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 Oggetto del messaggio: re:nuovi indici vitali
MessaggioInviato: 23/11/2011, 18:37 
22/11/2011 Due nuovi indici vitali
Con la scoperta di sempre più numerosi esopianeti occorre fissare dei principi di base per stabilire una prima scrematura tra possibili luoghi vitali

Approfondimenti e nozioni di base:
Esopianeti - Ricerca della vita

Come stabilire se un pianeta è adatto a ospitare forme di vita? La domanda non è semplice, soprattutto se consideriamo che nei prossimi anni il numero di pianeti extrasolari scoperti passerà all'ordine delle migliaia. Un numero enorme, che costringe fin da ora gli esperti a stabilire dei criteri affidabili per selezionare i pianeti con maggiore probabilità di essere abitati. In quest'ottica, l'astrobiologo Dirk Sculze-Makuch ha guidato un gruppo di ricercatori afferenti a NASA, SETI e German Aerospace Center in uno studio finalizzato a migliorare questi criteri, partendo dal presupposto che la Terra da sola non basta a dirci quali condizioni rendono o meno un pianeta abitabile.
Nell'articolo, che verrà pubblicato a dicembre su Astrobiology, Makuch e gli altri autori propongono un nuovo sistema di classificazione basato su due indici. Il primo indice, chiamato Earth Similiarity Index, misura il livello di somiglianza tra un pianeta extrasolare e la Terra. Il secondo indice, Planetary Habitability Index, si basa invece su un calcolo che tiene conto di numerosi parametri chimici e fisici compatibili con la vita, anche se le condizioni ambientali non sono delle più amichevoli. L'adozione dei due indici permetterebbe così di non escludere dalla selezione pianeti, satelliti e altri corpi celesti che con la Terra sembrano avere poco a che spartire.
“L'abitabilità non è necessariamente legata alla presenza di acqua liquida o a un pianeta in orbita attorno a una stella”, afferma Dirk Sculze-Makuch. “Per esempio, i laghi di metano su Titano, il principale satellite di Saturno, potrebbero ospitare forme di vita diverse. Lo stesso vale per i pianeti liberi, che vagano nello spazio: anche se non orbitano attorno a una stella, potrebbero comunque presentare condizioni compatibili con la vita”.
L' autore ammette che i tentativi di calcolare le probabilità di presenza di vita su corpi celesti distanti attraverso questi indici sembra essere solo un esercizio teorico. Ma d'altra parte basarsi sulla Terra quale modello di pianeta abitabile impone condizioni troppo restrittive. C'è quindi la necessità di ampliare l'area di ricerca, e non potendo per ora andare di persona sugli altri pianeti, non rimane che iniziare da valutazioni teoriche, in attesa di poterle verificare o smentire in un prossimo futuro.

Fonte: MEDIA INAF

da skylive

x evitare,come si dice,buchi nell'acqua saranno necessarie cognizioni molto certe x indirizzare le ricerche nel verso approppriato [;)]


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MessaggioInviato: 28/11/2011, 13:44 
22/11/2011 I resti di supernova alimentano i raggi gamma
Il satellite tutto italiano AGILE dimostra che i resti di supernova riescono ad accelerare i protoni alla base dei raggi cosmici


Immagine


Il resto di supernova W44, prodotto da un'esplosione stellare avvenuta circa 20.000 anni fa nella costellazione dell'Aquila, rivelato nei raggi gamma da AGILE (emissione giallo-arancione). Nella mappa sono riportate anche l'emissione radio rivelata dal Very Large Array (blu) e quella infrarossa rivelata dal satellite Spitzer (emissione rossa e verde). Crediti: AGILE team, G. Castelletti, G. Dubner.

Dove vengono prodotti i raggi cosmici, ovvero quel flusso di particelle – in gran parte elettroni e protoni – che viaggiano nello spazio e che ininterrottamente ‘bombardano' anche la Terra?
Fino ad oggi questa era una delle domande più dibattute e controverse dell'astrofisica, che per quasi ottanta anni ha dato impulso a numerose campagne osservative e importanti studi teorici che hanno coinvolto scienziati del calibro di Enrico Fermi e Vitaly Ginzburg, entrambi Premi Nobel. Nel tempo i sospetti degli astrofisici si erano sempre più concentrati sulle supernovae, o meglio, i loro ‘resti': l'onda d'urto creata dalla bolla di materiale stellare espulso ad elevatissima velocità in seguito all'esplosione di un astro di grande massa al termine del suo ciclo evolutivo sarebbe in grado di accelerare nel tempo protoni e altri nuclei più pesanti fino alle energie che osserviamo con i nostri strumenti. Mancava però la prova osservativa di questo processo. Che finalmente è arrivata grazie al contributo determinante di AGILE, satellite dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), realizzato in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Astrofisica e l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare .

AGILE ha infatti registrato per la prima volta con i suoi strumenti l'emissione di raggi gamma provenienti dal resto di supernova denominato W44, distante circa 6.000 anni luce dalla Terra, ad un particolare valore di energia, che per gli scienziati coinvolti nell'analisi dei dati è l'inequivocabile ‘firma' prodotta proprio dai protoni accelerati dall'onda d'urto di W44. “Nel caso di questa sorgente molto interessante abbiamo potuto analizzare in grande dettaglio il segnale nei raggi gamma insieme all'emissione radio” dice Andrea Giuliani, primo autore dell'articolo sui risultati di AGILE, in pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal Letters. “Confrontando queste due emissioni, abbiamo verificato minuziosamente l'ipotesi che siano i protoni accelerati a produrre l'emissione gamma osservata e non gli elettroni. C'è stata di grande aiuto la “firma del pione neutro” che è evidente dai dati di AGILE”. I pioni neutri, particelle elementari prive di carica, vengono infatti prodotti dalle interazioni dei protoni accelerati a velocità prossime a quelle della luce con la materia in movimento che compone il resto della supernova. Decadendo, emettono raggi gamma che nel caso di W44 sono stati registrati dagli strumenti a bordo del satellite italiano.

“Le caratteristiche di AGILE rendono possibile la rivelazione di raggi gamma proprio in corrispondenza delle energie a cui irraggiano i pioni neutri con una firma inequivocabile” sottolinea Marco Tavani, dell'INAF, Principal Investigator di AGILE. “E' la prima volta che viene ottenuto questo risultato ed esso conferma l'ipotesi che gli shock prodotti dai resti di supernova accelerino protoni. Altre analisi future sono necessarie per verificare se tali osservazioni siano in grado di spiegare anche altre proprietà dei raggi cosmici e la loro propagazione nella Galassia”.


da skylive


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MessaggioInviato: 30/11/2011, 18:11 
STELLA CON BRACCI A SPIRALE

"Francesco Berengo
Letto 1.582 volteUn CommentoCommentaCondividi
Recenti osservazioni condotte col Telescopio Subaru hanno rivelato una sorprendente doppia formazione spiraliforme estesa attorno alla stella SAO 206462 che potrebbe indicare la presenza di pianeti in formazione.

Già da qualche tempo si sapeva che SAO 206462, una giovane stella di magnitudo 8,7 a 456 anni luce nella costellazione del Lupo, ha un disco di materiali che la circondano, motivo per cui è stata studiata con ogni mezzo a disposizione a caccia di evidenze di protopianeti in fase di formazione.

Nuove osservazioni, condotte col Telescopio Subaru, hanno ora rivelato una sorprendente doppia formazione spiraliforme estesa attorno alla stella, una struttura che confermerebbe la presenza di pianeti in formazione.

Le spirali si generano infatti da perturbazioni gravitazionali, dovute ad addensamenti interni ai dischi di materiali in rotazione, e i nodi presenti nelle ondulazioni di densità coinciderebbero con le posizioni occupate dai protopianeti nei dischi circumstellari attorno alle stelle neonate.

Le dimensioni del disco si estendono per circa 150 UA attorno alla stella: la doppia struttura individuata indicherebbe la presenza di due protopianeti in fase di accrescimento, ai primissimi stadi di formazione, ma i ricercatori del Subaru sono molto cauti: la strana formazione potrebbe essere dovuta anche ad altri processi non direttamente correlabili con protopianeti.

Ottima ragione per continuare a monitorare questo oggetto, in modo da seguirne con attenzione le fasi evolutive future.

Immagine


Due bracci a spirale emergono dal disco ricco di gas attorno alla SAO 206462, una giovane stella nella costellazione del Lupus. Questa immagine, ripresa dal telescopio Subaru, è la prima a mostrare questo genere di formazioni sul disco circumstellare. Come si vede dall'immagine (cliccare per ingrandirla), il disco ha una dimensione due volte più grande dell'orbita di Plutone. Credit: NAOJ/Subaru.


da coelum


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