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 Oggetto del messaggio: Germania: economia sociale di mercato
MessaggioInviato: 12/09/2010, 20:50 
Germania, dove operai e padroni vanno d’amore e d’accordo (o quasi)

Campioni d’Europa dell’export grazie a un modello di relazioni industriali che sembra vincente anche nell’Occidente dove la produzione e l’industria sono in declino. I tedeschi insegnano? E noi sappiamo imparare?



Il Pil che viaggia ritmi asiatici, la disoccupazione viaggia verso quota 3 milioni, un minimo storico per la società tedesca post unificazione. La grande crisi che aveva colpito con un’inusitata durezza la Germania sembra rientrata in tempi rapidissimi, sicuramente in modo più veloce che negli altri Paesi europei, Italia a parte visto che il nostro Paese è ormai fermo da quando Andreotti spiegava a Kohl di amar così tanto la Germania da volerne (ancora) due.

CAMPIONI DEL MONDO DELL’EXPORT - A livello mondiale solo Usa, Cina e Giappone superano la Germania per creazione annua di ricchezza. L’Unione Europea è trainata storicamente dalla locomotiva tedesca, che ha proprio nei Paesi confinanti i maggiori partner commerciali, tanto che nel 2008 il 64% dell’export era diretto verso Stati europei. Asia e America compongono invece il 22% delle esportazioni tedesche, particolarmente concentrate nei settori ad alta intensità di capitale. La Germania ha su un modello industriale basato sulla grande impresa e su una rete di PMI che lavorano nel suo indotto. Le grandi imprese sono attive nel settore automobilistico (Volkswagen, Daimler e Bmw), elettrotecnico (Siemens), chimico(Basf), energetico (E.ON) oppure nell’acciaieria (ThyssenKrupp). L’economia tedesca ottiene da ormai molti anni il titolo di ExportWeltmeister,ovvero il Paese che riesce a vendere il maggior numero di beni e servizi all’estero. Una corona iridata che però nasconde qualche debolezza strutturale. Lo scarso livello dei consumi interni e la dipendenza dell’export penalizzano la Germania nei momenti di difficoltà, come infatti è avvenuto quando è scoppiata la crisi globale nel 2007/2008. Inoltre, molti Paesi dell’ Unione Europea sono penalizzati dai continui deficit di bilancio che creano il surplus nella bilancia dei pagamenti tedesca.

ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO - La formula magica dell’economia tedesca risale ad un vecchio slogan elettorale della Cdu. Negli anni cinquanta, quando il mondo si divideva tra il capitalismo anglosassone e il collettivismo sovietico, il partito conservatore tedesco si propose come l’alfiere di una possibile terza via tra i due sistemi. Spinta da Ludwig Erhard, ministro dell’economia ai tempi della prodigiosa ricostruzione postbellica, l’economia sociale di mercato fu rapidamente accettata anche dalla socialdemocrazia, che ne difese i presupposti e ampliò i contenuti quando fu chiamata al governo verso la metà degli anni sessanta. Stabilità dei prezzi tramite una banca centrale indipendente, mercato concorrenziale nella produzione delle merci, intervento dello Stato in alcuni settori economici, rete estesa di welfare, pace sociale garantita dal notevole ruolo assegnato alla rappresentanza dei lavoratori. Grazie a questi presupposti la Germania raggiunse la piena occupazione e diventò la terzo economia mondiale pochi decenni dopo essere uscita distrutta ed umiliata dal nazismo. Il modello economico è stata mantenuto anche quando l’ex repubblica democratica tedesca si è riunificata con la parte occidentale, creando il più importante Paese dell’Unione Europea ad un prezzo che probabilmente avrebbe fatto collassare qualsiasi altra Nazione.

LA SFIDA DELLA GLOBALIZZAZIONE – L’apertura dei mercati mondiali avviene mentre la Germania si riunifica. La sfida storica viene accettata ma ha una pesantissima ripercussione economico sociale. La disoccupazione, fenomeno marginale all’Ovest, esplode all’Est, mentre la riconversione della vecchia industria comunista è complessa e costosissima. Negli anni ’90 la competitività teutonica crolla, mentre sale alle stelle il costo del lavoro. Una situazione che non viene affrontata da Helmut Kohl, il quale si siede dopo essere esser stato il primo cancelliere tedesco a riunire i popoli tedeschi in pace e non col proverbiale sangue e ferro bismarckiano. Le nuove difficoltà vengono affrontate dalle forze produttive del Paese, legate dalla Mitbestimmung. Questo concetto, traducibile con codeterminazione, esprime la tradizionale partecipazione dei sindacati nelle decisioni fondamentali dell’azienda. In Germania vige la governance duale, con consiglio di amministrazione e organismo di sorveglianza separati. Il primo è eletto dal secondo, che a sua volta viene scelto per metà dagli azionisti, mentre per l’altra metà dai sindacati. Una combinazione di management e rappresentanza del lavoro che ha permesso un imponente processo di delocalizzazione, in particolare nella vicina Europa dell’Est, per contenere il costo unitario del lavoro. I sindacati hanno accettato questa sfida, permettendo all’industria tedesca di ammodernarsi mentre i posti di lavoro venivano perlopiù mantenuti, anche se i tradizionali alti salari venivano moderati e maggiormente legati alla produttività aziendale.

CODETERMINAZIONE E CONSIGLI DI FABBRICA – L a Mitbestimmung fu introdotta nel 1976, quando la Germania era retta dalla coalizione social liberale guidata da Helmut Schmidt. Forme di codeterminazione nelle aziende tedesche erano già presenti, e già nel dopoguerra gli alleati, in primis gli inglesi, avevano guardato con simpatia a questo metodo di convivenza tra capitale e lavoro per accelerare la denazificazione del Paese. Da allora nacque la costante rivendicazione dei sindacati tedeschi di ottenere una rappresentanza nella gestione aziendale. Richiesta condivisa dai socialdemocratici, che con la Mitbestimmunggesetz di metà anni settanta consentirono una delle più grande vittorie del movimento sindacale europeo. Da allora le aziende, a responsabilità limitata, società per azioni, in accomandita semplice o cooperative con più di 2 mila dipendenti sono obbligate a concedere pari rappresentanza a lavoro e capitale negli organismi di vigilanza aziendale, responsabili per la nomina del management e la strategia imprenditoriale. Per quanto riguarda le imprese con meno impiegati da quasi un secolo è previsto un importante ruolo per i consigli di fabbrica. Nati a fine ‘800 e già disciplinati nella Repubblica di Weimar, questi organismi di rappresentanza del lavoro , immediatamente aboliti dai nazisti appena conquistato il potere, permettono un confronto tra management e sindacati sui tempi, modi di organizzazione inerenti alla prestazione di manodopera. La legislazione sui consigli di fabbrica è stata costantemente rinnovata a partire dagli anni ’50, per culminare nella Drittelbeteiligungsgesetzes. Con questa legga approvata nel 2004 le imprese tra i 500 e i 2000 dipendenti dovevano prevedere la rappresentanza di un terzo dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza aziendale.

LUCI E OMBRE DELLA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI – La codeterminazione suscita da sempre molte controversie nel capitalismo tedesco. Un ex presidente della Confindustria tedesca definì la paritetica rappresentanza di capitale e lavoro un errore della storia, suscitando un polverone mediatico. Se una parte del top management del Paese loda la pace sociale garantita dalla condivisione coi sindacati delle più importanti scelte aziendali, altri ne criticano l’eccessiva rigidità, che rende meno attraente la Germania per gli investimenti esteri. Trentasette imprese tedesche con più di 500 dipendenti hanno deciso di uscire dal regime della codeterminazione grazie all’arrivo di capitali esteri che consentivano la registrazione in un altro Paese europeo. Tra queste anche il famoso vettore AirBerlin. Il mondo politico è tendenzialmente favorevole alla Mitbestimmung, che fu approvata in modo condiviso da Cdu, Spd e Liberali. Essa viene difesa in modo tetragono dai sindacati tedeschi, che da molti anni si scontrano con la legislazione comunitaria, come nel caso della Società Europea, che toglie molte conquiste dei lavoratori vigenti in Germania.

CASO VOLKSWAGEN - La Volkswagen, la più grande impresa tedesca, è stata un caso simbolo delle possibilità e dei problemi legati alla Mitbestimmung. La casa produttrice di Golf e Maggiolino è riuscita a sopravvivere ad una crisi negli anni novanta grazie alle pratiche innovative concordate dal Capo del Personale, Peter Hartz, e il presidente del consiglio di fabbrica, Klaus Volkert. Entrambi membri di Spd e IG Metall, il più grande sindacato del Paese, introdussero la settimana di quattro giorni lavoratori e salari di inserimento inferiori alla contratto di categoria per mantenere alto il livello dell’occupazione. Un esempio che ebbe molto successo in Germania, ed ispirò molte ristrutturazioni aziendali di quegli anni, base degli odierni successi dell’economia tedesca. Hartz fu scelto dall’allora cancellire Schroeder per rinnovare il diritto del lavoro, e la nuova legislazione sui sussidi di disoccupazione ispirata al welfare to work prendono il suo nome. Hartz e Volkert sono stati poi condannati per corruzione e malversazione, visto che alcuni membri dei consigli di fabbrica o del consiglio di sorveglianza sono stati pagati oppure beneficiati con prestazioni di prostitute. Un caso che scosse l’opinione pubblica tedesca, visto che faceva trapelare i problemi suscitati dall’eccessiva vicinanza tra capitale e lavoro, e i loro interessi spesso configgenti.

NUOVI CONTRATTI – La concordia tra imprenditori e sindacalisti ha però permesso di procedere a numerose revisioni dei contratti di categoria che hanno permesso la ritrovata competitività del sistema economico tedesco. Il salario minimo, tema di grosse polemiche, è stato introdotto non a livello nazionale ma tramite accordi tra imprese e sindacati dello specifico settore di attività aziendale. La riforma del 2003, che superò la dicotomia contrattuale tra impiegati ed operati per quasi 2 milioni di dipendenti attivi nei settori metalmeccanici ed elettrotecnici, è stata un simbolo della capacità di dialogo tra capitale e rappresentanza del lavoro, capace di garantire una maggiore valorizzazione dei lavoratori.

RIFORMA DEL WELFARE - Quando arrivò la prima recessione del nuovo millennio la Spd governava insieme ai Verdi. Schroeder e Fischer decisero di modernizzare lo Stato sociale tedesco, riducenendone le prestazioni – famoso il taglio alle spese dentistiche, tra le quali la cancellazione del rimborso per la dentiera – e introducendo misure di welfare to work con la legislazione Hartz IV. L’Agenda 2010 costò carissimo alla Spd, che in poco più di un anno dalla sua introduzione perse quasi 100 mila iscritti e iniziò un lunghissimo ciclo di sconfitte elettorali, con la parziale eccezione delle federali 2005. I socialdemocratici persero la cancelleria ma il governo Merkel non si distanziò molto dal riformismo moderato introdotto da Schroeder. Una politica che aprì un varco nell’opinione pubblica progressista. I Verdi la sostennero in modo convinto, diventando de facto un partito liberalsocialista. La Linke, formazione che unì i fuoriusciti dalla Spd con i postcomunisti della Germania dell’Est più qualche membro dei movimenti anti globalizzazione come Attac, si schierò invece contro il nuovo corso socialdemocratico, creando così un importante bacino elettorale tra i delusi e i critici della globalizzazione economica.

RISPOSTA ALLA CRISI – La Grande Coalizione aveva raggiunto importanti obiettivi pur rimanendo impopolare. La detassazione degli utili aziendali, l’aumento dell’Iva per spostare l’imposizione dal reddito ai consumi, l’aumento dell’età pensionabile e il pareggio di bilancio raggiunto nel 2007. La crisi ha però squassato successivamente i conti pubblici tedeschi, anche perché il governo Merkel decise nel 2009 di implementare un significativo pacchetto di stimolo all’economia. Il Konjuktur Paket II concordato da Cdu e Spd valeva circa il 2% del Pil tedesco e prevedeva misure di sostegno alla domanda come nuove spese in infrastrutture, incentivi alla rottamazione e al rifacimento degli edifici o una significativo ampliamento del Kurzarbeit, un istituto molto simile alla nostra cassa integrazione ordinaria. Il Kurzarbeit fu difeso in particolare dall’allora ministro del Lavoro, Scholz della Spd, e ha permesso il mantenimento dell’occupazione in una fase di crisi. La significativa dote di denaro messo nell’economia tedesca ha permesso una rapida ripresa in un periodo di tempo tutto sommato abbastanza breve, ottenuta con il (consueto) mantenimento della pace sociale e grazie al vantaggio comparato dell’industria teutonica nelle produzioni ad alta intensità di capitale.

http://www.giornalettismo.com/archives/ ... industria/



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MessaggioInviato: 12/09/2010, 21:58 
Siamo uno stato che é stato allevato allo scontro tra datore di lavoro e dipendendente,il modello tedesco non é attuabile da noi purtroppo.


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Marziano
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MessaggioInviato: 13/09/2010, 00:09 
Siamo dove ci meritiamo... nel terzo mondo!!! Nord, Centro e Sud.
E ci resteremo!
Votate votate questa marmaglia, quando all'estero fanno le copertine con gli spaghetti e le P38 hanno solo ragione!
Negli ultimi 20 anni avete mai sentito parlare in modo serio di politica economica?
di programmazione a medio e lungo termine?
Lotta alla mafia?

basta basta, inutile anche parlarne...... allegri allo sfacelo!



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MessaggioInviato: 13/09/2010, 11:28 
DA ragazza un' estate andai a lavorare per una piccola impresa di componenti elettronici. Ci andai insieme ad un 'amica, io e lei eravamo le uniche ragazze...Nel giro di poche settimane, inventammo delle strategie per velocizzare la produzione della catena che ci era stata assegnata, e prendemmo l'abitudine di preparare dei dolci che mangiavamo a mensa assieme agli operai e al capo, che fino a prima della nostra venuta era rimasto sempre arroccato nel proprio ufficio. Fu una bella estate per la piccola ditta... a volte non è difficile uscire dagli schemi, migliorare l'atmosfera lavorativa e il rapporto capo-operaio.
Certo questo vale per piccole realtà composte da una manciata di persone.. Il discorso rapportato a realtà maggiori, diventa immensamente più complesso, ma queste modeste esperienze attestano che il potenziale per il cambiamento c'è, a volte basta prendere l'iniziativa e vedere dove si va a finire...



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MessaggioInviato: 13/09/2010, 13:53 
Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

DA ragazza un' estate andai a lavorare per una piccola impresa di componenti elettronici. Ci andai insieme ad un 'amica, io e lei eravamo le uniche ragazze...Nel giro di poche settimane, inventammo delle strategie per velocizzare la produzione della catena che ci era stata assegnata, e prendemmo l'abitudine di preparare dei dolci che mangiavamo a mensa assieme agli operai e al capo, che fino a prima della nostra venuta era rimasto sempre arroccato nel proprio ufficio. Fu una bella estate per la piccola ditta... a volte non è difficile uscire dagli schemi, migliorare l'atmosfera lavorativa e il rapporto capo-operaio.
Certo questo vale per piccole realtà composte da una manciata di persone.. Il discorso rapportato a realtà maggiori, diventa immensamente più complesso, ma queste modeste esperienze attestano che il potenziale per il cambiamento c'è, a volte basta prendere l'iniziativa e vedere dove si va a finire...


Carinissima questa cosa Bliss..... [:)]



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