CASSANDRA E LA VENDETTA DI NEVEVagavo nella neve, quella notte, all’eterna ricerca di Jaques, con gli amici lupi che mi seguivano da vicino, quando l’odore della preda –ohh il dolce insaziabile appetito di vendetta- mi attirò inesorabile.
Lo vidi con gli occhi della mente il giovane prete guardare, desolato, fuori dalla finestrella della canonica la neve che continuava a scendere, nonostante si fosse alla fine dell'inverno: aveva coperto del tutto il piccolo cimitero dal quale spuntavano a stento alcune croci, come denti scheggiati e marci .
Quegli stessi occhi ci avevano condannato, avidi e feroci, secoli prima, me e Jaques, ad una morte atroce.(vedi gli episodi precedenti di Cassandra)
Ma ora erano solo spaventati, indifesi, smarriti e così giovani....
Mi leccai le labbra al pensiero e seppi che l’uomo era giunto da poco in quello sperduto paese dell'Appennino dove il secondo millennio non era mai arrivato: la solitudine lo opprimeva come un macigno.
Percepii a distanza il gelo di quel corpo la cui fede nel dio in cui aveva sempe creduto stava vacillando.
Ormai scendeva la notte, arrivava il mio tempo: il prete decise di infilarsi nel letto per avere un po' di calore; ma mente era ancora nel dormiveglia arrivai alla sgangherata porta della canonica e battei con forza, per tre volte.
Sono sicura che un brivido l’attraversò da capo a piedi e non solo di paura.
Avvertii la sua curiosità eccitata dall’altra parte del legno: avevo deciso di fargli un Dono che non avrebbe potuto rifiutare.
Corse ad aprire: di fronte a lui, coperta da un lungo mantello scuro, stava una ragazza sconosciuta, alta, bellissima, gli occhi verdi splendenti sotto il cappuccio.
Ero al mio meglio, lo so....
Con voce roca gli chiesi se potevo entrare perché la notte era fredda e mi ero perduta; lui, senza fare domande, si fece da parte e richiuse la porta.
Ero il suo Destino: per un attimo ne ebbe la percezione netta.
“Mi chiamo Cassandra de Molay” mormorai soffiandogli in viso le parole.
Poi abbandonato il mantello, lo presi per mano, mi diressi al misero letto e in un attimo fui nuda... e terribile:
“Ho freddo, scaldami “ implorai con un sorriso sdraiandomi sulle lacere coperte.
Il prete restò immobile, mentre una strana paura gli attanagliava le viscere, ne potevo sentire l’odore, insieme a una eccitazione incontrollabile; desiderava follemente Cassandra e non solo per la castità a cui era uso da tempo.
Gli costasse pure l'anima, voleva quel seno ricolmo, il ventre liscio, per perdersi infine tra quelle cosce aperte e invitanti, per ritrovare il calore del ventre materno, oppure per rinunciare definitivamente alla vita annegando nel piacere proibito.
Mi piombò addossso, dopo essersi strappati i vestiti di dosso.
Facemmo l'amore per tutta la notte e io lo trasportai nel mio splendido palazzo dove brillavano l'oro e l'argento e le lenzuola erano di seta: il mio corpo era caldo, profumato, morbido , esigente, la mia bocca così esperta nel succhiargli la vita , anche quella rossa delle sue vene....
Lui non seppe mai quanto durò quella notte.
Quando si svegliò nel suo misero letto di ferro, era solo; confuso, fece per alzarsi, ma una strana spossatezza lo invase. Tossi più volte e sul lenzuolo comparvero macchie rosse che parevano fiori; guardò fuori dalla finestra, ansimando: era iniziato il disgelo, ricomparivano le lapidi del cimitero.
Una, in particolare, lo attirava stranamente, doveva uscire per vederla da vicino.
Barcollando si trascinò fino a quel marmo e lesse un nome, il mio : Cassandra de Molay e le date 1774-1793.
Allora capì e ricominciò a tossire, mentre gocce splendenti del suo ultimo sangue ornavano di garofani rossi la tomba... la mia tomba.
Ho sempre adorato i garofani rossi, sempre....
da m0rgause
http://stregam0rgause.splinder.com/post ... endetta+di
UN ALTRO SITO DI MORGAUSEhttp://blog.libero.it/M0rgause/La mia amica Strega è la più bella firma del' Eros in letteratura di sempre.
Come firma e come donna.
zio ot
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barionu il 08/07/2010, 14:43, modificato 1 volta in totale.