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11/01/2012, 14:23

11/01/2012, 17:15

Come predetto mesi or sono, il Premier Monti (il "liquidatore"),
si sta muovendo PROPRIO nella direzione annunciata.

Ma che coincidenza.... eh?




COSI’ MONTI PROMUOVE SALDI DI ENERGIA E DIFESA,
IL DIRETTORIO RINGRAZIA


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gen 11th, 2012

DI GIANANDREA GAIANI

Fonte: http://www.ilfoglio.it/

Potrebbero cominciare presto i saldi al "discount Italia", il grande centro commerciale gestito oggi da un "consiglio d`amministrazione" che sembra rispondere ad azionisti stranieri che ci si ostina a chiamare partner invece che concorrenti e rivali. Non c`è bisogno di aderire a teorie complottistiche per notare le forti sponsorizzazioni esterne del governo Monti. Ha fatto scalpore la notizia resa nota dal Wall Street Journal della telefonata tra Angela Merkel e il presidente Giorgio Napolitano, ma pochi ricordano i contatti tra Napolitano e Barack Obama durante la messa a punto del governo tecnico e dai quali sarebbero emersi i nomi dei ministri di Esteri e Difesa: l`ambasciatore negli Stati Uniti, Giulio Terzi, e il presidente del Comitato militare della Nato, l`ammiraglio Giampaolo Di Paola. Uomini che garantiscono alla Casa Bianca l`assoluta fedeltà dell`Italia.

Sull`applicazione di nuove sanzioni a Teheran, Terzi ha detto già un mese fa che "l`Italia sostiene con piena convinzione il piano di sanzioni economiche annunciato dall`Amministrazione americana". Monti ha dichiarato che l`Italia sarebbe "pronta a partecipare a tutte le nuove sanzioni imposte dall`Europa" nonostante l`Italia importi da Teheran il 13 per cento del suo greggio (la Francia solo il tre). Il ministro Di Paola ha blindato le missioni all`estero con uno stanziamento da 1,4 miliardi di euro che coprirà il 2012 mettendole così al riparo da eventuali crisi dell`esecutivo. Nessuna riduzione delle truppe in Afghanistan e più soldati in Kosovo. Conti alla mano molto di più di quanto possiamo permetterci ma esattamente quello che vogliono da noi Nato e America.
Sul piano economico le "potenze occupanti euroamericane" sembrano determinate a eliminare l`Italia dalla lista dei concorrenti sui mercati internazionali. La manovra del governo tutta tasse e zero sviluppo ci affosserà per anni tra recessione ed elevata inflazione mentre il crollo in Borsa di grandi aziende italiane ne facilita l`acquisto da parte dei gruppi stranieri.
Finmeccanica ha oggi una capitalizzazione di appena due miliardi di euro a fronte di un valore almeno doppio soltanto contando i beni immobiliari e l`unico argine alla scalata al gruppo (in testa i franco-tedeschi di Eads e Thales, quest`ultima interessata a Wass e Oto Melara) è la golden share, l`azione privilegiata con la quale il Tesoro controlla anche Enel, Snam rete gas, Eni e Telecom. Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, e persino i vertici della Ue Van Rompuy e Barroso hanno imposto a Monti l`abrogazione della "golden share" entro un mese, pena pesanti sanzioni.
Il mese sta per scadere ed è certo che l`argomento verrà discusso nel tour che il premier ha iniziato in un`Europa che non sembra aver fretta però di demolire meccanismi simili presenti in Germania e Francia per impedire scalate straniere. Lo shopping al discount Italia è già cominciato. La settimana scorsa la francese Edf ha acquisito l`81 per cento di Edison mentre Eads ha comprato il 67 per cento dell`italiana Space Engineering specializzata in tecnologie radar e telecomunicazioni. Abrogata la golden share, senza una nuova legge a protezione dei nostri asset pregiati, cominceranno i saldi. Con il rischio che non siano quelli di fine stagione ma quelli per "cessata attività".


Gianandrea Gaiani *
Fonte: http://www.ilfoglio.it/

*Nato nel 1963 a Bologna dove si è laureato in Storia Contemporanea, si occupa dal 1988 di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. E’ un "fogliante" dal 1997 (sua la rubrica Militaria) ma scrive anche sui quotidiani Il Sole 24 Ore e Libero e sui settimanali Panorama e Gente. E’ opinionista sui temi di Difesa e Sicurezza del Giornale Radio RAI e Radio Capital e dal gennaio 2000 dirige il mensile web Analisi Difesa. A partire dal 1991 ha realizzato reportage da numerose aree di crisi e ha seguito sul campo le operazioni militari condotte dalle Forze Armate Italiane in Kurdistan, Somalia, Mozambico, Albania, Croazia, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Afghanistan, Sinai e Iraq. Dal 1999 collabora con l’Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia (ISMM) e ha insegnato all’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI) a Roma. E’ autore di diverse pubblicazioni tra le quali "Iraq Afghanistan – Guerre di pace italiane" uscito nel 2008.

11/01/2012, 17:40

Thethirdeye ha scritto:
l`ambasciatore negli Stati Uniti, Giulio Terzi, e il presidente del Comitato militare della Nato, l`ammiraglio Giampaolo Di Paola. Uomini che garantiscono alla Casa Bianca l`assoluta fedeltà dell`Italia.

Su questo credo che ci sia poco da dire, del resto basta frugare un po' tra i cables di wikileaks per rendersene conto.
Evidentemente nulla ci indigna più ormai, va tutto bene così.

11/01/2012, 20:58

Pensioni: in Europa una bomba da 39 mila miliardi di euro
di: WSI Pubblicato il 11 gennaio 2012| Ora 11:12
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Pensioni: in Europa una bomba da €39 trilioni. Germania e Francia contano per €7,6 e €6,7 trilioni.
Roma - Un problema ben più grande rispetto al debito pubblico. Pendenze pari a €30 trilioni circa, quelle dei fondi pensione statali europei, obbligazioni cinque volte il debito pubblico dei 19 paesi dell’Unione sotto analisi. Sono i risultati di uno studio commissionato dalla Banca centrale europea, condotto dal Research Center for Generational Contracts, della Freiburg University.

La Germania conta per circa €7,6 trilioni del totale, la Francia per €6,7 trilioni, circa il 47%, secondo gli autori del report Christoph Mueller, Bernd Raffelhueschen e Olaf Weddige.

Dati preoccupanti, considerando anche che le varie misure messe in atto per ridurre l’indebitamento rischiano di spingere il Blocco verso la recessione, andando dunque ad esacerbare la crisi finanziaria in corso.

Natalità stabile o in calo, con aumento delle aspettative di vita, vanno poi ad aggravare il quadro, con la percentuale della produzione destinata alle pensioni impostata per raggiungere il 14% nel 2060.

"Situazione insostenibile che chiaramente deve essere modificata", ha commentato a Bloomberg Jacob Funk Kirkegaard, ricercatore associato del Peterson Institute for International Economics a Washington.

Tra le varie macro-aree, l’Europa è quella con la percentuale più alta di over-60, che dal 22% del 2009 dovrebbe raggiungere il 35% nel 2050, stando alle stime delle Nazioni Unite. La media mondiale dovrebbe invece passare dall’11% del 2009 al 22% nel 2050.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... -euro.aspx


ma i sacrifici che hanno imposto ai soliti serviranno a qualkosa.........?

11/01/2012, 22:57

lex ha scritto:

bleffort l'america cosa? quando è successo? opppure è una tua opinione?

Perchè?,tu pensi il contrario??.

12/01/2012, 12:40

ubatuba ha scritto:
ma i sacrifici che hanno imposto ai soliti serviranno a qualkosa.........?

Di solito quando si tolgono diritti non si fa altro che rendere più mansueti chi questi diritti li perde, e penso che ci sia più interesse a rendere mansueti milioni di lavoratori che non migliaia di potenti.
La precarizzazione secondo me serve proprio a questo, aggiungici poi il miraggio di una pensione sempre più lontana, e avrai tanti schiavi pronti a qualsiasi cosa pur di sopravvivere.
Stiamo procedendo al contrario... riduzione della spesa sociale, eliminazione di tanti diritti che si ritenevano acquisiti... chi non ci sta o si ammazza, o sono comunque c***i suoi.
Secondo me tutto questo non ha nemmeno nulla a che vedere con i partiti, con Silvio, con tizio e caio, è proprio un processo inevitabile e inarrestabile, almeno fino a quando - forse - in massa gli schiavi non si renderanno conto di essere diventati tali.

12/01/2012, 19:22

La Nike costretta a risarcire 4.500 operai
Verserà un milione di dollari per due anni di straordinari non pagati da una fabbrica della multinazionale a Serang, Indonesia

Un negozio Nike in uno shopping mall di Giakarta (Ap)Un negozio Nike in uno shopping mall di Giakarta (Ap)
MILANO - Nike dovrà versare un maxirisarcimento di un milione di dollari ai dipendenti in Indonesia per straordinari non pagati. Lo ha annunciato il sindacato dei lavoratori Serikat Pekerja National (Spn), che rappresenta 4.500 impiegati di una fabbrica dove si cucivano scarpe da ginnastica, sottolineando che, dopo una battaglia di undici mesi, l'azienda produttrice di abbigliamento e accessori sportivi dovrà sborsare circa 700 mila euro per pagare 593.468 ore di straordinario dei suoi operai della fabbrica di Serang, lavorate negli ultimi due anni.
Dopo le lamentele dei lavoratori, nel febbraio 2010, l'Spn aveva iniziato la sua indagine, scoprendo che quasi 4.500 operai avevano lavorato gratis fino a due ore di straordinario quotidiane per sei giorni alla settimana.

L'ACCORDO - Dopo lunghi negoziati, la compagnia di Seattle ha acconsentito a un accordo con il sindacato. Bambang Wirahyoso, presidente dell'associazione di categoria nazionale, spiega che il risarcimento sarà versato entro l'inizio di febbraio. Il caso è particolarmente importante perché l'Indonesia, riferisce Wirahyoso, è un Paese in cui i dipendenti delle fabbriche lavorano sette giorni su sette senza indennità o straordinari pagati. Nike, finita sotto accusa dieci anni fa per sfruttamento minorile e della manodopera, non ha fornito commenti a riguardo. Il sindacato si augura che questa vittoria serva da esempio per le altre multinazionali dell'abbigliamento che operano nell'arcipelago, tra cui Puma e Adidas.

http://www.corriere.it/economia/12_genn ... 9cd9.shtml

13/01/2012, 00:10

Un'analisi di rara lucidità....

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UN FUTURO DA SCHIAVI

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gen 12th, 2012

DI FEDERICO ZAMBONI
ilribelle.com

http://www.ilribelle.com/

Sudditi. Servi. Schiavi. Per dirla come un pubblico ministero, in un processo che metta sul banco degli imputati l’intera società occidentale degli ultimi decenni (e che di riflesso costringerà anche a interrogarsi sulla sincerità dei valori sbandierati dallo schieramento che è uscito vincitore dalla Seconda guerra mondiale, Inghilterra e Stati Uniti in testa), «la tesi che intendiamo dimostrare è che lo stesso intreccio economico e politico che ci ha già trasformati da tempo in sudditi, e che via via ci ha fatti sprofondare in una vita da servi, si accinge adesso a trasformarci in veri e propri schiavi. Ovverosia in individui, e in popoli, che avranno sempre minori possibilità di sfuggire alle pressioni e ai condizionamenti di un’esistenza tanto ottusa quanto affannata. Precaria sul versante materiale. Nevrotica su quello psicologico».
Lo sappiamo benissimo: è una tesi molto drastica e va a impattare con delle fortissime resistenze ad accettare anche solo l’ipotesi che la situazione sia così drammatica, e che non sia per nulla casuale. Poiché la prospettiva fa spavento, e l’idea che qualcuno l’abbia coltivata scientemente fa orrore, ci si sottrae al dovere di guardarla in faccia e di giudicarla come merita. Si nega l’evidenza, e la si nega a priori. Si nega che quelle resistenze vi siano, preferendo riclassificarle, e assolverle, come barriere razionali alle tentazioni “complottistiche”. Ci si convince che esse rispecchino la lucidità di un pensiero logico e alieno da suggestioni emotive. In realtà è l’esatto contrario: quelle resistenze riflettono l’immensa paura, ovviamente inconscia, di scoprire fino a che punto siamo stati ingannati, a forza di bei discorsi sulla libertà politica, che sarebbe dimostrata al di là di ogni possibile dubbio dal perpetuarsi della democrazia parlamentare, e sulla libertà economica, che avrebbe la sua prova lampante nel mercato globale.
L’illusione è di avere “i piedi per terra”. Invece si ha soltanto “la testa nella sabbia”. Si crede di essere informati, perché si è aggiornati sulla cronaca di quello che accade in superficie. Invece si è solo manipolati.
Si è certi, e soddisfatti, di essere al passo coi tempi. E questa è l’unica cosa vera. Peccato che si sia così indaffarati a non restare indietro – nel lavoro, nel reddito, nella competizione con gli altri – che non ci si ferma mai a domandarsi chi accidenti è che detta il ritmo della marcia, e soprattutto la sua direzione.
Il cosiddetto passato
Dire “schiavi” sembra un’iperbole, ma solo perché siamo vincolati a un’idea macroscopica di schiavitù: quella, ereditata dal passato e proprio per questo archiviata alla stregua di una barbarie che, almeno qui in Occidente, è stata ormai sconfitta in via definitiva, in cui i segni esteriori sono talmente palesi da balzare all’occhio e da risultare inequivocabili. Le catene, in questa rappresentazione così tipica, e convenzionale, da sembrarci l’unica, non sono affatto delle metafore. Sono anelli di ferro che serrano le membra e che limitano i movimenti. Riaffermando la condizione di prigionia. Limitando al massimo il rischio di fuga. Rendendo manifesta, nell’impedimento fisico, la soppressione di ogni diritto a prendere decisioni autonome.
Nell’immaginario collettivo il modello prevalente non è nemmeno quello dell’antica Roma, in cui sussisteva l’opportunità dell’emancipazione a causa dei propri meriti e il raggiungimento dello status di liberto. È quello delle piantagioni americane prima della Guerra di Secessione. I negri strappati all’Africa e condotti oltreoceano, venendo trattati come e peggio delle bestie già durante i terribili viaggi in mare. Dopodiché, quelli che sopravvivevano (pari a circa due terzi del totale) erano venduti come animali, e utilizzati di conseguenza. Esseri subumani che avevano il solo scopo di sbrigare a bassissimo costo i lavori più pesanti.
Le regole erano semplici e rigide. Spesso brutali. Sempre inderogabili. Alzarsi la mattina e sgobbare fino alla sera. Ritirarsi a dormire nelle baracche, cioè nell’equivalente delle stalle, per recuperare le energie appena consumate. Giorno dopo giorno. Senza pause e senza fine. Una routine oscura e sfiancante che si sarebbe ripetuta sino alla morte, spesso prematura. Al massimo, poteva capitare di essere spostati altrove. O di essere ceduti a un altro proprietario. Oppure, nei casi peggiori, di finire uccisi o mutilati a seguito del tentativo di scappare, o addirittura di sollevarsi in massa.
Lo schiavo, detto in sintesi, non esisteva “per sé”, ma in funzione di un interesse che si reputava superiore. E che, guarda caso, coincideva con quello del padrone. Lo schiavo doveva attenersi agli ordini che gli venivano impartiti ed eseguirli col massimo dell’impegno, non foss’altro che per evitare di essere punito. Il “premio” della sua fedeltà, o piuttosto del suo rendimento, si esauriva nella mera sopravvivenza. Essendo appunto un costo, che per un verso era inevitabile ma che per l’altro andava a incidere sui profitti, l’obiettivo naturale era massimizzare la convenienza tra ciò che si spendeva e ciò che si otteneva in cambio.
Sul piano economico era logico. E il piano economico, in effetti, era l’unico a essere preso in considerazione.
Fase uno: le illusioni
Per alcuni decenni la promessa del liberismo è stata quella di un benessere crescente e pressoché automatico. In Europa, in particolare, ci si è aggiunta l’attrattiva delle reti di welfare, a cominciare dalla sanità pubblica e dai trattamenti previdenziali.
Il messaggio era nitido e seducente: chi sta al gioco verrà ricompensato. Sia pure all’interno di una forbice assai divaricata, che consentiva massicce sperequazioni di reddito, la vulgata era che il tenore di vita si sarebbe alzato per tutti. I poveri in senso stretto non potevano che scomparire, o ridursi a una minoranza del tutto marginale. L’aumento della scolarità avrebbe permesso di svolgere attività meno onerose, e comunque assai meglio retribuite. La tecnologia, oltre a sollevarci dalle fatiche più pesanti in ambito sia produttivo che domestico, si sarebbe riverberata in un continuo affinamento dei prodotti e persino in una riduzione dei prezzi.
Sembrava l’algoritmo perfetto. Una formula provvidenziale in cui il fattore tempo, secondo la classica lezione progressista, influiva positivamente su tutti gli altri, come un additivo che più lo usi e più dispiega i suoi effetti benefici. Un insieme di rapporti reciproci che assicuravano la combinazione vantaggiosa di elementi eterogenei e apparentemente contraddittori. Anzi: erroneamente ritenuti tali, ad esempio da Marx, e scioccamente considerati non solo inaccettabili in termini morali ma incompatibili ai fini pratici.
Viceversa, come attestava l’incessante aumento sia del Pil nazionale che degli standard di consumo, l’incontro-scontro delle diverse forze si risolveva in uno slancio complessivo che trainava l’intera società. Anche ammettendo che lo squilibrio ci fosse, si trattava pur sempre di uno squilibrio dinamico. La velocità del movimento controbilanciava le oscillazioni e le assorbiva in una traiettoria che rimaneva proiettata in avanti. Per quanto spezzata, e a tratti bizzarra, disegnava una rotta a senso unico: di sicuro erano gli armatori ad arricchirsi di più, e gli ufficiali superiori a ricevere le maggiori gratifiche, ma quando più e quando meno ce n’era abbastanza anche per l’equipaggio. Le ristrettezze dell’Ottocento o della prima metà del Novecento erano ormai alle spalle. La ciurma restava ciurma, per quanto riguardava le scelte importanti, e tuttavia non aveva troppo di che lamentarsi: cibo a sazietà, un guardaroba non più ridotto all’essenziale, un discreto gruzzolo da dilapidare a piacimento durante le soste intermedie nei diversi porti.
Andava bene? La generalità dei cittadini pensava di sì. Sarebbe andata meglio? La classe dirigente assicurava, o suggeriva, che la risposta era insita nelle premesse. Sì. Sì. Mille volte sì.
Fase due: la verità
Il peggioramento è sotto gli occhi di tutti, anche se i più continuano a non comprenderne l’effettiva natura. Invece di riflettere a fondo sulle cause, e sugli sviluppi, confidano che alla lunga se ne uscirà senza troppi danni. Al presente possono anche riconoscere la gravità delle circostanze, e piegarsi ai tantissimi sacrifici della diverse manovre succedutesi nel 2011 e culminate nella stangata “Salva Italia” di Monti. Al futuro, tuttavia, conservano un inguaribile ottimismo. O uno speranzoso fatalismo, come minimo.
Si potrebbe dire che si concentrano sull’oggi, e che incrociano le dita per il domani. Il dogma è che si tratti solo di una difficoltà transitoria, per quanto grave e persistente. La critica è a scartamento ridotto: la colpa dell’accaduto è dei partiti, o tutt’al più del groviglio di buone e cattive abitudini di noi italiani. Abilissimi nell’arrangiarci. Disastrosi nel gestire correttamente, e quotidianamente, la “res publica”. Ecco qua: abbiamo tirato troppo la corda e adesso ci tocca correre ai ripari. Un bello sforzo collettivo, una tantum, e passerà pure questa. Saremo pure indisciplinati, e talvolta cialtroni, ma quando è davvero necessario sappiamo riscattarci.
Come nel 1992, giusto? C’era da entrare nell’euro e ci siamo entrati. Figurati se oggi permetteremo che ci buttino fuori. Oggi che a Palazzo Chigi c’è un tecnico stimatissimo, anche all’estero, come Mario Monti. E al Quirinale, che Dio ce lo conservi, un galantuomo come Napolitano, così benvoluto anche a Washington. Soprattutto, a Washington.
Ergo, inutile angustiarsi troppo. E men che meno stare a mettere in discussione il sistema economico in quanto tale. Basta introdurre una serie di correttivi, per emendarci da taluni vizi del passato, e va da sé che usciremo dalle secche. Berlusconi non ha mica tutti i torti, quando afferma che non bisogna confondere i conti pubblici con quelli privati. L’Italia rischia il default. La gran parte delle famiglie no. Tireremo un po’ la cinghia, in attesa che tutto riparta, e anche questo sarà nulla di più che un brutto ricordo…
Poveri sciocchi. Se avessero la capacità di vedere al di là del loro naso scoprirebbero che la crisi non è affatto congiunturale, e che perciò le misure draconiane che si sono già adottate, e le altre che incombono, non costituiscono «le amare medicine» di cui ciancia Casini sostenendo che esse sono indispensabili «per evitare al paziente di morire», ma il veleno che si sta iniettando nel corpo sociale per completare la sua intossicazione. E, quindi, la sua dipendenza da certi palliativi che andranno acquistati sempre più a caro prezzo.
Le chiavi di volta dell’ormai prossima schiavitù sono due: la prima è l’indebitamento dello Stato, che abbatte fatalmente la spesa sociale per indirizzare le risorse al pagamento degli interessi sui titoli pubblici e che, con la scusa di un coordinamento e di una supervisione di rango superiore, erode la sovranità nazionale; la seconda è l’ultimo atto della riforma delle pensioni, che mira a falcidiare sia l’ammontare degli importi mensili, estendendo il metodo contributivo a tutti i nati dopo il 1951, sia la durata dell’effettiva erogazione, posticipando in vario modo il raggiungimento dei limiti di età per collocarsi a riposo.
Ed è proprio qui che si annida una trappola decisiva. Nel momento in cui si dovrà restare in corsa fino ai settant’anni, e accumularne oltre quaranta di versamenti, si sarà ancora più indotti a chinare la testa pur di trovare un’occupazione e di mantenerla a oltranza. Il che significa, visto che si sta affermando un iperliberismo a maglie strette e con una scarsa necessità di manodopera, ritrovarsi quasi tutti con le spalle al muro. O ci si adegua al modello imperante, assecondandone la logica fratricida e le dinamiche spietate, oppure si hanno fortissime probabilità di perdere, letteralmente, i mezzi di sopravvivenza materiale. Nessuno è insostituibile. I rompicoglioni lo sono meno degli altri.
Il ricatto esce dai posti di lavoro e si estende alla vita privata. Osservare le regole è un requisito tassativo, ma è ancora troppo poco. Ci vuole una fedeltà più ampia, più radicata, più indiscussa. Una sottomissione permanente, verificabile, monolitica. Ci vuole la certezza di un’appartenenza incondizionata ai nostri veri padroni: le forze economiche che detengono la ricchezza. E che, tramite il denaro, si assicurano il potere di governare qualunque processo sociale.
Le nazioni come recinti. I popoli come prigionieri. Gli esseri umani come schiavi.


Federico Zamboni
http://www.ilribelle.com

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13/01/2012, 12:31

L'unica cosa certa è la progressiva deindustrializzazione del paese, non solo dell'Italia ma anche di tante altre realtà europee, ed indovinate a beneficio di chi?

13/01/2012, 12:35

vimana131 ha scritto:
Nike, finita sotto accusa dieci anni fa per sfruttamento minorile e della manodopera, non ha fornito commenti a riguardo. Il sindacato si augura che questa vittoria serva da esempio per le altre multinazionali dell'abbigliamento che operano nell'arcipelago, tra cui Puma e Adidas.

Penso che la soluzione sarà molto semplice... chiudere in Indonesia e aprire in un altro paese con meno pretese sindacali... oppure dire che in Indonesia si è rifugiato il redivivo Osama e poi bombardare il paese :-) (salvando ovviamente la fabbrica), o organizzare la rivoluzione color mandarino per cacciare la dittatura indonesiana.

13/01/2012, 15:57

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http://www.wallstreetitalia.com/article ... anche.aspx

13/01/2012, 18:36

ANSA - 18.21 - S&P declassa la Francia. Verso downgrade Italia

Standard & Poor's sarebbe pronta a tagliare anche il rating sovrano dell'Italia e della Spagna, oltre a quello della Francia e di alcuni Paesi a 'tripla A'. Lo scrive il quotidiano francese Les Echos secondo cui "altri Paesi saranno bocciati, a cominciare da Spagna, Italia e Portogallo".

S&P TAGLIA RATING FRANCIA, GERMANIA SALVA - Standard & Poor's ha deciso di tagliare il rating della Francia, Risparmiate, invece, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. No comment dell'agenzia di rating. S&P's strappa la tripla A anche all'Austria, oltre che alla Francia, secondo quanto scrive il Financial Times. Il rating scende ad AA+.

S&P PORTAVOCE GOVERNO NON CONFERMA DECLASSAMENTO - La portavoce del governo francese, Valerie Pecresse, "non conferma" il declassamento del rating della Francia, che Standard & Poor's dovrebbe annunciare alle 21. "La Francia è un valore sicuro", ha commentato la Pecresse.

BORSA MILANO: CHIUSURA IN CALO, FTSE MIB -1,2%- Seduta negativa per la Borsa di Milano: l'indice Ftse Mib ha chiuso in perdita dell'1,20% a 15.011 punti.

EURO IN FORTE CALO A 1,2650 DOPO DOWNGRADE FRANCIA - L'euro è in forte calo sul dollaro dopo l'annuncio di un declassamento della Francia da parte di Standar's & Poor's. La moneta unica che questa mattina era scambiata a 1,2862 dollari è sprofondata a 1,2650.

SPREAD RISALGONO DOPO ASTA BTP, ITALIA SOPRA 475 - Spread in rialzo dopo l'asta dei Btp italiani. Il premio di rendimento dei decennali italiani è tornato sopra i 475 punti base, quello della Spagna a 333, mentre salgono anche Francia (135) e Belgio (224). Gli operatori sono cauti sull'esito del collocamento italiano, con tassi in calo e buona domanda ma meno di quanto si sperasse. "E' un risultato non preoccupante ma non una svolta", dice Matteo Regesta, un analista Bnp Paribas, notando come il future sul bund tedesco viaggi al massimo storico.

SPREAD FRANCIA BALZA A 135 PUNTI SU VOCI TAGLIO RATING - Impennata dello spread tra i titoli francesi a 10 anni e l'equivalente bund tedesco dopo le voci sul declassamento della Francia. La forbice tra i due titoli si allarga a 135 punti base dai 121 di stamane.

BTP 3 ANNI CALA A 4,83%,ASSEGNATI TUTTI I 3 MLD - Il tasso dei Btp a tre anni, novembre 2014, è calato all'asta di oggi al 4,83% dal 5,62% di fine dicembre: assegnati tutti i 3 miliardi in offerta. Calano anche i tassi degli altri titoli in asta con il 3 anni anni, luglio 2014, al 4,29%.
I tassi sono in calo su tutti e tre i titoli in asta, con il Btp agosto 2018 che ha pagato il 5,75% ed é stato venduto, come gli altri due titoli, per l"intero ammontare offerto dal Tesoro pari a 971 miliardi. A fronte di questa buona domanda e del calo dei rendimenti, tuttavia, non si é ripetuta la forte performance vista ieri sui Bot, che avevano visto i tassi dimezzarsi. La domanda da parte degli investitori, in particolare, è stata pari a 1,22 volte l'offerta sul novembre 2014 a 1,61 volte l'offerta per l'agosto 2018. Più richiesto il luglio 2014, con una domanda del mercato pari a 2,28 volte quanto offerto dal Tesoro.

DEFICIT COMMERCIALE NOVEMBRE A 47,8 MLD DOLLARI - Il deficit commerciale degli Stati Uniti, a novembre, e' salito a 47,8 miliardi di dollari da 43,5 miliardi del mese precedente. Le previsioni erano per un deficit di 45 miliardi.

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Come dicevo sulla mia pagina facebok:

E ti pareva? Dopo 2 giorni di borse su e spread in calo...
Si ripete il soito giochetto... S&P declassa Francia e Austria... e quasi quasi si arriva a meno due punti di declassamento per l'Italia... in una botta sola! Ogni volta che borse europee e BTP si riprendono puntuali escono i downgrade su banche, BTP e pasi vari. .. BORSE A PICCO E SPREAD SU (487 punti).. è una guerra a tutti gli effetti. L'economia mondiale reale è allo sbando, e a mietere vittime sono delle agenzie di rating. Follia totale. Totale.


http://www.youtube.com/watch?v=j9RbbCkv ... r_embedded
Ultima modifica di Sirius il 13/01/2012, 18:39, modificato 1 volta in totale.

14/01/2012, 08:38

http://www.nocensura.com/2012/01/draghi ... a-noi.html


godo!


qui riguardo quitalia ivece:


http://www.giornalettismo.com/archives/ ... equitalia/
Ultima modifica di lex il 14/01/2012, 09:01, modificato 1 volta in totale.

14/01/2012, 10:04

lex ha scritto:
http://www.nocensura.com/2012/01/draghi ... a-noi.html

godo!


Riporto uno stralcio....

[i]L’UNGHERIA portando il controllo della banca centrale sotto il parlamento, potrebbe stampare tutta la moneta che vuole priva di debito perche’ non pagherebbe nessun interessi lauti alla casta delle banche centrali e avrebbe la sovranità popolare sulla moneta. In pratica quello che avviene in quasi tutto il mondo tranne pochi paesi come Russia, Cina e SVIZZERA..

SE GLI STATI stampassero moneta con la sovranità popolare verrebbe emessa moneta priva di debito e crollerebbe questa storia contorta del debito pubblico in quanto lo stato non pagherebbe nessun interesse al sistema delle banche. Quindi l’ingerenza dei poteri forti dei banchieri stanno facendo pressioni affinche’ lUngheria cambi la costituzione appena varata…chissà perchè?Le politiche non cristiane del nuovo dittatore ungherese va scongiurata per togliere il pensiero ai paesi indebitati la tentazione di seguire un esempio di sovranità. Quindi i poteri forti stanno cercando di agire per scongiurare una pericolosa rivolta contro il pensiero Unico e politicamente corretto dei banchieri.Tipo il ministro dell’economia francese ha tuonato contro questi principi di indipendenza scritti nell’unione europea. Cosi’ una volta per tutte e chiaro quando un governante europeo difende i principi di indipendenza, non si riferisce a quello popolare ma a quello dei banchieri…..
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14/01/2012, 10:17

Che dire Sirius? Il lavoro di Monti, comincia a produrre i suoi effetti... [:246]

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