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LaStampa - 04.01.1979 - numero 3 - pagina 3
LA NOSTRA FUGA NEL FANTASTICO
[color=blue] L' Ufo e la Terra pianeta patetico Qualche giorno fa, un mercoledì assolato e irrequieto, un mio giovane amico scrittore ebbe una esperienza che si può definire con molti aggettivi, anche simultaneamente: buffa, significativa, drammatica, rivelatoria, risibile. Si trovava in via Veneto, e notò un assembramento attorno a un'edicola: volti attenti, perplessi, tesi. Si avvicinò e vide quel che gli altri vedevano, lesse quel che tutti leggevano. Stava infatti esposta una copia, apparentemente degna di fede, del Corriere della Sera, con una grande scritta: «Da un'altra galassia / hanno raggiunto la Terra».
Oggi lo sanno tutti, era una burla di un settimanale satirico: ma in quel momento il mio amico credette; e sia chiaro che non intendo farmene beffe, perché con ogni probabilità avrei creduto anch'io. Quel che mi interessò specialmente fu il racconto, molte ore dopo, di quel che aveva provato quel mio giovane amico.
Per dieci minuti egli visse in un mondo in cui era arrivata una astronave dalla costellazione del Sagittario. E in quei dieci minuti egli cominciò saviamente ed angosciatamente a pensare che tutta la vita che era stata vissuta fino a quel momento sulla Terra era finita, chiusa, archiviata. Un gran frego su tutto, anche sui suoi libri, i libri che stava meditando, che pensava avrebbe scritto; i libri dei suoi amici, me incluso: tutta cenere, era arrivato il giorno dei giorni.
Una sensazione violenta di insensatezza lo invase, come se si fosse scoperchiata una inveterata, losca città negativa, e qualcosa stesse sopraggiungendo, qualcosa che egli viveva come punitivo, giustamente, radicalmente punitivo. In quei pochi minuti, ebbe tempo di pensare pensieri irrilevanti: che ne avrebbe pensato il tale scrittore, suo amico? Era la fine, quell'evento, o il coronamento delle sue fantasie cosmiche?
Provò un acre piacere a pensare il volto spaurito di un fine letterato, così come nel Giorno del Giudizio qualcuno ci dirà di farci da parte, perché «lui non vede niente». Ebbe tempo di meditare sulla vanificazione delle case editrici, dei giornali, e sull'inutile fatica patita dall'Homo erectus per diventare Homo sapiens. Si sentì nella tasca il denaro come vecchie monete romane. La Storia era finita, e a lui ed alla sua generazione era toccato assistere alla fine di ciò che si era chiamato il Mondo. Quando la risata di un barista lo riportò alla realtà, egli era un uomo diverso: per un tempo breve era stato sconvolto alle radici, aveva sentito il fiato caldo della belva finale.
Nessuna astronave era atterrata nel Messico, né le Nazioni Unite avevano lanciato lo storico annuncio. E tuttavia tanto poco assurda e incredibile era stata giudicata la notizia inventata da un foglio sarcastico, che un uomo intelligente e cauto era stato del tutto travolto. Può essere che non accada mai quell'evento terribile e liberatorio; può essere che accada la prossima settimana. Ma la reazione del giovane scrittore mi dice cose che sono già accadute, annunzi che sono stati proclamati. La fine del mondo può non venire, ma noi siamo ansiosi di assistere alla fine del mondo. Siamo in attesa di una cosa dai molti nomi, ed è la Fine. Intanto, i dischi volanti imperversano sull’Italia.
Jung aveva scritto, in Cose che si vedono in cielo che i dischi volanti, esistano o meno, sono oggetti o fantasmi carichi di nostre proiezioni. Diciamo che in questo scorcio di secolo l'Italia è irrequieta, e «fa proiezioni»; i giornali raccontano di ormai quotidiani avvistamenti, incontri, burle e ghiribizzi di oggetti non identificati. In genere i giornali ne danno un resoconto sommario e lievemente ironico. Io non so se esistano e si aggirino per i pittoreschi paesi d'Abruzzo ambasciatori fosforescenti di altri mondi; non so se fotografie raccolte da Hynek nel suo Rapporto sugli Ufo (Mondadori), l'unico libro sull'argomento che metta conto di leggere, siano autentiche, illusionistiche, o false. So soltanto che dentro di me, come dentro quel mio giovane amico, e certo molti degli avvistatori, c'è una brama che quella cosa insensata, scientificamente impossibile, sia vera.
Non ho mai visto dischi volanti, e questa è l'unica prova a favore della loro esistenza che sono in grado di addurre. Infatti, se fosse un caso di psicosi collettiva, come qualcuno dice, non c'è dubbio che io ci sarei cascato. Insomma, se non ci fossero stati, io certamente li avrei visti. Ma non li ho visti: dunque non è improbabile che esistano.
La Terra sta diventando un pianeta patetico: gente che piega forchette con lo sguardo, telepati che mandano messaggi al Polo Nord, prestigiatori che leggono nel pensiero; l'uomo sta modificando i propri lineamenti, o semplicemente è diventato insopportabile a se stesso? Sta preparando i documenti falsi, per introdursi in un mondo diverso, cui non ha diritto, o è tutta una burla da settimanale umoristico? Che differenza intercorre tra lo spettacolo da baraccone e la fine del mondo?
I primi dischi volanti dell ultima generazione — come si dice dei cervelli elettronici — vennero avvistati durante la guerra, in Oriente; e leggo in una nota del libro
I Greci e l'irrazionale, di Dodds, ora ristampato (Sansoni) che durante una battaglia del 1914, in Francia, vennero visti degli angeli.
Sono, angeli e Ufo, della stessa razza? Sono luminosi, eterei, elusivi ed agili; soprattutto, sembrano provenire da un oltre, un luogo che, per il solo fatto di essere più colto e tecnicamente superiore, noi supponiamo anche benevolo, generoso, non ignaro del patetismo di questo pianeta. Sono una via d'uscita? O un ennesimo errore di questo animale sapiente? Dopo tutto, anche quando arrivarono gli uomini di Colombo, gli indios pensarono che, essendo dèi di incredibile potenza, essi sarebbero stati benevoli e generosi. La terra non ha ancora dimenticato i loro roghi.
Giorgio Manganelli
Pagina 3
(04.01.1979) LaStampa - numero 3
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Autore: Giorgio Manganelli
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