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MessaggioInviato: 20/01/2011, 16:54 
Scuola, la Cgil: “Se lo Stato assumesse centomila precari risparmierebbe mezzo miliardo”

http://www.blitzquotidiano.it/


Se lo Stato regolarizzasse centomila precari risparmierebbe mezzo miliardo di euro in tre anni: lo sostiene la Cgil, calcoli alla mano. Secondo il sindacato, lo Stato spende più soldi per mantenere in piedi il meccanismo delle graduatorie dei supplenti di quanti ne spenderebbe se gli stessi venissero assunti.
Su questa base la Flc Cgil ha lanciato l’”Operazione 100mila”, con la quale chiede al governo di assumere a tempo indeterminato 60mila docenti e 40mila dipendenti Ata (amministrativi, tecnici, ausiliari) nei prossimi tre anni.
Nel frattempo cresce il numero dei precari della scuola che stanno aderendo alla class action promossa da Codacons contro il ministero dell’Istruzione per veder trasformato in contratto a tempo indeterminato il contratto a tempo determinato per due anni.
Per ognuno dei circa centomila supplenti che ogni anno sono al lavoro fino al termine dell’anno scolastico lo Stato, è la tesi di Cgil riportata da Repubblica, spende più di quanto spenderebbe per un supplente annuale: 30mila euro lordi rispetto a 29mila e 500 euro.
Il sindacato sottolinea che, tra posti vacanti e pensionamenti, dal prossimo settembre si libereranno 61mila cattedre e 38mila posti di bidello, assistente amministrativo e tecnico di laboratorio.
I precari, inoltre, per farsi assumere finiscono spesso in tribunale: in particolare quando dal 24 novembre è entrata in vigore la legge sui lavori usuranti contiene anche una norma che prevede un limite di 60 giorni per il lavoratore a tempo determinato che intende impugnare il contratto (tempo che decorre dalla data di entrata in vigore della legge) e un’altra norma che stabilisce che “nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità”, che per i precari della scuola scende a sei sole mensilità.



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MessaggioInviato: 20/01/2011, 18:06 
Scusate il prospetto matematico:

Scuola + Gelmini = Riforma Gelmini

Riforma Gelmini : Cultura = Berlusconi : Legalità

Scuola - Cultura = Ignoranza da vendere

Ignoranza da vendere = ... tante belle ragazze che vanno a chiedere al Presidente di accoglierle nelle sue case.

Che ci importa se la Scuola va alla malora, tanto ci pensa lui.
Ti da l'alloggio, uno stipendio, fama ... lunga vita e prosperità.
... unico requisito: Donna_bella_giovane_meglioseminorenne.

...mavaf.


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MessaggioInviato: 21/01/2011, 18:33 
Tar Lazio: no alle classi-pollaio

Accolta la class action del Codacons, ricorso contro le aule in cui il numero degli alunni supera i 35-40
di Simona De Santis

ROMA - Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica. L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaio', ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i limiti fissati dalla legge.

«RISARCIMENTI» - «È stata accolta «la prima class action italiana contro la Pubblica Amministrazione». Questo il commento che arriva dal Codacons. «Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna», dichiara il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. «Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro ed ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito», conclude Rienzi. Il Codacons sottolinea che «l'azione è stata avviata contro il Ministero della Pubblica Istruzione, e fa riferimento alle cosiddette «classi pollaio», ossia quelle aule scolastiche (che il Codacons ha raccolto in un apposito elenco depositato al Tar) nelle quali il numero di alunni supera i limiti fissati dalla legge, con grave danno per la sicurezza di studenti e insegnanti». «Dal punto di vista della giurisdizione - si fa notare - il Tar ritiene immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, e legittima il Codacons ad agire in nome e per conto dei cittadini danneggiati dalla P.A.».

«AFFOLLAMENTO MASSIMO 26 PERSONE IN AULA» - Il Decreto del ministero dell’Interno del 26 agosto 1992 parla chiaro: in base alle “norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”, si prevede un “affollamento massimo ipotizzabile” di 26 persone per aula, di cui 25 alunni e un docente, salvo interventi specifici. Ma negli istituti romani questo non sempre avviene. Il Dpr 81/2009 ha comunque innalzato il numero minimo e massimo di alunni per classe, tema collegato ai tagli d’organico, con meno sezioni e un calcolo basato sui rapporti con i docenti. Il fenomeno è diffuso soprattutto nelle classi iniziali, dove, nei fatti, è facile arrivare a quota 30-31 per classe e difficilmente si scende sotto quota 27.

NEI LICEI DI ROMA - Al liceo Tacito, in Prati, tra le sette prime dell’anno in corso, il IV ginnasio C è composto da 35 ragazzi, il I linguistico da 33. Il tetto dei 30 studenti per sezione è stato sostanzialmente rispettato ai licei Socrate, Tasso, Newton. Non così al Benedetto Croce dove, con le norme ministeriali, è stata eliminata una sezione che non avrebbe avuto 22 iscrizioni e si supera quota 30. Alcune classi del Mamiani sono partite con 35 studenti. E lo stesso accade anche in scuole paritarie e private, dal VII Circolo Montessori a Torrevecchia e Balduina, dove le classi dei primi anni possono arrivare anche a 36 studenti. Le norme del ministero del 2009 prevedono, teoricamente, un limite di 27 alunni per classe, ma quando i resti non consentono di formarne un’altra di almeno 20, il limite salta. Tra i motivi delle proteste degli studenti dell’autunno c’era anche il sovraffollamento. Un tema sui cui, nei mesi scorsi, erano intervenuti i sindacati, evidenziando “i disagi provocati dai tagli economici”. I dirigenti scolastici romani si sono spesso espressi all’unisono: “il numero ideale non dovrebbe superare il tetto di 25 - hanno più volte ricordato - ma le nuove disposizioni facilitano la formazione di sezioni con 30 o più alunni”.

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cr ... 8813.shtml



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MessaggioInviato: 22/01/2011, 02:25 
Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

Tar Lazio: no alle classi-pollaio

ROMA - Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica. L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaio', ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i limiti fissati dalla legge.

«RISARCIMENTI» - «È stata accolta «la prima class action italiana contro la Pubblica Amministrazione». Questo il commento che arriva dal Codacons. «Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna», dichiara il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. «Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro ed ottemperi a quanto disposto dal Tar.


Questa andava messa nel topic delle buone notizie [:o)]



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MessaggioInviato: 05/02/2011, 22:24 
Discriminazione dei disabili, condannata Mariastella Gelmini

http://www.diredonna.it/
Di Viola Yael (11 gennaio 2011)


Una denuncia arriva da parte del tribunale Civile dopo un ricorso presentato a novembre da 17 genitori nei confronti del Ministro dell’Istruzione,Mariastella Gelmini, l’Ufficio scolastico regionale e quello provinciale. La motivazione principale è la discriminazione nei confronti degli studenti disabili, dopo la riduzione del 50% delle ore di sostegno introdotte dall’ultima Finanziaria.
Nonostante la promessa inconsistente di affiancare ai bambini un numero crescente di insegnanti, la realtà dei fatti ha evidenziato un taglio gravissimo delle ore di sostegno e molte famiglie si sono trovate senza l’aiuto e il supporto necessario per i propri figli. Un atto inconcepibile, che non può trovare giustificazioni nella mancanza di fondi o nella scarsità delle risorse economiche. Per questo motivo i giudici milanesi hanno attivato la denuncia, specificando così la motivazione:
Accertata la natura discriminatoria della decisione delle amministrazioni scolastiche di ridurre le ore di sostegno scolastico per l’anno in corso rispetto a quelle fornite nell’anno scolastico precedente (2009-2010).
Marco Rasconi, presidente di Ledha Milano(Lega per i diritti delle persone con disabilità) che assiste i genitori nella causa, ha dichiarato:
Da oggi le famiglie possono contare su uno strumento legale più rapido ed efficace per far valere i diritti dei loro figli. Grazie a questa sentenza ci auguriamo che altre famiglie escano dall’ombra per difendere il diritto dei propri figli alla formazione scolastica e non solo.
Giuseppe Colosio, direttore scolastico per la Lombardia, frena l’enfasi dell’evento sostenendo che la mancanza di fondi è una certezza e che si potrà fare ben poco. In risposta alle sue parole è intervenuto il legale delle famiglie, Livio Neri di Avvocati per Niente onlus, sostenendo che si dovrà comunque trovare un modo per affrontare questa crisi e reperire i fondi. Annunciando un esposto nel caso le amministrazioni non sopperissero a questa necessità entro i 30 giorni stabiliti dal giudice.
Per la prima volta un giudice parla di discriminazione in materia di sostegno scolastico. Questa decisione impedirà agli uffici scolastici di tirare la coperta, togliendo le ore a chi non protesta.
Una delle madri coinvolte nella causa, che vede per la prima volta un gruppo di genitori agire in collettività contro il Ministero, infine sostiene:
La vittoria più grande è l’aver dimostrato che fare rete tra le famiglie può davvero cambiare le cose. Questo è un primo passo all’interno di un percorso che ci vede impegnati perché i nostri figli camminino a testa alta, a scuola come in ogni momento della loro vita nella società.



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MessaggioInviato: 14/02/2011, 15:33 
La visita fiscale di Brunetta costa alla scuola più delle assenze

Gli ultimi dati del ministero della Funzione pubblica evidenziano l'insuccesso delle norme nate per ridurre l'assenteismo nel settore. Costano milioni di euro e non è chiaro chi deve pagare

La riforma Brunetta potrebbe dare il colpo di grazia alla scuola italiana. Non bastavano i tagli che quest’anno si sono avvicinati a quota 8 miliardi di euro. Ora per il martoriato sistema scolastico, dove spesso sta ai genitori fornire cancelleria e carta igienica, stanno venendo al pettine anche gli effetti della normativa introdotta nel 2008 dal ministro per la Pubblica amministrazione che impone, senza deroghe al buon senso, la richiesta visita fiscale per i dipendenti, fin dal primo giorno di assenza per malattia. Un’imposizione nata per ridurre il tasso di assenteismo che il ministero si premura di monitorare ogni mese. Gli ultimi dati del dicastero Brunetta, tuttavia, evidenziano l’insuccesso dell’operazione almeno per la scuola, dove a dicembre le assenze per malattia del solo personale a tempo indeterminato sono aumentate del 7,5% tra gli insegnanti e del 18,5% tra i tecnici e gli amministrativi.

Quello che i dati non dicono, perché nessuno fino all’anno scorso si era premurato di calcolarlo, è il costo aggiuntivo – oltre alle supplenze e ai relativi telegrammi di convocazione – che la riforma Brunetta ha introdotto su queste assenze. Sì, perché le visite fiscali si pagano: si va dai 18-35 euro di Firenze ai 30-63 di Milano. E se tra il 2008 e il 2010 si è viaggiato nell’incertezza e lungo i contenziosi su chi, tra Asl e scuole, dovesse farsi carico della spesa, a fare chiarezza è arrivata una sentenza della Consulta del giugno 2010, che stabilisce una volta per tutte che non devono essere le Asl a pagare. Sentenza alla quale è seguita una circolare del dicastero Gelmini con cui si invitano le scuole a pagare con i fondi di funzionamento anche le visite fiscali per le quali “non è attualmente previsto un finanziamento aggiuntivo ad hoc”. Nella stessa occasione è stato preannunciato “un apposito monitoraggio a fini conoscitivi”. Proprio perché, appunto, a tutt’oggi nessuno sa esattamente quale sia la cifra complessiva in gioco.

In attesa dei dati, qualche calcolo di massima lo si può però provare a fare. Per esempio su base nazionale, tenuto conto dei 960.759 dipendenti scolastici e dei 7,15 giorni medi di assenza per ciascuno nell’ultimo anno, a un prezzo medio di visita di 36,5 euro, si arriva a un totale di 250,7 milioni di euro.

Si tratta di una cifra orientativa che scende a 105,2 milioni se si spalmano i 7,15 giorni medi su tre assenze distinte, riducendo a tre il numero di visite fiscali inviate dall’istituto. Più ottimistica, ma comunque notevole, la stima che valuta il costo medio annuo per istituto in 5.500 euro, per un totale di 56,65 milioni. Ancor di più quella della Flc Cgil che ipotizza un aumento medio di 20 euro l’anno per dipendente, per un totale di 19,2 milioni. Nella sola Lombardia, al terzo posto per assenze in dicembre, le stime a braccio dei sindacati parlano però di duemila visite al giorno, che per un terzo dell’anno, al costo medio di 46,5 euro, fa 11,16 milioni. Più dettagliato il caso di Ancona e delle Marche, 298 istituti con 17.136 assenze a dicembre, il 2,51% del totale nazionale. Qui l’Asl locale ha chiesto alle scuole l’immediato pagamento delle visite fiscali. Anche quelle antecedenti il 2000. Risultato: 70 decreti ingiuntivi per la sola Ancona con rischio di pignoramento di cattedre, banchi e gessetti, oltre, come evidenziano dalla Cisl Scuola Marche, a tanta confusione. Per un totale di circa 300 mila euro di crediti vantanti dall’Asl sulle scuole della provincia. Che sono di fronte ad un dilemma shakesperiano: pagare o non pagare? Nel dubbio hanno interpellato l’Ufficio scolastico regionale che a sua volta ha chiesto all’Avvocatura di Stato. Risposta: pagate se potete e soprattutto se si tratta di piccole cifre.

Così si evita il peggio. Più netta la posizione in Trentino, dove l’input è stato di pagare senza se e senza ma, mentre la Campania ha suggerito di soprassedere. Per ora, fortunatamente, la questione dei decreti ingiuntivi sembra essere arginata alle Marche (circa 1 milione i costi stimati) e a poche altre regioni. Ma cosa accadrà quando i vari amministratori delle Asl, coscienti di avere in bilancio crediti consistenti verso istituzioni pubbliche, chiederanno il pagamento alle scuole di mezza Italia? C’è da scommettere che avverrà dal momento che neanche la sanità se la passa molto bene. Si profilano quindi battaglie all’ultimo euro fra i diversi rami della stessa pubblica amministrazione. Un qualcosa di assolutamente inedito dove resta da chiedersi cosa si prospetta per i dirigenti di Asl e scuole che dovranno far quadrare i conti. Pena la responsabilità diretta. Quindi le Asl, i cui bilanci sono già infarciti di crediti verso istituzioni pubbliche, continueranno a chiedere i pagamenti indebolendo i bilanci. E l’unica alternativa per le scuole sarebbe il condono, o lo stralcio dai conti di parte delle visite.

Da Il Fatto Quotidiano del 13 febbraio 2011



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MessaggioInviato: 14/02/2011, 23:39 
La Gelmini bocciata in legge. Dalla Consulta
http://www.agoravox.it


Sarebbe opportuno, quando sproloquia sull’inutilità della facoltà di Scienze della Comunicazione, che il Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini si ponesse delle domande in merito alla validità della sua laurea in Giurisprudenza. Che quel comma del decreto legge dal titolo "Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010" fosse incostituzionale (art. 3 e 120 Cost.), lo avevano capito anche le pietre. Tranne lei.
Tale comma sbarrava la strada a un qualsiasi supplente di Palermo che avesse voluto inserirsi in graduatoria a Varese, per il semplice fatto che era nato a Palermo. Ciò ha portato all’imbarazzante sentenza della Consulta, che ha dovuto spiegare alla Gelmini, nell’anno del 150esimo anniversario dell’Unità del nostro paese, che l’Italia è una sola e i titoli di studio hanno lo stesso valore in tutto il territorio nazionale.
Secondo questo decreto di matrice leghista un insegnante che vuole lavorare in un’altra provincia non si inserisce in graduatoria secondo il punteggio maturato, ma si deve “accodare” ai suoi colleghi autoctoni, anche se questi hanno un punteggio inferiore, in barba alla meritocrazia. L’incostituzionalità della norma è lampante, come anche la sua insulsaggine.
Questa norma non mancherà di avere ripercussioni politiche e soprattutto economiche. È necessaria infatti la revisione delle graduatorie, nonché l’assunzione di tutti quei docenti che si sono visti ingiustamente soffiare l’immissione in ruolo dai loro colleghi meno meritevoli. Ancora, gli insegnanti colpiti da questa norma chiederanno, a ragione, un risarcimento con un danno erariale non di poco conto per le casse del nostro stato. Sono già stati inoltrati infatti 15mila ricorsi all’Anief (Associazione nazionale degli insegnanti ed educatori in formazione). E se ne prevedono altri.
Se non avessimo un po’ di rigore intellettuale e un minimo senso del decoro, chiederemmo alla Gelmini perché ha costretto il nostro erario allo spreco di tante risorse, che potevano magari essere utilizzate per “trovare una ragazza come Yara di cui non si hanno tracce”. Ma non lo faremo, certe buffonate non ci appartengono. È tuttavia doveroso interrogarsi sul perché l’istruzione di 56 milioni di persone debba essere alla mercé di una donna capace di tali pasticci.
E quindi delle due l’una. O la Gelmini sapeva che quella norma era incostituzionale ma l’ha comunque inserita nella legge, e allora siamo di fronte a un uso criminoso del potere pubblico. Oppure non lo sapeva, e allora siamo di fronte a un raro esempio di deficienza istituzionale, di incompatibilità per mancanza di oggettive capacità a ricoprire il suo ruolo. In più, così come vengono conferite lauree ad honorem, sarebbe il caso che certe lauree venissero revocate “per dis-honorem”. E quello della Gelmini è uno di quei casi.
Ma due parole le merita anche la Lega Nord, la cui impronta sul decreto legge è assolutamente riconoscibile. Se i leghisti hanno così a cuore la loro identità, tanto da voler minare il principio costituzionale della libera circolazione sul territorio nazionale, che lo dicessero apertamente. Raccogliessero le firme tra tutti i loro elettori, attraverso una petizione o un’iniziativa legislativa popolare, al fine di porre il problema al centro del dibattito parlamentare. Se credono che l’essere padano entri in conflitto con l’essere italiano, non si capisce perché non debba essere riconosciuta la loro diversità identitaria. Non saremo noi Italiani a trattenerli, fedeli al principio sacrosanto dell’autodeterminazione dei popoli. E, se tanto è il loro ribrezzo per il nostro paese, che se ne andassero dall’Italia. Altrimenti, che se ne andassero al diavolo.



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MessaggioInviato: 15/02/2011, 19:43 
Bufera sulle graduatorie dei "precari" della scuola

Il Pd avverte: "Non ci possono essere blocchi. Il congelamento delle liste provinciali è incostituzionale". I sindacati: "evitare risse e guerre fra poveri". L'Anief: "Subito l'inserimento a pettine degli aventi diritto"

di SALVO INTRAVIA


ROMA - Dopo il pronunciamento della Consulta, è bufera sulle graduatorie dei precari della scuola. Per il Pd il “congelamento” delle liste provinciali, approvato in commissione Bilancio a Palazzo Madama la settimana scorsa, è “incostituzionale. Mentre il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, non ha ancora spiegato come intende applicare la sentenza che dichiara illegittime le graduatorie di “coda”. I tecnici di viale Trastevere sono alla ricerca di una soluzione che applichi il pronunciamento dei giudici costituzionali, ma al contempo eviti di stravolgere l’impostazione data al problema dal governo Berlusconi.

E i sindacati? La Cisl scuola, ricordando la complessità della situazione, raccomanda di evitare “risse” e “guerre fra poveri”. Mentre l’Anief, che ha portato avanti il ricorso, chiede l’inserimento “a pettine da subito”. Niente congelamenti e slittamenti “che violano la Costituzione”, insomma. A testimonianza del momento di confusione che interessa le graduatorie, interviene l’ex viceministro dell’Istruzione, Mariangela Bastico. “Ancora una volta – dichiara – il governo, con un emendamento al Milleproroghe, interviene sul reclutamento dei docenti con una norma contraddittoria, irragionevole e quindi incostituzionale. Da un lato infatti stabilisce il blocco delle graduatorie fino al 2012, dall'altro dà doverosamente attuazione alla sentenza della Corte costituzionale: dice insieme che le graduatorie sono bloccate e che si devono rifare”.

“Questa norma – spiega la senatrice – provocherà un insostenibile caos nel prossimo anno scolastico, suscitando numerosi ricorsi da parte dei tanti docenti che vedono lesi i propri diritti. Con questa scelta il ministro intende prolungare una situazione di illegittimità e incertezza, con un danno gravissimo per la qualità della scuola pubblica, guadagnando tempo. Scelta irresponsabile, alla quale il Partito democratico – conclude – contrappone l’unica via d’uscita: approvare l'emendamento Pd per un piano straordinario di stabilizzazione di 61mila docenti e 38mila e trecento Ata per il prossimo anno scolastico, corrispondenti ai posti attualmente vacanti e ai pensionamenti”.

Le graduatorie dei precari, dalle quali vengono reclutati i supplenti annuali, quelli fino al termine delle lezioni e metà degli immessi in ruolo, in ogni provincia sono composte da due tronconi: quelle “di merito” e le “code”. Nel 2009, all’atto del rinnovo delle graduatorie, venne impedito il trasferimento da una provincia all’altra, “concedendo” ai supplenti di inserirsi in altre tre province, oltre quella di appartenenza, ma solo “in coda”. L’idea di bloccare le graduatorie dei supplenti, che da “permanenti” divennero “ad esaurimento”, venne all’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, nel 2007. Ma quell’azione, giustificata dalla volontà di eliminare il precariato, era accompagnata da un piano di 150 mila assunzioni che, in attesa di dare una cattedra a tutti, avrebbe sfoltito di parecchi le graduatorie.

Quando a Palazzo della Minerva salì la Gelmini, il blocco delle graduatorie rimase e il Piano delle assunzioni sparì. In più, vennero introdotte “le graduatorie di coda”. Quelle che la Consulta ha dichiarato illegittime perché ad avere la cattedra deve essere chi ha più punteggio (ed esperienza) e non, come avviene spesso ora, chi ha meno anni di servizio alle spalle. Nelle code, al Nord, ci sono migliaia di docenti meridionali con punteggi di gran lunga superiori ai “residenti” inseriti nelle liste “di merito”. Se gli interessati fossero stati inseriti “a pettine”, cioè con il loro punteggio avrebbero occupato quasi tutti i posti: sia per le supplenze sia per le assunzioni a tempo indeterminato.

Una eventualità che, come ha più volte dichiarato richiedendo “graduatorie dei supplenti regionali”, alla Lega non va proprio giù. Ed è proprio del Carroccio l’emendamento che “congela” per altri due anni le liste dei precari “fatti salvi gli adempimenti conseguenti alla declaratoria di illegittimità costituzionale”. Già, perché le graduatorie dovrebbero essere aggiornate proprio in questi mesi, visto che il provvedimento Gelmini che introduceva le “code”, valeva fino all’anno scolastico 2010/2011. Per i due anni successivi, il 2011/2012 e il 20012/2013, era previsto l’inserimento a pettine. Ma la Corte costituzionale ha cancellato l’intero comma ed è tutto da rifare. La pronuncia della Consulta – dichiara Francesco Scrima della Cisl scuola – deve ovviamente trovare applicazione: il come non è facile da immaginare, a causa di un dispositivo che azzera totalmente, e non solo in parte, la norma di legge contestata, determinando un quadro giuridico molto complesso”. “Per questo – prosegue – un rinvio dell’aggiornamento non appare privo di motivazioni plausibili”.

Una posizione che fa saltare dalla sedia Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “L’Anief diffida il ministero – dichiara Pacifico – dall’adottare provvedimenti illegittimi, che violano la Costituzione e la normativa vigente”. Secondo l’Anief sono oltre 15 mila i precari che possono chiedere l’esecutività dei ricorsi pendenti “in executivis” per l’inserimento a pettine. “E’ evidente – conclude il sindacalista – che la normativa previgente prevede l’aggiornamento biennale delle graduatorie e il diritto al cambio di provincia all’atto dell’aggiornamento. Consigliamo prudenza e saggezza: basta soltanto applicare la normativa, eseguire le decisioni dei giudici e, forse, ripassare anche un poco quella Costituzione che si insegna con tanto amore nelle nostre scuole”.

(<!-- inizio DATA -->15 febbraio 2011<!-- fine DATA -->)

http://www.repubblica.it/scuola/2011/02 ... -12501427/



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MessaggioInviato: 13/03/2011, 22:09 
Scuola, la Gelmini: ''Gli insegnanti sono troppi. E ci sono più bidelli che carabinieri''

Milano, 13 mar. - (Adnkronos/Ign) - "Sono pagati pochissimo perché sono troppi, sono quantitativamente superiori al fabbisogno". Così il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ospite di Fabio Fazio, replica a chi sostiene che gli insegnanti italiani vengano pagati poco. Il ministro ricorda che un insegnante di scuola superiore con 15 anni di anzianità "guadagna 20 mila euro in meno del collega tedesco. Questo non è giusto, ma se si aumenta il loro numero all'infinito sono proletarizzati".

Inoltre, ricorda che "la spesa nella scuola è aumentata del 30% negli ultimi 10 anni. Sono quasi 200 mila i bidelli, vengono spesi 600 milioni per le imprese di pulizia, ci sono più bidelli che carabinieri per avere delle scuole sporche". Per la Gelmini la scuola "deve tornare a essere un ascensore sociale" ma per farlo "bisogna cambiare le regole".

Quanto alla manifestazione in difesa della Costituzione e della scuola pubblica tenutasi sabato, per la Gelmini, pur se ''assolutamente legittima'' ,''nasce da un presupposto sbagliato: che il governo abbia attaccato la scuola pubblica". Detto questo, attacca il ministro, "molti di quelli scesi in piazza mandano i figli alla scuola paritaria. Non è una contraddizione, ma lo trovo incongruente, forse non hanno fiducia nella scuola pubblica".

Dallo studio della trasmissione 'Che tempo che fa' il ministro torna ad assicurare che nella sua riforma non ci sono tagli alla scuola, "ma tagli agli sprechi. Mi sentirei in colpa se avessi tagliato sulla qualità della scuola, non ho licenziato nessuno, ma abbiamo contenuto la pianta organica e liberato risorse che hanno permesso di non bloccare gli scatti di anzianità per gli insegnanti".

Ribadisce poi di essere favorevole al fatto che ci siano investimenti privati nelle universita'. "Non c'è nulla di male -sottolinea- se i privati entrano nei consigli di amministrazione delle università. Bisogna superare la contrapposizione tra pubblico e privato".

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Polit ... 83930.html


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