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03/01/2012, 11:55

sezione 9 ha scritto:

TTE, è dal 1000 che si parla di fine del mondo... Continua a cantare, prima o poi, vedrai, qualcosa capiterà.

Mi interessa molto l'ultimo articolo: dimostra come in realtà dietro alla crisi non ci sia un complotto, ma solo un giocattolo che si è rotto. Gli stessi attori che hanno pompato l'economia, hanno tirato troppo e rotto la corda, e ora, per salvarsi le scarpe (per salvarsi le scarpe, non per mandarei in malora il mondo intero) cercano di sopravvivere più a lungo degli altri. Pesce piccolo mangia pesce grosso... Oppure, se volete, ogni crisi ne genera un'altra ancora più grande. Il punto è: può esserci una crisi più grande? Secondo me, quei "grandi economisti" non sapevano e non sanno (nè sapranno) leggere la realtà e trovare soluzioni...

Le teorie sono due:

1- creare debito pubblico per finanziare la ripresa. Impossibile perchè le banche non vogliono saperne di buttare soldi che probabilmente neanche hanno

2- ultra-liberismo. Tagli alle tasse dei ricchi (e ai diritti dei poveri) per fare in modo che siano i padroni a pagarsi da soli la crescita. Idea che ci ha portati a questa crisi, quindi, spero, non più perseguibile.

Per cui, lo chiedo più leninisticamente possibile: cari economisti (che parlate di crisi quando gli elementi per vederla ci sono già tutti, mai nessuno che se ne accorga PRIMA), che si fa?


tagli alle tasse dei ricchi = i padroni si sono pagati la ripresa

???

03/01/2012, 13:15

Mi interessa molto l'ultimo articolo: dimostra come in realtà dietro alla crisi non ci sia un complotto, ma solo un giocattolo che si è rotto.


Il complotto è sul "sistema della creazione del debito".
Il giocattolo si è rotto, semplicemente perchè il debito è diventato "impagabile".
E questo lo dice la matematica.... non l'economia.

In questo video viene spiegato (come nessun politico abbia mai fatto,
compresi i tuoi beniamini che - al contrario - appoggiano la "causa"
attraverso Monti) il giochetto attuale messo in piedi dai Banchieri che
controllano il pianeta.....



Se non lo capisci così, non lo capisci più.


In questo video potrai invece comprendere la questione su vasta scala.



Anche in questo caso, se non lo capisci così, non lo capisci più.....

03/01/2012, 18:20

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http://www.wallstreetitalia.com/article ... ebiti.aspx

03/01/2012, 21:18

http://ilpunto-borsainvestimenti.blogsp ... -alle.html

03/01/2012, 22:04

Vi è qualcuno che difende ancora il sistema economico Occidentale?.
Ultima modifica di bleffort il 03/01/2012, 22:05, modificato 1 volta in totale.

04/01/2012, 11:32

Tremonti: "Aiuto FMI il maggior rischio per l'Italia"

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http://www.wallstreetitalia.com/article ... talia.aspx

Roma - Il rischio piu' grave che corre l'Italia e' quello di dover ricorrere a un soccorso esterno del Fondo Monetario Internazionale, i cui osservatori stanno monitorando la situazione italiana da novembre.

Secondo l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti sarebbe infatti peggio di un'altra manovra d'austerita'. In un'intervista pubblicata sul numero di oggi del Corriere della Sera l'esponente del Pdl dice di essere convinto che "il rischio piu' grve per l'Italia non e' dover passare un nuovo pacchetto di misure di austerita', ma dover fare ricorso agli aiuti del Fondo Monetario Internazionale.

"Come i circoli finanziari e i circoli europei suggeriscono" e come impone "il silenzio delle agenzie di rating", secondo Tremonti. Detto questo, solo un intervento dell'Europa consentira' di uscira dalla crisi.

L'Italia ha chiesto al FMI di monitorare i progressi ottenuti dal paese, con l'obiettivo di placare le tensioni sui mercati circa le riforme in atto per uscire dalla fase difficile. Un'altra missione dell'organizzazione intergovernativa sull'economia italiana dovrebbe tenere luogo nei primi mesi del 2012.

04/01/2012, 12:13

PERCHÉ GLI STATI DEVONO PAGARE
600 VOLTE DI PIÙ DELLE BANCHE?


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http://www.altrainformazione.it/wp/2012 ... le-banche/

gen 4th, 2012

DI MICHEL ROCARD E PIERRE LARROUTUROU
Le Monde

Sono cifre incredibili. Si sapeva già che, alla fine del 2008, George Bush e Henry Paulson avevano messo sul tavolo 700 miliardi di dollari (540 miliardi di Euro) per salvare le banche americane. Una somma colossale. Ma un giudice americano ha recentemente dato ragione ai giornalisti di Bloomberg che domandavano alla loro banca centrale di essere trasparente sull’aiuto che essa stessa aveva dato al sistema bancario.

Dopo aver spulciato 20.000 pagine di documenti diversi, Bloomberg mostra che la Federal Reserve (FED) ha segretamente prestato alle banche in difficoltà la somma di 1.200 miliardi al tasso incredibilmente basso dello 0,01 %.

Nello stesso momento, in molti paesi i popoli subiscono piani di austerità imposti da governi a cui i mercati finanziari non accettano di prestare miliardi a tassi di interesse inferiori al 6,7 o al 9%! Asfissiati da tali tassi di interesse, i governi sono “obbligati” a bloccare pensioni, sussidi familiari o salari dei dipendenti pubblici e di tagliare gli investimenti, e ciò fa aumentare la disoccupazione e presto ci farà sprofondare in una recessione molto grave.

É normale che in caso di crisi, le banche private, che si finanziano abitualmente all’1 % presso le banche centrali, possano beneficiare di tassi allo 0,01 % mentre certi Stati sono al contrario obbligati a pagare tassi 600 o 800 volte più elevati? “Essere governati dal denaro organizzato è tanto pericoloso quanto esserlo dal crimine organizzato”, affermava Roosevelt. Aveva ragione. Noi stiamo vivendo una crisi del capitalismo non regolamentato che può rivelarsi un suicidio per la nostra civilizzazione. Come affermano lo scrittore Edgar Morin e Stéphane Hessel in Le Chemin de l’ésperance (Fayard, 2011) [“I sentieri della speranza”, N.d.t.], le nostre società devono scegliere : la metamorfosi o la morte?

Aspetteremo che sia troppo tardi per aprire gli occhi? Aspetteremo che sia troppo tardi per capire la gravità della crisi e scegliere insieme la metamorfosi prima dello sfascio delle nostre società? Non abbiamo la possibilità qui di sviluppare le dieci o quindici riforme concrete che renderanno possibile questa metamorfosi. Vogliamo solamente dimostrare che è possibile dar torto a Paul Krugman quando spiega che l’Europa sta entrando in una “spirale negativa”. Come dare ossigeno alle nostre finanze pubbliche? Come agire senza modificare i trattati, il che richiederà mesi di lavoro e diverrà impossibile, se l’Europa è sempre più detestata dai suoi cittadini?

Angela Merkel ha ragione nel dire che niente deve incoraggiare i governi a continuare la fuga in avanti. Ma l’essenziale delle somme che i nostri Stati prendono in prestito sui mercati finanziari riguarda vecchi debiti. Nel 2012 la Francia deve prender in prestito 400 miliardi: 100 miliardi che corrispondono al deficit del bilancio (che sarebbe quasi nullo se si annullerebbero i ribassi d’imposta concessi negli ultimi dieci anni) e 300 miliardi che corrispondono a vecchi debiti, che arrivano a scadenza e che siamo incapaci di rimborsare se non ci reindebitiamo per le stesse cifre qualche ora prima di rimborsarli.

Far pagare tassi d’interesse colossali per debiti accumulati cinque o dieci anni fa non aiuta a responsabilizzare i governi ma ad asfissiare le nostre economie facendo guadagnare le banche private; con il pretesto che ci sia un rischio, prestano a tassi molto elevati sapendo che non c’è alcun rischio reale, perché il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (ESFS) [“Fondo salva stati”, N.d.t.] garantirà la solvibilità degli Stati debitori.

Bisogna finirla con questa concezione del due pesi due misure: ispirandoci a quello che ha fatto la banca centrale americana per salvare il sistema finanziario, proponiamo che “il vecchio debito” dei nostri Stati possa essere rifinanziato a tassi vicini allo 0%.

Non c’è bisogno di modificare i trattati europei per metter in atto questa idea: certo, la Banca centrale europea (BCE) non è autorizzata a prestare agli Stati membri, ma può prestare senza limite agli organismi pubblici di credito (articolo 21.3 dello statuto del sistema europeo delle banche centrali) e alle organizzazioni internazionali (articolo 23 dello stesso statuto). Essa può dunque prestare allo 0,01 % alla Banca Europea degli Investimenti (BEI) o alla Cassa dei depositi ed esse, a loro volta, possono prestare allo 0,02 % agli Stati che si indebitano per rimborsare i loro vecchi debiti.

Niente impedisce di attuare tali finanziamenti fin da gennaio! Non lo si dice abbastanza: il bilancio dell’Italia presenta un’eccedenza primaria. Esso sarebbe dunque in equilibrio se l’Italia non dovesse pagare dei costi finanziari sempre più elevati. Bisogna lasciare che l’Italia affondi nella recessione e nella crisi politica o bisogna accettare di porre fine alle rendite bancarie private? La risposta dovrebbe essere evidente per chi agisce in favore del bene comune.

Il ruolo che i trattati attribuiscono alla BCE è di quello di vegliare sulla stabilità dei prezzi. Come può non reagire quando alcuni paesi vedono i rendimenti dei loro buoni del Tesoro raddoppiare o triplicare in qualche mese? La BCE deve anche controllare la stabilità delle nostre economie. Come può non agire quando il prezzo del debito minaccia di farci cadere in un recessione che, secondo il governatore della Banca d’Inghilterra, sarebbe “più grave di quella del 1930”?

Se ci si attiene ai trattati, niente impedisce alla BCE d’agire con forza per far abbassare il costo del debito. Non solo non ci sono ostacoli che le impediscano di agire, ma anzi, ogni elemento la spinge in questa direzione. Se la BCE fosse fedele ai trattati dovrebbe far di tutto per diminuire il costo del debito pubblico. É parere comune che l’inflazione sia la cosa più inquietante.

Nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino, è bastato un mese a Helmut Kohl, a François Mitterand e agli altri capi di Stato Europei per decidere di creare la moneta unica. Dopo quattro anni di crisi, cosa aspettano ancora i nostri dirigenti per dare ossigeno alle nostre finanze pubbliche? Il meccanismo che proponiamo potrebbe applicarsi immediatamente, sia per diminuire il costo del vecchio debito che per finanziare gli investimenti fondamentali per il nostro avvenire, come ad esempio un piano europeo di risparmio energetico.

Quelli che richiedono la negoziazione di un nuovo trattato europeo hanno ragione: con i paesi che la vogliono bisogna costruire una Europa politica capace d’agire sulla globalizzazione: un’Europa veramente democratica come già la proponeva Wolfgang Schäuble e Karl Lamers nel 1994 o Joschka Fischer nel 2000. Occorre un trattato di convergenza sociale e una vera governance economica.

Tutto ciò è indispensabile. Ma nessun nuovo trattato potrà esser adottato se il nostro continente sprofonda in una “spirale negativa” e i cittadini iniziano a detestare tutto quello che viene deciso a Bruxelles. È urgente inviare ai cittadini un segnale molto chiaro : l’Europa non è nelle mani delle lobby finanziarie.

È al servizio dei suoi cittadini.

**********************************************

Fonte: Pourquoi faut-il que les Etats payent 600 fois plus que les banques ?

http://www.lemonde.fr/idees/article/201 ... _3232.html

04/01/2012, 20:45

Bill Gross annuncia il "nuovo paranormale"

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http://www.wallstreetitalia.com/article ... rmale.aspx

New York - Benvenuti nel 2012. Dopo il "nuovo normale", come gli economisti descrivono il cambiamento degli equilibri mondiali in favore dei paesi emergenti, arriva il "nuovo paranormale".

Cosi' viene descritta da Bill Gross, gestore del maggiore fondo obbligazionario al mondo, la fase che il nostro pianeta attraversera' da quest'anno. Nella sua ultima lettera agli investitori, il guru dei bond tratteggia uno scenario in cui l'occidente non e' piu' solo colpito da una stretta sul credito, da un rallentamento della crescita e da tassi di disoccupazione elevati.

Quello che stiamo vivendo e' un mondo schiacciato da piu' fronti, come se la Terra avesse due Lune che le girano attorno ed entrambe stessero crescendo di dimensioni, provocando una sorta di tumore cancerogeno che minaccia di destabilizzare le maree finanziare, gli oceani e la vita economica come l'abbiamo conosciuta nell'ultimo mezzo secolo.

Nell'anno appena cominciato gli investitori dovranno rassegnarsi a ritorni piu' bassi del passato: di circa il 2–5% per azioni, bond e materie prime. Un mondo dove il rincaro dei prezzi reali si sta avvicinando al "matematicamente improbabile".

Il consiglio e' quello di rivedere al ribasso le proprie aspettative e prepararsi a esiti bimodali. Questa volta tutto sara' diverso e continuera' a esserlo per diversi anni a venire. Il nuovo normale e' "Subnormale", e' "Paranormale" e' "Abnormale". I mercati finanziari e le economie del mondo corrono rischi enormi.

05/01/2012, 11:03

bleffort ha scritto:

Vi è qualcuno che difende ancora il sistema economico Occidentale?.


Quello mondiale vorrai dire !!!!!! [;)]

05/01/2012, 13:22

girovagando su wikipedia..

http://it.wikipedia.org/wiki/Grande_depressione

CRISI DEL '29

L'economista John Kenneth Galbraith ha individuato almeno cinque fattori di debolezza nell'economia americana responsabili della crisi:

* cattiva distribuzione del reddito;
* cattiva struttura, o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
* cattiva struttura del sistema bancario;
* eccesso di prestiti a carattere speculativo;
* errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale considerato un fattore penalizzante per l'economia).


ma tutto questo..
non vi suona..
FAMILIARE??

05/01/2012, 15:31

Gia'. E poi dopo cosa accadde?

05/01/2012, 19:14

Semeru ha scritto:

Gia'. E poi dopo cosa accadde?


WW2 [:(]

05/01/2012, 20:20

Come siete pessimisti ragazzi....

C'è da fare molto...
C'è da ricostruire il nostro futuro....

Un pò di animo su.... [:p]

05/01/2012, 20:58

Intervista a Marco della Luna, grassetto mio:

Tratto da:
http://marcodellaluna.info/sito/2012/01 ... el-orwell/

MONTI, MERKEL, ORWELL



INTERVISTA DI MARTA MORICONE PER “LA DESTRA ITALIANA” – BOZZA 04.01.12 DA AGGIORNARE IN CORSO DI EDIZIONE

1. Partiamo subito dal suo libro. E’ felice autore di “Oligarchie per popoli superflui” della casa editrice Koinè. In che senso superflui? Almeno detengono qualche minimo potere? R. – Che potere vuole che detengano i popoli, dato che gran parte delle decisioni importanti sono prese a porte chiuse, che gran parte della ricerca scientifica, tecnologica e militare si fa in segreto, che la metà della popolazione non è in grado di capire un articolo di giornale di media difficoltà, che sì e no il 7% della gente legge libri, e forse l’1% si documenta in qualche modo sui fatti economici e geostrategici rilevanti? E che dire dell’Italia, che ha un livello culturale particolarmente basso e una scuola particolarmente degradata? Il potere reale è in mano ai grandi cartelli della moneta, del credito, delle materie prime, dell’informazione, della tecnologia. E’ sociologicamente acquisito, oltreché empiricamente evidente, che non esistono e non sono mai esistiti, nelle società strutturate, sistemi di potere governati dal basso, ossia sostanzialmente (e non solo formalmente) democratici. Negli USA, ad esempio, il potere è in mano a quella che la sociologia definisce power élite, formata dai vertici della finanza, della politica e delle forze armate. In essa si entra soltanto per cooptazione. Gli atti e i programmi di questo potere vengono decisi dietro porte chiuse, non pubblicamente, e sovente nemmeno in forma scritta. Tra il luglio 2003 w il luglio 2007 la Fed ha creato liquidità per 16.000 miliardi di dollari senza nemmeno dirlo (Audit GAO 2011). La BCE non rilascia il dato sui prestiti che concede. Nelle elezioni popolari, solo piccole frazioni di potere reale vengono messe in gioco. Le decisioni di politica economica, i grandi indirizzi, le grandi manovre che interessano la vita della gente, sono stabilite segretamente e portate avanti da organismi non elettivi, non responsabili, non trasparenti, come i direttorii delle banche centrali, i vari G2, G7, G8, G20. O i Gatt e Gats, il FMI, il WTO… Ciò premesso, nel corso dell’ultimo centennio è avvenuto un cambiamento fondamentale nel sistema di potere: oggi, il potere non è più suddiviso tra molte oligarchie nazionali e territoriali, ma concentrato in poche organizzazioni globali, monopolistiche di risorse primarie, come la moneta, il credito, le commodities. Non è più legato a territori specifici o popoli specifici, ma è extraterritoriale, smaterializzato, informatizzato, finanziarizzato. Non ha più bisogno di grandi masse di combattenti, agricoltori, operai, coloni, elettori. In questo senso, i popoli sono divenuti superflui, sostituibili, expendable. Anzi, sono un problema ecologico, in termini di inquinamento ed esaurimento delle risorse, ma anche di instabilità, dovuta ai conflitti per il possesso dell’acqua e di altre risorse sempre più scarse.

2. Crisi di liquidità: Lei dichiara che gli interventi montiani significano fare un salasso a una persona che sta morendo di anemia. Afferma che questa sia prodotta in modo mirato e strategico manovrando le leve del rating etc. Per fare cosa? Quale è il fine?

R. Effettivamente il sistema-paese sta collassando, economicamente, non per mancanza di fattori di produzione, ma perché gli è stata deliberatamente tolta liquidità attraverso la restrizione dei criteri del credito, la politica riduttiva dei redditi, gli alti tassi di interesse, la pressione degli interessi passivi e delle tasse, che in buona parte pure vanno a pagare il servizio del debito pubblico, e ovviamente i tagli della spesa pubblica. Carenza di liquidità che produce anche carenza di investimenti, quindi di infrastrutturazione e aggiornamenti necessari a mantenere la competitività. Ciò premesso, da più parti si fa notare che la recente manovra del governo va nel senso di aggravare tale situazione di “anemia”, perché drena la poca liquidità residua nel sistema aumentando le tasse, colpendo le pensioni, i consumi, mettendo in fuga i capitali verso l’estero; inoltre colpisce duramente il settore dell’edilizia, che è quello che innesca le fasi di recupero nel ciclo economico, e ha depresso il morale della popolazione e la sua propensione agli acquisti: già a natale abbiamo avuto un crollo. Rispetta invece tutte le rendite parassitarie, i privilegi e gli sprechi di politica e amministrazione, mentre programma grandi acquisti di cacciabombardieri, a vantaggio degli industriali stranieri che li costruiscono. Il recente rifinanziamento delle pericolanti banche italiane, peraltro dovuto più a Draghi che a Monti, non sta apportando credito nell’economia reale, anche perché il governo, nel concedere loro la sua garanzia, non le ha vincolate ad immettere moneta nel sistema. Le misure per il rilancio della fase due appaiono semplicemente derisorie. Insomma, il governo sembra far di tutto per impedire una ripresa economica, limitandosi ad aggiustare i conti sulla carta nel brevissimo termine, ma a spese della possibilità di recupero dell’economia reale, le cui prospettive a 3 anni e oltre sono perciò valutate negativamente dai mercati finanziari (aste 28-29.12.11), sui quali lo spread del btp rimane altissimo. La storia economica recente ha, del resto, ripetutamente mostrato che le politiche di tagli e tasse, giustificate con l’affermazione di voler risanare i conti, hanno prodotto, nel giro di qualche anno, effetti contrari, con aumento del debito pubblico, recessione, avvitamento fiscale. Così pure sta avvenendo in Grecia, e il FMI ha sostanzialmente ammesso l’errore della ricetta imposta a quel paese. In base a tali osservazioni sorge il legittimo quesito: perché mai Monti fa tutto ciò, dato che non può non sapere che gli effetti di ciò che fa saranno controproducenti, tale da produrre una crisi recessiva, occupazionale, sociale? In che strategia si colloca la sua azione? Persegue forse un fine più ampio, sacrificando ad esso l’economia nazionale, perlomeno nel breve e medio termine? E nell’interesse di chi? Forse dei poteri forti finanziari, di cui Monti nega di essere emissario? In realtà Monti non ha introdotto una variazione di rotta, ma solo un’accelerazione, con in più una tutela specifica per gli interessi delle banche. La sua politica non è una cosa nuova, ma sta semplicemente continuando ciò che i precedenti governi hanno fatto in Italia, e non solo in Italia. Le accuse mosse a Monti e al suo governo di essere emanazioni dei poteri forti che si sono impadroniti, con essi, dello stato, non considerano che Monti, in sostanza, fa quello che han fatto gli altri. Sul piano oggettivo, infatti, la storia italiana, da un trentennio circa, è caratterizzata da un grande ed evidente processo, che avanza su due gambe. La prima è la sistematica cessione (con la giustificazione della riduzione del debito pubblico e della maggiore efficienza della gestione privata) degli assets strategici (grandi mercati, grande industria, industria capace di ricerca e alta formazione, banche strategiche, servizi pubblici con connesse posizioni di monopolio) a potentati finanziari privati, quasi interamente stranieri. La seconda è il trasferimento di poteri politici, delle funzioni sovrane, compresa la sovranità monetaria, comprese le funzioni di bilancio, compresa la politica fiscale), compresi – per finire – i cordoni della borsa, a organismi decisionali tecnocratici, che fanno capo alla BCE e al sistema bancario, quindi sempre ai predetti potentati finanziari privati. La prima gamba viene presentata come processo di liberalizzazione, ma si è risolta sinora in privatizzazioni di posizioni monopolistiche o simili; la seconda come processo di integrazione europea, ovviamente, quegli organismi di europeo hanno solo il nome, essendo essenzialmente “apolidi” e non solidali coi popoli. Giuseppe De Rita, nel suo recentissimo saggio L’eclissi della borghesia, spiega che le privatizzazioni delle industrie di stato sono state controproducenti anche al fine di ridurre il debito pubblico, perché hanno fruttato 147 miliardi che sono stati usati per pagare interessi passivi, e sono costate perdite di posti di lavoro, di centri di ricerca e di formazione sia tecnica che manageriale unici in Italia, quindi un decadimento delle competenze, oltre a un incremento della dipendenza strutturale dal capitale straniero. Una nuova stagione di tali privatizzazioni servirebbe solo a completare la riduzione dell’Italia in una condizione di totale asservimento e subordinazione anche culturale e manageriale. Il risultato tendenziale dell’avanzata di queste due gambe, è il superamento dello stato nazionale, la riorganizzazione del sistema di potere reale a livello soprannazionale, tendenzialmente globale, con lo svuotamento dello stato nazionale, sia come organismo politico, sia come sistema-paese, di ogni sua autonomia (monetaria, finanziaria, economica, politica, giuridica), e la sua sottoposizione, quale provincia privata di autonomia e dipendente per tutto, a gestori sovrannazionali. Questi organismi-gestori hanno carattere tecnocratico, autoreferenziale, non trasparente, non “accountable”, non partecipato dal basso, esente da controlli e condizionamenti da parte di organismi rappresentativi della popolazione, non sottoponibili nemmeno al controllo giudiziario. Gli statuti della BCE, della BIS, del MES sono chiarissimi esempi di ciò. Si unificano gli stati, riducendoli a province senza autonomia, e sottoponendoli a un governo centralizzato. Questo processo, che realizza operativamente il primato della finanza speculativa sull’economia reale, e si accompagna all’eliminazione della classe intermedia nonché a una graduale ma profonda attenuazione dei diritti partecipativi, politici e civici, compresi quelli afferenti alla privacy e alla condizione di lavoratori, di contribuenti, di utenti dei pubblici servizi. Il progetto in esame, avviato negli anni ’80, col programma di privatizzazione della sovranità monetaria e di finanziarizzazione dei debiti pubblici, è in fase avanzata di realizzazione. Maastricht, la BCE, Lisbona ne sono state ulteriori tappe importanti. Per far accettare ai vari popoli, sindacati, partiti politici, i vari passaggi, sempre più dolorosi e compressivi, di questa via crucis – la perdita di indipendenza, di diritti, di sicurezze, di reddito, di dignità – sembra che si stia ricorrendo a una serie incalzante e incessante di crisi, shock, allarmi, creati ad hoc, che rendono i popoli stessi più arrendevoli e malleabili, come spiegato da Monti stesso nella famosa intervista alla Luiss, visionabile su youtube http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=1b190309063811a , dove afferma che abbiamo bisogno delle crisi per far progredire il processo di integrazione – ovviamente, un progetto generato e deciso dall’alto, non dal basso, democraticamente. Anzi, neanche reso noto al popolo su cui esso si compie. Ecco allora che anche la crisi, l’emergenza, verso cui le politiche lacrime e sangue, tagli e tassi, portano non solo l’Italia ma anche altri paesi, possono avere questa funzione: vincere le resistenze. Questa può essere una spiegazione del perché mai si fanno manovre che avranno, con virtuale certezza, un effetto recessivo sull’economia, e che quindi produrranno crisi, allarme, emergenza. Si tratta di applicazione del metodo shock-and-awe, che trovate analizzato nel saggio mio e di Paolo Cioni sulla manipolazione mentale, Neuroschiavi. La gente non ci pensa, i mass media non lo mettono in evidenza, ma proprio adesso si sta procedendo alla sottrazione ai singoli paesi dei poteri di bilancio, di politica economica, di imposizione tributaria e al loro conferimento ad organismi autocratici, non eletti, non responsabili – quindi con caratteri contrari alla civilizzazione europea, e tipici piuttosto delle autocrazie asiatiche. Organismi che fanno gli interessi dei soggetti più forti, a spese degli altri. Tra questi organismi spicca il MES, o Meccanismo Europeo di Stabilità (controllare per credere il sito: http://consilium.europa.eu/media/121679 ... y%20en.pdf), in corso di approvazione dai vari parlamenti, nel totale silenzio dei media – silenzio quanto mai opportuno, perché il MES costa moltissimo: l’Italia dovrà sborsare circa 130 miliardi, che verranno prelevati con prossime manovre, e poi sarà il MES a fare le manovre fiscali, dal prossimo Marzo. Vi è un altro aspetto, concernente quella che ho definito “la prima gamba”: il decreto “Salvitalia”, come ha giustamente detto Piergiorgio Odifreddi il 28.12, intervistato da RaiNews 24 a Cortina Incontra, porterà l’Italia in condizioni di dover vendere o svendere, per far cassa e ottenere aiuti ottemperando a “condizionalità”, il patrimonio pubblico e i servizi pubblici al capitale privato di quella grande finanza – nel che qualcuno potrebbe ravvisare conflitti di interessi del governo dei banchieri, del tipo di quelle che si rimproveravano a Berlusconi in relazione alle sue aziende.

3. Ma la classe politica italiana, che può fare, in questo contesto?

R. I partiti politici possono esigere che il governo “tecnico” , in cambio del loro voto che gli dà la necessaria copertura “democratica”, non tocchi le loro clientele, le loro poltrone e prebende (compreso il finanziamento pubblico), che non faccia la spending review e non introduca le best practices, ma che riempia la loro mangiatoia di soldi spremuti con le nuove tasse. La Chiesa può esigere che, in cambio dei voti che controlla, e del controllo delle coscienze che le rimane, il governo non tocchi i suoi privilegi fiscali, l’otto per mille, i sussidii. Le mafie possono esigere che il governo non metta in vendita i 25 miliardi di beni confiscati loro dallo Stato, e che non disturbi troppo i loro traffici con droga, immigrazione e appalti. Berlusconi può esigere che il governo, in cambio del suo sostegno, mantenga i privilegi di Mediaset. I parlamentari nominati possono dirgli: “Noi ti diamo il voto, se tu non tocchi i nostri stipendi di 16.000 Euro al mese anche se la gente protesta.”I banchieri possono semplicemente dire: “Bravo, continua così!”. Insomma, si può realizzare un’alleanza degli interessi delle caste nazionali e di quelli del grande capitale internazionale.

4. Monti-Napolitano. Lei ci ha visto un asse…

R. Si potrebbe dire, per battuta, che Napolitano collabora a quel piano di dissoluzione dello stato nazionale italiano proprio mentre assai enfaticamente ne celebra il centocinquantenario della nascita. Ma non dobbiamo vedere le scelte politiche di questo o quel governo o capo di stato come frutto di iniziative di Napolitano od Obama o Berlusconi o Sarkozy o Draghi o, in generale, di persone specifiche. Non vi sono iniziative e responsabilità personali, o di una maggioranza di governo, perché non vi è libertà di scelta politica di fondo, nell’area del Dollaro e del FMI. Né, ancor prima, di modello macroeconomico di riferimento. Oramai la politica economica, quindi la politica tout court, è unificata, dettata dal cartello mondiale monopolista della moneta, e guidata dal medesimo modello mondializzato, quello della grande finanza, del Bilderberg, della Trilateral, della Goldman Sachs. Nella costituzione reale dell’Italia, che non è ovviamente quella formale e dichiarata, ma che regola innanzitutto il ruolo e gli obblighi dell’Italia come paese vinto e tributario, sottomesso al vincitore, quindi a sovranità limitata, con oltre 130 basi americane – in questa costituzione reale, il capo della stato può avere la funzione di assicurare (usando i suoi fortissimi poteri di pressione, legittimazione, delegittimazione) che il governo e il parlamento italiani ottemperino alle richieste della potenza dominante, persino partecipando alle sue guerre, problematicamente rispetto all’art. 11 della Costituzione. La potenza dominante, vincitrice dell’ultima guerra mondiale, è il cartello finanziario angloamericano, quello che ha imposto Bretton Woods, il Gatt, il Gats e molte altre cose, in primis il modello interpretativo generale dell’economia, quello della Scuola di Chicago. Però il superstato europeo è così radicalmente non-europeo, proprio perché autocratico, simile alle autocrazie orientali di cui l’Europa ha sempre avuto un profondo orrore e disprezzo, che non è nemmeno detto che riesca a imporsi o che resista. La sua minaccia, ormai percepita, può risvegliare proprio quello spirito di lotta per la libertà, tipicamente europeo, che ripetutamente ha vinto contro forze immensamente superiori: lo spirito che ritroviamo nelle Guerre Persiane narrate da Erodoto, nell’impresa di Leonida cantata da Simonide, nella morte di Socrate, Zenone, Seneca, o recentemente in quella di Ian Palak; nella lenta resurrezione del pensiero critico, filosofico, scientifico dai secoli di repressione dogmatica da parte di un’istituzione religiosa pure profondamente asiatica per origini e ordinamento. E ancora nella lotta degli empiristi e dei Lumi contro l’assolutismo, nella rivoluzione francese, nella resistenza liberale ai tre totalitarismi del secolo scorso. Il risveglio di questo spirito coraggioso e libertario sarà vieppiù probabile, se il superstato europeo sarà percepito come un Quarto Reich germanico.

5. Quali le differenze tra Berlusconi e Monti e tra il governo Berlusconi e il governo Monti?

R. Poche, oggettivamente. Monti, Tremonti, Berlusconi, Merkel, Sarkozy e molti altri – praticamente tutto il mondo che sta nel sistema del Dollaro, come ho già detto – hanno il medesimo modello macroeconomico di riferimento, neomonetarista, neoliberista, finanziarizzante. Quindi anche ricette simili. Che non hanno affatto prodotto i vantaggi promessi, ossia l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi assieme alla prevenzione o al rapido riequilibrio delle crisi, bensì hanno prodotto fortissimi vantaggi per una ristretta élite, impoverimento e insicurezza per gli altri. In quanto alle manovre, come già detto, si sono rivelate recessive, distruttive per le capacità industriali, peggiorative per i conti pubblici, per il rating, per la borsa, e foriere di avvitamento fiscale. Ciò che è cambiato nel passaggio da Berlusconi a Monti e al suo governo di banchieri, è che adesso il cartello bancario sta mettendo la faccia nel governo del paese, ossia assume direttamente, attraverso i suoi uomini, il governo del paese. Così anche in Grecia, col passaggio da Papandreou a Papademos. E che sta accelerando il collasso del paese.

6. Si può pensare di uscire dall’euro? O è meglio resistere?

R. Da quest’anno siamo tenuti, secondo le norme “europee”, a ridurre lo stock di debito pubblico di 45 miliardi ogni anno – cosa non fattibile, che comporterebbe una recessione mortale. Pensate invece a un’Italia che poteva essere, e a cui si è rinunciato. A un’Italia pre-1983, pre-divorzio tra lo stato e Bankitalia. Libera da Maastricht, con un debito pubblico non finanziarizzato, quindi non ricattabile. Il debito pubblico italiano esplose dopo quel divorzio e proprio per effetto della finanziarizzazione, che ci rende ricattabili sia dai baroni-predoni della finanza internazionale che da modesti politici borniert e bornés, elettoralmente perdenti. Potevamo continuare col mix del successo italiano (compresi deficit vantaggiosamente finanziato da Bankitalia e ampia evasione fiscale che manteneva il frutto del lavoro nel circuito produttivo anziché in quello sterile dello stato), aggiornandolo con più ricerca e innovazione tecnologica. Vi immaginate quante imprese avremmo attirato, di quelle che dall’Europa occidentale sono emigrate a Est e a Sud? E quante imprese italiane sarebbero ancora vive e in Italia? Oggi potremmo entrare nell’eurosistema dettando le condizioni, anziché subirle e finire in una posizione di subordinazione e sfruttamento. Era il vecchio sistema, che consentiva allo stato di farsi propulsore e protagonista dell’economia, quindi permetteva all’Italia di crescere e di vivere bene, pur avendo un meridione e un apparato statale molto inefficienti e costosi. Dopo la finanziarizzazione del debito pubblico, la globalizzazione, le privatizzazioni, i vincoli di bilancio, la cessione della moneta e della sovranità, non è più possibile perseguire lo sviluppo. I settori produttivi non riescono più a sostenere il resto del paese. Si può solo prelevare con le tasse la ricchezza accumulata e usarla per far quadrare i conti ancora per un anno o due, fino ad esaurimento, senza prospettive. Si diceva che i vincoli di bilancio e la moneta unica avrebbero costretto l’Italia ad adeguarsi all’efficienza e alla correttezza europee, ponendo fine agli sprechi e alla corruzione. Così non è stato e non poteva essere, perché il clientelismo, il parassitismo, è una mentalità, un’abitudine sociale inveterata, che non si cambia se non in diverse generazioni oppure attraverso sconvolgimenti radicali. I governi italiani hanno approfittato dei primi anni dell’Euro, in cui si pagavano bassissimi interessi sul debito pubblico e non vi era l’attacco speculativo, non per ridurre lo stock di debito pubblico e fare investimenti, ma per alimentare la spesa clientelare e a spreco, perché è da essa che i partiti traggono consenso, potere e profitti. Dopo questo fallimento, come si può credere che un paese efficiente come la Germania, capace di integrare la DDR, capace di crescere nella crisi mondiale, rispettoso delle regole, accetti di integrarsi con un paese come l’Italia, da quasi vent’anni in declino, retto da una partitocrazia incompetente e corrotta, permanentemente incapace di correggere le proprie storture, di cui un’ampia parte sopravvive grazie a sussidii e non è nemmeno in grado di smaltire i rifiuti solidi urbani? Fare sacrifici per integrarsi con la Germania è assurdo: quell’integrazione non avverrà mai. La Germania punta a neutralizzare l’Italia come concorrente sui mercati internazionali, e a liberarsi dal debito pubblico italiano. Leggete Sommella a pag. 3 di MF del 3 Gennaio:lo spiega benissimo. Monti è l’uomo che la Merkel ha voluto a questo scopo, dopo che le banche tedesche avevano provocato l’impennata dello spread vendendo massicciamente i btp.

Uscire dai trattati istitutivi dell’eurosistema è giuridicamente possibile, e secondo me è meglio uscire sia da esso che dall’UE, che continuare su questa strada, per diverse ragioni, e non solo per il fatto che il prezzo che dobbiamo pagare, per restarci, e sempre più alto, sia in termini economici, sia di perdita di libertà rispetto al sistema bancario e alle sue emanazioni politiche come le c.d. istituzioni europee e i governi commissariali. Sempre più alto, e non si vede limite al suo innalzamento, che sembra prodotto artatamente, per prenderci tutto, emergenza dopo emergenza, senza nulla dare, se non boccate d’aria per proseguire su quel cammino di assoggettamento. Ulteriori ragioni per uscire dall’eurosistema sono che la BCE non è una banca centrale, perché non è autorizzata ad assicurare l’acquisto dei titoli del debito pubblico dei paesi aderenti in modo idoneo a sottrarli all’aggiotaggio dei grandi predoni finanziari. Se avessimo una vera banca centrale, questa potrebbe farlo, come fa la Fed, la banca centrale nipponica, quella britannica. E come la Banca d’Italia prima del 1981! Se la massa monetaria dell’euro deve essere coperta da titoli americani, dollar-backed, allora la BCE è come uno switch-board sottoposto alla Fed, non una banca centrale di emissione al servizio dell’Europa, bensì un qualcosa di imposto imperialisticamente per impedire che gli europei abbiano una banca centrale effettiva propria, in modo che l’euro dipenda dal dollaro e non gli contenda il ruolo di moneta internazionale. Inoltre, l’euro non è una moneta, ma un insieme di cambi fissi, analogo al già fallito SME, tra monete nazionali che sostanzialmente ancora esistono in relazione ai rispettivi e separati debiti sovrani. Aree che hanno livelli di produttività-competitività molto diversi, hanno quindi bisogno di monete diverse, di cambi diversi, per poter esportare, attrarre investimenti e turismo, crescere e infrastrutturarsi, mentre confini nazionali e monetari dovrebbero circoscrivere aree di produttività simile. Altrimenti si ha che le aree più forti approfittano del loro dominio sul comune sistema monetario per usarlo a proprio vantaggio e a danno dei paesi più deboli, come la classe dirigente della Germania fece con lo SME e come sta facendo ora con l’euro, in modo imperialistico e violento, e in minor misura lo fa la Francia. Per esempio: le banche tedesche e francesi prendono denaro al 2% grazie al loro rating, e lo usano per comperare btp italiani che rendono il 6-7%. In questo modo, vampirizzano l’Italia, in quanto da un lato si procurano liquidità per finanziare le loro economie, dall’altro sottraggono liquidità dall’economia italiana, cioè sottraggono i mezzi sia per gli investimenti che per i pagamenti, e spingono in su i tassi dei prestiti bancari. Quale capo della BCE, Mario Draghi si è messo a finanziare, con la BCE, le banche italiane affinché comperino il debito pubblico italiano, togliendo il boccone a quelle francesi e tedesche – che quindi ora rischiano il downgrading, e le economie francese e tedesca avranno meno facilità a finanziarsi. Ma la BCE presta alle banche all’1% il denaro che queste usano per comperare btp al 7%! Perché allora la BCE non compera il btp al 2%? Per fare gli interessi delle banche private, che lucrano il 5% dalle tasche dei contribuenti? O perché la Fed non permette che, nella sua area, vi sia una banca centrale concorrente? Come che sia, da quanto sopra dovremmo imparare che i nostri vicini europei e i nostri liberatori USA non sono amici, ma perlopiù avversari controinteressati e sfruttatori, e che non c’è nulla di più stupido che trasferire i poteri politici, soprattutto in materia finanziaria, ad organismi dominati da loro, perché li usano per sfruttarci, approfittando del fatto di essere assai più forti.

7.In relazione alla decisione di Draghi che ha menzionato ora, ritiene che la situazione potrebbe cambiare, che la BCE potrebbe iniziare ad agire nell’interesse dell’Europa, dell’Italia?

R. Qualche importante segno in tal senso si vede, ma accompagnato da elementi che ne limitano o escludono il significato positivo. Come dicevo, Mario Draghi ha deciso che la BCE finanzi pressoché illimitatamente le banche europee all’1% annuo di interesse; quelle italiane hanno già approfittato per oltre 112 miliardi. Questo prestito, congiunto alla garanzia fornita loro dallo Stato italiano pure all’1% annuo, consentirà loro di acquistare btp in massa, e in tal modo la BCE indirettamente sostiene il deficit pubblico, aggirando il divieto statutario. Il detto prestito, inoltre, faciliterà la ricapitalizzazione delle banche imposta dell’Eba, soprattutto se quest’ultima rimuoverà alcuni inutili limiti da essa posti. Il prestito in parola, però, non farà ritornare le banche italiane ad erogare credito, almeno per un certo tempo – e su questo punto il Monti già manca alle sue promesse di aiuto alla ripresa, mentre il governatore Visco, nell’intervista al Sole del 24.12, appare disconnesso dalla realtà o preda di un raptus consolatorio – perché le banche dovranno usarlo innanzitutto per salvare se stesse, ossia per coprire le proprie sofferenze non dichiarate, i crediti che dichiarano in bilancio dopo averli ceduti, la liquidità che pure dichiarano in bilancio e che però liquidità non è ma solo sconto di portafoglio senza valore. Oggi la gran parte delle banche italiane fallirebbe se non presentasse bilanci sostanzialmente falsi. E infatti ai funzionari prescrive, anche per il 2012, di concentrarsi sulla raccolta e di scordarsi di aprire nuove linee di credito. Finora, infatti, non comperano titoli né erogano prestiti, ma tengono i soldi presi a prestito dalla BCE in conti-deposito presso la BCE stessa, che paga loro lo 0,25% di interesse. Preferiscono perdere, pur di restare liquide, perché temono di non riuscire a far fronte alle scadenze delle loro obbligazioni nel 2012 – alla faccia di coloro che dichiarano che il sistema bancario italiano sarebbe solido. E se le banche concedono crediti, applicano uno spread usurario sul 2% che il denaro ora costa loro grazie all’intervento pubblico, cioè prestano dall’8% in su. Infatti, il governo dei banchieri le rifinanzia senza imporre loro di erogare crediti e di moderare gli interessi, appunto perché è un governo dei banchieri, che fa gli interessi dei banchieri. Faccio presente che il metodo Draghi-Monti di salvataggio del sistema bancario italiano e (forse) del debito sovrano italiano ricalca in essenza quello già con successo applicato dall’Irlanda, con la differenza che alle banche irlandesi non è stato imposto il termine di tre anni per rimborsare il prestito, e che, anche grazie a ciò, Dublino ha evitato il massiccio take over di capitali stranieri (americani) sugli asset strategici nazionali – take over che invece è già in corso da parte delle banche e corporations finanziarie americane ai danni dell’Italia e di altri paesi continentali, per 3.000 miliardi di dollari dichiarati (New York Times del 26.12.11). E quando le banche americane rastrellano asset pregiati e svenduti, i paranoici pensano sempre al fatto che sia Monti che Draghi sono stati e forse ancora sono, essenzialmente, cittadini di quel mondo, molto prima che italiani ed europei. Per le suddette ragioni, il piano Monti non porterà affatto al risanamento delle finanze pubbliche, ma alla svendita forzata degli asset pubblici a capitali stranieri. Qui sta la differenza tra Irlanda e Italia: i governanti irlandesi governano sotto il controllo di un’opinione pubblica attenta e, all’occorrenza, aggressiva, a tutela dell’interesse nazionale. Da quando Ludovico il Moro chiamò i francesi in Italia, gli stranieri sono venuti sovente nel Belpaese, ma non a dare e aiutare, bensì a prendere e sottomettere, con mezzi prima militari, poi sempre più finanziari. E hanno sempre appoggiato i politici italiani che facevano i loro interessi.

8. Destra contro sinistra è una vecchia storia. La nuova politica potremmo pensarla così: mondialisti contro nazionalisti, ultraliberisti contro sociali. E’ d’accordo?

R. Le etichette “destra” e “sinistra” fanno ancora presa sulla mente popolare, quindi si usano nella propaganda. Le etichette si usano perché funzionano, non perché veridiche. Molti oggettivi conflitti tra classi, culture, interessi persistono come in passato, ma è divenuto primario il conflitto di interessi tra, da un lato, l’oligarchia globale, che dispone di strumenti, reti, monopoli globali, e soprattutto dispone del monopolio della moneta e del credito, quindi del potere politico e militare; e, dall’altro lato, la società che produce la ricchezza reale (lavoratori autonomi, dipendenti, imprenditori), le popolazioni nazionali, regionali, locali, che dipendono sempre più da questi strumenti, reti, monopoli, e che quindi sono sempre più dominate, sfruttate, schiacciate, violentate – anche attraverso l’imposizione di emigrare in massa o di accettare immigrazioni di massa tali da alterare la composizione e gli equilibri dei corpi sociali. Il conflitto di classe, oggettivamente, non è tra imprenditore e prestatore d’opera, i quali entrambi sono esposti alla concorrenza e producono ricchezza reale; ma tra essi e il monopolista della moneta e del credito, e lo speculatore finanziario, i quali si prendono ricchezza dalla società senza produrne e darne in cambio, anzi arrecandole molti danni e togliendole libertà e sicurezza. In Italia, i partiti della sinistra c.d. moderata si sono alleati con gli interessi della grande finanza e apportano all’agenda politica di questa il consenso del loro elettorato, in danno di questo stesso. Vi è però anche una sinistra vera, quella di un Paolo Ferrero e di un Marco Ferrando, che cerca di diffondere la consapevolezza del vero conflitto di classe.

9.Ricapitalizzare le banche e pagare il debito pubblico…. Cosa ne pensa?

R. La decapitalizzazione delle banche, l’indebitamento pubblico e il liquidity crunch sono conseguenze automatiche e matematiche del fatto che si contabilizza l’emissione di moneta e di credito con criteri non corrispondenti al tipo di moneta e di credito che si usano oggi, ossia alla fiat currency e alla moneta contabile. Le banche di credito non sono intermediarie del credito, non prestano la raccolta, ma creano la liquidità: il 92% del money supply è credito bancario, emesso prestando sul prestato, mediante il moltiplicatore bancario – e questo fatto è ignorato dai criteri contabili. Come spiego nel saggio Euroschiavi, la creazione dei mezzi monetari (moneta legale e moneta creditizia), oggi, diversamente dal passato, avviene senza costi per gli emittenti, perché senza copertura aurea e senza convertibilità aurea, ma ciononostante, difformemente da questa realtà, la si continua a trattare contabilmente come se il produrla comportasse un costo pari al suo valore nominale. Inoltre le banche centrali continuano a mettere al passivo patrimoniale il circolante, sebbene questo non sia più, in alcun senso economico e giuridico, una passività per esse, perché non è convertibile. Si creano così passività, sia nel conto economico che nello stato patrimoniale, che non hanno ragion d’essere, e che crescono in modo esponenziale, cagionando sempre più frequentemente crisi di sovraindebitamento, decapitalizzazione e rarefazione monetaria. Se contabilizzassimo secondo la realtà economica, le banche – di credito e centrali – “scoprirebbero” di avere molti più utili, lo stato incasserebbe molte più tasse e tutto andrebbe in equilibrio. Ma equilibrio comporterebbe meno crisi, quindi meno opportunità di speculare su di esse, e di usarle per costringere la gente ad accettare le riforme a cui le si vuole guidare.

10. Proviamo ad immaginare di uscire dall’euro, rompere la dittatura della Bce, della speculazione finanziaria, del capitalismo multinazionale e abitare nella nostra casa da liberi. E’ possibile?

R. I poteri forti non lo permetterebbero, perché toglierebbe un essenziale strumento di dominazione e sfruttamento, quindi renderebbe il genere umano meno governabile. Economicamente però funzionerebbe, come ho ampiamente spiegato in Euroschiavi e La Moneta Copernicana. Immaginiamo un modello: ciascuno stato si dota di una moneta propria, che esso, a seconda delle esigenze stabilite da una authority monetaria, emette direttamente, senza contrarre debito pubblico, riducendo drasticamente così il bisogno di tasse, e assicurando che vi sia sempre liquidità sufficiente alla piena attivazione dei fattori produttivi, e che nessuno possa speculare sull’erogazione e sul ritiro di credito e moneta. I singoli stati o le singole regioni producono internamente quanto è razionalmente producibile internamente (merce a chilometri zero, taglio dei costi e dell’inquinamento per trasporto, controllabilità diretta della qualità della produzione da parte dei consumatori). Commerciano tra di loro le eccedenze, usando per i pagamenti internazionali non la moneta interna della potenza egemone, ma un centro di compensazione multilaterale e un’unità di conto come il Bancor, secondo lo schema proposto da Keynes a Bretton Woods.

11. Ci descriva un possibile scenario nazionale, politico ed economico, tra 10 anni, se si continuerà lungo questa strada…

R. Previsioni a dieci anni non sono possibili perché il divenire storico è legato a fattori impredicibili, come le innovazioni tecnologiche, che hanno ripercussioni molto vaste e profonde, come potrebbe averne il raggiungimento dei limiti fisici dello sviluppo (esaurimento delle risorse, squilibri ecologici). Ipotizzando che i fattori non cambino, mi aspetto che l’Italia, tra un decennio, sia una provincia impoverita di uno stato mondiale orwelliano, con qualche autonomia politica di facciata, ma strettamente diretta da organismi sovrannazionali autocratici. Priva o quasi di una classe dirigente e tecnico-scientifica qualificata, è gestita prevalentemente da managers stranieri per capitali stranieri. La gente è incalzata dalle esigenze pratiche quotidiane. partecipa pochissimo alla vita politica. Lavora per le necessità primarie (compresi i servizi pubblici) e per pagare gli interessi sul debito pubblico e privato accumulato dalle precedenti generazioni, e lo trova normale, perché ha introiettato questo compito come scontato, e perché la controinformazione è repressa come crimine di sedizione. Il cittadino-consumatore-lavoratore-contribuente-utente non ha quasi più possibilità di negoziare con le sue controparti: deve accettare salari, tariffe, tasse come gli sono fissati. Il metodo contributivo viene esteso alla sanità pubblica: ti curano fino all’esaurimento dei tuoi versamenti per la salute. Gli strumenti informatici consentono alla classe dirigente parassitaria di conoscere e aggredire capillarmente i redditi e i risparmi dei cittadini col prelievo fiscale. 04.01.12 Marco Della Luna

05/01/2012, 22:51

UNICREDIT TI DICE CHE E' DA PAZZI PERICOLOSI DETENERE I PROPRI RISPARMI IN BANCA: ...SI RISCHIA LA SEPARAZIONE DELL'EURO!!!
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Unicredit Nel prospetto informativo dell'aumento di capitale pubblicato ieri e riportato oggi da Bloomberg, HA SCRITTO CHE GLI INVESTITORI dovrebbero considerare la possibilità che l'euro possa essere abbandonato.
SI LEGGE NEL PROSPETTO:
L'eventuale uscita di uno o più paesi dalla zona euro o l'abbandono della moneta unica potrebbero avere "effetti negativi rilevanti" sull'attività, i risultati operativi e la situazione economica, patrimoniale e finanziaria di UniCredit.
"I timori che la crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona possa peggiorare potrebbero tradursi nella reitroduzione delle valute nazionali in uno o più di un paese appartenente all'Eurozona o, in circostanze particolarmente fosche, nell'abbandono dell'euro", E, prosegue il documento, una rottura dell'euro potrebbe avere "un impatto negativo significativo" su Unicredit.

ORA DOMANDIAMOCI:


1) QUALI CLAUSOLE SI DOVREBBERO METTERE DA OGGI IN POI SU TUTTI I MUTUI, I DEPOSITI DI CONTO CORRENTE, I FINANZIAMENTI IN GENERALE CHE L'UNICREDIT O QUALSIASI ALTRA BANCA IN EUROPA FIRMERA' CON I CLIENTI?
2) COME PUO' UN RISPARMIATORE LASCIARE I PROPRI SOLDI, I RISPARMI DI UNA VITA, IN UNA BANCA ITALIANA DOPO UNA TALE AVVERTENZA? IO LI PRELEVEREI SUBITO E SOPRATUTTO NON DETERREI EURO..NE IN CONTANTI NE SUI CONTI CORRENTI...SVIZZERA E GERMANIA COMPRESO
3) IL PREMIO AL RISCHIO RICHIESTO DA PARTE DI UN CITTADINO PER ENTRARE IN UN QUALSIASI RAPPORTO CONTRATTUALE CON BANCHE E AZIENDE BASATO SULL'EURO IMPONE MARGINI DI PROFITTO PIU' GRANDI CHE GIUSTIFICHINO IL RISCHIO MAGGIORE.
Questo maggiore rischio implica la cancellazionme di business a basso valore aggiunto, e a un aumento dei prezzi...CHE NON FA ALTRO CHE AUMENTARE LA RECESSIONE DI UNO STATO!!

fonte: http://ilpunto-borsainvestimenti.blogsp ... pazzi.html
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