Veramente l'hanno aumentata per far contenti i "Nanni Moretti" del cinema ...
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Spettacoli scadenti come i "cine-panettoni"!
La benzina sarà più cara per pagare Moretti & C.
di Alessandro Gnocchi
Il rincaro delle accise sul carburante finirà a sostenere i produttori cinematografici. I settori in cui investire sono archivi, musei, biblioteche, paesaggio e lirica.

Il governo ha reintegrato il Fondo unico per lo spettacolo. Non solo. Ha reso stabile e permanente il tax credit, cioè le agevolazioni fiscali in favore di chi investe nel cinema, con l’aumento delle accise (tradotto: tasse) sulla benzina. Di più. È riuscito in questo modo a evitare l’aumento di un euro al box office, provvedimento già al centro di una polemica furibonda.
Il risultato c’è: il dimissionario Sandro Bondi, che ieri ha lasciato il dicastero dei Beni culturali a Giancarlo Galan, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta hanno onorato una promessa fatta alcuni mesi fa. Ma viene qualche dubbio. Non si era detto, giustamente, che la cultura (e lo spettacolo, in particolare) deve essere capace di stare sul mercato con le proprie forze? I tagli, oltre a rispondere a una necessità economica, erano pienamente giustificati in linea di principio: «arte di Stato» è un’espressione che dovrebbe essere sgradita a tutti. Figuriamoci ai liberali.
Si dirà che la sforbiciata dovuta alla crisi era stata troppo drastica. Sarà. Ma i dati appena diffusi sul cinema (e anticipati da un’inchiesta del Giornale ) testimoniano che le nostre produzioni, da quando le sovvenzioni sono in calo, hanno guadagnato terreno rispetto a quelle straniere e conquistato spettatori. Per quale motivo? Ipotizziamo: perché ora sono costrette a fare i conti con i gusti del pubblico e non con la politica o la burocrazia ministeriale.
Si aggiungerà che alcune realtà, come le Fondazioni liriche, non avranno mai la forza di competere perché l’opera è elitaria. In parte è vero. Anche in questo caso, però, i numeri raccontano una storia un po’ diversa: poche serate, costi elevati, biglietteria scarsa, sponsor risicati, personale pletorico, contratti integrativi discutibili. Riassumendo: l’opera purtroppo è per pochi, va bene, ma le Fondazioni non decollano dal punto di vista manageriale. Tra l’altro non è che lo scenario sia sempre catastrofico, in alcuni teatri virtuosi qualcosa sta cambiando in positivo.
Il reintegro lascia passare un brutto messaggio. Cari artisti, reali e sedicenti, lo Stato veglia su di voi e vi assisterà per sempre. Tendete la mano per l’obolo, e poi andate in pace con le vostre cineprese a realizzare pellicole che forse neppure vedremo sul grande schermo, tanto sono interessanti. Tale messaggio è stato subito recepito dall’attore Sergio Rubini che, invece di ringraziare per l’insperata manna dal cielo, ha commentato così il provvedimento: «Ci danno quello che ci spetta». Francamente, l’idea di finanziare con le tasse (ora anche quando si va a fare il pieno al distributore) i film di Sergio Rubini o Nanni Moretti o chiunque altro non riempie d’orgoglio, un eufemismo per dire che non si vede un solo motivo perché le cose debbano andare così. Che poi questo sacrificio non volontario sia pure considerato un atto dovuto da chi lo intasca, fa girare vorticosamente le bobine.
Al di là delle diatribe sulla consistenza del Fus, destra e sinistra dovrebbero riflettere su quali siano i settori in cui lo Stato non può proprio fare a meno di intervenire e da quali si dovrebbe ritirare al fine di spendere al meglio le risorse disponibili. Archivi, biblioteche, musei, beni culturali, paesaggio, lirica: in questi casi, che riguardano l’identità della nostra nazione, non si debbono fare passi indietro, anzi, sarebbe auspicabile farne qualcuno avanti, a patto di tenere sempre aperta la porta ai privati e a una mentalità più attenta al profitto. Sul resto, i tagli non dovrebbero fare paura. Soprattutto agli artisti, quelli liberi.
http://www.ilgiornale.it/interni/la_ben ... comments=1Letta: "Italiani lieti di piccolo sacrificio" / SCAGLIA
E però questa storia del prezzo di benzina e gasolio sta diventando surreale - anzi, per la verità lo è già da tempo. C’è da trovare in fretta e furia un gruzzolo per l’impellente necessità del momento? Pronti: basta aumentare il conto alla pompa e il giochino è fatto. Dice: ma in questo modo semplifichi troppo, il discorso è più complesso. Ma no, che invece è proprio così. L’ultima è quella dei soldi da racimolare per rifinanziare il Fus, Fondo unico per lo spettacolo, su cui era calata l’empia scure del Tremonti tagliatutto. E intendiamoci, chi scrive è fra coloro che ritiene anche giusto aiutare il settore - cinema, teatro, musica e quant’altro - persino con aiuti pubblici (e però ben calibrati) e sgravi fiscali. Ma insomma: prima s’era pensato di ribilanciare la situazione aumentando di un euro il prezzo del biglietto del cinema, o perlomeno di alcuni film, decisione invero antipatica e impopolare e però con una sua ratio, sul genere coinvolgiamo-gli-spettatori-nel-sostegno-allo-spettacolo. Ma le proteste generali hanno in pratica affossato la trovata. E adesso ecco che arriva l’ideona, per la verità davvero non originale: sostenere il Fus aumentando l’accisa sui carburanti. Secondo quanto dichiarato al termine del Consiglio dei Ministri dal sempre tranquillo e sorridente sottosegretario a Palazzo Chigi Gianni Letta, il rincaro sarà nell’ordine di 1-2 centesimi. Per le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori l’erario potrebbe con quest’aumento incassare fino a un milione e 800mila euro l’anno, mentre la Adoc ha stimato che corrisponderebbe mediamente a «un aggravio di spesa di 20 euro l’anno a veicolo». Poca cosa, dice qualcuno? A parte che è proprio il principio a non convincere - chissà che fine farà il cosiddetto tavolo carburanti intorno al quale, al ministero dello Sviluppo economico, tutti gli operatori del settore chiedono da tempo proprio il taglio delle accise. Ma il fatto è che trattasi solo dell’ultima di una lunga, lunghissima serie di imposte che sono andate accumulandosi negli anni. In questo modo gonfiando a dismisura il prezzo del carburante.
E allora val la pena di ripeterne l’impressionante elenco. Operazione giornalisticamente ripetitiva, ce ne rendiamo conto, e però ogni volta si sperava fosse l’ultima - speranza puntualmente delusa. In ogni caso, ecco: finanziamento della guerra d’Etiopia (1935), finanziamento della crisi di Suez (1956), finanziamento degli interventi legati al disastro del Vajont (1963), e poi l’alluvione di Firenze (1966) e il terremoto del Belice (1968) e quelli del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980), e il finanziamento della guerra in Libano (1983) e della missione in Bosnia (1999), fino al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004). Tutte emergenze affrontate anche utilizzando soldi ricavati dall’aumento di prezzo dei carburanti. Peccato però che le tasse in questione siano poi di fatto rimaste anche a problema concluso, per mantenere il bulimico baraccone dell’incontenibile spesa pubblica nostrana. Tanto che, secondo l’ultima rilevazione, le accise pesano sul costo al pubblico della benzina senza piombo per 0,564 euro al litro (dunque più di un terzo!), su quello del gasolio auto per 0,423 euro, sul gpl 0,125 euro e 0,403 euro al litro sul gasolio da riscaldamento. E c’è da considerare che l’Iva sui carburanti viene poi calcolata anche tenendo conto di queste stesse accise - una tassa sulle tasse! -, che quindi fanno aumentare di molto anche l’imposta sul valore aggiunto. Tanto per dare un altro ordine di grandezza che rende l’idea: il prezzo della benzina senza piombo, al netto delle imposte (sostanzialmente accise e Iva), sarebbe di 0,658 euro al litro. E l’incazzatura è servita.
Decisione, questa del governo, tra l’altro non proprio lungimirante. L’attuale conflitto in corso in Libia rischia infatti di provocare un innalzamento delle quotazioni del greggio - è pressoché sempre successo in occasione di guerre con coinvolgimento di Paesi produttori -e le stesse compagnie petrolifere potrebbero decidere di aumentare i prezzi. Inoltre, se le operazioni belliche in nord Africa dovessero prolungarsi nel tempo, l’Italia sarà costretta ad affrontare anche alti costi militari. E, come abbiamo visto con l’elenco di cui sopra, quasi sempre si è cercato di raggranellare fondi anche e soprattutto agendo sulle tariffe del carburante.
Letta ha poi detto, ecumenicamente sorridendo, che trattasi di «un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare». Evviva.
Di Andrea Scaglia
http://www.libero-news.it/news/698658/A ... nzina.htmlAncora:
La cultura si riprende 149 milioni
Il consiglio dei ministri ha deciso il reintegro del Fondo unico per lo spettacolo. Revocato lo sciopero di domani. Abolito l'aumento di 1 euro al cinema. Le risorse arriveranno dalle accise sulla benzina.
Ultima modifica di
Ufologo 555 il 24/03/2011, 12:55, modificato 1 volta in totale.