10/08/2010, 00:00
dark side ha scritto:Il 75% del petrolio fuoriuscito dal pozzo Macondo della British Petroleum nel Golfo del Messico è stato ripulito o assorbito dai batteri marini.
ma da rotolarsi come un serpente piangendo e ridendo all'unisono!
ma ci hanno preso per una popolazione di consumatori di LSD ? oppure si fanno un viaggetto prima di dare certi comunicati......
i batteri? quali batteri ? quelli grossi come ippopotami?
ah si il famoso bacyllus ippopotamae , o il bifidus cetacei, o meglio ancora il re dei batteri il bifidus black hole. 50 milioni di piscine olimpioniche di petrolio assorbito dai batteri in 5 settimane? in pratica nel golfo del messico non c'e' acqua, in realta e' un mare formato solo da batteri affamatissimi e super voraci che inghiottono tutto navi, aerei, le nuvole i satelliti in orbita , anche la luce come buchi neri. meno male che la luna non e' a tiro.
ma non c'e' piu' un minimo di serieta'.
10/08/2010, 08:38
14/09/2010, 14:23
19/09/2010, 19:23
Addio marea nera, chiuso in via definitiva il pozzo Bp. Obama: tappa importante
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AYXAjVRC
TERMINATE LE OPERAZIONI CHE SI SONO SVOLTE A 4.000 METRI DI PROFONDITÀ
Chiuso il pozzo di petrolio del Golfo
Introdotto cemento e altri materiali nella falla così da chiuderla in modo definitivo
http://www.corriere.it/esteri/10_settem ... aabe.shtml
04/10/2010, 11:44
27/03/2011, 19:25
27/03/2011, 23:46
01/05/2011, 22:45
27/02/2012, 01:44
27/02/2012, 01:47
ArTisAll ha scritto:
Il processo potrebbe durare fino a un anno, visto che le fasi saranno
tre e ognuna di esse di durata compresa fra i due e i tre mesi.
20/10/2012, 15:24
10/11/2014, 01:29
La marea nera della Bp ha lasciato un enorme anello di petrolio nel fondo del Golfo del Messico
Gli scienziati hanno scoperto ancora un altro effetto imprevisto del disastro petrolifero della piattaforma BP Deepwater Horizon nel Golfo del Messico: un “bathub ring” di ben 1.235 miglia quadrate sul fondo dell’oceano. A rivelarlo è lo studio “Fallout plume of submerged oil from Deepwater Horizon” pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science (Pnas) da un team di ricercatori statunitensi.
La portata senza precedenti del disastro ambientale ha reso una sfida la valutazione dei danni della area nera del 2010 nel Golfo del Messico, uno dei pezzi del puzzle che restavano da risolvere era che fine avessero fatto i 2 milioni di barili di petrolio che si pensava fossero da qualche parte nelle profondità dell’Oceano Atlantico.
David Valentine, dell’Università di California – Santa Barbara David Valentine e i suoi colleghi del Woods Hole Oceanographic Institute (Whoi) e dell’università di California-Irvine sono riusciti a descrivere il percorso fatto dal greggio della Deepwater Horizon seguendo le tracce del petrolio sul fondale oceanico. Per questo studio, gli scienziati hanno utilizzato i dati del Natural Resource Damage Assessment process condotto dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa)secondo il quale il governo Usa stima in 5 milioni di barili la fuoriuscita totale di greggio dal pozzo Macondo, tra l’aprile 2010 fino a che il pzzo non è stato richiuso a luglio.
Analizzando i dati provenienti da più di 3.000 campioni raccolti in 534 siti durante una dozzina di spedizioni, il team statunitense ha identificato un’area di fonale marino ampia 1.250 miglia quadrate dove si sarebbe depositato tra il 2 e il 16% fuoriuscito da Macondo e dicono che «il fallout sul fondo del mare ha creato depositi sottili più intensi a sud-ovest del pozzo di Macondo. Il petrolio è più concentrato nel mezzo pollice superiore del fondo del mare ed è irregolare anche ad una scala di pochi piedi». L’indagine si è concentrata principalmente sull’ hopane, un idrocarburo non reattivo che è servito come “proxy” per individuare il greggi. I ricercatori hanno analizzato la distribuzione spaziale dell’ hopane nel nord del Golfo del Messico ed hanno scoperto che era più concentrato in uno strato sottile sul fondo del mare entro 25 miglia dall’area del disastro, il che indicava chiaramente la Deepwater Horizon come fonte.
Valentine sottolinea che «Sulla base delle prove, i nostri risultati suggeriscono che questi depositi provengono dal petrolio di Macondo che è rimasto prima sospeso nelle profondità dell’oceano e poi si è stabilito sul fondo del mare senza mai raggiungere la superficie dell’oceano. Il modello è come un’ombra delle minuscole goccioline di petrolio che sono rimaste inizialmente intrappolate 3.500 piedi nelle profondità oceaniche a e sono state portate in giro dalle correnti profonde. Alla fine, una combinazione di chimica, biologia e fisica ha portato quelle goccioline a “piovere” per altri 1.000 piedi ed a riposarsi sul fondo del mare».
I ricercatori sono riusciti ad identificare gli hotspots del fallout del petrolio vicino a popolazioni di coralli di acque profonde e i dati in loro possesso confermano che questi coralli sono stati danneggiati dalla fuoriuscita di greggio dell Deepwater Horizon, un elemento che era stato contestato da diverse fonti. Valentine ha sottolineato che «Le prove sono diventate evidenti e le particelle oleose sono precipitate intorno a questi coralli delle acque profonde, il che fornisce una spiegazione convincente dei danni che hanno subito. Il modello di contaminazione che abbiamo osservato è pienamente coerente con l’evento della Deepwater Horizon, ma non con infiltrazioni naturali».
Lo studio ha esaminato un’area specifica, ma gli scienziati sostengono che il petrolio che hanno osservato rappresenta solo una piccola parte e a deposizione di greggio sarebbe avvenuta probabilmente anche al di fuori dell’area di studio, ma finora non si è stati in grado di rilevarla. Don Rice, direttore progranmmi della Division of ocean sciences della National Science Foundation, è soddisfatto: «Questa analisi ci fornisce, per la prima volta, una qualche risposta alla domanda: “Dov’è finito il petrolio e dove sta andando?” Ci avverte anche che questa conoscenza rimane in gran parte provvisoria fino a quando saremo in grado di spiegare pienamente cosa è successo al restante 70%»-
Valentine conclude: «Questi risultati dovrebbero essere utili per valutare i danni causati dalla fuoriuscita dalla piattaforma Deepwater Horizon, nonché per pianificare studi futuri per definire ulteriormente la portata e la natura della contaminazione. Il nostro lavoro può anche aiutare a valutare il destino degli idrocarburi reattivi, test models del comportamento del petrolio in mare e piani per gli sversamenti futuri».
Lo studio è destinato a mettere in forte imbarazzo la Bp che ha sempre sostenuto che la maggior parte del greggio “scomparso” e non recuperato si è disciolto o è evaporato prima di raggiungere terra e che no si è sicuramente depositarsi sul fondo dell’oceano. E pensare che solo la scorsa settimana Politico aveva pubblicato un articolo firmato dal vice presidente e responsabile comunicazioni della Bp, Geoff Morrell, intitolato “No, BP Didn’t Ruin The Gulf” nel quale sosteneva che il Golfo del Messico ha «Una resilienza intrinseca» alle maree nere e che gli ambientalisti esagerano gli effetti degli sversamenti di petrolipo.
Ieri Politico ha pubblicato la risposta della direttrice dell’Ocean Conservency’s Gulf Restoration, Kara Lankford, intitolata “Yes, BP Did Damage The Gulf” accusa la Bp di voler minimizzare gli effetti della marea sul Golfo del ecosistema: «Vorremmo invitare Geoff Morrell a mettersi intorno ad un tavolo con noi per discutere le prove scientifiche degli effetti del disastro petrolifero della BP, dato che sembra non sia a conoscenza di alcune importanti ricerche. Stiamo aspettando con ansia il ripristino completo del Golfo e speriamo che la BP accetti la responsabilità per lo sversamento e riconosca interamente le prove scientifiche dell’impatto, non un paio di punti da dati accuratamente selezionati».
22/05/2015, 01:10
Finora si parlava di 80.000 litri Disastro ambientale in California: rischio 400.000 litri di petrolio nell'Oceano Pacifico Il governatore della California ha proclamato lo stato di emergenza, per permettere la bonifica dell'area. La compagnia petrolifera Plains Pipeline non è nuova agli incidenti e alle procedure di infrazione
Si aggrava la situazione nella contea di Santa Barbara, in California, in seguito alla rottura di un oledotto della compagnia petrolifera Plains Pipeline avvenuta martedì. È la stessa compagnia a prefigurare un vero e proprio disastro ambientale stimando che potrebbero essersi riversati nell'Oceano Pacifico 105.000 galloni di petrolio greggio, corrispondenti a quasi 400.000 litri. Queste cifre sono confermate dal Joint information center che sta gestendo la crisi ambientale. Il centro ha comunicato che la cifra espressa, 400.000 litri, è "lo scenario peggiore possibile" e che è stata aperta un'indagine per capire le ragioni della rottura dell'oleodotto e l'esatta quantità di greggio sversato. Fino a ieri, le autorità locali avevano parlato di uno sversamento pari a 21.000 galloni, all'incirca 80.000 litri. Mentre sarebbero circa 14 i chilometri di costa inquinati. Stato di emergenza Il governatore della California, Jerry Brown, ha dichiarato lo stato di emergenza nella zona turistica di Santa Barbara, a nord ovest di Los Angeles, la parte più colpita. Questo per permettere l'invio urgente di squadre specializzate nella bonifica. "Faremo tutto il necessario per proteggere la costa della California", ha sottolineato il governatore. Diverse squadre di operatori sono già state mobilitate per ripulire le spiaggie. In particolare, le località di Goleta Beach e Refugio State Beach sono le più interessate dall'incidente. In contemporanea con l'intervento degli addetti alla bonficia, la società ha provveduto a bloccare il flusso di greggio. Ieri, il parco di Refugio State Beach era stato chiuso e l'allarme si era subito diffuso nelle spiagge vicine. Dal 2006, 175 procedure di infrazione per la Plains Pipiline Secondo il quotidiano americano Los Angeles Times, la grande azienda Plains Pipeline con sede in Texas (e parte di Plains All American Pipeline), non sarebbe nuova a questo tipo di incidenti. La compagnia, scrive il LA Times facendo riferimenti ai registri federali, dal 2006 avrebbe accumulato 175 procedure di infrazione di sicurezza e manutenzione. In base a un'analisi condotta dal quotidiano, il tasso di incidenti della Pipelines per miglia di oledotto è di tre volte superiore alla media nazionale. E di 1.700 operatori del settore, solo quattro hanno riportato pià infrazioni della Plains Pipeline. Le infrazioni riguardano: guasti alle pompe, corrosione delle condutture ed errori dell'operatore. Ma nessuno degli incidenti ha provocato feriti. Carl Weimer, direttore esecutivo del gruppo di pressione "Pipeline Safety Trust" che promuove il trasporto sicuro di greggio, si dice sorpreso che la compagnia abbia riportato nel tempo così tante procedure di infrazione: "Loro generalmente hanno più soldi e più personale qualificato, quindi è preoccupante che ottengano risultati peggiori rispetto alla media nazionale". In generale, l'area di Santa Barbara è molto attiva dal punto di vista petrolifero e dalla costa sono visibili numerose piattaforme estrattive. L'ultimo incidente risale al1969, quando da una piattaforma fuoriuscirono 15,9 milioni di litri di petrolio in 11 giorni.
04/07/2015, 21:10
Marea Nera nel golfo del Messico: BP paga 18 miliardi
GR24 "Il più cospicuo mai raggiunto con una singola entità nella storia degli Stati Uniti"
Alla fine è arrivato il verdetto, un conto salato per la British Petroleum dopo 5 anni di battaglia legale, dall'aprile del 2010 quando una marea nera di petrolio invase nell'arco di 87 giorni 173 mila metri quadrati di mare. Un'esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico, 11 le vittime, che innesco' una fuoriuscita di milioni di barili di petrolio per giorni e giorni inarrestabile. Accordo raggiunto con le autorità federali e statali degli Stati Uniti: la British Petroleum ha accettato di pagare la cifra record di 18,7 miliardi di dollari allo Stato federale e a cinque Stati americani (Florida, Alabama, Mississippi, Louisiana) che si affacciano sul Golfo del Messico. I pagamenti saranno dilazionati in 18 anni mentre una cifra definita record di 5 miliardi e mezzo di dollari servira'' come penale in accordo con il Clean Water Act, la legge in materia di inquinamento delle acque. Circa 7,3 miliardi verranno impiegati per ripagare i danni alle risorse naturali, mentre altri 4,9 per soddisfare le rivendicazioni economiche dei cinque Stati Un miliardo andra' invece a 400 agenzie governative locali. L'accordo tra le parti deve essere ancora approvato da un giudice. Ma se superera' quest'ultimo ostacolo, ha detto il ministro della Giustizia Usa Loretta Lynch, sara' "il piu' cospicuo mai raggiunto con una singola entita' nella storia degli Stati Uniti" e "contribuira' a riparare il danno arrecato all'economia, alla pesca, alle zone umide e alla fauna del Golfo". E soddisfatta del risarcimento per i danni ambientali e della parola fine e' anche la Bp, che per far fronte al disastro si e' gia' dovuta accollare oltre 40 miliardi di dollari in spese di bonifica e parcelle legali. E a quanto pare, anche gli investitori sono soddisfatti. Dopo l'annuncio dell'accordo, scrive il Wall Street Journal, le azioni della Bp hanno registrato un'impennata del 4% alla borsa di Londra.