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Due anni fa l'esplosione della crisi finanziaria: siamo già al bis?
La situazione sembra, dopo un presunto miglioramento, poter tornare a peggiorare. Il grado di sfiducia delle imprese è a livelli alti, e la sfiducia si sta trasferendo anche al settore bancario.


(WSI) – Ci stiamo avvicinando al secondo anniversario dell’inizio della crisi finanziaria, poi andata a ripercuotersi sull’economia reale, e la situazione sembra, dopo un presunto miglioramento, poter tornare a farsi sentire. Il grado di sfiducia delle imprese è a livelli alti, questo è dimostrato dal fatto che le assunzioni tardano ad arrivare e con esse dei veri propri segnali di forte ripresa globale.

La sfiducia si sta trasferendo anche al settore bancario, soprattutto nella zona euro, dove ieri abbiamo assistito ad un aumento di Euribor a 3 mesi e dell’eur libor, testimonianza del fatto che quando degli istituti si trovano a doversi prestare denaro, effettivamente hanno paura che la controparte abbia in pancia chissà quali titoli tossici.

A questo dobbiamo aggiungere la crisi del debito europeo, che con i suoi effetti negativi sulla fiducia dei consumatori, aumenta il rischio di una nuova recessione. L’agenzia di rating Fitch, nel suo Global Economic Outlook mantiene infatti la convinzione che la ripresa globale permane, anche se a un ritmo disomogeneo a seconda di Paesi e regioni (uno dei problemi che i Grandi del G20 hanno detto di voler risolvere).

Cominciano a parlare anche delle personalità di spicco, quali Greenspan. L’ex governatore della Fed ha dichiarato qualche giorno fa al Wall Street Journal la sua preoccupazione circa le sorti del deficit di bilancio e circa l’urgenza, che si palesa ogni giorno sempre in misura maggiore, di doverlo andare a contenere.

Il predecessore di Bernanke ha paragonato l’America alla Grecia, sostenendo che la capacità degli Usa di raccogliere capitali ricorrendo ai mercati, potrebbe anche non essere così alta come si pensa. Un sentore che ci deve far alzare le antenne è il fatto che l’inflazione tarda ad arrivare ed i tassi di interesse a lungo termine, che sono rimasti contenuti.

Quello che serve davvero adesso, sono delle riforme radicali nelle politiche fiscali adottate, e questo, vista la gravità e la diffusione della crisi del debito, non è detto che non avvenga, o meglio, non è detto che non si pongano le basi per un tentativo di risposta seria al problema.

A tutto questo aggiungiamo anche dei dati Usa che hanno ricominciato a mostrare flessioni preoccupanti, con gli ultimi Pending Home sales a -30% sul mese e -15.6% sull’anno e con l’ISM manifatturiero rilasciato peggiore sia del precedente che delle aspettative (56.2 vs cons 59.0). I jobless si sono mantenuti intorno alle aspettative (460k vs cons 457k) ed oggi arrivano i tanto attesi Non Farm Payrolls e tassi di disoccupazione, attesi entrambi in peggioramento con -110.000 unità per i primi (contro le +431.000 precedenti) e con un peggioramento di un decimo di punto percentuale per il secondo, a 9.8%.

Il tasso di disoccupazione verrà rilasciato anche qui in Europa, alle 11 ora italiana, e qui non sono previsti né miglioramenti, né peggioramenti, con un 10.1% stimato dagli analisti.

UsdJpy – Grafico giornaliero

L’unica notizia che attualmente sembra buona in questo quadro è riconducibile al miglioramento delle stime di crescita globale per il 2010 che sono state riviste al 3.1% dal 2.8%, grazie al migliore andamento di Brasile, Russia,India e Cina.

Cominciamo la consueta analisi tecnica con una sorpresa, in quanto di certo non ci aspettavamo di dover registrare una salita così ampia dell’euro addirittura il giorno prima dei dati così importanti provenienti dal mercato del lavoro.

Non pensavamo infatti che la resistenza di 1.2460, indicata più volte, potesse essere oltrepassata con così grande facilità proiettando di fatto la moneta unica verso la resistenza di 1.2670. Sono due per la giornata di oggi i livelli da utilizzare come supporti ad un’eventuale correzione alla ripresa della salita degli ultimi tre giorni: abbiamo infatti 1.2460 e 1.24 figura.

Per cancellare invece definitivamente la tendenza a favore dell’euro i prezzi dovrebbero scendere al di sotto di 1.2250, area suggerita dalla trendline confermata ieri ed il giorno prima da minimi crescenti.

La debolezza del dollaro di ieri ha permesso allo yen di raggiungere, nonché oltrepassare, il livello di supporto a 88.20, che in molti speravano potesse diventare un perfetto triplo minimo su un grafico giornaliero. I prezzi lo hanno invece superato di più di una figura puntando diritto all’ultimo livello di supporto a 84.90.

Attenzione ancora al livello di 88.20 perché non è riuscito a contenere la discesa del cambio ma nella notte si è dimostrato un perfetto livello di pullback e la conferma giornaliera ci renderebbe ottimisti sul raggiungimento del livello di supporto sopra indicato a 84.90.

Il cambio EurJpy ha seguito la risalita dell’euro levandosi d’impaccio dal supporto di 107.50 e 108 figura. Come suggerito i giorni scorsi comunque una ripresa definitiva dei prezzi potrà avvenire solamente con una ripresa stabile al di sopra di 113.50, livello piuttosto lontano dai prezzi attuali.

Il cable continua a seguire la tendenza di ripresa mostrata dal minimo relativo di 1.4240. Stiamo parlando di un recupero di quasi 10 figure in un mese e mezzo di scambi: l’idea ora è che questa tendenza possa arrestarsi presso la forte area di resistenza di 1.55, livello massimo raggiungo dal cambio negli ultimi 5 mesi. È equidistante dai prezzi attuali, rispetto all’obiettivo, il primo livello importante di supporto, stiamo infatti parlando di 1.4880.

La ripresa di 200 punti da ieri mattina sul cambio GbpJpy rischia di cancellare in una giornata la tendenza ribassista iniziata solamente qualche ora prima. Così come per la discesa era stato importante il livello suggerito dalla trendline iniziata il 20 di maggio a 126.90 (che aveva suggerito un breakout a 133.90), anche per un livello di resistenza utilizziamo la medesima tendenza: questa indica oggi un livello a 134.50.

Difficile sapere ora se il minimo visto ieri a 1.3075 sia stato effettivamente "il minimo". Di certo non è risultato molto lontano dalle proiezioni ipotizzate per un raggiungimento di 1.30.

Ciò che stupisce maggiormente è la volatilità con cui si muove il cambio, 300 punti di range ieri, caratteristica non comune ed ovviamente importata dal particolare momento di incertezza in cui versa l’economia globale. Se i prezzi dovessero oltrepassare il massimo visto ieri a 1.34 figura potremmo avere un primo segnale distensivo che solamente una ripresa al di sopra di 1.3750 potrà confermare come inizio di "qualcosa".

Terminiamo con il cambio UsdChf che, dopo una correzione di 11 figure in un mese esatto, si trova all’ultimo livello di supporto prima della definitiva discesa verso al parità (o almeno così suggerisce Fibonacci che su questo cambio negli ultimi mesi ha sempre fornito spunti giornalieri particolarmente precisi). Stiamo parlando di un ultimo supporto proprio a 1.06 figura, che rappresenta il 61.8% di ritracciamento del movimento ascendente compreso fra 0.9920 e 1.1730.

fonte: http://www.wallstreetitalia.com


Ultima modifica di Sirius il 03/07/2010, 11:17, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 03/07/2010, 11:18 
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rmnd ha scritto:

Che è quindi ben altra cosa dal sostenere :"o vi adeguate o noi, 'illuminati' dell'Unione Europea imporremo la dittatura". La dittatura ventilata da Barroso è una minaccia tutta interna ai singoli paesi.



Hai semplicemente postato un articolo più "sobrio",
in cui si addolcisce la pillola.

E' una questione di interpretazione.... e non di sostanza.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 03/07/2010, 11:28 
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Thethirdeye ha scritto:

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rmnd ha scritto:

Che è quindi ben altra cosa dal sostenere :"o vi adeguate o noi, 'illuminati' dell'Unione Europea imporremo la dittatura". La dittatura ventilata da Barroso è una minaccia tutta interna ai singoli paesi.



Hai semplicemente postato un articolo più "sobrio",
in cui si addolcisce la pillola.

E' una questione di interpretazione.... e non di sostanza.


Non saprei dirti Thethirdeye, ma quell'articolo riporta le parole di Barroso le quali manifestano più preoccupazione che minaccia.



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«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
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rmnd ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:

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rmnd ha scritto:

Che è quindi ben altra cosa dal sostenere :"o vi adeguate o noi, 'illuminati' dell'Unione Europea imporremo la dittatura". La dittatura ventilata da Barroso è una minaccia tutta interna ai singoli paesi.



Hai semplicemente postato un articolo più "sobrio",
in cui si addolcisce la pillola.

E' una questione di interpretazione.... e non di sostanza.


Non saprei dirti Thethirdeye, ma quell'articolo riporta le parole di Barroso le quali manifestano più preoccupazione che minaccia.



Sicuramente avrai sentito parlare della formula:

Problema > Reazione > Soluzione

Ecco.... quella di Barroso è una preoccupazione che ha come
scopo quello di infondere "timori" e "paure" sull'opinione pubblica
in modo che possano essere accettate le contromisure finanziarie.

Della serie..... se non accettate il salasso, sono caxxi amari.

Diciamo che questo modus operandi fa parte della fase "Reazione"

Quella successiva, cioè la "Soluzione", non è altro che
l'istituzione dello "Stato di Polizia" nei paesi a rischio.

E per queste misure, gli stati, non essendo più sovrani dal punto
di vista legislativo (vedere video di Barnard sul Trattato di Lisbona ),
non potranno fare altro che ALLINEARSI.

[BBvideo] http://www.youtube.com/watch?v=338BQAXZNiE[/BBvideo]




Qui un'interessante PROIEZIONE di quello che sta già
succedendo in USA:

http://infowars-shop.stores.yahoo.net/post4rioffe.html







Della serie..... sono le BANCHE che controllano la POLITICA.
E non viceversa.



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MessaggioInviato: 04/07/2010, 16:20 
Borsa: primo semestre nero,
Milano perde 19% valore


Via 90 miliardi. Perso 1/5 di capitalizzazione;
peggio solo Madrid (-23,8%) e Atene (-38,7%)


03 luglio, 19:58

Immagine

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 52367.html

MILANO - Bilancio amaro per Piazza Affari nei primi sei mesi del 2010: alla chiusura di venerdi' scorso il Ftse Mib, l'indice dei titoli a maggiore capitalizzazione, aveva perso il 19%, mentre il Ftse All Share, che raccoglie tutte le societa' quotate, aveva ceduto il 18%. I titoli quotati hanno cosi' perso complessivamente circa 90 miliardi del proprio valore. La flessione ha dominato in Europa che registra una riduzione media (indice Dj Stoxx 600) di circa l'8%. Peggio di Milano in Europa hanno fatto solo Madrid (-23,8%) ed Atene (-38,7%).

Il calo di Piazza Affari è vistoso, superiore a quello delle altre grandi Borse europee, statunitensi e asiatiche (Parigi, Londra, Francoforte, New York, Tokyo e Hong Kong) ma anche di quello di listini di Paesi considerati più a rischio del nostro, come Lisbona (-17,7%) e Dublino (-8,2%). Da inizio anno la Borsa milanese ha ceduto quasi un quinto della sua capitalizzazione: il valore delle società quotate a Piazza Affari, di quasi 480 miliardi di euro a gennaio, è sceso a 393 miliardi.



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MessaggioInviato: 04/07/2010, 17:52 
In Europa la povertà non è appannaggio dei paesi meno industrializzati

Certo, alcuni se la cavano meglio di altri: il tasso di povertà dei paesi Scandinavi, dei Paesi Bassi e dell’Austria oscilla tra l’11 e il 12%. D’altro canto, i «poveri» rappresentano in Romania e Bulgaria rispettivamente il 23 ed il 21% della popolazione. Ma anche all’interno dei paesi economicamente trainanti della Ue, la situazione è diversificata: in Francia il 13% delle persone è povera, il 15% in Germania e fino al 19% nel Regno Unito!

Povertà dell’Est, povertà dell’Ovest

I differenti volti della povertà in Europa - Qui a Bucarest

Le realtà comprese nel termine «povertà» variano da una nazione all’altra. Per poterle valutare l’Unione Europea si basa sulla seguente definizione: è povero colui che non raggiunge il 60% del reddito medio nazionale. 79 milioni di persone, vale a dire il 16% degli europei vi sarebbe compreso. Il solo punto debole della statistica, sottolinea l’Observatoire des inégalités (Osservatorio delle disuguaglianze) consiste nel fatto che la soglia di povertà così calcolata è di 967€ in Inghilterra e precipita a 159€ in Romania. L’assurda conclusione dell’organo indipendente di informazione ed analisi delle disuguaglianze, è che «i poveri degli ex-paesi dell’est sono molto più poveri di quelli dell’ovest…». Parlare di povertà in Europa significa quindi aprire un dibattito.

I tre tipi di povertà

Perché una volta discusso di povertà economica, si è ben lungi dall’essere soddisfatti. Serge Paugam completa la definizione: «la povertà crea una situazione di dipendenza ed il modo in cui essa viene realmente vissuta varia in base al tipo di società. Il sociologo distingue tra “povertà integrata”, che riguarda per lo più i paesi poveri, “povertà marginale”, laddove i poveri sono meno numerosi, e “povertà dequalificante”, quella più drammatica, che coinvolge sempre più i paesi “ricchi” la cui economia è in crisi». La povertà, che riguarda 84 milioni di europei, è quindi un fenomeno disparato. E in Europa il lavoro non protegge più sempre e comunque dall’esclusione: l’8% dei «working poors» (lavoratori poveri) europei è interessato dalla povertà.

I bambini non sono esenti: tra questi, ben 20 milioni rischiano di trovarsi faccia a faccia con la povertà dopo gli sconvolgimenti sociali. Per l’anno 2010 l’Ue individua quindi i gruppi particolarmente “vulnerabili“, come i bambini, i senzatetto, gli anziani, i disabili e gli immigrati. Vengono messe in atto le cosiddette strategie di “inclusione attiva”; esse mirano, come si può leggere, “a offrire un impiego al più vasto numero di persone, garantendo allo stesso modo condizioni di vita decenti a coloro che non possono accedere al mercato del lavoro”.

«Metodo aperto di coordinazione»

Nel 2006 a Parigi l'associazione “Les Enfants de don Quichotte” ha installato una serie di tende in città per sensibilizzare sulla questione dei senzatetto. Augustin Legrand, leader dell’associazione, nel 2010 è entrato a far parte del movimento politico Europe Ecologie Come il coordinatore di una squadra, allo stesso modo l’Ue fissa obiettivi ed indicatori per gli stati membri nell’elaborazione delle loro politiche di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Una base che permette poi di coordinare le politiche nazionali: ogni stato può paragonare i propri risultati con i paesi vicini, prendere ispirazione dalle ricette che hanno funzionato altrove. Oltre alla valutazione realizzata a livello di singolo stato, le Ong, le associazioni, i partner sociali e le autorità locali sono a loro volta presenti per monitorare le politiche nazionali dispiegate a favore dei dimenticati dal modello sociale europeo. Il rischio di questo “metodo di coordinazione” è che ogni stato agisca secondo i propri mezzi; i “poveri più poveri” dell’Europa dell’Est non ne uscirebbero migliorati.

Almeno 26 milioni di euro, di cui 17 provenienti dall’Ue, saranno disponibili per tutto il corso dell’anno 2010. In Francia, ad esempio, verranno investiti 1,5 milioni di euro. l’Ue finanzierà per la metà le misure destinate a porre rimedio all’esclusione sociale, vale a dire 750.000 euro. Tuttavia, va sottolineato che, a conti fatti, soltanto 850.000 euro saranno concretamente destinati ai “progetti locali e regionali”. Per fare il punto della situazione, appuntamento il 17 dicembre prossimo a Bruxelles in occasione della cerimonia di chiusura dell’anno di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1558


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ull'orlo del collasso - di James Carroll

Traduciamo questo articolo del Boston Globe, pubblicato il 21 giugno scorso, che a nostro parere offre una precisa fotografia del particolare momento psicologico che sta attraversando l'America. Siamo certamente alle soglie di un forte cambiamento di direzione, e non necessariamente in senso positivo. (Va notato che l'articolo è stato scritto prima che esplodesse il caso McChrystal, confermandone quindi l'inquietante aspetto "profetico").

Il capo del Comando Centrale degli Stati Uniti stava spiegando come poco prima, mentre si trovava a testimoniare di fronte al comitato senatoriale delle forze armate, avesse avuto un breve svenimento. L'aperto scetticismo del Senatore McCain su ciò che stava sentendo, riguardo alla guerra in Afghanistan, non è stato il problema. È stato spiegato che Petraeus non aveva fatto colazione. Ma si poteva cogliere, persino attraverso i notiziari televisivi, uno strano spirito di unanimità nella sala delle udienze, come una sensazione di imbarazzo per il generale, che ha portato il presidente della commissione a sospendere immediatamente la sessione.

Nello stesso giorno i dirigenti di cinque società petrolifere sono comparsi di fronte ad una commissione parlamentare, che stava indagando sulla catastrofe nel Golfo del Messico. I dirigenti sono stati sottoposti ad un aspro interrogatorio da parte dei membri del parlamento, ...

... e il fatto che tutte e cinque le compagnie petrolifere condividessero lo stesso piano di emergenza "copia-e-incolla" per le trivellazioni in mare aperto, ha mostrato che la palese incompetenza della BP è lo standard nell'industria petrolifera. Qui non c'è stato imbarazzo, ma rabbia. Il massimo che si può dire a favore dei dirigenti delle compagnie petrolifere è che nessuno di loro è svenuto.

Le due udienze di Washington hanno colto la diffusa sensazione in America di stanchezza e di paura. La nazione è stata messa duramente di fronte alla propria impotenza su molteplici fronti: da un lato, la palese incapacità di evitare che l'oceano diventi un mare morto, come quella di proteggere le proprie coste dall'avvelenamento. Dall'altro, il testardo rifiuto della guerra in Afghanistan (e del suo leader Hamid Karzai) di adeguarsi alla volontà di Washington. C'è inoltre la crescente sensazione che il risultato più vistoso dello sforzo americano in Iraq sia stato il rafforzamento dell'Iran.

Quando il presidente Obama si è rivolto alla nazione, dall'Ufficio Ovale, era focalizzato sulla perdita di petrolio, ma i limiti della sua capacità di influenzare in modo pratico gli eventi sono stati chiari per tutti.

Il generale Petraeus è un eroe dei nostri giorni. La sua uniforme scintilla con dieci strisce di decorazioni, timbri, adesivi e patacche di ogni tipo. Apertamente riconosciuto come il genio del Pentagono della "contro-insorgenza" e come autore dell'incremento militare in Iraq ["surge], Petraeus avrebbe dovuto portare anche l'Afghanistan a svoltare l'angolo. Ma i Talebani si sono rifiutati di cooperare con la strategia americana in Afghanistan. In Iraq la inutile riunione della settimana scorsa di un parlamento in pieno stallo, sommata alla minaccia di un ritorno della guerra civile in Iraq, indicano con abbondanza che l' "incremento militare" non sia stato affatto un successo dopotutto.

Sotto la superficie dell'aperto scetticismo con cui è stato accolto il generale all'udienza del Senato, vi è la crescente paura che le truppe americane rientrino da ambedue i paesi - se mai ciò avverrà - non in forma di ritiro ma di evacuazione. E poichè Petraeus impersonifica in questo momento la migliore speranza militare, è stato impossibile non cogliere nel suo temporaneo svenimento un segno nefasto.

Ci stiamo avvicinando ad un punto di rottura per tutta la nazione. In gioco vi è niente di meno che quel senso implicito di "giustezza" dell'America, una sensazione alla quale lo stesso presidente Obama si era affidato quando inizialmente ha appoggiato Petraeus, supportando la guerra, mentre dava fiducia agli stessi dirigenti delle compagnie petrolifere, autorizzando nuove trivellazioni in mare aperto. Il presidente ha bloccato le seconde, e certamente rimpiange la prima, ma è troppo tardi in ambedue i casi. Quando una industria che rappresenta la quintessenza dell'economia americana si mostra, come è avvenuto nel Golfo, intenzionalmente distruttrice - con la complicità di ogni cittadino in quella distruzione - e quando la fatica delle sventurate operazioni americane in Iraq e Afghanistan viene vanificata da una continua serie di svenimenti di leadership a tutti i livelli, la fiducia in se stessa dell'intera nazione può andare irrimediabilmente perduta.

Obama è come uno scalatore in difficoltà su una superficie liscia, che ha oltrepassato i propri limiti personali e ora non vede nessuna mano tesa che possa aiutarlo. Ma dal Golfo del Messico al Golfo Persico le crisi ambientale e militare si sovrappongono, creando un'urgenza che di per sé impone le prossime scelte. Obama deve saper generare un nuovo consenso fra gli americani. Gli argomenti sono noti ormai a livello familiare - sia di politica energetica che di rientro delle truppe - ma il contesto nel quale stanno avvicinandosi alla loro risoluzione è qualcosa di mai visto prima.

A Washington i politici continuano a cavillare sul nulla, i boss del petrolio continuano a negare l'evidenza, e gli alti ranghi militari continuano nella confusione e nell'equivoco. Ma la nazione stessa si trova oggi in una situazione molto diversa da quella dell'anno scorso, in quell'effimera stagione di speranza politica.

Nella prossima estate il carattere degli americani si mostrerà per quello che è diventato, e così farà anche il presidente americano. In realtà, la sua presidenza inizia soltanto adesso, e svenire per lui non è un'opzione.

James Carroll - The Boston Globe.

Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net

Fonte
http://www.nexusedizioni.it/apri/Argome ... s-Carroll/


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La Guerra al Contante
http://www.anticorpi.info/2010/07/la-gu ... tante.html


Come da programma, sembra che anche nel nostro paese abbia avuto ufficialmente inizio il processo che dovrà condurre, in tempi non troppo lunghi, alla messa al bando del denaro contante in favore della moneta elettronica.
Il primo passo, risalente alla scorsa legislatura, fu quello di introdurre alcuni precisi limiti all'uso del denaro contante e degli assegni non tracciabili. A far capo dalla introduzione del decreto Bersani del luglio 2006, i compensi ai professionisti divennero riscuotibili solo mediante strumenti finanziari tracciabili e non in contanti, fatta eccezione per somme unitarie inferiori a 100 euro.

Tutto ciò andò ad aggiungersi alle preesistenti "norme antiriciclaggio", la cui introduzione aveva fatto si che nessun titolare di conto corrente bancario o postale fosse più libero di prelevare in una unica soluzione somme superiori ad una determinata soglia.

Norme attraverso le quali fu limitata la libertà di tutti i cittadini, compresa la larghissima maggioranza di non evasori, allo scopo di complicare la vita ad una minoranza di evasori. In sostanza si stabilì una deroga - in materia tributaria - al principio della presunzione di non colpevolezza, capovolgendo la questione e assumendo come presupposto il dato secondo cui ogni contribuente sia un potenziale evasore da tenere sotto controllo. Un pò come sequestrare tutte le automobili in circolazione per sanare la piaga della pirateria stradale.

Con il Decreto Legge 78, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010, è stato dato un ulteriore giro di vite. E' ora vietato il trasferimento di denaro contante, libretti di deposito bancari o postali al portatore o titoli al portatore in euro o valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro.

Nonostante il denaro sia di mia proprietà, lo abbia guadagnato onestamente con il mio lavoro, e anziché investirlo in preziosi abbia scelto di affidarlo ad una banca, accollandomi ingiustificabili spese di gestione e ricavandone un interesse attivo che definire micragnoso è eufemistico, adesso non sono neanche padrone di poterne disporre nei tempi e modi che preferisco.

Il trasferimento - udite udite - risulta vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia, ma che appaiono artificiosamente frazionati. E chi sarebbe preposto a dedurre l'esistenza di una tale artificiosità? Un funzionario di banca promosso ad ispettore derrick in nome e per conto delle istituzioni..

L’art. 36 del decreto prevede perfino che debba essere considerato elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti dei 5.000 euro, di cui abbiamo detto, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro.

Niente paura però, dal momento che il decreto si affretta a specificare che qualsiasi trasferimento può essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A. Bontà loro.

Il 30 maggio scorso il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo a firma di D. Masciandaro, dal titolo La Moneta Elettronica dà Luce al Sommerso. Di seguito andiamo a riportare alcuni estratti dell'articolo: FONTE

"Partiamo dal fatto che l'utilizzo di pagamenti tracciabili e moderni - chiamiamola moneta elettronica - è considerato un termometro della civiltà economica di un paese, che ci indica quanto in quel paese ci sono le condizioni per uno sviluppo economico moderno."

In questo primo passaggio l'autore ci insegna cosa è economicamente moderno e positivo. I paesi nei quali le transazioni avvengono principalmente mediante pagamenti in contanti sarebbero economicamente sottosviluppati.

Nella seconda parte dell'articolo l'autore affronta la questione legata alla privacy:

"In primo luogo, esiste un costo della lotta al contante che è confessabile: il rischio che una normativa volta ad aumentare la tracciabilità e la ricostruibilità delle transazioni finanziarie di ciascun cittadino possa comportare rischi per la privacy (riservatezza) del cittadino stesso. La domanda di riservatezza è una caratteristica fisiologica nel comportamento di qualunque soggetto economico. Le informazioni personali sono un bene di cui ciascun individuo si sente titolare, o proprietario (si sente titolare? dunque adesso è una questione di percezione? Di sensazioni? L'individuo si sente, ma in realtà ... cosa? - n.d.a.). La loro protezione riveste particolare importanza in una società di mercato, i cui pilastri nella sfera economica sono appunto la tutela dei diritti della persona e della proprietà. Per cui è comprensibile il timore che la riduzione dell'anonimato delle transazioni possa preoccupare chi è sensibile al tema della riservatezza personale (comprensibile? riduzione? chi è sensibile? - strano modo di esprimersi - n.d.a.), soprattutto a fronte di una incapacità tutta italiana - più volte dimostrata - di tutelare efficacemente un tale bene."

L'articolo prosegue spiegando i motivi che avrebbero indotto il Governo ad emanare il DL 78, che in sostanza si concentrerebbero nella lotta al sommerso, dal momento che l'Italia "è un paese endemicamente afflitto dal problema dell'economia sommersa, la stima delle cui dimensioni - difficile per definizione - arriva anche a un terzo rispetto al totale dell'economia emersa."

Inutile citare nuovamente la analogia della pirateria stradale. Il succo è che da cittadino onesto quale sono pretendo che le istituzioni si diano da fare per sanare le piaghe della società senza danneggiare la mia vita di cittadino onesto, tanto meno attraverso la sistematica violazione della mia riservatezza. Chiunque sarebbe capace di governare a forza di bambini gettati via con l'acqua sporca.


L'ultima parte dell'articolo inizia con quella che suona tanto come una dichiarazione di intenti per gli anni a venire:
"Ecco allora la ragione per cui la guerra al contante diviene una sfida di civiltà economica."

Sia chiaro: guerra al contante, non all'evasione o alla economia sommersa. Al contante. Una sfida di civiltà economica poiché una economia moderna è una economia che combatte e sconfigge il denaro contante, a prescindere da robette come il signoraggio bancario, il falso in bilancio depenalizzato, i derivati finanziari, i conflitti di interesse nei consigli di amministrazione, i 98 miliardi di evasione da parte dei gestori delle slot machines, i condoni a ogni piè sospinto e gli scudi fiscali, tanto per gradire.

Un decreto come il nr. 78 emanato nel Paese del liberalismo, il cui premier si infuria solo a sentir nominare parole come "burocrazia" e "statalismo", e dove il Parlamento discute leggi dai risvolti castranti per magistratura e stampa, in ossequio al principio di sacralità della privacy. Che ironia.

Meno buffo è il dato oggettivo che emerge da tutta questa storia. La guerra al contante - infatti - si prefigura come uno dei passi conclusivi verso quella radicale riforma globale delle valute perseguita dalle oligarchie per ovvi fini di controllo individuale e gestione del dissenso politico. Il giorno in cui la moneta elettronica dovesse soppiantare completamente il denaro tangibile sarà una data funesta. Da quel momento, infatti, ognuno di noi potrà essere ridotto alla fame mediante la semplice pressione di un tasto situato in capo al mondo. La qual cosa non è detto che debba necessariamente accadere, a patto di rigare dritto e non infastidire coloro i quali avranno facoltà di intervenire sui nostri crediti elettronici.
http://www.anticorpi.info/2010/07/la-gu ... tante.html



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Ottimo post, Bliss.

Un post che potremmo chiamare "il canto del cigno" dove il cigno è metafora di un'economia basata sul lucro e sull'accumulo del capitale ... lol ... i "capintesta" hanno detto stop: "ci avete aiutato a trasformare il mondo in una latrina, ebbene ora basta ... ora che le redini (n.d.r.: della latrina) sono nelle nostre mani, potete anche morire ... come meglio credete, s'intende, visto che siamo in democrazia" ... e non sono sicuro che qui ci vada un rotfl ... piuttosto che un sob ... o un gasp .... o ... mah!



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siamo alla chiusura del cerchio...Direi che a questo punto i giochi sono fatti: c'è chi si trova da una parte e chi dall'altra.



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MessaggioInviato: 07/07/2010, 03:02 
Il declino e l’impoverimento produrranno gravi proteste
sociali e la delegittimazione dello Stato


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lug 6th, 2010

DI MARCO DELLA LUNA
marcodellaluna.info

Tratto da:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... nergetico/

In Ottobre scadranno grandi quantità di bonds italiani, e il governo dovrà rinnovarli e ricollocarli sui mercati, quindi sarà ricattabile dalle agenzie di rating e dalle banche che le posseggono: se il governo non seguirà le loro indicazioni, dovrà pagare tassi elevati, e ciò si tradurrà innanzitutto in centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno.

Per abbassare il rischio di default dei suoi bonds, il governo deve introdurre misure atte a sostenere la finanza pubblica, alleggerendo la spesa, nel medio-lungo termine, cioè nel termine di scadenza dei nuovi bonds, onde rassicurare i loro potenziali acquirenti in modo che li comperino a un tasso di interesse moderato. La misura diretta per alleggerire la spesa pubblica nel medio-lungo termine, soprattutto con una popolazione che invecchia, è spostare in avanti l’età pensionabile – e questo il governo lo sta facendo con ritardo e tentennamenti. Una misura obbligata, quella delle pensioni, dato anche che il debito pensionistico si aggira sui duemila miliardi, e si aggiunge al debito pubblico di millesettecento miliardi.

Totale tremilasettecento miliardi, il 320% del pil, all’incirca. Già da tempo i contributi previdenziali in realtà sono tali solo di nome, perché non vengono investiti e accumulati per costituire rendite vitalizie, ossia future pensioni, ma vengono spesi direttamente per pagare le pensioni in essere – quindi in realtà sono tasse. Senza il prolungamento della vita lavorativa, presto avremo più pensionati che lavoratori. Gli immigrati non giovano, perché molti lavorano senza versare contributi, mentre gravano pesantemente, assieme ai loro familiari, sulla spesa assistenziale e sanitaria.

Ma l’innalzamento dell’età pensionabile è una misura insufficiente. Dovrebbe essere affiancata da misure per il rilancio della produzione e della domanda nel breve termine. Misure che non vengono. Le prospettive a brevissimo termine sono fosche. Entro il prossimo Settembre si stima che chiuderà il 20% delle piccole imprese. Ne conseguirà un’ondata di disoccupazione e un calo dei consumi e del gettito fiscale, maggiori oneri assistenziali, nonché una nuova stretta creditizia. Qualora poi il rinnovo dei bonds vada male, sarà necessaria una manovra pesante. Al contempo, Grecia e Spagna sono sotto allarmata osservazione, ed è in discussione l’Euro stesso (che, ricordiamo, è un sistema di cambi fissi, e non moneta unica).

Peraltro il problema di fondo delle economie di quasi tutto il mondo, e del quale non si parla alla popolazione generale, è il meccanismo dell’interesse composto sul debito pubblico e privato, che, col passare degli anni, drena crescenti quote del reddito, distogliendole da investimenti e consumi, con un andamento esponenziale rispetto al quale le tasse e i tagli, al punto in cui siamo, possono solo guadagnare qualche mese. L’ultima manovra basterà sino a Ottobre. Si apriranno subito dopo scenari che spingeranno il governo a nuove manovre, questa volta con lacrime e sangue.

La spesa pubblica è cresciuta del 40% dal 2000 ad oggi, in dieci anni quasi tutti governati dal centro-destra, nonostante i dichiarati interventi a suo contenimento. Ciò è dovuto al fatto che il ceto politico italiano ricava dalla spesa pubblica sia i suoi profitti (malversazione, corruzione, peculato) che i mezzi per acquisire i consensi (lobbistici, mafiosi, elettorali) e per perpetuarsi al potere (spesa clientelare). Siccome sa fare solo questo e non amministrare bene, almeno a Roma e al Sud, non può che aumentare continuamente la spesa pubblica al fine di procurarsi i mezzi per comperare i consensi che non può ottenere con la buona amministrazione, anzi che perde, per effetto della sua cattiva amministrazione. Milioni di italiani, di elettori dipendono da una spesa pubblica distruttiva e insostenibile. Ciò imprigiona lo Stato italiano, e soprattutto Roma e il Sud, che hanno un crescente bisogno di essere mantenuti, in una spirale di inarrestabile degrado economico e civile. Il degrado politico e giudiziario è invece già completato, come quello scolastico.

Berlusconi, nonostante le sue promesse e le forti maggioranze di cui sulla carta disponeva e dispone, non ha affatto interrotto tale spirale e non ha fatto alcuna reale riforma, limitandosi a galleggiare e a difendere dagli attacchi giudiziari (che in parte erano e sono politici e partigiani, in parte no) se stesso e pochi altri. Ovvio che non poteva e non può contenere la spesa pubblica inefficiente, avendo bisogno, per salvarsi dai processi e per la stessa sopravvivenza del suo governo, del voto e del sostegno anche dei beneficiari e dei fruitori di quella medesima spesa. Piuttosto di tagliare la spesa parassitaria, imporrebbe nuove tasse – una patrimoniale, magari. Il centro-sinistra ha invece agito direttamente per consegnare le risorse pubbliche e la finanza pubblica ai potentati finanziari stranieri di cui suoi esponenti di spicco sono diretta emanazione.

In luogo delle riforme, Berlusconi porta avanti la c.d. legge bavaglio anti-intercettazioni e gli scudi antiprocesso che gli sono necessari per non essere sottoposto a pubblico giudizio penale da parte di magistrati in parte a lui ostili, mentre dovrebbe governare.

Vi sono buone ragioni sia pro che contra la legge bavaglio e lo scudo antiprocesso. In quanto alla prima, il diritto alla riservatezza è un fondamentale diritto dell’uomo, tutelato dalla legge, e troppi magistrati e giornalisti si sono abituati a violarla sistematicamente, sia per facilitarsi le indagini, sia per farsi pubblicità, sia per lucrare mazzette dai mass media, sia per vendere più copie, sia per influenzare e ricattare politici e istituzioni. Però senza intercettazioni facili diverrebbe difficile o impossibile individuare e reprimere molti gravi delitti e gruppi criminali, che minacciano o guastano la vita sociale e l’attività istituzionale. Gruppi che sono fortissimi, radicati, istituzionalizzati, così che indebolire l’azione di contrasto ad essi, e nascondere alla gente ciò che su di essi via via si scopre, equivarrebbe, probabilmente, a lasciar loro mano libera sullo Stato e sulle amministrazioni locali. In quanto al secondo, anzi ai secondi (perché di scudi ve ne è più d’uno, anzi vanno sempre rinnovati in quanto la Corte Costituzionale li dichiara illegittimi), da un lato è evidente che non ci dovrebbero essere privilegi giudiziari per alcuno (salve le immunità diplomatiche), e che la giustizia dovrebbe poter giudicare e reprimere anche i politici, soprattutto se hanno cariche pubbliche, perché se risultano essere colpevoli di gravi reati, devono essere rimossi tanto più rapidamente, quanto più è importante la loro carica. Al contempo, dall’altro lato è altrettanto evidente che è di pubblico interesse che il prestigio anche internazionale e la libertà di azione di coloro che sono al governo non siano attaccabili o condizionabili mediante azioni giudiziarie, corrette o strumentali che siano. Inoltre, in un sistema come quello italiano, in cui non si consegue potere politico ed economico se non violando e facendo violare, in modo organizzato, le regole ufficiali – in un sistema cioè in cui tutti i politici e gli imprenditori che contano hanno scheletri nell’armadio, senza uno scudo giudiziario e un bavaglio mediatico tutti sono delegittimabili ed condizionabili da chi esercita il potere giudiziario come pure da chi dispone di archivi e dossier di un certo tipo. Alla fine sarebbero questi soggetti a decidere, senza assumersi però alcuna responsabilità politica, chi e come debba governare e fare affari. E i magistrati italiani, maggioritariamente, sono già costituiti in gruppo di interesse sindacalmente (o corporativamente) organizzato, con cui svolgono azione politica di parte. Sono quindi lontanissimi da ciò che dovrebbero essere per svolgere le funzioni assegnate loro dalla Costituzione, sicché sarebbe un controsenso affidare loro il compito e i mezzi per ristabilire la legalità, come alcuni vorrebbero, perché la loro posizione è, di fatto, essa stessa illegittima. Sarebbe un controsenso come l’affermare, in un sistema in cui i candidati sono scelti dalle segreterie dei partiti politici e non dal popolo, che l’investitura elettorale sia il criterio finale di legittimazione, davanti al quale anche i giudici devono fermarsi. In conclusione, dobbiamo prendere atto che manca un fondo sano a cui appoggiarsi, sia dal lato della giurisdizione che dal lato della legittimazione democratica; che interventi risanatori sono possibili solo se le devianze sono circoscritte e non sistemiche; e che pertanto conviene risparmiare le energie, non spenderle in sforzi inutili: infatti, non vi è una soluzione possibile ai problemi suddetti, perché non si tratta semplicemente di contemperare principi e valori generali per certi versi contrastanti (il diritto alla privacy con l’esigenza di indagare, il principio di eguaglianza coll’esigenza di prestigio e non ricattabilità del governo), ma di un sistema di potere reale che vive di regole incompatibili con quelle ufficiali, sia della Costituzione, che del Codice Penale. L’Italia non ha, per sua “composizione”, alcuna possibilità di essere uno Stato di diritto, né uno Stato basato su leggi scritte, né uno Stato basato su trasparenza e accountability del potere effettivo, né un sistema-paese capace di adattarsi e di correggersi in relazione all’evoluzione della tecnologia o della competizione globale. Infatti, da vent’anni è in declino e nessun governo fa riforme correttive.

Nel momento, che potrebbe ben collocarsi nel prossimo inverno (per le ragioni suddette), in cui il declino e l’impoverimento produrranno gravi proteste sociali e delegittimazione dello Stato, resterà una sola riforma possibile per mantenere la governabilità e l’unità del Paese: una riforma in senso poliziesco, autoritario, legittimata dall’emergenza, attuata probabilmente da un nuovo governo “di larghe intese”, istituzionale, sostenuto dal Quirinale. Tale riforma è verosimile che sia fatta e che abbia successo, perché la popolazione italiana è complessivamente incline al compromesso e alla ricerca dell’espediente, mentre non è portata a lottare per la libertà, la dignità, la difesa del lavoro e del risparmio. Per tenerla a bada in un periodo di forte recessione basteranno sorveglianza telematica, sanzioni fiscali e amministrative (accertamenti fiscali intimidatorii, fermi amministrativi, esclusione da pubblici servizi e benefici) assieme a violenze di branco in uniforme da parte delle forze dell’ordine sui cittadini che protestassero – violenze di cui moltissimi dei loro componenti hanno ampiamente dimostrato di essere capaci, con o senza guida dai vertici gerarchici, fino all’omicidio e alla calunnia. Il G8 di Genova è stato un collaudo generale di questo strumento.

L’alternativa sarebbe quella della liberazione del Nord, quale entità economicamente e civilmente vitale, da ciò che recentemente The Economist ha definito “Bordello”, cioè Roma e il Sud – entità oggettivamente distruttiva sia dell’economia, che della capacità di ammodernarsi, che del rispetto e delle fiducia verso regole e istituzioni, cioè della base di qualsiasi capacità organizzativa. Se si conosce il sistema economico, amministrativo e politico di Bordello, non si accetta l’idea di essere uniti ad esso e di essere amministrati dalla sua burocrazia e con la sua cultura. Ma la liberazione del Nord da Bordello non è realisticamente fattibile.

Occorre quindi risparmiare l’energia mentale ed economica di cui si dispone, non disperderla in vani tentativi di correggere l’incorreggibile, e impiegarla per costruire, per sé e per i figli, un futuro oltre confine.

Fonte: http://marcodellaluna.info
Link: http://marcodellaluna.info/sito/?p=282
2.07.2010



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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Boom disoccupazione, OCSE "lavoro deve essere priorità governi"

(Teleborsa) - Roma, 7 lug - Il mercato del lavoro resta in condizioni pessime. E' un dato di fatto, confermato anche dall'ultimo rapporto dell'OCSE sukl mercato del lavoro, che preannuncia un aumento del tasso di disoccupazione all'8,6% nell'area a maggio.

Scontato l'appello dell'OCSE ai leader dei maggiori Paesi industrializzati, che dovrebbero porre il tema del mercato del lavoro come priporità nella propria agenda. "La creazione di posti di lavoro deve rappresentare una priorità per i Governi" ha detto Angel Gurria, Segretario Generale dell'OCSE. L'Organizzazione con sede a Parigi prevede che dovranno essere creati 17 milioni di posti di lavoro per far tornare il mercato ai livelli pre-crisi.

"Il taglio della disoccupazione e dei deficit rappresenta una grande sfida per i Governi, ma ha ha bisogno di essere afrontata con la giusta determinazione. - sottolinea Gurria - A dispeto dei segnali di recupero emersi in molti Paesi, c'è il rischio che milioni di individui possano perdere il contatot con il mercato dle lavoro. Una disoccupaizone così alta non puù essere accettata ed il tema deve essere affrontato con una strategia politica globale".

Complessivamente, ci sono 47 milioni di disoccupati nell'area Ocse, ma se si agigungono anche le persone che hanno rinunciato a cercare lavoro ed i lavoratori part-time in cerca di un lavoro a tempo pieno il numero effettivo di disoccupati e sottoccupati nei paesi OCSE potrebbe essere di circa 80 milioni.

La sfida per i governi, secondo l'OCSE , è quello di definire un nuovo equilibrio tra risanamento dei conti pubblici e, al tempo stesso, gli aiuti alle persone più bisognose, in particolare i giovani ed i disoccupati di lunga durata. Il mantenimento di un efficace sostegno per queste persone è di vitale importanza ed i Governi dovrebbero resistere alla tentazione di ridurre gli stimoli per ottenere risparmi nell'immediato.

E cosa succederà in Italia? L’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi OCSE. Tuttavia, il Rapporto OCSE sull’occupazione suggerisce un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro nell’ultimo anno. A maggio, il tasso di disoccupazione ha raggiunto l’8,7% in Italia, vale a dire un incremento di due punti percentuali dall’inizio della crisi, inferiore alla crescita media dei paesi OCSE sullo stesso periodo (2,8 punti percentuali). Inoltre la ripresa dell’attività economica non porterà probabilmente a una creazione significativa di occupazione nel breve periodo: infatti, le proiezioni OCSE suggeriscono che la disoccupazione rimarrà pressoché costante sino alla fine del 2011.

La principale risposta del governo italiano alla crisi occupazionale è stata il sostegno ai redditi dei lavoratori non aventi diritto a un sussidio di disoccupazione ed, in particolare, il maggior ricorso alla cassa integrazione (CIG). Nella fase di ripresa economica è però essenziale creare incentivi adeguati alle imprese ad assumere lavoratori e quindi ridurre la disoccupazione. Il Rapporto OCSE suggerisce che, da un punto di vista internazionale, l’Italia è tuttora caratterizzata da un ordinamento del mercato del lavoro piuttosto rigido e da una mobilità del lavoro limitata. Per promuovere la produttività e una più ampia creazione di posti di lavoro, sarebbe necessaria una riforma dei contratti di lavoro, tale da rendere più efficace la riallocazione dei lavoratori nella fase di ripresa. Tuttavia, una tale strategia di riforma potrebbe generare una maggiore mobilità subita per alcuni lavoratori con contratti permanenti e si dovrebbe quindi coniugare con ulteriori sforzi nelle politiche del welfare volti a rafforzare il sostegno di reddito per i disoccupati, anche se condizionato alla disponibilità ad accettare offerte di lavoro, accompagnato da un efficace sostegno al re-impiego e compatibilmente con la necessità di preservare la sostenibilità dei conti pubblici.

Fonte
http://finanza.repubblica.it/News_Detta ... 07&src=TLB


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Economia : I profitti della Crisi

lug 9th, 2010

di Marco Cedolin

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... lla-crisi/

La crisi economica sta imperversando in maniera sempre più drammatica in tutto l’Occidente. Le imprese chiudono o delocalizzano, la disoccupazione sale a ritmo forsennato, diritti si vaporizzano, le prospettive occupazionali si riducono al lumicino. Sulla scia lasciata dalla manovra “lacrime e sangue” imposta al popolo greco, un po’ dappertutto s’impongono sacrifici ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani. Le mense della Caritas conoscono un sovraffollamento mai sperimentato prima, in strada scendono sempre nuovi senza tetto, con gli Stati Uniti che tirano la cordata.

Aumentano in maniera esponenziale, anche se i media raramente ne danno notizia, i suicidi e le tragedie familiari aventi per protagonisti persone strozzate dai mutui e rimaste senza lavoro.

Un quadro a tinte fosche, condito dalle promesse dei mentori del progresso che preconizzano improbabili “riprese” che germoglieranno miracolosamente da quelle lacrime e dal quel sangue fagocitati in maniera sempre più famelica.

Eppure la crisi economica presenta anche un’altra faccia della medaglia,…

… quella delle grandi multinazionali e delle grandi banche, a beneficio delle quali è stata costruita l’intera operazione.

Dai dati dello studio annuale di Mediobanca-R&S, che prende in esame 374 multinazionali (17 delle quali italiane) per quanto concerne il primo trimestre 2010, si apprende che il fatturato medio è cresciuto ben del 22% e l’utile netto (udite udite) perfino del 210%. A trainare questa entusiasmante crescita, l’escalation del settore energetico, ma anche gli ottimi profitti dei settori auto, pneumatici e cavi, chimica-farmacia e utilities.

Ciò che colpisce maggiormente, se letto attraverso la drammatica situazione propria a tutti coloro che stanno sperimentando sulla propria pelle le conseguenze della “crisi” è il dato concernente l’incremento dell’utile netto delle multinazionali, ottenuto in larga parte attraverso licenziamenti, delocalizzazioni ed annientamento del mondo del lavoro, superiore di dieci volte a quello del fatturato. Un dato che dimostra inequivocabilmente le ragioni di un cataclisma presentato come “accidentale”, ma in realtà studiato scientemente, per trasformare magicamente il dramma di molti nel bengodi di pochi.

Purtroppo all’interno di questi dati, la stampa politicamente corretta riuscirà a leggere solo una timida speranza di crescita, prodromica di una fantomatica ripresa economica. Ancora qualche sacrificio e finalmente ne saremo fuori. Fuori da cosa? Probabilmente solo da casa nostra, ad ingrossare le file della Caritas e l’utile netto delle multinazionali che distintamente ringraziano.

Fonte:
http://www.luogocomune.net/site/modules ... oryid=3574



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MessaggioInviato: 09/07/2010, 21:40 
Cita:
eSQueL ha scritto:

Ottimo post, Bliss.

Un post che potremmo chiamare "il canto del cigno" dove il cigno è metafora di un'economia basata sul lucro e sull'accumulo del capitale ... lol ... i "capintesta" hanno detto stop: "ci avete aiutato a trasformare il mondo in una latrina, ebbene ora basta ... ora che le redini (n.d.r.: della latrina) sono nelle nostre mani, potete anche morire ... come meglio credete, s'intende, visto che siamo in democrazia" ... e non sono sicuro che qui ci vada un rotfl ... piuttosto che un sob ... o un gasp .... o ... mah!





La new economy !!!!!! quanti hanno gridato al vento che sarebbe stata la rovina del pianeta, ma come al solito nessuno ha rinunciato ad investire in porcherie.

Chi è fautore del suo male, pianga se stesso.



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MessaggioInviato: 13/07/2010, 18:06 
UN CAPPIO LEGALE AL COLLO
DELL’UNIONE MONETARIA EUROPEA


lug 12th, 2010

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DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
blogs.telegraph.co.uk

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... a-europea/

La trama si infittisce alla Corte costituzionale tedesca, organismo con potere di vita o di morte sull’unione monetaria europea.
Contrariamente a quanto si crede, i professori tedeschi euroscettici non hanno abbandonato i loro sforzi legali per bloccare il salvataggio europeo delle banche esposte al debito greco, e dal 7 maggio al debito di Spagna, Portogallo, e Irlanda.
Se dovessero riuscire, la zona euro rischia la disintegrazione in pochi giorni, forse ore. Non penso che gli investitori di New York, Londra, Tokyo, Pechino, o anche Francoforte se ne rendano conto.
Ci sono quattro casi presso la Corte – o Verfassungsgerichtshof – in cui si sostiene che tali discussi salvataggi bancari violino diverse clausole del trattato UE, e quindi anche la Legge Fondamentale della Germania.
Un quintetto di professori – Wilhelm Hankel, Wilhelm Nölling, Joachim Starbatty, Karl Albrecht Schachtschneider, e Dieter Spethmann (ex amministratore delegato della Thyssen) – hanno appena esteso la loro denuncia sul salvataggio bancario della Grecia, per includervi i nuovi 440 miliardi di € di prestiti, che violano il diritto comunitario.
La denuncia riguarda anche l’acquisto di massa da parte della Banca centrale europea dei bonds greci, spagnoli, portoghesi e irlandesi, da banche private. Ciò che permette agli investitori che hanno acquistato questi titoli durante la bolla del credito allo scopo di massimizzare il profitto – così come a coloro che hanno acquistato CDO subprime degli Stati Uniti per avere alti rendimenti – di riversare le conseguenze dei loro errori di valutazione sulle spalle dei contribuenti (gli hedge funds erano già “long” sul debito Club Med, naturalmente, quando la BCE è intervenuta, in modo da realizzare un guadagno speculativo a spese dei contribuenti).
E’ stato ampiamente riportato dalla stampa tedesca – che dovrebbe essere più informata – che la Corte ha respinto la causa dei professori. Questo è falso. E’ stata respinta la loro richiesta di un provvedimento immediato che bloccasse i trasferimenti verso la Grecia (per il fatto che una tale mossa sarebbe stata troppo pericolosa). Ma il caso è ancora pendente.
Nel loro ultimo esposto i professori hanno detto che il fondo europeo “in tutta evidenza” viola la clausola di non-salvataggio del Trattato di Lisbona.
Hanno ripreso i commenti del ministro francese in Europa Pierre Lelouche, il quale ha ammesso, dopo il summit del 7 maggio, che i leader UE avevano effettuato un colpo di stato incostituzionale. “E ‘espressamente vietato dai trattati nella famosa clausola no-bailout. De facto, abbiamo cambiato il trattato” ha detto.
Il quintetto ha affermato che il metodo utilizzato per imporre al Bundestag il salvataggio UE è una minaccia “golpista” per la democrazia tedesca. “Questo percorso sta portando la Germania alla rovina”, hanno detto al Frankfurter Allgemeine.
I cittadini non sono stati informati su come è stato creato il fondo di stabilità di 440 miliardi di €. La natura opaca dei negoziati a Bruxelles non ha fatto chiarezza su chi era alla guida di questa politica, ed esattamente per quale scopo. Un SIV (veicolo di investimento strutturato), era stato creato a Lussemburgo per raccogliere denaro e gestire il fondo. “Eppure, quando il Bundestag ha adottato questo progetto di aiuto non un singolo membro del parlamento sapeva su cosa stava votando.”
“Il Cancelliere Merkel ha obbligato il Presidente a firmare questa legge d’emergenza in poche ore. E il Presidente non era in grado di esaminarne la costituzionalità, come è suo dovere fare. Nessun governo dovrebbe mai trattare un capo di Stato in questo modo, e tra l’altro su una questione di tale importanza esistenziale”.
Il gruppo ha detto che l’erosione delle finanze dello Stato tedesco “colpisce la base costituzionale del nostro Stato e della nostra società”. Essa è in contraddizione con il vero spirito d’Europa, con le sue radici e culture diverse, e “gioca con il futuro dei nostri figli e nipoti”.
“Combattere su questo non significa ritornare a un nazionalismo obsoleto. Come cittadini abbiamo il diritto di chiedere che il nostro governo si attenga al suo giuramento di proteggere dalle minacce la nazione tedesca”.
Essi sostengono che il “mancato bailout” non fa nulla per ridurre il debito dei paesi che ricevono gli aiuti. L’intero gioco è stato progettato per i creditori. “I fondi per la Grecia sono chiaramente dei trasferimenti finanziari, in quanto tutti sanno che la Grecia non può rimborsare i suoi debiti.” Stando ai conti dello stesso FMI, il debito pubblico della Grecia passerà dal 120% a 150% entro il 2014. “Questa è follia economica”, ha detto il prof Nölling.
Nel frattempo il Centro per la politica europea a Friburgo – un think tank di libero mercato – è entrato nella mischia con una relazione in cui si sostiene che l’uso di 60 miliardi di € di fondi dell’UE ai sensi dell’articolo 122 del trattato di Lisbona, per sostenere il pacchetto di salvataggio, è illegale (L’art. 122 del Trattato di Lisbona ammette aiuti per un paese membro a causa di catastrofi naturali e altre circostanze “straordinarie”, n.d.t.) . Si tratta di una nuova svolta, e appare incontestabile.
Ecco il link in lingua tedesca: http://www.cep.eu/startseite/
“E’ una totale violazione del nostro diritto costituzionale, e di fronte a un caso che gli venga sottoposto i giudici del tribunale dovranno ammetterlo, anche se temono le conseguenze economiche”, ha detto l’autore, il dottor Thiemo Jeck.
La clausola di non salvataggio dell’ articolo 125 dice:
“L’Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell’amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli altri enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto specifico.”
Questo non necessariamente vieta agli Stati europei di unirsi volontariamente per salvare un paese in difficoltà. Tuttavia, un altro discorso è utilizzare i fondi UE a tale scopo, anche se ciò è possibile laddove “uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo” (art 122).
La Grecia si è trovata nei guai per ragioni “al di là del suo controllo”? Ovviamente no.
Il politico bavarese Peter Gauweiler sta progettando di sollevare un caso speciale alla Verfassungsgerichtshof per includere questi ultimi argomenti.
Non ho idea di come la Corte risponderà a tutte queste questioni, ma coloro che affermano con sicurezza che i giudici rigetteranno il tutto, non lo sanno nemmeno loro.
Questa è la Corte che ha messo i brividi alle istituzioni dell’Unione con la sua sentenza sul Trattato di Lisbona nel giugno 2009. I giudici hanno ammonito severamente la Corte di giustizia europea, organo che scandalosamente e ripetutamente sosteneva di avere suprema giurisdizione sul diritto nazionale.
La Corte di giustizia non ha tale potere. Essa lo afferma falsamente. L’UE è una Organizzazione nata da Trattati di Stati sovrani. Gli stati recepiscono le norme UE (non leggi) nel loro diritto nazionale.
Il Verfassungsgerichtshof ha dichiarato che gli stati sono “sovrani sui Trattati” e non viceversa. Hanno detto che i parlamenti nazionali sono l’unico forum legittimo della democrazia, e che il Parlamento europeo è intrinsecamente antidemocratico. Questo è corretto.
La Corte costruisce una linea di difesa contro ogni eventuale possibile violazione della sovranità tedesca, affermando che alcune materie “devono rimanere per sempre sotto il controllo tedesco” – tra cui, ovviamente, la politica fiscale.
In un certo senso, la Verfassungsericht è diventata il difensore della democrazia e delle libertà per tutta l’Unione europea, (mentre altri giudici nazionali sono in gran parte codardi, tranne la Corte Suprema d’Irlanda), poiché la Corte di giustizia hegeliana ha dimostrato in una serie di casi chiave che non ha alcun rispetto dei diritti umani e funge da semplice scagnozzo del potere autoritario della macchina dell’esecutivo UE. Come tale, la Corte di giustizia europea è un’organizzazione pericolosa.
La mia ipotesi è che il Verfassungsgerichtshof girerà intorno a queste questioni per un po’, sperando che la crisi passi. La crisi non passerà perché la divisione Nord-Sud dell’UEM è inerente al sistema e non può essere colmata.
Ad un certo punto la Corte si troverà costretta a giudicare. Si può ben ritenere che ci siano elementi di incostituzionalità nel pacchetto di salvataggio – anche se non in tutto – tali da ordinare a Berlino di ricominciare daccapo.
Se ciò accade, sarebbe meglio non avere in portafoglio obbligazioni Club Med o valute (al plurale).
Versione originale:

Fonte: http://blogs.telegraph.co.uk
Link: http://blogs.telegraph.co.uk/finance/am ... ary-union/
8.07.2010
Versione italiana:
Fonte: http://www.stampalibera.com
Link: http://www.stampalibera.com/?p=13812



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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