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MessaggioInviato: 30/07/2010, 14:13 
Crisi: Spagna, 1 su 5 senza lavoro
Disoccupazione salita al 20,09% nel secondo trimestre

30 luglio, 12:40

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 01358.html

(ANSA) - MADRID 30 LUG - Aumenta ancora la disoccupazione in Spagna: nel secondo trimestre e' cresciuta di quattro centesimi di punto percentuale rispetto a marzo. Si situa ora al 20,09%, il tasso piu' alto registrato dal 1997: lo riferisce l'istituto nazionale di statistica Ine. In pratica, uno spagnolo su cinque e' senza lavoro. In totale i disoccupati a fine giugno raggiungono la cifra record di 4.646.500, 32.800 in piu' rispetto a marzo, e 508 mila in piu' rispetto a un anno fa.




Spagna: Moody's, probabile taglio rating
Paese perdera' probabilmente la 'Tripla A'

30 luglio, 12:46

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 01421.html

(ANSA) - ROMA, 30 LUG - E' molto probabile che la Spagna perdera' il rating di 'Tripla A', ma il declassamento non sara' cosi' drastico come avvenuto per la Grecia. Lo ha affermato l'economista di Moody's, Steven A. Hess in un'intervista rilasciata a Sidney e citata dall'agenzia Bloomberg. La Spagna aveva gia' perso la 'Tripla A' per mano di Standard & Poor's, la prima a muoversi, ad aprile. Poi era stata la volta di Fitch che a maggio aveva tagliato il giudizio sul credito del Paese iberico da AAA ad AA+.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 01/08/2010, 17:23 
Secondo la Cina gli Usa sono insolventi
e i loro ratings sul credito sono solo una barzelletta


Il maggior creditore dell’America - la Cina – fa un richiamo al nostro bluff.

“Come fa notare il Financial Times il capo della agenzia di rating più grande della Cina ha detto che l’America è insolvente e che i ratings USA sul credito sono una barzelletta. Il capo della agenzia di rating più grande della Cina ha fatto pesanti critiche alle sue controparti occidentali per aver causato la crisi finanziaria globale e ha detto che la Cina, in qualità di maggior creditore mondiale dovrebbe avere più voce in capitolo sul come vengono valutati i governi e il loro debito.

“Le agenzie occidentali di rating, sono politicizzate ed altamente ideologiche e non aderiscono a standards oggettivi,” ha detto Guan Jianzhong, presidente della Dagong Global Credit Rating, in una intervista al Financial Times. In particolare egli ha criticato la pratica di fare «shopping con il rating» da parte delle compagnie che offrono il loro business alle agenzie che forniscono il rating più favorevole.

“Causa della crisi finanziaria è il fatto che le agenzie di rating non hanno svelato adeguatamente il rischio e questo ha portato tutto il sistema finanziario USA sull’orlo del collasso, causando enorme danno agli USA e ai suoi interessi strategici” ha detto Mr Guan.

La scorsa settimana, la Dagong, di proprietà privata, ha pubblicato il suo punteggio di credito sovrano ed afferma che fosse il primo di una agenzia di credito per il rating che non fosse occidentale.

I risultati sono stati molto diversi da quelli pubblicati da Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, poiché riportano un rating della Cina maggiore di quello degli USA, Gran Bretagna, Giappone, Francia ed altre maggiori economie, riflettendo cosi il credo della Dagong che la Cina sia più stabile politicamente ed economicamente rispetto a quei Paesi.

“Gli USA sono insolventi e sono dinnanzi alla bancarotta come pura nazione debitrice, ma le agenzie rating le danno sempre un’alta valutazione” ha detto Mr Guan.

Un editoriale estremamente entusiastico, pubblicato da Xinhua, il maggiore organo statale di informazione cinese, ha lodato il resoconto della Dagong come un passo significativo verso la rottura del monopolio delle agenzie occidentali di rating, di cui si dice la Cina sia stata vittima per lungo tempo.

La Cina non si intimidisce nel ricordare agli USA chi ha le tasche più grosse. Come dice il Financial Times, Mr. Guan ha detto:

“La Cina è la più grande nazione creditrice nel mondo e con la sua crescita e il suo ringiovanimento nazionale, dovremmo avere voce in capitolo su come vengono giudicati i rischi di credito degli Stati.”

La potenza legittima il collasso economico

Guan persino dissente sulla abilità militare americana:

“Veramente, la enorme spesa militare degli USA non si è creata da sola ma deriva da denaro preso in prestito, cosa che non è sostenibile”. Ho ripetutamente mostrato, che prendere in prestito denaro per finanziare le nostre enormi spese militari, paradossalmente indebolisce la nostra sicurezza nazionale: Come ho già sottolineato precedentemente, il complesso industriale-militare americano sta rovinando la nostra economia.

I capi militari e della intelligence USA dicono che la crisi finanziaria è la più grande minaccia alla sicurezza nazionale degli USA. (Si legga qui, qui e qui).

Inoltre, come ho rilevato nel 2008, perché il rating del credito americano non è stato degradato?

Come dice un report di Moody di settembre:

“In circostanze apparentemente simili il rating del Giappone e di alcuni paesi scandinavi negli anni ‘90 è stato degradato”.

Dunque Giappone e Scandinavia hanno militari rammolliti e sono stati degradati, ma gli Usa hanno molte bombe, come abbiamo noi, no? In ogni caso, gli USA non possono restare un superpotere se sono a pezzi.

Il fatto che l’America (USA ndt) spenda più del resto del mondo messo insieme sui nostri militari significa che possiamo tenere artificialmente un alto credito di rating. Ma ironicamente, con tutto il denaro che stiamo spendendo sui nostri militari significa che diventiamo sempre meno degni di credito… e che non saremo più in grado di sovvenzionarli”.

Fonte originale: globalresearch.ca dal WASHINGTON’s BLOG / Sintesi e traduzione a cura di: Cristina Bassi / Fonte: cafedehumanite.blogspot.com

Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1622


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MessaggioInviato: 02/08/2010, 15:41 
E' verissimo! io l'ho sempre pensato che gli USA sono in una situazione di Debito Insolvibile,
ma le agenzie di Rating USA si sa sono manovrate a piacere da Banche Internazionali Americane senza scrupoli,
il conflitto di interessi è più che ovvio, e queste agenzie faranno sempre credere che gli USA sono un
posto sicuro in cui investire i soldi, che non possono fallire economicamente e che restituiranno i soldi dei Titoli di Stato...
Intanto continuano a diventare sempre più dipendenti dal loro creditore vitale, la CINA, che se volesse
in un attimo potrebbe cessare il credito, e far cadere gli USA nel Disastro Economico, e non scherzo.
Se non ricordo male la CINA possiede circa il 60% dei Titoli di Stato USA attuali,
immaginate cosa potrebbe succedere se la CINA decidesse di riscuotere anche solo la metà del loro investimento!
Sarebbe Bancarotta Totale per gli Stati Uniti...
Veramente non capisco perchè gli americani continuano con questo atteggiamento irresponsabile e rischioso, da suicidio...


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MessaggioInviato: 03/08/2010, 01:45 
Inghilterra AAA … ma un debito di 4 triliardi di sterline!

ago 2nd, 2010

Immagine

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... -sterline/

Nonostante un delirante debito pubblico di 4 triliardi, l’Inghilterra conserva il suo rating AAA, secondo Moody’s. Ciò dimostra che ci prendono ufficialmente per dei cretini, e questo non sciocca più nessuno, a cominciare dalla stampa finanziaria!!!

Leggere Zero Hedge:


Cita:
"It was only yesterday that Britain’s societies of accountants and economists disturbed 5 o’clock tea, saying that – according to their calculations – the Empire’s public net debts of #321;2 Trillion were more than double the official figure. This was a bad guess. It is #321;4 Trillion or again double that overnight, at least according to this story in the Independent: "The true scale of Britain’s national indebtedness was laid bare by the Office for National Statistics (ONS) yesterday: almost #321;4 trillion, or #321;4,000bn, about four times higher than previously acknowledged"".


Quattro triliardi!
E qui il Daily Mail, parla di 2 triliardi, che a questi livelli non fa la differenza:"Real debt in Britain is £78,000 for each family… more than twice the official figure"

http://www.dailymail.co.uk/news/article ... igure.html

Traduzione: "Ogni famiglia inglese è indebitata per 78.000 sterline … due volte la cifra ufficiale fornita dal goverrno". Cioè la somma di 156.000 sterline per famiglia se ci basiamo sui 4 triliardi.

Ma nessun timore, la Regina è a AAA+++ secondo Moody’s

Link

http://tuttouno.blogspot.com/2010/08/in ... -di-4.html



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MessaggioInviato: 11/08/2010, 15:09 
La Fed: ripresa piu' modesta di quanto previsto
Banca centrale Stati Uniti lascia invariato il costo del denaro ai minimi storici

10 agosto, 21:48

Immagine

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 66132.html

NEW YORK - La ripresa americana è "rallentata": "nel breve termine sarà più modesta del previsto". E la Fed scende di nuovo in campo a sostegno dell'economia: in una netta inversione di tendenza rispetto solo ad alcuni mesi fa, la banca centrale annuncia che reinvisterà i proventi derivanti dal suo portafoglio di bond legati ai mutui nell'acquisto di titoli di stato di lungo termine, prevenendo così che il suo bilancio si restringa e assicurando al mercato che non sottrarrà l'enorme quantità di liquidità immessa durante la crisi.

Un'iniziativa che pur non rappresentando esplicitamente un allentamento della politica monetaria si muove in quella direzione e mostra chiaramente un cambio di rotta rispetto a marzo, quando il programma di acquisto titoli per 1.250 miliardi di dollari di mbs (mortage-backed security, titoli legati ai prestiti immobiliari) era stato completato e una graduale riduzione del bilancio della Fed annunciata. Mantenendo i tassi invariati a un "livello eccezionalmente basso" fra lo 0 e lo 0,25%, e assicurando che rimarranno tali per un "periodo prolungato", la Fed constata che "il ritmo della ripresa è rallentato negli ultimi mesi". Pur attendendosi un "graduale ritorno" a normali condizioni economiche, la banca centrale afferma: "la ripresa nel breve termine sarà più modesta del previsto".

"I consumi delle famiglie stanno aumentando gradualmente, ma restano frenati dall'elevata disoccupazione, dalla modesta crescita dei redditi, dalla debole ricchezza della famiglie e dalla stretta del credito" osserva la Fed che, nel comunicato diffuso al termine della riunione di giugno aveva invece constatato come "la ripresa economica procede e il mercato del lavoro sta migliorando gradualmente". "Le spese delle aziende in apparecchiature e software stanno aumentando: in ogni caso gli investimenti in strutture non residenziali continuano a essere deboli e le aziende riluttanti ad assumere. Il credito bancario ha continuato a contrarsi".

E il mercato immobiliare resta a livelli depressi". "L'inflazione rimarrà contenuta per diverso tempo": "per aiutare la ripresa economica in un contesto di stabilità dei prezzi, il Comitato manterrà all'attuale livello i suoi titoli e reinvestirà i proventi ottenuti in titoli di stato di lungo termine. Il comitato continuerà a monitorare le prospettive economiche e gli sviluppi finanziari e impiegherà tutti gli strumenti necessari per promuovere la ripresa economica e la stabilità dei prezzi". Il voto all'interno della Fomc non è stato unanime con Thomas Hoening, della Fed di Kansas City, che reputa l'economia in modesta ripresa in linea con le previsioni. Nelle ultime settimane si sono susseguite indicazioni congiunturali negative. Oggi il Dipartimento del Commercio ha constatato la prima flessione della produttività da 18 mesi. E soprattutto venerdì scorso i dati sul mercato del lavoro hanno gelato le attese.



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MessaggioInviato: 12/08/2010, 09:09 
Questi dati confermano quello che continuo a pensare. L'economia mondiale è arrivata al punto di stagnazione e sovraproduzione.
La cosa più letale è comunque la sovraproduzione, ormai si produce moltissimo e si vende poco, ed è una spirale che va in discesa, che si autoalimenta.
E' la stessa cosa che sta succedendo al mercato delle automobili, hanno dato incentivi e aiuti, ma è inutile produrre milioni di auto se poi la gente non le compra.
State certi che il mercato delle auto sarà il primo a crollare per sovraproduzione e quindi auto non vendute, e penso che succederà proprio in autunno o inverno 2010.
Per il 2011 la vedo male per tutta l'economia, ma sicuramente potrei sbagliarmi, non sono informato quanto la Goldman Sachs [:o)]


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MessaggioInviato: 12/08/2010, 10:20 
http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... e&sid=7343

LA MORTE NATURALE DEL CAPITALISMO
Postato il Mercoledì, 11 agosto @ 17:15:00 CDT di davide

DI SIV O'NEALL
onlinejournal.com

Cala il sipario sul mondo unipolare che conosciamo e ora si pone urgente la questione se, come e quando le vere forze della democrazia, dei diritti umani, della pace e civiltà potranno dissipare la nube che ha coperto quello che una volta poteva essere considerato un modo di vivere decente.

La lunga discesa nel capitalismo totalitario interessato esclusivamente al profitto corporativo sta per finire il suo ciclo. La festa è finita e la bancarotta si avvicina. Non sappiamo però quanto durerà questa caduta libera dell’economia.

Sovvengono alla memoria esempi come la Germania del Reich, ma non è possibile stabilire un parallelismo. La mancanza di umanità è la stessa ma ora l’ipocrisia è molto peggiore, essa domina il mondo. Chi governa gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali nasconde la propria ideologia e gli obiettivi da raggiungere. I nostri cosiddetti leaders dicono solo menzogne ed è così che hanno organizzato a proprio vantaggio il loro gioco.



Si suppone che noi la popolazione non dovremmo sapere di essere trattati come feccia da scartare. Il potere immagina che finché nessuno dirà la verità su come ci ingannano, rimarremo proni come cani bastonati a leccare i piedi dei nostri torturatori.

Ci siamo allontanati così tanto dalla società civile che i Padri Fondatori avevano in mente per le popolazioni dei 13 stati, che la portata può essere misurata solo se consideriamo l’abissale mancanza di beni e diritti essenziali che ora costituisce la norma negli Stati Uniti. Di fatto, nel 2010 non sono rimaste aree libere dal declino generale, culturale, economico o umanitario. I diritti umani sono ridotti in brandelli, lo standard di vita della maggioranza delle famiglie americane può solo peggiorare, la voce della popolazione rimane inascoltata, lo standard qualitativo delle istituzioni culturali e dell’educazione, con i vantaggi che queste comportano, è ridotto al lumicino.

Gli asserviti media della destra fanno un enorme baccano per nascondere le voci della ragione. Il generale torpore della gente viene acuito dalla grancassa propagandistica dei mass media, che costantemente propinano una visione falsata del mondo dove l’unica soddisfazione nella vita consiste nel consumismo estremo e nella partecipazione alla violenza, droghe artificiali che l’industria dell’intrattenimento ci offre per riempire il vuoto della nostra anima.

L’ambiente viene saccheggiato selvaggiamente senza alcuna cura della sopravvivenza del genere umano, del pianeta e dei milioni di specie che lo abitano. La biodiversità è un concetto dimenticato tranne che per quei pochi ribelli che remano contro e cercano di far sentire le loro voci salvifiche in mezzo al frastuono delle macchine delle corporazioni assassine. Questi predatori cercano solo di massimizzare i profitti senza alcuna preoccupazione per i catastrofici effetti sull’ambiente. La maggioranza della gente non riesce a vedere come davvero va il mondo e, d’altra parte, come potrebbe? Il valore distorto della convenienza ad ogni costo è l’unico che riesce a vedere.
Il sole che sorge sull’oceano, una foglia di acero che gira su un letto d’acqua cristallina, una piccola manina che ti accarezza il viso, la bellezza delle parole dettate dall’anima di uno scrittore – ma cosa è successo alle meraviglie della vita? Cosa è successo al mondo reale?

Come si è arrivati a un mondo surrogato ?

Il capitalismo, il modo in cui agisce oggi, è incompatibile con la vera democrazia. Questa pazzia, questa assurda forma di capitalismo non ammette una visione umana del mondo e non ha nessuna considerazione per gli abitanti del pianeta.

Il capitalismo del libero mercato, l’invenzione di Milton Friedman, (1) professore della Chicago School of Economics, la globalizzazione, ovvero lo slogan dell’Impero per la dominazione sul resto del mondo, il Nuovo Ordine Mondiale di Washington, l’arricchimento di pochi e il dissanguamento delle masse – in qualunque modo la si voglia chiamare, questa è una finzione che ora sta finalmente crollando. Tutto si riduce all’idea di ‘fregare la gente’ e ‘l’ambizione è la forza che fa girare il mondo’. La religione negli Stati Uniti è l’ambizione ed è l’unica vera religione esistente.

Ora invece il gigante sta crollando. Si diffonde velocemente una cancrena che sta divorando il cuore della nazione, il suo sistema educativo elitario e agonizzante, la sua deplorevole giustificazione per l’assenza di un sistema sanitario funzionante, le sue decadenti infrastrutture. L’anima profonda delle persone sta appassendo, insieme alla sparizione dei loro lavori, il pignoramento delle loro case, i loro diritti costituzionali non rispettati, i diritti civili ripetutamente violati dalla polizia e le autorità federali.

Tutto questo si aggiunge e interagisce con la crisi economica e la distruzione dell’ambiente, che a questo punto non può nemmeno garantire un futuro vivibile per le prossime generazioni.

Un mondo multipolare non può essere fermato ora che il gigante gioca le sue ultime carte, nel caso gli sia rimasta alcuna. I paesi emergenti stanno emergendo davvero. Dal presidente Obama non ci sono segnali di presa di coscienza di questa evoluzione geopolitica ma, piuttosto, la volontà di proseguire con l’imperialismo Neocon che, se gli verrà concesso, porterà il pianeta al disastro. Renderà l’ambiente invivibile distruggendo il modo di vivere di miliardi di abitanti del pianeta. Una volta che l’ambiente è rovinato non si potrà tornare indietro. Alle corporazioni, la cui voracia è causa di questa situazione, non sembra interessare o non capiscono la rotta verso cui stanno portando il pianeta.

Il Libero Mercato è stato istituito in modo unilaterale per il gigante dell’Occidente e con l’unico obiettivo di arricchire come mai prima pochissimi individui. Gli strumenti sono stati il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, che hanno lavorato su un unico progetto di sottrarre le ricchezze nazionali del maggior numero possibile di paesi e succhiare i soldi delle nazioni in difficoltà finanziarie concedendo ai loro governi prestiti ad elevati tassi d’interesse.La condizione principale imposta ai paesi in difficoltà economiche è sempre stata quella di tagliare i servizi sociali, svalutare la moneta nazionale e aumentare le tasse sulla gente già alle strette fino a farla morire di fame. Finora questa è stata la strategia di questi accoliti di Washington; lo strumento principe per il dominio americano sul mondo. Naturalmente questo ha contribuito all’ulteriore arricchimento della già astronomica ricchezza delle corporazioni. Una pazzia; ma a che fine?

I paesi che hanno precedentemente goduto di un relativo benessere ma che sono stati spolpati dall’economia di libero mercato, da accordi di libero mercato come il NAFTA, CAFTA, FTAA (2) e accordi bilaterali, hanno visto sfiorire le loro vite agiate, per esempio i paesi asiatici negli anni novanta durante la crisi finanziaria asiatica ( 3). I paesi poveri del terzo mondo sono stati ulteriormente impoveriti come mai prima, con le loro risorse naturali divorate dalle voraci multinazionali. Qualunque nazione si trovi in difficoltà finanziaria e si trovi l’FMI e la Banca Mondiale addosso, vedrà le proprie risorse spolpate e perderà la propria indipendenza finanziaria.

Il capitalismo del libero mercato non può andare d’accordo con la democrazia vera. Sono concetti agli antipodi nella gestione economica del mondo. Il capitalismo incontrollato ha come segno identitario la negazione di ogni diritto umano e civico del lavoratore. La privatizzazione, che costituisce il ritornello principale di questo decadente ordine mondiale alla fine ci farà pagare per l’aria che respiriamoe l’acqua inquinata che beviamo.

Se si tengono elezioni per mantenere un simulacro di democrazia è solo perché il modo in cui si tengono oggi non ha alcun valore. Non costituiscono un pericolo reale per il sistema che controlla il mondo dal momento che sono rigorosamente controllate dalle corporazioni che vanno a braccetto con gli imperialisti. Fanno parte del sistema.

E tuttavia, una maggioranza di cittadini americani ha l’idea che il loro voto conti in qualche modo nella gestione della politica interna ed estera. Sembra si stiano lentamente svegliando vista l’inefficacia delle proteste contro le guerre e contro i tagli delle tasse ai ricchi.

La creazione dell’unica superpotenza

Alla fine della Seconda guerra mondiale, con l’Europa esausta e virtualmente impotente come partner commerciale, il governo degli Stati Uniti comprese che avrebbe dovuto fornire supporto ai paesi europei danneggiati dalla guerra in modo da creare un mercato per la propria ritrovata ricchezza. La Grande Depressione era finalmente finita grazie alla spinta che la guerra aveva dato all’economia del paese. Gli Stati Uniti avevano bisogno di partner commerciali. Così nasceva il Piano Marshall. In seguito il superman hollywoodiano Ronald Reagan mise in moto i suoi piani espansionistici da megalomane; allo stesso tempo il seme del movimento neoconservatore iniziava a prendere forma. Nel frattempo venne creato un apposito spauracchio, individuato nel diavolo comunista. Dall’era McCarthy negli anni ’50 al fiasco della Baia dei Porci di Kennedy per invadere la Cuba meridionale nel 1961, dall’orrore della guerra del Vietnam alla criminale intromissione in vari paesi dell’America centrale e meridionale, la minaccia comunista è sempre servita come pretesto per l’invasione di paesi che si opponevano al potere e all’espansione degli Stati Uniti. I paesi che non potevano essere comprati o convinti a collaborare con l’Impero venivano semplicemente invasi e messi sotto controllo. Una stridente eccezione è costituita dall’imbarazzante guerra del Vietnam in cui non si è riusciti a soggiogare nessuna nazione. Eppure non è servita come lezione per gli imperialisti. Per la gente sì, ma non per gli psicotici neoconservatori. Al contrario, l’unica lezione tratta era che gli Stati Uniti dovevano mostrare al mondo di essere ancora i dominatori del pianeta e dello spazio cosmico.

Il tratto distintivo delle politiche estere degli Stati Uniti è sempre consistito nell’invadere, schiacciare, uccidere e prendere il controllo delle risorse nazionali.

Quando l’Unione Sovietica implose la pomposa propaganda sul gigante dell’est che minacciava di terminare la supremazia della prima superpotenza venne esposta agli occhi di tutti per quel che era. La paura del comunismo che aleggiava sull’occidente fin dalla fine della seconda guerra mondiale, pesantemente utilizzata dai fratelli Kennedy, si basava in modo minimo su dati reali ed era piuttosto una propaganda isterica. Era come una piovra che allungava i tentacoli sul mondo intero. Se in effetti la potenza militare sovietica appariva impressionante, ciò era dovuto al fatto che i rubli investiti nell’industria delle armi venivano sottratti al benessere della popolazione.

Paura e guerra eterna sono gli strumenti del capitalismo

Quando l’Unione Sovietica collassò, gli Stati Uniti si trovarono improvvisamente privi di un facile capro espiatorio per i mali del mondo. Era necessario creare un nuovo nemico e sappiamo in cosa consiste la “guerra al terrore” ovvero la teoria assurda e istericamente propagandata secondo la quale i musulmani si apprestavano a conquistare il mondo occidentale. Al Qaeda può certamente essere una creatura americana ma in seguito è diventata realtà (4). La guerra continua è utilizzata da una superpotenza per poter sostenere la paura necessaria a tenere la gente dietro le barricate. L’ignoranza e l’isteria sono alla radice di ogni guerra eterna. La propaganda senza fine è il mezzo principale senza il quale lo slogan “Pax Americana” sarebbe rimasto una affermazione ridicola fin dalla sua creazione. Naturalmente i mass media hanno fatto la loro parte dal momento chesono pagati per questo.

La paura è stato il mezzo necessario per ingannare la gente del mondo e coprire con un velo emotivo accecante le nostre menti. La creazione di questa paura viscerale e della rabbia è stata resa possibile dall’attacco al World Trade Center e l’isteria seguita all’ 11/9. Senza questo fenomenale strumento propagandistico le maggiori guerre che sono scoppiate in seguito, il totale disprezzo per i diritti costituzionali dei cittadini americani e per la costituzione americana più in generale, sarebbero rimaste solo un desiderio dei bulli neocon.

Ovviamente non sappiamo quanto durerà ancora l’unica superpotenza. Per ora viene mantenuta in vita e possiamo solo fare supposizioni su cosa succederà nel mondo quando il colosso smetterà di respirare. Per salvare gli Stati Uniti dal naufragio a nulla serviranno le parole di riconciliazione col resto del mondo da parte del presidente Obama.

Che arroganza e che supponenza credere che gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di costruire un Reich millenario con le altre nazioni aspiranti alleate, grazie alla propagandata superiorità culturale, morale e militare del colosso dominante. Se non alleate, esse sarebbero rimaste asservite e sottomesse per aver perso la loro forza interna, come è avvenuto in Iraq, Afghanistan e probabilmente ora con il Pakistan. L’Impero doveva apparire così imbattibile che nessuna nazione sarebbe stata in grado di opporsi alla loro formidabile potenza, potere divino la cui luce accecante avrebbe convinto tutti a rinunciare a qualsiasi spirito di resistenza.

Ma aspettate un attimo – non abbiamo già visto questo copione prima? Sembra una lezione mai imparata quella che anche un Impero deve decadere una volta che il vento cambia direzione e che la popolazione mondiale torna a vedere senza i paraocchi. Ed è naturale che la supponenza non è nata con i neocon che complottavano in incognito durante la presidenza Reagan. Bisogna tornare indietro, ai tempi dello sterminio dei nativi americani. Nessuno può opporsi alla superpotenza; essa è portatrice dell’autorità conferitale da Dio per il dominio del continente, per esercitare il controllo sull’Europa lacerata dalla guerra, sulle americhe, sui paesi ricchi di risorse e in definitiva sul mondo intero.

Gli psicopatici che hanno elaborato questa assurda fantasia dovrebbero essere le prime vittime della caduta dell’Impero. Nella lunga storia degli imperi, vi è mai stato alcuno che non abbia capito la potenza dell’orgoglio nazionale e la ferma decisione dei popoli invasi di continuare a governare le loro nazioni e le loro vite nelle terre che sono state loro per millenni ?

Ad ogni modo il mondo sta cambiando. un giorno sapremo se è troppo tardi o se c'è ancora speranza di salvezza per le popolazioni e per l’ambiente.

L’Asia si sta organizzando per rendersi sempre più indipendente dall’Occidente. Stanno creando le loro organizzazioni di cooperazione economica, come l’AFTA (5) – Asian Free Trade Area – che nasce dalla ASEAN – Association of Southeast Asian Nations- “una organizzazione geopolitica ed economica di dieci paesi localizzati nell’Asia del sud del Pacifico, formata l’8 agosto 1967 da Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Tailandia”. Questa organizzazione ora comprende dieci paesi della stessa area del sud Pacifico. (6)

Il progetto dell’AFTA è stato lanciato nel 1993 con l’obiettivo di creare un’area di libero commercio nell’Asia orientale. Ha preso alcune decisioni coraggiose durante la crisi finanziaria asiatica degli anni ’90, che ha chiaramente indicato la necessità di una interdipendenza economica reciproca tra gli stati del nordest e sudest asiatico.

Nel novembre 2001venne elaborato un ambizioso piano per creare un blocco regionale. In esso si auspicava che l’Asia orientale diventasse da regione di nazioni a comunità coesiva regionale dove gli sforzi collettivi fossero fatti per la pace, la prosperità e il progresso. Identificava i seguenti settori per la cooperazione: economico, finanziario, sicurezza, ambientale, sociale e culturale. (7)

La Cina, prossima superpotenza ?

L’economia cinese è la terza al mondo ed è il più grande detentore di beni del Teroso statunitensi. È il maggior proprietario del debito del governo americano e si può anche dire che tra i paesi emergenti è già emerso. Si trova in una posizione legittima per ambire a essere una superpotenza. Quando gli Stati Uniti dichiareranno la bancarotta, la Cina probabilmente sarà pronta a prendere il controllo insieme ad altre nazioni sviluppate.

In questo momento la Cina si mostra indifferente nei confronti di Obama. Si sa che il commercio con gli Stati Uniti recentemente è migliorato, ma di fatto l’economia cinese è così avanti rispetto a quella della precedente superpotenza che può permettersi di fare spallucce alle ipocrite richieste avanzate da Washington. Chi può sollecitare la Cina a rispettare i diritti civili e a diminuire l’inquinamento per salvare l’ambiente? O convincere la Cina che dovrebbero esserci condizioni di vita più eque? L’ipocrisia di Washington non conosce limiti.

Ovviamente non possiamo sperare in un mondo dove una superpotenza disumana sostituisce un’altra. Sappiamo bene che vita ci spetterebbe sotto il comando cinese. Ma questo pensiero sembra così lontano dalla realtà che la soluzione in cui dobbiamo sperare per un nuovo Ordine Mondiale è piuttosto un’organizzazione multilaterale dove nessuna potenza avrà troppa influenza sul resto del mondo.

Per quanto riguarda le altre nazioni emergenti come l’India e il Brasile, esse hanno ancora strada da fare. Un basso livello educativo, uno standard di vita mediamente basso, un sistema sanitario inadeguato, una insufficiente lotta contro l’inquinamento e il disprezzo per i diritti umani sono tra i maggiori problemi di questi paesi e lo stesso vale per la Cina. Comunque agli Stati Uniti possono essere sicuramente imputate mancanze nelle stesse aree. In quei paesi c'è anche una orribile mancanza di eguaglianza ma, bisogna ribadirlo, gli Stati Uniti condividono le stesse colpe di quei paesi solo relativamente ricchi.

L’ America Latina si sta rafforzando

In un’altra parte del mondo l’America Latina sta lottando per la sua indipendenza dall’Impero. La nascita del Mercosur , il mercato comune del Sud, è avvenuta il 26 marzo del 1991. Vi partecipano Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay; il Venezuela ha aderito il 17 giugno 2006. Bolivia, Colombia, Cile, Ecuador e Perù attualmente sono membri associati.

Panama e Messico hanno annunciato l’intenzione di aderirvi.

Da un altro versante, il Venezuela ha iniziato l’ALBA(Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América), la risposta venezuelana agli accordi di libero mercato di segno imperialista, che inizialmente ha visto aderire Venezuela e Cuba. In seguito si sono aggiunti Bolivia, Ecuador e Nicaragua. Alcune isole dei Caraibi sono diventati membri. L’Honduras è diventato membro in agosto del 2008 ma, in modo piuttosto singolare, dopo il golpe del giugno 2009 che ha rovesciato la presidenza di Manuel Zelaya, l’adesione è stata ritirata.

“ Il 16 dicembre 2009 , il congresso dell’Honduras si è riunito per ritirare l’adesione del paese dall’ALBA, sostenendo una “mancanza di rispetto” da parte del Venezuela fin da quando il paese ha deciso di aderire nel 2008 e, citando in particolare i commenti di Hugo Chavez su una potenziale invasione dell’Honduras per riportare Manuel Zelaya al suo posto, dopo che era stato rimosso il 28 giugno 2009 dal colpo di stato. Il ritiro dall’ALBA è stato ratificato dal congresso honduregno il 13 gennaio 2010. I rapporti economici con il Venezuela proseguono, incluso Petrocaribe”. Mercosur e ALBA sono la risposta latinoamericana al NAFTA, CAFTA e FTAA, i cosiddetti accordi di libero mercato sponsorizzati dagli Stati Uniti a cui va bene tutto tranne che che il libero mercato, come si evince dalle barriere commerciali continuamente create contro le altre nazioni a proprio vantaggio.

Conclusioni

Gli Stati uniti non sono più l’unica superpotenza. Prima lo si capisce e meno dolorosa saranno le conseguenze della caduta del gigante. Barack Omaba ha dato all’Europa e ad altri qualche speranza di cambio di rotta da parte dell’indifferente colosso. Ma non è successo né mai succederà. Solo il crollo dell’Impero può salvare il mondo. A meno che non sia già troppo tardi.

Riusciamo a vedere un nuovo Ordine Mondiale che emerge, uno meno arrogante, basato sulla cooperazione multilaterale? Il mondo ha un disperato bisogno di un nuovo ordine dove le questioni di vita e di morte verranno decise da tutte le nazioni e non calpestate da un vorace colosso che crede di essere il monarca del pianeta.

Siv O’Neall è una giornalista di Axis of Logic, dove l’articolo è stato pubblicato, e vive in Francia. I suoi lungimiranti saggi vengono pubblicati e letti nel mondo intero. Le si può scrivere qui: siv@axisofclogic.com

Fonte: http://onlinejournal.com/
Link: http://onlinejournal.com/artman/publish ... 6179.shtml
3.08.2010

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI

Note:

(1) La filosofia politica di Friedman , che lui considerava classicamente liberale e libertaria, enfatizza i vantaggi dell’economia di libero mercato e gli svantaggi dell’intervento e regolamentazione da parte dei governi, influenzando fortemente le opinioni dei conservatori e libertari americani. Il suo influente libro Capitalismo e Libertà fu pubblicato nel 1962.
(2) La Riva/Puryear: Abolish NAFTA, CAFTA, FTAA, WTO, IMF, World Bank. Vedere anche NAFTA/FTAA/CAFTA.
(3) La crisi finanziaria asiatica - Non esistono basi per dichiarare che la crisi finanziaria asiatica fosse dovuta alla mancanza di solide fondamenta economiche. Le monete dei paesi colpiti vennero svalutate forzatamente e i loro sistemi finanziari mandati in rovina dalle attività degli speculatori. La crisi tuttavia, ha rivelato una debolezza lampante: la mancanza di una banca centrale regionale. ( di Chandra Hardy) Altro sulla crisi finanziaria asiatica in Third World Network
(4) Il nome “ ora è solo un’etichetta informale di un movimento che sembra avere come bersaglio l’occidente” afferma Marc Sageman, psichiatra che da sempre studia le reti del terrorismo. “ Non c'è nessuna organizzazione di copertura. A noi piace creare un’entità mitica che chiamiamo Al-Qaeda ma non è la realtà che abbiamo davanti a noi”.
(5) “Dall’inizio della ASEAN nel 1967 fino al 1991, la coperazione economica dei suoi membri era stata virtualmente inesistente. Tuttavia, nel gennaio del 1992 i leaders degli stati membri concordarono di lavorare per la creazione di una zona di libero mercato della ASEAN (AFTA). Dopo un inizio piuttosto lento, i leaders decisero di dare una spinta all’implementazione del trattato dell’AFTA (The Financial Times) (Informaworld.com)
(6) Altre informazioni su questa organizzazione geopolitica ed economica qui: ASEAN
(7) Altre informazioni su ASEAN e AFTA qui: What is Integration


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AgenteSegreto000 ha scritto:

Questi dati confermano quello che continuo a pensare. L'economia mondiale è arrivata al punto di stagnazione e sovraproduzione.
La cosa più letale è comunque la sovraproduzione, ormai si produce moltissimo e si vende poco, ed è una spirale che va in discesa, che si autoalimenta.
E' la stessa cosa che sta succedendo al mercato delle automobili, hanno dato incentivi e aiuti, ma è inutile produrre milioni di auto se poi la gente non le compra.
State certi che il mercato delle auto sarà il primo a crollare per sovraproduzione e quindi auto non vendute, e penso che succederà proprio in autunno o inverno 2010.
Per il 2011 la vedo male per tutta l'economia, ma sicuramente potrei sbagliarmi, non sono informato quanto la Goldman Sachs [:o)]


Non mi piace quotarmi da solo ma forse ci ho azzeccato...

http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=987896

America come il Giappone. Quante bugie dell'elite economico-politica

L’attuale perdita di colpi dell’economia Usa è dovuta all’esaurirsi degli effetti della droga somministrata da amministrazione e Fed: non riparte nulla senza l’ausilio di queste anfetamine. Ecco lo scenario piu' pessimista (ci vuole qualcuno che lo dica): ricaduta in recessione e soprattutto la prospettiva di un lungo periodo di deflazione alla giapponese (che per Tokyo dura da 20 anni). Opinione di Alfonso Tuor

(WSI) – Martedì scorso la Federal Reserve ha dato l’imprimatur ufficiale alla tesi che gli Stati Uniti rischiano di cadere in un prolungato periodo di deflazione simile a quello che affligge il Giappone da una ventina di anni. Dopo aver corretto al ribasso le previsioni di crescita, la banca centrale americana ha immediatamente deciso di riprendere il programma di acquisto di obbligazioni statali.

In questa prima fase la Federal Reserve non stamperà nuova moneta (come aveva fatto invece in modo massiccio nei mesi scorsi), poiché utilizzerà solo i capitali che sta incassando grazie alle obbligazioni che giungono a scadenza. È comunque evidente che si tratta solo di un primo passo e che il moltiplicarsi delle notizie negative spingerà presto la Federal Reserve a stampare di nuovo moneta per tentare di rilanciare un’economia che, esauriti gli effetti delle misure di stimolo, si sta rapidamente ripiegando su sé stessa.

Nel frattempo l’amministrazione Obama continua a varare puntuali misure di sostegno dell’economia. Negli ultimi giorni sono stati stanziati 17 miliardi di dollari di aiuti agli Stati americani sull’orlo di una crisi finanziaria e 3 miliardi per aiutare il mercato immobiliare. Nelle prossime settimane verranno stanziati altri miliardi per evitare un nuovo crack di Fannie Mae e Freddie Mac, che oggi garantiscono gran parte dei mutui ipotecari americani. In precedenza aveva erogato 30 miliardi di dollari per allungare il periodo di beneficio dei sussidi ai disoccupati di lunga durata. È pure molto probabile che (forse già prima delle elezioni di inizio novembre) l’amministrazione Obama presenti un nuovo grande pacchetto di stimolo.

Insomma negli Stati Uniti è ripresa la frenesia degli interventi. A causare il panico, che si sta di nuovo impossessando di autorità politiche e monetarie, è lo spettro di una ricaduta dell’economia in recessione e soprattutto la prospettiva di un lungo periodo di deflazione alla giapponese. I timori americani valgono pari pari anche per l’Europa, anche se al di qua dell’Atlantico si pensa di navigare su un mare più calmo di quello che sballotta l’economia americana. Per quanto riguarda la Svizzera, basti pensare che i rendimenti delle obbligazioni della Confederazione a 10 anni sono scesi all’1,25%. In base all’andamento storico ciò vuol dire che il mercato dei capitali anticipa una deflazione (ossia una diminuzione dei prezzi annua) tra lo 0,5% e l’1%.

Appare dunque legittimo interrogarsi se la strategia costituita da pacchetti fiscali di stimolo e stampa di moneta, che Washington sta nuovamente adottando, possa permettere di evitare lo spettro della deflazione. La questione è rilevante poiché ben presto misure analoghe verranno invocate anche da alcuni Paesi europei, ricreando quella frattura tra Germania e Paesi latini che ora apparentemente è rimarginata.

La risposta a questo interrogativo è chiara. Non sono bastati a rilanciare l’economia i pacchetti di stimolo fiscale varati dall’amministrazione Obama e i circa 1.500 miliardi di dollari stampati dalla Federal Reserve per acquistare titoli statali e obbligazioni in cui erano impacchettati mutui ipotecari, crediti al consumo e via dicendo. Per replicare a coloro che sostengono che questi soldi sono stati sprecati, bisogna sottolineare – come confermano i dati di questi giorni – che queste misure hanno ridato fiato temporaneamente ad un’economia che altrimenti si sarebbe rapidamente avvitata su sé stessa, come stava avvenendo alla fine del 2008 e all’inizio del 2009. L’attuale perdita di colpi dell’economia statunitense è proprio dovuta all’esaurirsi degli effetti della droga somministrata da amministrazione e banca centrale ed è la conferma che l’economia non è in grado di ripartire senza l’ausilio di queste anfetamine.

Dalla lettura della ventennale esperienza deflazionistica dell’economia giapponese si hanno conclusioni analoghe. Il Giappone ha infatti varato innumerevoli piani di rilancio dell’economia e la banca centrale ha stampato grandi quantità di moneta per acquistare i titoli del debito pubblico, ma ciò non è bastato a rimettere l’economia nipponica su un sentiero di crescita sano e duraturo. Tutto ciò non è nemmeno stato sufficiente per uscire dalla morsa della deflazione.

Qual è il motivo di questi fallimenti? Queste misure di stimolo funzionano quando si deve affrontare una crisi congiunturale, ma non sono sufficienti quando la crisi è strutturale ed è soprattutto determinata da un’enorme quantità di debiti che gravano sull’economia, condizionando le scelte di banche, famiglie, imprese ed enti pubblici.

Negli Stati Uniti per ripianare anni e anni di continua crescita dell’indebitamento privato, favorito e moltiplicato dalla nuova ingegneria finanziaria, occorreranno anni, anche perché negli ultimi mesi è fallito il tentativo di far ripartire questa macchina infernale ed è svanita quindi la speranza di uscire dalla crisi creando nuove bolle finanziarie. Addirittura, la deflazione negli Stati Uniti rischia di essere ben più dura e pericolosa di quella vissuta dal Giappone.

I motivi sono presto detti: il Giappone non è mai dipeso dai finanziamenti stranieri. In altri termini, il risparmio delle famiglie bastava per coprire, dapprima, i debiti di imprese e banche e, poi, il crescente debito pubblico. Gli Stati Uniti, invece, dipendono dalla disponibilità dei Paesi arabi ed asiatici (in primo luogo della Cina) di continuare a finanziare una superpotenza che continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità. La questione economica si intreccia dunque immediatamente con quella geopolitica. E soprattutto accelera i tempi dello spostamento del baricentro del mondo dagli Stati Uniti verso l’Asia. In altre parole, il prolungarsi della crisi e soprattutto una caduta in deflazione degli Stati Uniti non hanno solo conseguenze sul piano economico e finanziario, ma anche sugli equilibri di potere del mondo.

Non volendo in questa sede addentrarci in questa problematica, che rischia di diventare cruciale nei prossimi anni, per accorciare i tempi di questa crisi, che si prefigurano molto lunghi, occorrerebbe predisporre pacchetti di sostegno dell’economia, che continueranno ad essere indispensabili per evitare una depressione, che riorientino la domanda dai consumi privati verso quei beni pubblici o collettivi (dagli investimenti nelle infrastrutture al miglioramento della qualità di scuole e università, alla ricerca ecc.) che sono stati ampiamente negletti negli ultimi decenni.

A questo scopo occorrerebbe una vera riforma del sistema finanziario per renderlo nuovamente uno strumento di raccolta del risparmio destinato a finanziare gli investimenti nell’economia reale, vietando o tarpando le ali ai responsabili della crisi, ossia banche di investimento, Hedge Fund, fondi Private Equity. Ed infine va studiata una ristrutturazione del debito detenuto da famiglie ed enti pubblici.

Niente di tutto ciò appare all’orizzonte. Anzi, le misure intraprese si fondano sulla speranza che tutto riprenda a girare come prima, ossia con famiglie che consumano sempre più, borse che salgono ridando l’illusione di poter ancora contare su pensioni decenti e imprese che investono ed assumono. Tutto ciò è una grande mistificazione voluta da una élite politica ed economica che non vuole rendersi conto che per uscire veramente dalla crisi bisogna voltare pagina.

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MessaggioInviato: 15/08/2010, 16:34 
LAVORO: EUROPA E ITALIA NON SONO POSTI PER GIOVANI, GLI ''INATTIVI'' SONO 17 MILIONI

L'Italia e larga parte dell'Europa non sono un paese per giovani. Sono gli under 30 a pagare il prezzo piu' alto della devastante crisi economica che si e' abbattuta sul pianeta.

Una crisi che ha riportato indietro le lancette del tempo di quasi 30 anni in termini di occupazione giovanile. Ma rispetto ai primi anni '80 i giovani del terzo millennio scontano una maggiore precarieta'.

Nel vecchio continente la disoccupazione giovanile e' il doppio rispetto a quella totale e viaggia sopra al 20%. Ma ancor piu' preoccupante e' la crescita dei giovani inattivi.

I Neet (acronimo che indica i giovani che ne' lavorano ne' studiano) sono ormai una numerosa categoria sociale presente in tutti i paesi europei. L'Italia vanta un triste primato.

Quasi due milioni di giovani non lavorano, non studiano e non cercano occupazione secondo la fotografia scattata dal rapporto Istat. Sulla base degli ultimi dati Eurostat, riferiti pero' al 2008, in Italia i giovani che rientrano nella categoria Neet erano il 7,7%, quasi il doppio rispetto alla media europea del 4% per un totale nell'Europa a 27 di un esercito di quasi 17 milioni di persone.

In Italia appena 3 giovani su 100 lavorano o cercano occupazione e studiano al tempo stesso.

Fanalino di coda in Europa dove invece questa categoria tra i 18 e i 24 anni ammonta al 10,7% della popolazione giovanile.

In Germania addirittura un giovane su 4 studia e lavora e solo il 2,5% e' inattivo. In Danimarca il 21,7% studia e lavora e in Gran Bretagna e' il 13,5%. Solo la Grecia presenta un valore uguale all'Italia pari al 3,3%, in Spagna e' il 5,3% e il 7% in Francia.

La penisola presenta un quadro in costante deterioramento dell'occupazione giovanile. Gli ultimi dati Istat mostrano un tasso di disoccupazione tra i giovani che sfiora il 29% con una punta superiore al 40% nel Mezzogiorno, tonando ai livelli di fine anni '90. Nel 2009 su oltre 360 mila posti di lavoro persi dall'economia italiana, l'80% ha riguardato gli under 30. La tenuta sociale del paese, come ha sottolineato l'Istat, e' stata garantita grazie agli storici ammortizzatori sociali: cassa integrazione e soprattutto famiglia.

Ma anche in larga parte del vecchio continente la famiglia svolge un fondamentale ruolo di ammortizzatore sociale.

Nell'Europa a 27 soltanto in 7 paesi il tasso di disoccupazione giovanile e' inferiore al 10%. Il record negativo e' della Spagna dove piu' di un giovane su tre e' disoccupato e nell'ultimo anno i giovani che hanno perso lavoro hanno sfiorato le 400 mila unita' su 470 mila posti di lavoro in fumo per il totale dell'economia iberica. Sorprende la Svezia che presenta un tasso di disoccupazione tra i giovani al 30%, peggio anche della Grecia dove e' senza lavoro un giovane su 4.

Realta' radicalmente diverse in Olanda dove la disoccupazione giovanile e' appena al 5,3% nonostante l'aumento dei disoccupati o in Danimarca con il 7,6%.

Tra le grandi economie continentali, in Germania l'anno scorso e' aumentato il tasso di occupazione giovanile con oltre 4,3 milioni di ragazzi che lavorano mentre i disoccupati sono scesi da 538 mila a 385 mila per un tasso di senza lavoro in miglioramento dall'11% all'8,2% in netta controtendenza rispatto al trend complessivo dell'occupazione tedesca.

La Francia presenta un tasso di disoccupazione giovanile superiore alla media europea ma il trend e' in miglioramento.

Nel primo trimestre i giovani senza lavoro sono scesi al 23% rispetto al 24,2% del precedente trimestre. In Gran Bretagna i giovani senza sono circa 700 mila pari a un tasso di disoccupazione in calo al 17,1%.

''L'occupazione tra i giovani e' diminuita - si legge nell'ultimo rapporto Eurostat sul mercato del lavoro - in maniera ben piu' pronunciata rispetto ai gruppi di eta' maggiore''. Anche nei primi anni del decennio scorso si e' verificato un fenomeno analogo. Tra il 1990 e il 1996 la percentuale di giovani con lavoro e' scesa dal 46,5% al 36% nei paesi euro. Allora come oggi alla perdita di posti di lavoro corrisponde un crescita degli inattivi piuttosto che di quelli disoccupati.

La crescita economica negli anni 2000 ha migliorato solo parzialmente la condizione lavorativa dei giovani. Il tasso di occupazione infatti e' risalito ad appena il 40% ma al tempo stesso aumenta l'esercito degli inattivi (non lavorano e non cercano occupazione) che nei paesi euro sfiora il 55%.

In crescita esponenziale nell'economia europea i contratti di lavoro a termine per i giovani. Alla fine degli anni '80 circa il 20% dei giovani occupati aveva un contratto di durata a termine ma nel 2008 nell'area euro oltre il 55% dei giovani occupati avevano un contratto con scadenza. L'Italia e' nella media europea con un trend in costante crescita. Ma paesi come Germania, Francia, Finlandia e Svezia gia' all'inizio degli anni 2000 oltre la meta' dei giovani occupati aveva contratti a termine. Il record spetta alla Spagna dove sfiora il 70% ed e' in calo dall'82% raggiunto all'inizio del 2000.

Sempre Eurostat segnala che il contratto a termine interessa quasi esclusivamente gli under 30. Infatti sul totale dell'occupazione nell'Europa a 27 sfiorano il 10% gli occupati che non hanno un contratto a tempo indeterminato.

Preoccupante poi il costante aumento dei giovani economicamente attivi che sono sotto la soglia di poverta'.

Sempre dai dati Eurostat emerge che nell'Europa a 27 i giovani economicamente attivi ma con almeno un mese di disoccupazione per il 41,5% sono sotto la soglia di poverta'.

Italia e Francia presentano valori intorno al 45%, peggio di Spagna e Grecia al 41,9% e 42,8% rispettivamente.

Decisamente meglio la Germania dove l'incidenza e' del 31,3%, in Gran Bretagna scende al 28%. Isola felice e' la Danimarca con il 9%.

Fonte
http://www.asca.it/focus-LAVORO__EUROPA ... -3238.html


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MessaggioInviato: 18/08/2010, 16:06 
TRA LA FED E DRAGHI

ago 18th, 2010

DI G. DUCHINI
conflittiestrategie.splinder.com

Immagine

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... -e-draghi/

In questo scorcio di Ferragosto si sta (ab)battendo, in sordina, un’asta pubblica, gestita dalle banche su mandato di Bankitalia per conto del Tesoro di ben 165 miliardi di euro – in titoli di Stato (Obbligazioni in Buoni Poliennali del Tesoro) con scadenza di 5 e 15 anni – che rappresentano solo il 35% dei 480 (miliardi) previsti per l’intero 2010.
Un paese da inondare, in prestiti e liquidità, con un ricatto in sospensione di giudizio fatto dalle società di rating Usa aduse a dare il “pagellino” sulla solvibilità ai paesi occidentali per conto ( semplici mandatari) del grande Centro regolatore della finanza occidentale: la Fed (Federal Reserve Usa); un nodo scorsoio di “natura politica” nel suo aspetto finanziario, posto sulle ridotte risorse produttive italiane e finanche su tutta la zona euro, Grecia e Spagna, docet.
L’Italia, come terzo paese al mondo per grandezza di debito pubblico, affida le sue sorti all’emissione di un prestito abnorme rivolto ai risparmiatori e, soprattutto, alle banche nazionali e internazionali il cui significato è ovviamente geopolitico, al di là della concessione del finanziamento richiesto: riguarda essenzialmente la sovranità dello stato “da trattare”; ridurre o impedire il finanziamento significa depotenziare la macchina statale, con un rischio di “default” sempre dietro l’angolo.
I segnali di risveglio produttivo sull’export italiano, che legavano una incipiente ripresa industriale ad una maggiore autonomia finanziaria da spendere su mercati internazionali, sono stati subito affossati dalla caduta improvvisa delle borse internazionali che fa seguito alle difficoltà Usa di uscire dalla crisi.
Ben si comprende come la ricerca di finanziamenti legati a garanzie internazionali, da concedere in misura sempre maggiore, segnala l’avvitamento di una crisi, in grave ed irreversibile arretramento produttivo, su cui le Quinte Colonne (in particolare, sinistra giudiziaria e centro-destra ) hanno ormai legato i loro destini politici, in combutta con gli Usa.
La classe politica italiana, costituita da una congrega forgiata sul tradimento ad oltranza ed in vigile attesa di ordini provenienti d’Oltre Atlantico, come si conviene ad ogni ligio cameriere, è pronta a servire il piatto avvelenato di un “Governo Tecnico” da porre sotto il controllo del più collaudato e fedele Governatore di Bankitalia Draghi (già ex consulente della G.S (Goldman-Sachs Banca d’affari Usa), e/o ex ministro Pisanu; e non tanto per la solvibilità finanziaria del sistema Italia, quanto per il tentativo ulteriore, di assestare con un colpo micidiale agli ultimi residui di sistema industriale italiano ancora in competizione; non senza riservare una ulteriore possibilità alle schegge politiche impazzite che agiscono in combutta contro ogni reale interesse nazionale: trasformare il “bel paese” in un paese di turismo e servizi (cfr., Montezemolo, Rutelli..).

Fonte: http://conflittiestrategie.splinder.com
Link: http://conflittiestrategie.splinder.com ... i-gduchini



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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Beh, i nostri politici se lo meriterebbero, ma la cosa, non lo nascondo, mi spaventa, si tratta di guerra civile, come se in tutto il mondo non ce ne siano abbastanza! E a farne le spese la gente comune!


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MessaggioInviato: 19/08/2010, 12:07 
L'economista John Hoefle e il giornalista investigativo Jeffrey Steinberg analizzano l'attuale fase del sistema economico e finanziario, il Caso British Petroleum e le prospettive politiche e sociali del futuro prossimo.

10 Agosto 2010

Traduzioni di Heimskringla
Subber: LaGrandeOpera








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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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Usa, crescono i senza lavoro
Si sta aggravando la già grave situazione dell'occupazione negli Stati uniti: nella seconda settimana di agosto (quella terminante il 14) 500mila lavoratori Usa si sono messi in coda davanti agli uffici di collocamento per presentare la domanda iniziale per la concessione del sussidio di disoccupazione. In altre parole negli ultimi sette giorni, mezzo milione di lavoratori ha perso il posto.
Secondo i dati diffusi ieri dal Dipartimento del lavoro, nell'analoga settimana lo scorso anno le richieste iniziali di sussidi erano state 575mila. Apparentemente un miglioramento, ma solo apparente: un anno fa la disoccupazione era collocata sui massimi storici post bellici, poi la situazione era lentamente migliorata e le richieste iniziali erano scese attorno quota 400mila. Ma nelle ultima settimane le richieste hanno ripreso a crescere e le 500mila dell'ultima settimana rappresentano il dato peggiore degli ultimi nove mesi.
Nonostante gli sforzi dell'amministrazione Obama - da ultimo lo stanziamento di parecchi miliardi di dollari per non far licenziare 300mila insegnanti - l'occupazione seguita a non aumentare o lo fa con cifre ridicole. Così il tasso di disoccupazione è rimasto appena inferiore al 10% e sono oltre 16 milioni i senza lavoro. Normalmente nel ciclo economico l'occupazione ritarda a risalire: statisticamente segue di circa un anno l'inizio della ripresa. Questa volta, però, le cose stanno andando diversamente. E' dall'ultimo trimestre del 2008 che il Pil ha smesso di diminuire, ma la disoccupazione non scende o diminuisce pochissimo. E questo sta sconvolgendo il tradizionale modo di analizzare il ciclo economico, mettendo in crisi quasi tutti gli economisti Usa che, ormai, parlano apertamente di una ripresa senza occupazione.
Il problema reale è che c'è in tutte le imprese statunitense una ricerca all'unisono di una ripresa basata su forti aumenti di produttività, sul migliore utilizzo (o sfruttamento) della forza lavoro impiegata. E questo frena nuove assunzioni, ritorcendosi sulla forza stessa delle ripresa. Minore occupazione, infatti, significa minore domanda di beni da parte delle famiglie che, oltretutto, stanno diventando più «risparmiose» cioè prudenti nelle decisioni di spesa, cercando di risparmiare il massimo per fronteggiare una situazione recessiva che non appare ancora risolta. Certo, la fiducia dei consumatori è cresciuta, ma non come è avvenuto in passato in occasione di precedenti recessioni.
Il clima di incertezza è stato ben rappresentato dal Cbo, il Congressional Budget Office, l'Ufficio di bilancio indipendente del Congresso Usa, nell'aggiornamento delle previsioni di bilancio diffuse ieri. Secondo il Cbo, l'economia crescerà a un ritmo di «solo 2%» dal quarto trimestre del 2010 al quarto trimestre del 2011. Anche se la crescita dovesse accelerare negli anni successivi, «il tasso di disoccupazione non dovrebbe scendere al 5%» fino alla fine del 2014. La crescita dalla metà del 2009 è stata «anemica», aggiunge il Cbo, comparata alla ripresa da precedenti crisi economiche e il tasso di disoccupazione è rimasto «piuttosto alto», in media il 9,7% nella prima metà del 2010. Un modello di ripresa, rileva il Cbo, tipico per le crisi economiche originate da crisi finanziarie. I fattori che condizionano la ripresa, oltre alla fine del supporto fiscale federale, sono così spiegati dal Cbo: il numero considerevole di case vuote e fabbriche e uffici sottoutilizzati continuerà ad essere un «fardello» per il mercato immobiliare residenziale e per gli investimenti, mentre la lenta crescita del reddito e la perdita di ricchezza peseranno sulla capacità di spesa dei consumatori.
Il Cbo ha anche diffuso una stima aggiornata del deficit federale: per l'anno fiscale 2010 (che termina il 30 settembre) si attesterà a 1.340 miliardi di dollari, poco meno dei 1.350 miliardi stimati a gennaio, ma per l'anno fiscale successivo è atteso un deficit di 1.070 miliardi, in rialzo dai 980 miliardi stimati a gennaio. In rapporto con il Pil siamo al 9,1% (contro il 9,9% del 2009) e per coprire l'enorme debito (oltre 13mila miliardi di dollari) sarà necessario offrire alti rendimenti che rischiano di far crescere i tassi di interesse che la Fed vorrebbe tenere bassi per favorire la ripresa che appare fragile.
A tale proposito ieri sono stati diffusi un paio di dati che hanno suscitato preoccupazione. Il primo è il superindice: in luglio è cresciuto dello 0,1%, meno delle attese e gli economisti del Conference board che lo elaborano hanno anche rivisto al ribasso il dato di giugno che ora riflette una flessione dello 0,3% anziché dello 0,2% come riportato trenta giorni fa. «Gli indicatori sembrano puntare a un'espansione lenta fino alla fine dell'anno - ha detto il capoeconomista Ken Goldstein - tuttavia la buona notizia è che questi dati non sembrano puntare a una ricaduta in recessione». Altro delusione l'ha provocata la caduta in agosto dell'indice sull'attività manifetturiera dell'area di Filadelfia che è sceso a -7,7 punti da +5,1 punti di luglio. Il dato reso noto dalla locale Federal Reserve smentisce le attese degli analisti, che avevano previsto un aumento a 7 punti. E così, dopo la piccola ripresa di mercoledì, ieri le borse statunitensi hanno ripreso a perdere.

Fonte
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuori ... colo/3265/


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MessaggioInviato: 24/08/2010, 17:01 
Stiglitz: "l'Europa rischia una doppia recessione"
Ad aumentare la probabilita' del "double dip" nella Ue sono i tagli alla spesa varati dai governi europei per ridurre i deficit di bilancio.


Il premio Nobel in Economia Joseph Stiglitz ritiene che l'Europa rischi una nuova caduta in recessione. Ad aumentare la probabilita' del "double dip" nella Ue sono i tagli alla spesa varati dai governi europei per ridurre i deficit di bilancio. Lo scrive Bloomberg.com citando un'intervista del professore della Columbia University alla radio di Dublino RTE. "Inseguire un deficit pari al limite del 3% del Pil", ha aggiunto Stiglitz, "e' inutile perche' e' un numero artificiale".

Per l'economista cercare di sistemare i conti pubblici solo per farli sembrare migliori e' una follia. I governi d'Europa devono fare i conti con i limiti imposti a livello comunitario. Quello riguardante il deficit e' pari al 3% del Pil. "Siccome molti in Europa si stanno concentrando sul numero artificiale del 3%, che non ha nulla a che fare con la realta' e che si riferisce sono una parte dei bilanci pubblici, l'Europa rischia una doppia recessione", ha detto Stiglitz.

Le dichiarazioni dell'economista arrivano all'indomani della nota dell'agenzia di rating Moody's secondo cui i governi europei subiranno impatti negativi dalle misure taglia-deficit adottate mettendo cosi' in guardia su un possibile taglio dei rating sovrani.

L'anno scorso e' stata l'Irlanda a registrate il peggior deficit dell'Eurozona, apri al 14.3% del Pil. Il valore potrebbe scendere all'11.7% quest'anno, escludendo i costi dei salvataggi delle banche. "Ovviamente l'Irlanda da sola non puo' mettere a repentaglio tutta l'Europa. Ma se Germania, Regno Unito e gli altri principali paesi inseguono un approccio eccessivamente improntato all'austerita', anche l'Irlanda stessa ne soffrira'".

Crescita economica in vista neanche a parlarne, secondo il premio Nobel, alla luce del fatto che le aziende stanno ancora tagliando personale. "Il problema e' che non usciremo presto da questa situazione. Quello che stiamo facendo e' star tutti seduti su una crescita debole in stile giapponese per un lungo periodo di tempo. E' fastidioso sentir parlare di una 'nuova normalita'" con un tasso di disoccupazione vicino al 10% "che protrebbe risultare devastante".

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Usa: il mercato immobiliare ricrolla, vendite di case
con contratti in corso -27.2%

In luglio calo record mese su mese, e' il livello minimo degli ultimi 15 anni. Il dato e' peggiore delle stime attestandosi a 3.83 milioni contro le attese che erano per 4.72 milioni.


A luglio, le vendite di case con contratti in corso negli Stati Uniti hanno registrato una variazione negativa: -27.2% a 3.83 milioni. Si tratta di un crollo record mese su mese e del livello piu' basso dal 1995, cioe' degli ultimi 15 anni.

A comunicarlo e' stata la National Association of Realtors.

Si rispecchia in parte la fine delle iniziative di aiuto fiscale per gli acquirenti della prima casa di proprieta' immobiliari del valore di sino a $8000. Il credito fiscale temporaneo e' scaduto il 30 giugno, ma il governo federale lo ha esteso fino al 30 settembre per coloro che hanno gia' firmato un contratto e che non sono stati in grado di chiudere l'operazione di vendita in tempo. Di solito ci vuole un mese o due prima che la transazione vada in porto, ma il crescente numero e fretta degli acquirenti ha causato qualche ritardo e contrattempo.

Il dato di giugno e' stato rivisto a 5.26 milioni. Le vendite di unita' mono-famiglia soo calate ai minimi di 15 anni. Le case rimaste invendute sono aumentate del 2.5% a 3.98 milioni, livello maggiore dal 1999. La media dei prezzi e' salita dello 0.7% nell'ultimo anno a $182.600.

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Wall Street, continuano le vendite
In apertura e' il Nasdaq a fare peggio. Sell su tutti i 30 titoli del Dow. Rally dello yen su dollaro e euro, rispettivamente ai massimi di 15 e 9 anni. Petrolio sotto $72. Giu' anche l'oro. Treasury a 10 anni a 2.5220%
.

Partenza negativa a Wall Street, dove gli operatori si trovano ancora una volta afre i conti con i dubbi sulla tenuta della ripresa economica. Il tutto dopo una seduta che ha visto gli indici perdere spingendo Dow e S&P 500 sui minimi di un mese.

Gli indici viaggiano sui minimi di un mese e sono impostati per chiudere agosto in territorio negativo. Si tratterebbe della prima volta dal 2005 che questo mese chiuderebbe in negativo.

Esattamente come ieri, quando era venuto meno l'effetto positivo del fermento da fusioni e acquisizioni, sono i timori sulla tenuta dell'economia globale a condizionare l'umore degli operatori. Intanto protagonista indiscusso, sul fronte valutario, e' lo yen che si e' portato ai massimi di 15 anni contro il dollaro. Minimi da circa nove anni dell'euro contro lo yen.

L'agenda macroeconomica oggi prevede, alle 16:00 ora italiana, il dato sulle vendite di case con contratti in corso relativo al mese di luglio. Ci si aspetta un risultato equivalente ai minimi di maggio 2009 e leggermente sopra il record al ribasso di sempre, pari a 4.53 milioni. Le cifre dovrabbero passare da 5.37 milioni di unita' registrate a giugno a 4.72 milioni del mese scorso.

Tra le storie societarie, si segnala l'intenzione del colosso del pc Dell di alzare la propria offerta per la societa' di archiviziane dati 3PAR, all'indomani della proposta di acquisto arrivata da HP (che ha messo sul piatto una cifra superiore a quella proposta in precedenza dalla rivale).

Sugli altri mercati, nel comparto energetico i futures sul petrolio con consegna ottobre, cedono l'1.67% a $71.88. Il derivato con scadenza settembre dell'oro segna -0.85% a $1218. Sul fronte valutario l'euro perde lo 0.27% a quota $1.2623. Quanto ai Treasury, il rendimento del decennale si trova al 2.5220 dal 2.6070% di ieri.

......................... fonte: http://www.wallstreetitalia.com


Ultima modifica di Sirius il 24/08/2010, 17:02, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 24/08/2010, 18:59 
SPIRALE DI MORTE ? SALE LA TENSIONE IN GRECIA:
E’ IL RITORNO DI FIAMMA DELLE MISURE D’AUSTERITA’


ago 24th, 2010

DI CORINNA JESSEN
spiegel.de

Immagine

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... austerita/

Le misure di austerità che avrebbero dovuto risolvere i problemi della Grecia stanno trascinando giù l’economia del paese. I negozi stanno chiudendo, le entrate fiscali sono in calo e la disoccupazione in certi casi raggiunge un incredibile 70 per cento. Lavoratori frustrati minacciano scioperi. La festa dell’Assunzione di Maria il 15 agosto è il culmine dell’estate nel mondo greco-ortodosso. Qui, in una delle tante chiese del paese, i credenti pregano la Vergine di misericordia, e molti di loro si prostrano in ginocchio. Il quotidiano Ta Nea ha raccomandato al governo greco di adottare lo stesso approccio: i leader del paese hanno da sperare che Maria con un miracolo salvi la Grecia da una grave crisi, scrive il giornale. Senza un intervento divino, sarà un autunno difficile per lo stato del Mediterraneo.

La prognosi è terribile, nonostante gli sforzi enormi di Atene per risanare le finanze del paese. Draconiane misure di austerità del governo hanno ridotto il disavanzo di bilancio del paese di un quasi incredibile 39,7 per cento, dopo che i governi precedenti avevano sperperato i soldi dei contribuenti e falsificato le statistiche per anni. Le misure hanno ridotto la spesa pubblica de totale del 10 per cento, il 4,5 per cento in più di quanto richiesto dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale (FMI).

Il problema è che le misure di austerità nel frattempo hanno colpito ogni aspetto dell’economia del paese. Il potere d’acquisto è in diminuzione, il consumo è in picchiata e il numero dei fallimenti e dei disoccupati è in aumento. Il prodotto interno lordo del paese è ridotto del 1,5 per cento nel secondo trimestre di quest’anno. Le entrate tributarie, disperatamente necessarie al fine di consolidare le finanze nazionali, sono crollate. Un misto di paura, di disperazione e rabbia sta fermentando nella società greca.

I tassi di disoccupazione arrivano fino al 70 percento
Nikos Meletis è ben vestito, e la sua macchina di fascia media è pulita e ordinata. Meletis guadagnava da vivere bene in una società di costruzioni navali di Perama, un porto di fronte all’isola di Salamina. “Al momento, sto facendo fuori i miei risparmi”, dice il saldatore di 54 anni, in piedi davanti a un porto silenzioso pieno di navi ormeggiate.
Meletis lavorava fino a 300 giorni l’anno, quest’anno è riuscito a racimolare solo 25 giorni di lavoro fino ad ora. Questo gli procura 25 marche di assicurazione malattia, mentre gliene servono 100 per assicurare se stesso e la sua famiglia – tra cui la moglie, che ha il cancro. “Come posso pagare per l’ospedale?” Meletis chiede. Indennità di disoccupazione, al massimo € 460 ($ 590) al mese per un massimo di un anno – e solo se ha prodotto almeno 150 marche negli ultimi 15 mesi. Non c’è praticamente un lavoratore nel distretto della cantieristica di Perama, che ce la fa. La disoccupazione in città si aggira tra il 60 e il 70 per cento, secondo uno studio condotto dall’Università del Pireo. Mentre il 77 per cento delle società di navigazione greche indicano che sono soddisfatte della qualità del lavoro svolto in Perama, quasi il 50 per cento inviano le loro navi da riparare in Turchia, Corea o Cina. I costi sono troppo alti in Grecia, dicono. Il paese, sostengono, ha troppa burocrazia e troppi scioperi, con vertenze di lavoro, spesso ritardano i tempi di consegna.

Perama è certamente un caso particolarmente estremo. Ma il declino dei cantieri navali fornisce un esempio eloquente di crescente incapacità dell’economia greca di competere. Nessuna delle industrie del paese può tenere il passo con la concorrenza internazionale in termini di produttività, e gli esperti si aspettano che il prodotto interno lordo scenda del 4 per cento nel corso dell’anno. La Germania, in confronto, si aspetta una crescita fino al 3 per cento.

I dati sulle vendite calano ovunque
Il pacchetto austerità del primo ministro George Papandreou ha scosso gravemente l’economia greca. Il pacchetto ha ridotto gli stipendi dei dipendenti pubblici fino al 20 per cento e le prestazioni pensionistiche, pur aumentando le tasse. Il risultato è che i Greci hanno sempre meno soldi da spendere e i dati sulle vendite indicano un calo, cosa catastrofica per un paese in cui il 70 per cento della produzione si basa sul consumo privato.

Una breve gita per le strade di Atene rivela la misura del declino. Un buon quarto delle finestre dei negozi di Stadiou Street espongono la scritta rossa “Enoikiazetai” – in affitto. La Confederazione Nazionale del Commercio ellenica (ESEE) calcola che il 17 per cento di tutti i negozi di Atene hanno dovuto dichiarare fallimento. Le cose non vanno meglio nelle città più piccole. Chalkidona era, fino a pochi anni fa, un hub per il trasporto su autocarro nella zona intorno a Salonicco. Due strade principali, piena di ristoranti fast food per camionisti, si intersecano nella piccola città triste. La casa di Maria Lialiambidou sta sulla strada principale. L’affitto di una pasticceria al piano terra dell’edificio integra con € 350 al mese il suo reddito da pensione di reversibilità di 320 €
In questi giorni, però, Kostas, l’uomo che gestiva il negozio di pasticceria, che la gente chiamava “un penny-pincher,” non può più permettersi l’affitto. Anche qui, un enorme banner “Enoikiazetai si estende in tutto il shopfront. Nessuno vuole affittare il negozio. Né ci sono acquirenti per una macelleria vuota pochi metri più avanti.
Un insegna sul lato opposto della strada pubblicizza “Sakis ‘Restaurant”. Il proprietario, Sakis, sta ancora tirando avanti, con i clienti che riempiono uno o due tavoli del ristorante di tanto in tanto. “Non c’è davvero nessun lavoro per me più qui”, dice un lavoratore albanese. “Molti altri sono già tornati in Albania, dove non è peggio di qui. Vedremo quando andrò anch’io.”

Nessuna via d’uscita
L’intero paese è nella morsa di una depressione. Tutto sembra andare in discesa. La spirale continua e non c’è chiarezza su come venirne fuori. La parte peggiore, tuttavia, è il fatto che quasi nessuno si aspetta che le cose possano migliorare. Il tasso di disoccupazione del paese rende questa tendenza particolarmente chiara. Nel 2009 era del 9,5 per cento. Quest’anno potrebbe salire al 12,1 per cento e gli economisti si aspettano di raggiungere il 14,3 per cento nel 2011. Questi, però, sono solo i numeri ufficiali, che sono stati forniti da Angel Gurria, segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE). Il sindacato greco GSEE ritiene che tali numeri siano troppo ottimisti. Essa ritiene più probabile per il 2011 il 20 per cento. Ciò porterebbe il tasso di disoccupazione al livello del 1960, quando centinaia di migliaia di greci furono costretti a emigrare. Nel frattempo, il potere d’acquisto è scesa al livello del 1984, secondo la GSEE.

La situazione sta iniziando a esplodere
Menelaos Givalos, professore di scienze politiche alla Università di Atene, è apparso in televisione, avvertendo i telespettatori che i tempi peggiori devono ancora venire. Si prevede una grande ondata di licenziamenti a partire da settembre, con “estreme conseguenze sociali”.

“Tutto sta diventando più costoso, difficilmente riesco a guadagnare soldi, e quindi dovrei pagare più tasse per contribuire a salvare il paese? Come può funzionare? chiede Nikos Meletis, il costruttore navale. I suoi amici, riuniti in una piccola caffetteria sul molo di Perama, stanno gradualmente alzando la voce. Sono tutti disoccupati, disperati e arrabbiati con i politici che li hanno messi in questo pasticcio. Non c’è simpatia qui per nessuno dei partiti politici né per i sindacati. “Hanno solo organizzano scioperi per servire i propri interessi!” grida un uomo, il cui nome è Panayiotis Peretridis. “L’unica cosa che mi interessa è la mia paga giornaliera. Un pezzo di pane è il mio partito politico. Voglio aiutare il mio paese – dammi lavoro e pago le tasse! Ma il nostro onore, come operai specializzati di prima classe, come famiglie, come greci, viene trascinato nell’immondizia! ”

“Se si toglie il pane alla mia famiglia, – il governo deve sapere che lo faremo cadere,” dice Meletis. “E se succede, non ci chiamino anarchici! Siamo capifamiglia e siamo disperati.” Prevede che la situazione sarà sempre più surriscaldata. “Le cose stanno iniziando a ribollire qui”, dice. “E a un certo punto andranno a esplodere.”

Versione originale:
Corinna Jessen
Fonte: http://www.spiegel.de
Link: http://www.spiegel.de/international/eur ... 11,00.html
Versione italiana:
Fonte: http://www.stampalibera.com
Link: http://www.stampalibera.com/?p=15097



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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