11/05/2009, 12:21
11/05/2009, 15:16
11/05/2009, 15:54
11/05/2009, 16:49
Aztlan ha scritto:
Ottimo argomento, Teschio! E complimenti a Ufologo!
Mi hai anche dato inconsapevolmente una mano nelle mie ricerche. Sto studiando l' argomento sotto una nuova prospettiva, ma la mole di dati da ricercare e elaborare è infinita.
I vostri interventi mi hanno risparmiato chissà quanto prezioso tempo di ricerca, permettendomi di impegnarmi nell' andare più a fondo. Ve ne ringrazio.
Presto in arrivo il già pluri-promesso topic con la mia teoria sui fatti vedici.
11/05/2009, 18:54
Teschio ha scritto:Aztlan ha scritto:
Ottimo argomento, Teschio! E complimenti a Ufologo!
Mi hai anche dato inconsapevolmente una mano nelle mie ricerche. Sto studiando l' argomento sotto una nuova prospettiva, ma la mole di dati da ricercare e elaborare è infinita.
I vostri interventi mi hanno risparmiato chissà quanto prezioso tempo di ricerca, permettendomi di impegnarmi nell' andare più a fondo. Ve ne ringrazio.
Presto in arrivo il già pluri-promesso topic con la mia teoria sui fatti vedici.
Infatti l'argomento e' molto importante, ma le notizie che ho io sono vecchie e mi chiedevo se ci fossero novità.
Della città di Mohenjo Daro ne ha parlato anche Malanga in alcune interviste, però viene trattata come una cosa di minore importanza, rispetto ad altri avvenimenti che secondo me valgono di meno.
Se si potesse dimostrare in modo inopinabile che la città e' stata distrutta da una bomba atomica 4000 anni fa, avremmo la prova archeologica che confermerebbe la teoria degli antichi astronauti.
Quindi perché se ne parla poco e non si concentrano le ricerche in questa direzione?
11/05/2009, 22:29
11/05/2009, 23:29
11/05/2009, 23:31
Bibliografia essenziale su Mohenjo Daro i suoi misteri e la sua storia
a cura di Enrico Baccarini
1- Ancient Indian Bricks and Brick Remains - T.N. Mishra, 1997
2- Dawn and Devolution of the Indus Civilization - Shikaripur Ranganatha Rao, 1991
3- The Earliest Civilization of South Asia (Rise, Maturity and Decline) - B.B. Lal., 1997
4- Enquiries into the Political Organization of Harappan Society - Shereen Ratnagar, 1991
5- Excavations at Harappa: Being an Account of Archaeological Excavations at Harappa - Excavations at Mohenjo-Daro carried out by the Government of India between the years 1927 and 1931 - E.J.H. Mackay with Chapters by A.S. Hemmy, B.S. Guha and P.C. Basu, Reprint - First published in 1938. 1998, 2 Volumes
6- Harappan Bibliography - R.N. Dandekar, 1987
7- Harappan Civilization: A Recent Perspective, 2nd revised edition - edited by Gregory L. Possehl, 1993
8- Harappan Civilization and Oriyo Timbo - Paul C. Rissman, Y.M. Chitalwala, with contributions tram Gregory L. Possehl, 1990
9- The Harappan Civilization and its Writing - A Model far the Decipherment of the Indus Script - Walter A. Fairservis, 1992
10- India 1947-1997: New Light on the Indus Civilization - B.B. Lal, 1998
11- The Indus-Saraswati Civilization: Origins, Problems and Issues - S.P. Gupta, 1996
12- Its Nature and Structure - B. V. Subbarayappa, 1996
13- The Indus Terracottas - Vibha Tripathi and Ajeet K. Srivastava, 1994
14- Indian Protohistory - M.K. Dhavalikar, 1997
15- The Language of the Harappans: From Akkadian to Sanskrit - Malati J. Shendge, 1997
16- Mohenjo-Daro and the Indus Civilization: Being an Official Account of Archaeological Excavations at Mohenjo-Daro Carried out by the Government of India Between the Years 1922 and 1927 - edited by John Marshall, Reprint. First published: Landan, 1931. 1996
17- Mohenjodaro Seals - S.M. Punekar, 1984
18- Origins of a Civilization: The Prehistory and Early Archaeology of South Asia - Bridget and Raymond Allchin, 1997
19- Plants and Harappan Subsistence-An Example of Stability and Change tram Rojdi - Steven A. Weber, 1991
20- Proto-Historic Pottery of Indus Valley Civilisation: Study of Painted Motifs - Sudha Satyawadi, 1994
21- The Script of Harappa and Mohenjodaro and its Connection with other Scripts - G.R. Hunter, Reprint. 1993
22- A Source Book of Indian Archaeology: Vol. Il Settlements, Technology and Trade - edited by F.R. Allchin and Dilip K. Chakrabarti, 1997
23- The Vedic Harappans - Bhagwan Singh, 1995
13/05/2009, 00:24
13/05/2009, 08:14
13/05/2009, 10:26
13/05/2009, 10:30
LE GUERRE STELLARI DI MOHENJO-DARO
di Corrado Malanga
Dai Vimana dell’epopea del Ramayana alle scoperte di David Davenport. I risultati dei nostri studi sui reperti di Mohenjo-Daro: sono contaminati da radiazioni atomiche.
La protoufologia è quella branca dell’ufologia che studia la possibilità che, anticamente, la Terra sia stata visitata da razze aliene; e che le interferenze con civiltà esogene al nostro pianeta non siano una novità, lo si deduce da una attenta lettura di molti testi antichi, reinterpretabili in una chiave diversa, che fa perno su una serie di requisiti e di conoscenze che l’uomo di quei tempi non possedeva.
In quest’ottica alcuni studiosi paragonano il termine "lungo coltello" usato dagli indiani Sioux per descrivere un fucile, all’espressione biblica "spada fiammeggiante" che l’Arcangelo Gabriele, a guisa di fucile laser, impiega per tener lontani Adamo ed Eva dall’albero della vita e della morte nell’Eden.
In tutte le popolazioni della Terra ed in tutte le leggende si sente parlare di esseri venuti dallo spazio, dotati di armi e tecnologie avanzatissime, che poi se ne sarebbero andati per la loro strada.
Così come quella europea la letteratura indiana è stracolma di tali racconti. Prendiamo in considerazione l’impero Ashoka che distrusse in una sanguinosa guerra il più antico impero Rama (9.000-7.000 a.C.). Il teatro di queste operazioni era la valle del fiume Indo che attraversa il cuore del Pakistan.
L’impero Ashoka era retto da nove scienziati che avevano scritto nove libri in altrettanti domini della scienza. Tali libri non ci sono pervenuti, in quanto gli Ashoka si erano convertiti al Buddismo, rifiutavano ogni idea di belligeranza e temevano che le loro scoperte scientifiche fossero malamente impiegate. Uno di questi libri si intitolerebbe "Il segreto della gravitazione" e sarebbe noto agli storici sanscritisti, pur restando ancora celato in qualche lamaseria buddista, forse a Lhasa, nel Tibet. Vi si troverebbero gli elementi per controllare la gravità, oltre alla descrizione di futuristiche armi di micidiale potenza.
Il dottor Ruth Reyna, dell’Università di Chandrigarh, ha studiato alcuni di questi testi, scoperti recentemente da Cinesi e tradotti dal sanscrito.
Secondo il dottor Hatcher Childress, studioso delle stesse tematiche, sarebbe la cosiddetta "Laghima" la forza che esiste a livello di capacità umana, e che riguarderebbe qualche sorta di "forza centrifuga" in grado di eliminare quella gravitazionale.
Che si tratti di qualcosa che ha a che fare con l’ipotesi SSH. Le macchine volanti che facevano uso di tale principio venivano chiamate "Astras", ma non basta. Nel testo si parlerebbe anche del sistema per rendersi invisibili detto "Antima", come descrive il lama medico Lobsang T. Rampa nel suo libro Il Terzo Occhio.
Poi c’è il sistema detto "Garima" che serve per aumentare il peso delle cose (noi diremmo per creare deviazioni dello spazio-tempo).
Delle macchine volanti degli antichi Dei dell’India parla anche il Ramayana, opera epica in diciassette volumi che descrive amori battaglie e vizi degi Dei dell’impero Rama. Nel Ramayana le meravigliose macchine volanti vengono definite "Vimana".
VIMANA, REALTÀ TECNOLOGICA
Era il periodo storico dell’impero Rama, con le sue sette grandi città, situate nel nord dell’attuale India e nel Pakistan: una dominava su tutte. Mohenjo-Daro, l’antica Lanka, isola nel fiume Indo. I "Vimana" venivano descritti come oggetti a due piani, rotondi e piatti, ma anche sigariformi, i "Vimana Vallixi", adibiti per il trasporto, per le battaglie, per le gite, eccetera.
Nel 1875 il trattato dal nome "Vimanika" viene rinvenuto in un antico tempio indiano. Lo ha scritto un illuminato, un certo Bharadvajy, in sanscrito, la lingua degli Dei, e verrà tradotto in lingua inglese e successivamente edito nel 1979 da G.R. Josyer, a Mysore. Di questo testo si è occupata anche l’accademia di sanscrito, che però non si esprime sulla sua autenticità, anche perché, nel manoscritto, sono descritti i "Vimana": come funzionano, come devono essere pilotati, le diete dei piloti, le rotte spaziali da seguire per evitare di incappare in tempeste magnetiche, armi fantastiche, il radar e gli schermi televisivi.
Alcuni di questi "Vimana" sono spinti da uno strano propellente giallo-bianco e liquido (Kerosene?), mentre qualche volta si accenna all’impiego di mercurio (Motore a ioni?).
Non sussiste alcun dubbio che il primo razzo vero e proprio lo abbiano costruito i Tedeschi, che avevano organizzato spedizioni in Tibet per cercare i libri e le fonti in cui si descrivevano i motori dei "Vimana".
Nel "Dronaparva" che in realtà è una parte del "Mahabarata" i Vimana sono descritti come sfere dalle quali esce un fiotto di fuoco che fa muovere a grande velocità quegli oggetti che, guarda caso, si dice funzionino con un motore a mercurio.
Curiosamente, ricorda il teosofo David Childress, i Russi hanno recentemente scoperto in alcune caverne del Turkestan e nel deserto del Gobi, degli strani oggetti semisferici che loro chiamano "vecchi strumenti per la navigazione spaziale", di vetro e porcellana contenenti alcune gocce di mercurio.
Nel "Mahavira Bhavabhuti", testo dell’ottavo secolo, possiamo leggere: "Un carro aereo detto Pushpaka, trasportò molte persone ad Ayodhya, la Capitale, ed il cielo era pieno di stupende macchine volanti nere come la notte ma caratterizzate da luci giallo intenso".
Sfortunatamente, il mondo della scienza ufficiale snobba questi antichi testi, con la scusa che fornirebbero erronee interpretazioni di una realtà aulica e non tecnologica dell’antica India.
Si deve però tener conto che testi analoghi stanno venendo alla luce in Cina, mentre in Europa del nord le leggende irlandesi raccontano della civiltà venuta dallo spazio che insegnava a coltivare. Che dire delle leggende atlantidee dove un altro aereo strano volava e dominava i cieli, il così chiamato "Ashvin"?
C’è chi dice che questa protoufologia sia troppo soft per essere presa in considerazione e tutte le volte che si fa riferimento alle antiche storie che circolano sulle Piramidi egizie e sul loro "allineamento" astrale gli scienziati di turno si tappano il naso in un gesto di rigetto. Chissà se si tapperanno ancora il naso quando avrò finito di esporre questa storia nuova di zecca: l’ennesima nostra analisi chimico-fisica fatta su alcuni campioni provenienti da Mohenjo-Daro: ma andiamo con ordine.
BATTAGLIA NEI CIELI DI LANKA
Circa dieci anni fa mi sono imbattuto in un libro che parlava di questa antica città e della sua misteriosa fine: l’autore, David Davenport, era un giovane sanscritista, ma non solo. Profondo conoscitore dell’India e di molte lingue locali, anche se di famiglia inglese, aveva scritto un libro "2000 A.C.: distruzione atomica" (Ed. Sugarco), che tendeva a dimostrare come Mohenjo-Daro fosse stata teatro di una battaglia aerea tra forze extraterrestri contrastanti tra loro.
La città, in effetti, sorge su una piccola collina che una volta era circondata dalle acque del fiume Indo. Oggi dista circa 20 Km da Larkana, nella provincia del Sindh. Circa 3.500 anni prima di Cristo le popolazioni indiane che provenivano da ovest fondarono il sito abitato i cui scavi, risalenti al 1922, mostrano oggi reperti di una civiltà che aveva altissimi livelli di civilizzazione.
Basti pensare che la strada principale della città era larga sei metri ed aveva dei sistemi di canali ai bordi, che servivano a convogliare le acque di lavaggio del fondo stradale per evitare l’accumulo di polvere.
In alcuni punti strategici era previsto non solo lo spazio per quello che noi oggi avremmo chiamato il cassonetto dei rifiuti, ma era previsto anche un posto per il cosiddetto poliziotto che controllava il traffico.
I pavimenti delle case erano piastrellati, così come probabilmente anche i rivestimenti esterni.
L’acqua corrente fino al terzo piano era assicurata con dei pozzi verticali. Al centro città si ergeva il granaio, collocazione intelligente, a garantirne la protezione. Una mega piscina con acqua corrente serviva da bagno pubblico. Tutto questo, 2.500 a.C.
Ma ad un certo momento, circa 1.500 a.C., la città viene abbandonata in tutta fretta. Gli storici a questo proposito non sanno che pesci prendere. Alcuni dicono che un’altra civiltà di ariani avrebbe, con una guerra, annientato la città; altri che la popolazione aveva raggiunto i 400.000 abitanti ed avrebbe collassato da sola. In realtà, David Davenport, nel suo libro, pone l’accento su fatti importanti. All’interno della città esiste una striscia di diverse decine di metri di mattoni esposti ad una forte radiazione calorica (più di 900 gradi centigradi per pochi secondi, come hanno stabilito le analisi fatte a suo tempo all’università di Roma). Ci sono solo scheletri di animali, mentre solo pochissimi resti umani (meno di dieci) tutti raggruppati in un solo sito e soprattutto scaraventati, più che accasciati al suolo, come se fossero stati colpiti da una forte onda d’urto. La mitologia indiana parla di una guerra che si sarebbe svolta nei cieli dell’antica Lanka, guerra preannunciata agli abitanti che avrebbero così potuto mettersi in salvo: va ricordato che tutte le suppellettili presenti nel sito sembrano essere stati abbandonati in una situazione di emergenza, incluse le tavole ancora apparecchiate.
IL RECUPERO DEI REPERTI
David Davenport sosteneva nel suo libro che una guerra tra fazioni diverse di extraterrestri era occorsa nei cieli della città, dove era stata sganciata una piccola bomba atomica da teatro. Grazie alla sua profonda conoscenza delle scritture sanscrite e degli antichi testi, ed ai continui sopralluoghi da lui effettuati, avevano condotto Davenport al recupero di reperti, alcuni dei quali dovevano essersi trovati molto vicino al luogo del presunto impatto atomico.
Purtroppo David moriva in giovane età, stroncato da un male incurabile, ma i reperti ed i suoi studi rimanevano custoditi dall’amico fraterno Giulio Perrone che un giorno, circa dieci anni fa, me ne consegnò tre dei più importanti.
Abbiamo dovuto aspettare dieci anni per poterli fare analizzare senza dare nell’occhio. Abbiamo dovuto attendere dieci anni per trovare le attrezzature necessarie che mettessero in evidenza eventuali anomalie dei radionuclidi (atomi radioattivi, ndr.) contenute nei campioni. Nel frattempo i campioni erano diventati due durante un passamano, a causa di un furto ad opera di qualcuno ben informato.
L’analisi prevede una apparecchiatura dotata di un pozzetto di piombo, per evitare radiazioni dannose, dove vengono introdotti i campioni che, a seguito di una scansione ripetuta dei materiali, mediante una opportuna sonda o detector, producono un grafico di tutti i radionuclidi presenti.
Per evitare di avere delle prove inquinate dall’operatore, data la delicatezza dell’intera procedura, abbiamo fatto analizzare il tutto da un laboratorio che non sa cosa ha analizzato e che, per ovvie ragioni di segretezza - caratterizzanti in questi casi il nostro modo di operare - non possiamo nominare.
RISULTATI STRABILIANTI
I campioni che David ci aveva consegnato e che lui riteneva essere stati contaminati da radiazioni atomiche presentavano il livello dell’Uranio del Plutonio e del Potassio 40 talmente elevati che secondo le leggi vigenti quei materiali non potevano essere impiegati neanche per la costruzione di abitazioni. Avevamo fatto centro!
Non eravamo più di fronte a semplici racconti, a leggende od a manoscritti che i detrattori del problema UFO potevano impugnare come falsi o male interpretati. No, stavolta eravamo di fronte ad un materiale che emetteva una consistente radiazione di fondo ben al di sopra dei valori permessi.
La piccola bomba atomica da teatro di cui parlava David Davenport ci mandava i suoi segnali dal passato. È chiaro che nella zona del Pakistan in cui il campione è stato raccolto non esiste radiazione naturale di fondo, altrimenti tutti quelli che vi risiedono sarebbero morti di cancro da un pezzo e non rimane che rassegnarsi all’idea che gli alieni avevano già visitato il pianeta Terra ed in parte sicuramente già civilizzato molte culture dell’epoca.
Chi erano dunque questi civilizzatori? Quelli che oggi hanno a che fare con i rapimenti?
Diremmo proprio di no. Erano, invece, veri portatori di civiltà e non avevano intenzioni negative, se non nel trovarsi coinvolti in guerre tra loro. Evidentemente noi non rappresentavamo una minaccia per supertecnologie che, comunque, utilizzavano il pianeta per diversi scopi che a noi oggi sfuggono. Gli esseri se ne sono andati, ma hanno lasciato qualcosa nelle nostre tradizioni ed al di là di insegnamenti scientifici o etici, un loro ben più importante messaggio sembra dire: "Un giorno forse torneremo e... rimetteremo le cose a posto, Grigi o non Grigi!"
Si ringrazia Maurizio Rossi, del gruppo di ricerche ufologiche SHADO, senza il cui aiuto questo articolo non sarebbe mai stato scritto.
13/05/2009, 11:10
13/05/2009, 11:14
MOHENJO DARO - LA COLLINA DEI MORTI
di Mauro Paoletti
dal Sito Web Edicolaweb -
Mohenjo Daro è un sito archeologico che rappresenta tuttora un appassionante interrogativo, antica sede di una civiltà, di cui si ignorano le cause della repentina scomparsa, che adottò una scrittura di tipo pittografico dal significato ancora sconosciuto e dove si indossavano abiti di cotone (1); il più antico finora scoperto. Mohenjo Daro, luogo dove non ci sono tombe, è chiamato la Collina dei Morti.
È il luogo degli scheletri "estremamente radioattivi" (2). Scheletri, con tracce di carbonizzazione e calcinazione, oramai scomparsi, che ai ricercatori hanno testimoniato decessi istantanei e violenti.
Resti di uomini, donne e bambini, e non di guerrieri morti in battaglia. Non si sono ritrovate armi, e nessun resto umano porta ferite prodotte da armi da taglio o da guerra.
Le posizioni e i luoghi dove sono state rinvenute le ossa indicano decessi istantanei, avvenuti senza avere il tempo materiale di rendersi conto di ciò che stava accadendo; le persone sono state colte durante lo svolgimento delle abituali azioni giornaliere. Sono passate dal sonno alla morte, insieme a decine di elefanti, buoi, cani, cavalli, capre e cervi.
La città è tornata alla luce nel 1921, quando l'archeologo Daya Harappa, dal quale prese il nome la civiltà scoperta, ebbe l'incarico di recuperare le rovine di un tempio buddista situato su di una isoletta in mezzo all'Indo. In precedenza nel 1856, John e William Brunton, incaricati di costruire un tratto di ferrovia, segnalarono che in zona si trovavano rovine dalle quali furono prelevati numerosi mattoni per costruire una massicciata ferroviaria. Gli scavi, proseguiti dal governo Pakistano, hanno restituito ben sette città, una sopra all'altra, e altre se ne ritroverebbe se continuassero gli scavi al di sotto del livello del fiume.
Sette città che gemellano questa collina con quella di Troia.
Mohenjo Daro con la sua piscina coperta di dodici metri, priva di templi e di una reggia, caratteristiche di ogni città antica; ma con strade larghe anche dieci metri e palazzi, costruiti in mattoni del tutto simili ai nostri, alti fino a tre piani, provvisti di acqua corrente, servizi igienici, tubazioni, cloache per i rifiuti e l'acqua piovana. In altre parole, una città moderna di quarantamila abitanti, dediti alla caccia, alla pesca, alla produzione di ceramica, principale attività industriale del luogo, scomparsi nel nulla, finiti carbonizzati, come si è dedotto dai soli quarantatré resti ritrovati.
Con gli abitanti di Mohenjo Daro è scomparsa misteriosamente anche una testina in terracotta, senza volto, con una strana "finestrella all'altezza degli occhi", della quale rimangono solo le foto scattate da Davemport e Vincenti, indicata come un "elmo da guerra".
Curiosità: non è stato rinvenuto nessun elmo di quel tipo.
I primi insediamenti nel bacino dell'Indo risalirebbero a 9.000 anni fa. Secondo le stime vi erano oltre 2500 centri abitati. Principale risorsa i manufatti ceramici di eccezionale qualità tecnologica, con contenuto siliceo medio-alto. A Mohenjo Daro, che si vuole distrutta dallo scoppio di due delle numerose fornaci presenti, a causa di una eccessiva temperatura raggiunta nella camera di combustione, evidenziata, secondo la scienza ufficiale, da blocchi parzialmente fusi e migliaia di gocce nerastre di argilla vetrificata. Gli scavi sono vietati, si dice, per "esigenze conservative".
David Davemport e Ettore Vincenti, autori di "2000 a.C. Distruzione Atomica", fecero esaminare alcuni detriti anneriti raccolti nella zona considerata l'epicentro dell'esplosione, campioni di vasi e mattoni, bracciali vetrificati. Dalle analisi, effettuate dall'Istituto di Mineralogia dell'Università di Roma, l'argilla risultò, come già accennato precedentemente, sottoposta a una temperatura di oltre 1500 gradi per qualche frazione di secondo. Questo avrebbe causato l'inizio di una fusione subito interrotta, escludendo che il calore di una fornace, tanto meno altre calamità naturali, possano produrre un tale effetto. I risultati vennero confermati dal Prof. Bruno Di Sabatino, vulcanologo dell'Istituto di Mineralogia e Petrografia, col quale collaborarono il Prof. Amuleto Flamini e il Dr. Giampaolo Ciriaco.
Ulteriore prova dell'assenza di fenomeni vulcanici e sismici, i pozzi di acqua rimasti al loro posto. Secondo Davemport, esperto in sanscrito, il Ramayana fornirebbe la giusta chiave di lettura. Vi è descritta la vicenda di Ravana di Lanka che costringe il fratello Dhanada a ritirarsi sull'Himalaia impadronendosi del regno. Ravana lo insegue, lo vince e fa suo il veicolo volante, il prestigioso "Pushpaka vimana". Si parla di un velivolo equipaggiato con pilastri d'oro, porte di smeraldo, veloce come il pensiero, costruito su ordine di Brahma. A bordo di questo vimana, Ravana, discese dal monte Kailash.
Nella parte del poema chiamata "Uttara Kanda", nel capitolo 23, è scritto:
"Vedendo il loro esercito abbattuto in volo, i figli di Varuna, sopraffatti dalla pioggia di missili, tentarono di interrompere il combattimento. Stavano fuggendo sottoterra (3) quando videro Ravana sul suo Pushpaka Vimana. Cambiarono repentinamente rotta e si slanciarono verso il cielo con la loro flotta di macchine volanti. Una terribile lotta scoppiò nell'aria."
Ravana rapisce Sita, figlia di Jawata re della città di Mithila e sposa di Rama, il quale dopo un'aspra battaglia ucciderà Ravana e libererà Sita. Nel capitolo 88 dell'Uttara Kanda si legge la reazione di Re Jawata:
"Arderà Indra il reame di quel malvagio con una pioggia di polvere soverchiante. È giunta l'ora dello sterminio di quell'insano e dei suoi seguaci."
Quindi il dardo di Indra distrugge la roccaforte di Ravana. Ma il suo regno, posto fra i monti Vindhya e Saivala, gli odierni Aravalli e Sulaiman, corrisponde a Lanka, parola che significa isola, cioè Mohenjo Daro situata proprio su di un isola del fiume Indo. Conclusioni audaci, ma più attendibili di qualsiasi altra, che si riallacciano alle storie sui vimana, comune mezzo di trasporto del popolo venuto dalle stelle, narrate nel Ramayana e nel Mahabharata.
Con tale tecnologia non si può escludere l'uso di armi atomiche, né che proprio l'uso di tale energia sia la causa della scomparsa di "Lanka". Altri popoli ci narrano vicende simili. Dalla Cina giungono storie di eventi che ricordano quelli descritti nei due libri sacri Indiani. Si dice che la Cina fu governata da re divini per diciottomila anni, fatto in comune con l'India e l'Egitto. Si racconta di un'epoca nella quale uomini e animali vivevano in armonia in un giardino che ricorda tanto il Paradiso.
Nel Shan-hai-ching, un libro sacro, si parla dei "Miao", una razza umana dotata di ali che nel 2400 a.C. vennero a diverbio col Signore delle Altezze e persero la capacità di volare.
Si parla anche di quando il Signore Chang-ti, vedendo che la razza degli Atlantidi aveva perduto ogni virtù, ordinò a due Dhyani (4), Chang e Li, di interrompere ogni contatto fra cielo e terra. Vi si trova la storia dei dieci soli e dell'arciere Yi; ma vi è descritta la vicenda di quattro giganti celesti che, alla testa di centomila guerrieri, corrono in aiuto di Shang impegnato a difendere la montagna di Hsich'i. Il gigante più anziano era alto sette metri e aveva una spada detta "nuvola blu". Quando egli la sguainava spuntava "un vento nero dal quale uscivano migliaia di lance che colpivano il nemico polverizzandolo".
Dietro al vento "una ruota di fuoco riempiva l'aria di decine di migliaia di serpenti di fuoco dorato", dal suolo si alzava un fumo denso che bruciava e accecava le persone. Nel corso della lettura troveremo anche gli Immortali a cavallo di dragoni e unicorni, forse velivoli; conosceremo il Vecchio Immortale del sud che proveniente da Agarthi e dona a Tzu-Ya, eroe della storia, un'arma "che brucia il suolo e produce luce", con la quale potrà conquistare il mondo.
Storie uguali a quelle dell'India, dei Celti della tribù dei Tuatha de Danan, che si verificano in ogni parte della terra nello stesso periodo e richiamano alla mente l'uso di armi atomiche, laser e marchingegni volanti. Rama dopo aver vinto Ravana, vola verso la città di Ahyodhya col Pushpaka Vimana vinto al nemico, per ricondurre Sita a casa. La descrizione del viaggio testimonia che Rama è abituato a volare. Dall'alto riconosce i luoghi sorvolati e li elenca a Sita. Menziona ancora il Kailash e la sua forma piramidale, indicandolo come il luogo "visitato da uomini del cielo" e usato come punto di riferimento in conseguenza della sua forma.
Coincidenza si parli del Monte Kailash, considerato sacro tutt'oggi e della sua forma piramidale, e che il nome Sita sia lo stesso che si attribuisce al fiume di Shambhala?
La storia conferma inoltre che Mohenjo Daro è Lanka:
"Vedi come Lanka è stata costruita da Vishvakarma sulla cima della rocca a tre punte che somiglia al picco del Kailash (5). Guarda il campo di battaglia coperto da un fango di carne e sangue, laggiù è stata fatta una grande carneficina di Titani (6). Laggiù giace il feroce Ravana. (...) Ora abbiamo raggiunto KishKindha con i suoi magnifici boschi, in quel luogo ho ucciso Bali."
Rama è esperto nella geografia aerea di un territorio vasto ben duemila chilometri.
Chi ha scritto il Ramayana come poteva conoscere tutto questo? L'autore era un esperto del volo e in possesso di carte geografiche dell'intera regione? Secondo Davemport,
"gli antichi autori hanno sicuramente visto e sono stati testimoni dei loro effetti; ma, in conseguenza della povertà di linguaggio, o mancanza dei termini necessari, l'immagine che ne danno è carente dal punto di vista tecnico-descrittivo".
Questo è già capitato quando i pellerossa sono entrati in contatto con la tecnologia dei bianchi. Abbiamo avuto "le canne tonanti", i "lunghi coltelli", il "cavallo di ferro". Gli Ariani hanno visto la "freccia intelligente", "l'uccello abitato", la "freccia che segue i suoni", "l'arma del sonno". È il Vymanika Shastra che fornisce i dati tecnici per ottenere un oggetto volante del tutto simile alle capsule spaziali.
Appare evidente che l'autore di questo libro ha potuto osservare a lungo i "Vimana", tanto da fornire accurate informazioni. Il Dr. Josyer, direttore dell'Accademia Internazionale di Ricerche Sanscrite di Misore, ci fornisce queste informazioni. Secondo Davemport e Vincenti, il ritrovamento può contribuire a far avanzare la nostra tecnologia. Altre prove in favore della tesi di Vincenti e Davemport, purtroppo scomparsi prematuramente, vengono fornite dagli studi del Dr. Roy direttore dell'Istituto di Cronologia di Nuova Delhi.
Dalle indagini storico-archeologiche, risulta che effettivamente Mohenjo Daro è la Lanka di Dasagriva, il Ravana menzionato nel Ramayana. Il poema è stato infatti ordito intorno alla conquista di Mohenjo avvenuta quattromila anni fa. Il Dr. Roy identifica il moderno Kalat nella regione che a quel tempo era conosciuta come Kishkindha. Un punto dell'Indo ove il linguaggio, detto Telogu, era una elaborazione di quello della famiglia Dravinian.
Nella guerra Deva Asura, tale Dasatha combatte contro Timidhwaja, appartenente alla razza dei Rakshasa e alleato di Shambara, il cui emblema, un Timi (balena), fa presupporre vivesse vicino al mare, forse nel Makran dove viveva anche Ravana. Inoltre "ravana" era un titolo, un semplice appellativo, non un nome proprio, il nobile ucciso da Rama era Dasagriva, conosciuto come Signore di Lanka, cioè Ravana di Lanka.
Dai dati storici veniamo a sapere che Dasagriva Ravana era amico del re di Kishkinda. Il regno di Ravana era nel Sind, e Mohenjo Daro ne era la capitale. Quindi l'impero Harappa aveva al nord la cultura della razza Danava col suo centro a Hariupia; al sud i Rakshasa con Mohenjo capitale, conosciuta come "l'isola", ossia Lanka in lingua Telogu,
"una stretta striscia di terra fra il letto principale dell'Indo e la curva ovest del fiume Nara, soggetta ad alluvioni fino a quando un lungo terrapieno fu in grado di prevenirle".
Ci sono resti del terrapieno preistorico per un miglio. Sono evidenti anche le successive alluvioni con la conseguente deposizione di strati di sedimenti di sabbia che hanno alzato il piano di trenta piedi. Gli studi idrografici condotti nella regione del Sind hanno dimostrato che l'Indo ha allagato l'Ovest di Mohenjo Daro nel 2000 a.C.. Ulteriore dimostrazione il gigantesco terrapieno anti alluvione che lo circonda.
A quel tempo, durante le alluvioni, doveva apparire come veniva descritta, la Swarna Lanka: l'isola d'oro. Anche le battaglie del Mahabharata sarebbero realmente avvenute. Secondo Roy nel 1424 a.C. La conferma dal Mahabharata che apparterrebbe all'età del Rame, poiché l'antichissima parola vedica "ayas" significa "rame".
Il Dr. Roy afferma che Vyasa usò la parola "ayasa bhima", non "Iron Bhima". Gli scavi avrebbero rivelato che l'ultima cultura Harappa e quella Kuru, sono state coesistenti, e il Dr.Roy ha dimostrato che queste due culture appartenevano all'età del Rame, quindi all'età Vedica. Il materiale astronomico del Rig Veda rivela che nel 3070 a.C. regnava re Manu; nel 2000 a.C. Rama e Dasaratha. Nel 2005 a. C. avvenne la disfatta e il sacco di Lassa collocando così Divodasa nel 2005 a.C.
A quel tempo nel paese vivevano diversi popoli. Vi erano i Devas, gli ariani vedici, adoratori di Indra, e gli Asura, fautori di feroci guerre intorno al 2000 a.C., che valsero loro l'appellativo di malvagi. Un fatto storico che partì dal regno di Divodasa nel 2030 a.C., e finì con la grande battaglia "Dasa Rajana". Abbiamo così la conferma che Dasaratha prende parte attiva alla guerra schierandosi con Divodasa contro Timidhwaja, e questo fatto dimostra che la battaglia si svolse fra due armate umane.
I Danavas erano comandati da Shambara, re di Hariyupia, figlio di Kulitara, che visse e governò intorno al 2000 a.C.. Divodasa mosse una guerra contro di lui, lo uccise, e Hariyupia (ossia Harappa) fu conquistata. L'intera regione Asura fece un’offerta per riscattare la città, ma in un’orribile battaglia sul fiume Parushni (oggi Ravi), Sudasa li respinse. Si tratta di una battaglia nota come quella dei dieci Re (1930 a.C.). I dati storici forniscono anche la data di progettazione della città di Harappa, il 2550 a.C.
Nella regione Harappa vi era una civiltà commerciale per eccellenza, popolata anche dai Nagas e dai Janas anch’essi ottimi commercianti e industriali. Nel poema si trovano riferimenti anche ai Vanaras e al loro grande re Bali, alleato di Ravana, in tal modo tutto prende forma e trova le giuste corrispondenze storiche; non si può parlare più di coincidenze.
Dobbiamo considerare la possibilità che siano state impiegate tecnologie avanzate, e l'uso di armi atomiche, quattromila anni fa (e non solo in India). Un’indagine, seppur limitata nella sua fattibilità, nella zona potrebbe fornire altre prove. Basterebbe verificare l'aumento dei decessi in seguito a tumore, quanti fra gli addetti agli scavi; quante le registrazioni di oggetti aventi tracce radioattive.
Vi sono ancora aree con tracce di radioattività, che, a quanto si racconta, molti, tuttora, eviterebbero per "non essere uccisi dagli spiriti cattivi"? Attraverso la consultazione, pur sempre limitata, di documenti e registri anagrafici o mortuari; qualcosa, se si vuole, credo si possa accertare.
Note
1. La pianta del cotone, proveniente dalle Americhe, fu introdotta nel Mediterraneo solo nel 300 a.C.
2. Secondo Gobrovski, autore di "Enigmi dell'Antichità", cinquanta volte più della normalità.
3. Davemport e Vincenti si chiesero se si trattava di rifugi sotterranei.
4. Appellativo con il quale si indicano gli Dei nella dottrina esoterica come vedremo più avanti.
5. Questo ricorda la città delle tre alture e le sue storie.
6. In tal modo erano indicati gli abitanti di Lanka.