Propongo due articoli che sono la fotografia della magistratura italiana.
Io sono dell'idea che la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante sarebbe già un passo avanti...
Purtroppo attualmente la magistratura non è esclusa dalle lotte di potere, anzi a volte sembra che essa stessa sia un centro di potere.
Cmq leggete e riflettete....
Mancino: «'Why Not', pronto a lasciare»
Napolitano chiede atti a Procura Salerno
Il presidente del Csm: «Vicenda senza precedenti, con gravi implicazioni». Il vice: «Mai chiamato Saladino»ROMA - Svolta nell'inchiesta sul presunto "complotto" ai danni dell'ex pm Luigi de Magistris. Il presidente della Repubblica Napolitano, che è anche presidente del Csm, ha chiesto gli atti alla Procura di Salerno parlando di una «vicenda senza precedenti, con gravi implicazioni istituzionali». Atti e informazioni sulla vicenda de Magistris sono stati chiesti dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra, al procuratore di Salerno Lucio Di Pietro. La richiesta è stata avanzata su preciso mandato del capo dello Stato dopo la decisione di sequestrare atti di inchieste condotte dall'ex pm della procura di Catanzaro ora in servizio a Napoli. Nella lettera si parla di «vicenda senza precedenti» e di vicenda che «suscita inquietanti interrogativi»; viene inoltre paventato il rischio di «paralisi della funzione processuale» (leggi il testo completo).
LA GUERRA DEGLI ATTI - A seguito di ciò la Procura di Catanzaro ha bloccato gli atti già sequestrati dalla Procura di Salerno. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore generale Enzo Jannelli e dai sostituti Garbati, De Lorenzo e Curcio. Il provvedimento di sequestro è stato notificato ai carabinieri di Salerno che erano negli uffici della Procura generale per effettuare l'indicizzazione dei documenti sequestrati relativi all'inchiesta 'Why Not' e 'Poseidone'. Un gruppo di carabinieri del Reparto operativo provinciale di Catanzaro è partito alla volta di Salerno per notificare ai magistrati campani il provvedimento di sequestro emesso dalla Procura generale del capoluogo calabrese. Inoltre sette magistrati della Procura di Salerno, fra cui il procuratore capo Apicella, sono indagati dalla Procura di Catanzaro.
MANCINO: «PRONTO A LASCIARE» - Oggi c'è stata anche la riunione plenaria del Csm con l'intervento del vicepresidente Nicola Mancino, che si è difeso dalle indiscrezioni diffuse via stampa. «Il giorno in cui una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia non ho difficoltà a togliere l'incomodo» ha detto riferendosi alle notizie pubblicate dal Giornale secondo cui sarebbe coinvolto nell'inchiesta della Procura di Salerno sul "complotto" contro de Magistris, il cui trasferimento è stato deciso proprio dal Csm. «Non vorrei avere su di me neppure l'ombra di un sospetto - ha detto Mancino -, il giorno che dovesse accadere non avrei esitazione a lasciare. Ho sempre operato al servizio delle istituzioni e sono venuto al Csm per cercare di conciliare politica e magistratura, probabilmente me ne andrò senza aver raggiunto questo obiettivo, ma ciò dipende anche da quello che si muove all'esterno del Csm».
TELEFONATA A SALADINO - «Non ho mai telefonato a Saladino - ha chiarito Mancino parlando dell'ex presidente della Compagnia delle Opere e principale indagato nell'inchiesta «Why Not» -, la chiamata partita da uno dei miei numeri di telefono è stata fatta da un'altra persona, da un rappresentante di Comunione e liberazione, Angelo Arminio, che nel 2001 era nella schiera dei miei collaboratori. Saladino non lo conosco, mi è stato presentato nel 1985 per un comizio che fece un candidato delle liste Dc e appartenente a Cl, pensavo fosse milanese, non ho mai avuto rapporti con lui». «Nel 2001 - ha ricordato ancora Mancino parlando di Arminio - ho cessato di fare il presidente del Senato, e quel collaboratore ha smesso di far parte della mia segreteria». Inoltre, a quel tempo «de Magistris non era ancora destinato a Catanzaro, dove è andato solo nel 2002. Si fa tanto clamore, dunque per una telefonata che non ho fatto».
LE INDISCREZIONI - Nell'articolo pubblicato dal Giornale si fa riferimento al decreto di perquisizione nei confronti dei magistrati di Catanzaro emesso dalla Procura di Salerno, in cui - alla pagina 442 - si dà conto di una telefonata giunta a Saladino da un numero fisso intestato a Mancino. Inoltre il Giornale cita un interrogatorio del dicembre 2007 in cui de Magistris parla del vicepresidente del Csm: «In questi mesi ho potuto registrare diverse dichiarazioni di appartenenti al Csm che in qualche modo hanno anticipato valutazioni negative sul mio operato. Mi riferisco in particolare alle dichiarazioni dei consiglieri (...) e del vicepresidente del Csm, Nicola Mancino. (...) Questo mi ha sorpreso perché come noto egli è presidente della sezione disciplinare che dovrà valutare la mia condotta». In una deposizione del novembre 2007 davanti ai giudici salernitani e riportata dall'Ansa, de Magistris afferma anche che «Why Not» gli è stata tolta quando «stavo praticamente per chiudere il procedimento» e «soprattutto stavo facendo degli atti anche molto importanti (...) che riguardavano esponenti di spicco della politica calabrese (Minniti, Tommasi, Adamo e D'Andria)». Si tratta di Marco Minniti, massimo esponente del Pd calabrese ed ex viceministro dell'Interno; Nicola Adamo ex vicepresidente della giunta regionale e attuale capogruppo del Pd alla Regione, Diego Tommasi (Verdi) ex assessore regionale all'ambiente, e Renato D'Andria (Psdi).
SOLIDARIETÀ - Il plenum del Csm ha espresso completa solidarietà a Mancino. «Eravamo ampiamente consapevoli che l'operazione in atto mira a colpire tutti noi - ha detto il togato di Magistratura Democratica, Livio Pepino -. Bisogna avere grande rigore e trasparenza con una risposta dura che ci porta a non farci intimidire». Giuseppe Berruti, rappresentante di Unicost, ha detto che «Mancino capirà che la sua missione è quella di questo consiglio, che riuscirà a reggere in questo momento difficile». Il vicepresidente, ha aggiunto Vincenzo Siniscalchi (laico del centrosinistra), «ha dato una grande prova di trasparenza democratica». Gianfranco Anedda (laico di An) ha criticato de Magistris: «Mi pare che anche in queste ore anteponga l'orgoglio personale all'interesse della magistratura che da tutto ciò esce delegittimata». Mancino, da parte sua, ha voluto ringraziare tutti i componenti del Consiglio per le loro parole sottolineando che «non ci dobbiamo chiudere a riccio, ho sempre rispettato l'esercizio della giurisdizione, ci possono anche essere eccessi, ma ci sono tre gradi di giudizio, il sistema permette che la verità possa emergere». Per questo rivendica il ruolo del Csm «che deve sempre essere svolto in totale imparzialità: il magistrato da valutare in sede amministrativa o disciplinare ha diritto a una giustizia imparziale».
DI PIETRO E ROTONDI - Solidarietà a Mancino anche da Di Pietro e Rotondi. «Non si getti fango su di lui: finché i magistrati non dicono che c'è un'inchiesta, si eviti di fare di tutta l'erba un fascio - ha detto il leader dell'Idv Antonio Di Pietro -. La stagione dei veleni non è finita, ma sarebbe giusto ridare a de Magistris le sue inchieste e permettergli di fare il suo dovere». E il ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco Rotondi: «Chi conosce Nicola Mancino sa che nessuna ombra può esserci sulla sua autonomia e, soprattutto, sulla sua onestà personale attestata da mezzo secolo di presenza nella politica e nelle istituzioni». Michele Vietti (Udc): «Del presidente Mancino conosciamo e apprezziamo da sempre la lunga militanza al servizio delle istituzioni condotta con serietà ed equilibrio. Gli esprimiamo la nostra solidarietà».
PECORELLA - Secondo Gaetano Pecorella (deputato Pdl) «sta accadendo quello che non poteva che accadere, e cioè che una volta entrata la politica nella magistratura questa finisce per intaccare e tagliare le radici della stessa magistratura - ha detto a Radio Radicale -. Con questo sistema per cui le informazioni di garanzia, le notizie sui giornali, le telefonate più o meno interessanti vengono pubblicate, si finisce per lasciare in mano a questo o quel magistrato delle forme di epurazione. In questo modo si colpisce l'intero Csm perché Mancino lo rappresenta». Pecorella parla di «una guerra tra bande dentro la magistratura che hanno in mano persino la organizzazione interna. Il Paese non sa se a Catanzaro c'è una specie di associazione a delinquere fatta di magistrati con ramificazioni che arriverebbero addirittura al Csm oppure se c'è un gruppo di magistrati (quelli della Procura di Salerno, ndr) che ha sentito la necessità di scrivere 1.700 pagine per fare una perquisizione con lo scopo evidentemente di diffondere dati e notizie».
fonte:
http://www.corriere.it/cronache/08_dice ... aabc.shtml
chi non si allinea paga i propri errori»
«Mani Pulite ha tolto libertà a magistrati»
Le accuse di Clementina Forleo in un libro: «Indagare sulla destra va bene, ma se cambi colore di caimano ti fai male»
MILANO - «Fino a Tangentopoli, e fino a qualche anno fa, il problema era dell’indipendenza della magistratura dal potere politico, adesso è dell’indipendenza del magistrato rispetto alla magistratura ». Il «singolo magistrato » che «non si vuole allineare, non si vuole schierare, vuole essere libero, finisce per pagare i suoi errori. E li paga cari». Parola del gip Clementina Forleo, che il Csm ha trasferito a Cremona per incompatibilità ambientale, la quale vede questa situazione come la conseguenza degli «eccessi» di Mani Pulite, specialmente nell’uso del carcere, che hanno «rafforzato il consenso popolare verso certa politica» e minato «la fiducia» nei magistrati.
Torna sul tema dei «poteri forti», Forleo, in un libro-intervista di Antonio Massari (Alberti). Nel '94, quando lei diventò giudice a Milano, i «magistrati erano uniti» nella «battaglia fisiologica e sempre in corso» contro un potere politico che «aveva un colore ben definito: c’era un nemico». «Berlusconi?», chiede l’autore. «Il pool si ribellò a un decreto del governo Berlusconi» risponde parlando in astratto. I fatti erano «gravissimi, ma lo strumento carcerario doveva essere limitato ai più gravi». E anche se «il sistema era talmente radicato che c’erano poche vie d’uscita», non farlo fu un errore. Il risultato del rafforzamento del potere politico è che ora i magistrati sono «più prudenti» e gli inquirenti «finiscono comunque per rispondere alle logiche di potere interne, nonostante l’obbligatorietà dell’azione penale», ragiona Forleo, gip dell’inchiesta Unipol- Antonveneta, firmataria della custodia per il banchiere Gianpiero Fiorani, chiedendosi retoricamente se «Fazio (indagato, ndr.) e sua moglie sarebbero rimasti liberi all’epoca di Tangentopoli». «Fiorani, in galera, c’è finito. Fazio invece no. Né lui che all’epoca dei fatti era il governatore della Banca d’Italia, né sua moglie che, peraltro, non mi risulta sia stata indagata, neanche per favoreggiamento, nonostante fosse anch’ella in contatto con Fiorani» con cui scambiava «informazioni importanti».
«Oggi si è rotto l’idillio tra certa magistratura e certa politica e ciò ha causato autentici scempi, quale il silenzio dell’Anm di fronte alla vicenda di Luigi de Magistris», il quale aveva scoperto che tra i magistrati potevano esserci «personaggi conniventi con i potentati politici ed economici». La magistratura faccia «i conti con se stessa» affrontando «la questione morale», perché «oggi il singolo magistrato è più debole» e c’è il rischio che qualcuno possa «scivolare in comodi compromessi», come le è già capitato di vedere con amarezza. Le sue posizioni a difesa di de Magistris, per la separazione delle carriere, contro le correnti e la richiesta al Parlamento di usare nell’inchiesta Unipol le telefonate degli allora ds Latorre e D’Alema («consapevoli complici di un disegno criminoso», scrisse) hanno dato il via ai «vergognosi attacchi» contro di lei, anche dalla magistratura: «Si sono toccati i fili che fanno morire. Perché fino a quando s’era attaccato il nemico della magistratura, il nemico di destra, era andato tutto bene. Avevo avuto la solidarietà. La magistratura era stata compatta nel proteggere il giudice Forleo. Poi, quando spunteranno caimani d’altro colore, tutti si dilegueranno».
Tre giorni dopo, lesse l’appello ai giudici del presidente Napolitano alla «riservatezza» e a non inserire in atti «valutazioni non pertinenti» come «una pressione» che le fece «male», «un’offesa al Paese». In un altro passaggio definisce caimano «il potere esecutivo, qualunque colore abbia». Il libro ripercorre i procedimenti del Csm che l’avrebbe trasferita dopo «un processo sommario», «una pagina nera nella storia della magistratura » che l’ha fatta sentire come «un dissidente perseguitato», dichiara. Lì parlò dell’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio il quale, eletto senatore ds, si schierò «contro la trascrizione delle telefonate». Lo vide andare a pranzo con i pm delle scalate bancarie e la cosa la indignò: «Se qualcuno lascia la toga per diventare un politico, poi dovrebbe avere il buon gusto di non creare confusione di ruoli. Io non ho avuto dubbi sul rigore dei colleghi: colsi l’inopportunità del gesto di D’Ambrosio». L’ex procuratore ha sempre ribattuto che si trattò di un incontro occasionale e non si parlò delle inchieste. Una rivelazione, infine. Ha ricevuto la proposta di candidatura. Da chi? «Non dal centrodestra» né dall’Idv di Di Pietro.
fonte:http://www.corriere.it/cronache/08_dicembre_04/giuseppe_guastella_forleo_mani_pulite_d49de8a0-c1db-11dd-9cf5-00144f02aabc.shtml