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Rettiloide
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MessaggioInviato: 05/04/2012, 16:49 
No, è migliorato rispetto alla prima versione. Ma di quanto è migliorato?

Io resto sempre lì a cercar di capire quali sono i casi estremamente improbabili in cui il licenziamento economico illegittimo porta al reintegro (cioè, alla possibilità di reintegro, visto che il giudice può e non deve reintegrare!). Vado per analogia, la motivazione economica è manifestamente insussistente quando:

- è assente il benché minimo dubbio circa l'inesistenza del motivo economico

- è assente il benchè minimo dubbio circa l'intento strumentale della motivazione

Una tale questione è poi da trattarsi tra quelle preliminari? Prima cioè della trattazione vera e propria della questione? Cioè, se il giudice vede che un minimo dubbio sulla sussistenza di un motivo economico nel licenziamento (anche se dopo l'analisi di merito si rivela insussistente), allora il lavoratore se lo sogna il reintegro? Nel momento in cui il processo supera la frase introduttiva, il lavoratore può essere reintegrato solo se il giudice accerta una motivazione discriminatoria.

Il reintegro in caso di licenziamento economico non c'è più. Quello che cambia è che la prova della discriminazione non pesa più sul lavoratore.


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MessaggioInviato: 05/04/2012, 17:44 
Non so come giudicarlo..lascio ai più esperti.

http://www.corriere.it/economia/12_aprile_05/ammortizzatori_22fdf0b2-7edf-11e1-a959-e67ffe640cb1.shtml

Cita:
Ammortizzatori
Addio alla mobilità, l'assicurazione fino a 1.119 euro al mese


Penso che in via teorica possano essere tutte cose positive...ma in una società scandinava..
mentre applicare modelli simili da noi può essere una pericolosa incognita.


Ultima modifica di rmnd il 05/04/2012, 17:55, modificato 1 volta in totale.


_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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Stellare
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MessaggioInviato: 05/04/2012, 19:03 
Cita:
sezione 9 ha scritto:

No, è migliorato rispetto alla prima versione. Ma di quanto è migliorato?

Io resto sempre lì a cercar di capire quali sono i casi estremamente improbabili in cui il licenziamento economico illegittimo porta al reintegro (cioè, alla possibilità di reintegro, visto che il giudice può e non deve reintegrare!). Vado per analogia, la motivazione economica è manifestamente insussistente quando:



no no,
è peggiorato..
ma non sei il solo a non capirlo..

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -32800940/
La Cgil considera "positiva" la riconquista della possibilità di reintegrazione nei casi di licenziamento per motivo economico. A 18 ore dall'annuncio della modifica del Ddl sulla riforma del lavoro, dal sindacato guidato da Susanna Camusso arriva il primo giudizio sulla mediazione ed è un giudizio positivo perché viene ricostituito "il potere di deterrenza dell'art.18" e viene scongiurata "la pratica dei licenziamenti facili che Governo e Confindustria intendevano introdurre". Per il sindacato, "si tratta di un importante risultato della Cgil, della mobilitazione unitaria dei lavoratori, del consenso che si è sviluppato nel Paese sul tema della dignità del lavoro, a cui hanno prestato ascolto le forze politiche progressiste più sensibili alle tematiche sociali".


Agli industriali, ha aggiunto Marcegaglia, non piace che nel testo torni "la parola reintegro", così "l'incertezza viene affidata ai giudici.


non hanno capito monti..
nè l'una nè l'altra..
basta "saper scrivere bene"
la lettera di licenziamento
,
puntare su giustificato motivo soggettivo,
giusta causa o lasciarlo addirittura senza motivazioni
(!! leggere il testo per credere..)
per rendere molto improbabile il reintegro..
ma è un fatto voluto..
volutamente tecnicistico..
x gabbare il pd..
per tradurre in termini
decodificare la matassa
c vuole un esperto di diritto..


Ultima modifica di mik.300 il 05/04/2012, 19:07, modificato 1 volta in totale.


_________________
https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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Marziano
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MessaggioInviato: 05/04/2012, 19:12 
rmd, la tanto esaltata società scandinava, ormai di scandinavi ne ha ben pochi rimasti, e presto saranno minoranza, e forse estinti, nella loro stessa nazione.
mai sentito parlare di stupri etnici? mai sentito parlare di quartieri ormai totalmene africani?
ritieni che queste misure sarebbero ugualmente efficaci con un popolo, o meglio con popoli, di diversissima impostazione sociale e culturale (e che in nome del multiculturalismo sono aiutati nel mantenere le loro radici ben forti, anceh se a detrimento della società di cui vengono a far parte)? prima di parlare dei meridionali come possibili "eversori" di un sistema sociale alal scandinava, guardiamo che situazione disastrosa si sta creando proprio in questi paesi "modello".



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Mi spinsi nel futuro quanto mai occhio umano, le meraviglie vidi di quel mondo lontano

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«All’Italia è mancata una riforma protestante e una sana borghesia calvinista»
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MessaggioInviato: 05/04/2012, 19:44 
Cita:
Raziel ha scritto:

rmd, la tanto esaltata società scandinava, ormai di scandinavi ne ha ben pochi rimasti, e presto saranno minoranza, e forse estinti, nella loro stessa nazione.
mai sentito parlare di stupri etnici? mai sentito parlare di quartieri ormai totalmene africani?
ritieni che queste misure sarebbero ugualmente efficaci con un popolo, o meglio con popoli, di diversissima impostazione sociale e culturale (e che in nome del multiculturalismo sono aiutati nel mantenere le loro radici ben forti, anceh se a detrimento della società di cui vengono a far parte)? prima di parlare dei meridionali come possibili "eversori" di un sistema sociale alal scandinava, guardiamo che situazione disastrosa si sta creando proprio in questi paesi "modello".


Il mito dell' intgrazione è fallito con la conseguente proliferazione degli estremismi.
Mogli e buoi dei paesi tuoi, almeno sino a che l' uomo non sarà veramente pronto.



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Nutrirsi di fantasia, ingrassa la mente.

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MessaggioInviato: 06/04/2012, 16:52 
Chi piangerà?

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http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z1rGuR2Zf2

Un paese, l’Italia, che si tiene sul filo di lana. Che si regge sul sangue e i sacrifici (reali) di pensionati e lavoratori, precari, disoccupati (e lavoratori in nero), sulle donne che fanno da badanti, sul lavoro degli immigrati, sulla truffa agli esodati, sulle discriminazioni alla Fiat, sulle tasse vecchie e nuove, sulle bollette sempre più care, su Equitalia e l’usura delle banche.

Un paese in piena recessione economica sull’orlo del fallimento e la risposta dei “tecnici” è quella della “riforma” del lavoro. Che detta con le parole della verità e non dei tatticismi politico-propagandistici è compressione dei diritti dei lavoratori.

Un paese che avrà bisogno di altre manovre lacrime e sangue per continuare a reggersi in questo gioco al massacro che si chiama debito pubblico/interessi/deficit. Un paese che registra l’ennesimo record negativo di disoccupazione giovanile (32%).

E quella faccia di bronzo di Napolitano che “monita” sulla “necessità di dare risposta alla situazione giovanile”. Come? Con una riforma delle pensioni che mantiene al lavoro per altri sei anni una massa incalcolata di lavoratori bloccando il mercato in entrata, che “esoda” 350.000 persone che resteranno senza pensione e lavoro per i prossimi 2, 3 o 5 anni (ad essere ottimisti). E la Fornero che fa? Adesso piange? Per me se la ride… come ha sempre fatto.

E la riforma del lavoro servirà all’occupazione giovanile e alla lotta alla precarietà,caro Presidente del mio Stivale? O servirà solo a rendere più facile e conveniente (nei momenti in cui le aziende lo riterranno opportuno) licenziare?

Bisogna porsi la domanda giusta e non girare intorno al problema come fanno quegli pseudopolitici di sinistra italiani.

E la domanda giusta è: a chi serve davvero questa riforma?

Mi chiedo e vi chiedo: in questa situazione da Grecia camuffata cosa c’è di meglio se non rendere più economico e semplice licenziare dei lavoratori ritenuti in esubero in un periodo di contrazione economica così marcata?

La partita che si gioca su questa riforma sta proprio qui.

L’Italia (intesa come sistema-paese) avrà bisogno nei prossimi anni della massima libertà di manovra per rispondere diligentemente agli impegni presi in ambito UE e sul versante interno per mantenere a livelli accettabili il rapporto Deficit/Pil e giocare sugli interessi in maniera da non rischiare il soffocamento (default) sulle scadenze di pagamento che ci saranno.

Le risposte saranno taglio agli stipendi statali e alle pensioni e licenziamenti facili (anche nella pubblica amministrazione).

Quello che non ci dicono infatti è che con l’attuale legislazione del lavoro (in particolare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori), giuridicamente sarebbe una bella grana per un Governo che decidesse di fare ciò che è stato fatto in Grecia per rispondere “presente” ai diktat dell’UE.

Eliminati gli ultimi vincoli giuridici, sarebbe molto più semplice per un Governo mantenere il controllo della situazione. A livello di repressione dei possibili movimenti di protesta che ne nascerebbero, non ci sono problemi. Il Governo Italiano è già allenatissimo e prontissimo. Il G7 di Napoli, il G8 di Genova, la Val di Susa, sono stati senz’altro una scuola di professionalizzazione incredibilmente efficace. Oserei dire, una “Scuola Diaz”.

Da questo punto di vista, nessun problema quindi.

Ecco l’urgenza di questa riforma.

Il gioco si chiama al massacro.

Le vittime sacrificali siamo noi.

Che abbiamo intenzione di fare?


http://www.oltrelacoltre.com/?p=12204



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 07/04/2012, 20:39 
La crisi, la svendita, e mi’ cuggino: riflessione sull'art. 18
http://goofynomics.blogspot.it/2012/01/ ... ggino.html
(Un lettore mi ha appena rimproverato una scemenza detta per non aver controllato una fonte. Visto che la storia dell’euro è una storia di perseveranza nell’errore, mi adeguo alla linea del partito, e faccio un altro breve intervento basato su una fonte secondaria, che non posso controllare.)

I saldi di fine stagione
Un lettore molto attento di questo blog (sono molto orgoglioso dei miei lettori!) mi indica che secondo Emiliano Brancaccio l’uscita dall’euro aprirebbe la strada alla svendita di imprese italiane a imprenditori esteri. L’Italia, uscendo, svaluterebbe la “nuova lira” di circa il 20% rispetto al “nuovo marco” o al “neuro” (Nord-euro). Per gli imprenditori tedeschi le imprese italiane da un giorno all’altro verrebbero a costare il 20% in meno (a spanna). Lieti di questo sconto, gli imprenditori del “centro” europeo ne approfitterebbero per comprare le migliori imprese della “periferia”.

Notate bene: stiamo dicendo che in effetti l’uscita dall’euro favorirebbe l’afflusso di capitali esteri (che entrerebbero in Italia per comprarsi imprese). Altro che “saremo isolati dai mercati dei capitali, i capitali fuggiranno da noi, saremmo reietti, verremo gettati nelle tenebre dell’autarchia finanziaria, ubi erit fletus et stridor dentium...”! Esattamente il contrario. Saremmo inondati di capitali esteri, in particolare sotto forma di quelli che il manuale della bilancia dei pagamenti chiama “foreign direct investments (FDI) in reporting country” e che noi chiamiamo “investimenti diretti esteri (IDE) in entrata”.


Lezioncina: cosa sono gli IDE
Gli IDE sono definiti dall’ottava edizione del manuale della bilancia dei pagamenti come:
“a category of cross-border investment associated with a resident in one economy having control or a significant degree of influence on the management of an enterprise that is resident in another economy” (una categoria di investimento internazionale legata al fatto che un operatore residente in una economia – es.: la Germania – acquisisce il controllo o comunque un significativo livello di influenza nell’amministrazione di un’impresa che risiede in un’altra economia – es.: l’Italia). Bop manual, par. 6.8.

Se le imprese sono quotate, lo shopping avviene attraverso l’acquisto di azioni. Il Bop manual (par. 6.12) ci dice che si ritiene “significativo livello di influenza” l’acquisto di un pacchetto di almeno il 10% del capitale, e “controllo” l’acquisto di un pacchetto di maggioranza (più del 50%). Insomma, si ha un IDE quando le azioni non vengono acquistate per motivi speculativi (cioè perché ti aspetti che il loro prezzo salga), ma per aver voce in capitolo nell’azienda. Risparmio le ulteriori complicazioni (scatole cinesi, imprese non quotate, ecc.). Il senso è comunque che se le nostre imprese costassero da un giorno all’altro il 20% in meno, ciò attirerebbe capitali esteri, sotto forma di IDE in entrata (in Italia).

Quindi tutto bene? I capitali arrivano! I giornalisti, i nostri “informatori”, che tanto deploravano la scarsa attrattività dell’Italia, dovuta (secondo loro) all’assenza di politica industriale del Satiro, tireranno un sospiro di sollievo. I sindacalisti anche, e soprattutto la Camusso, per la quale, par di capire, lo scopo della “politica industriale” è quello di vendere aziende alle multinazionali straniere. E gli economisti, che in tante occasioni hanno studiato la relazione fra IDE e crescita, e hanno cantato le lodi degli IDE, a causa della loro natura “produttiva” e non “speculativa”, e quindi della loro maggiore stabilità (perché chi acquisisce il controllo di un’azienda lo fa perché questa faccia profitti, e non – almeno in teoria – per rivendere il pacchetto azionario il giorno dopo), si aggiungeranno al coretto degli informatori: “Alleluia! In exitu Israel de Egipto...”. Se i capitali arrivano, vuol dire che siamo attraenti (alla nostra età è sempre una soddisfazione), quindi ne siamo quasi fuori. Un po’ di Purgatorio, ed è fatta.

Invece no, assolutissimamente no.

E la svalutazione dell’ipotetica “nuova lira” non c’entra nulla. Sono convinto che la segnalazione del lettore derivi da una lettura affrettata (un po’ di confusione è scusabile quando si leggono troppe cose, soprattutto se si legge solo di economia, stante la lecita, ma un po’ fuorviante, abitudine dei colleghi di dire tutto e il contrario di tutto). Brancaccio, non va dimenticato, è stato fra i primi economisti italiani a denunciare la reale natura degli squilibri determinati dall’euro. E l’aritmetica, ne sono certo, la sa. Quindi è difficile che abbia messo la cosa in questi termini. Vediamo perché.


Cosa ci dice l’aritmetica.
Il 20% sembra un bello sconto, finché non si aprono gli occhi. Quando lo si fa, e ci si guarda in giro, si vede un campo di macerie. Gli attacchi speculativi iniziati questa estate, tradottisi in vendite coordinate di titoli di stato italiani da parte di chi ne deteneva quantità sufficienti a influenzare il mercato, hanno determinato ondate successive di panico e sbriciolato le quotazioni delle imprese italiane. Fornisco a caso alcune performance a un anno:

Geox – 40%
Fiat –48%
Mediobanca -39%
Mps –68%
Safilo -63%
Unicredit -75%

(I dati vengono dal sito http://www.borsaitaliana.it/ e sono riferiti alla data di pubblicazione di questo post. Ringrazio il prof. Santarelli, PhD ai Bagni 93 Luigi di Cattolica, emerito di Goofynomics all’università di Topolinia, nonché mio private banker - disoccupato, visto che col mio stipendio non riesco a risparmiare).

A chi volesse acquistare un’impresa italiana, la crisi finanziaria ha già fatto uno sconto che va dal 40% al 75%. Certo, la svalutazione farebbe un ulteriore sconto del 20%. Questo, però, non andrebbe applicato ai valori di un anno fa, ma a quelli odierni, e sarebbe quindi sostanzialmente trascurabile. Esempio: supponiamo che una banca tedesca sia interessata ad acquistare Unicredit. Poniamo costasse 100 un anno fa. Oggi costerebbe 25. Se svalutassimo, costerebbe 20 (perché il 20% di 25 è 5). Quindi con la svalutazione del 20% il nostro fratello teutone non risparmierebbe 20, rispetto ai 100 iniziali, ma solo 5. Certo, questi 5 in pratica non sono bruscolini. Ma non mi sembra siano determinanti, rispetto ai 75 già risparmiati a causa della crisi finanziaria, e degli attacchi speculativi scatenati, guarda caso, dai grossi investitori istituzionali del centro (perché i titoli li vende chi li ha, e la casalinga di Voghera, per quanto sia sfiduciata, difficilmente influenza il mercato).

Siamo seri, per favore! Agli investitori del “centro” lo sconto glielo ha fatto l’euro, ponendo (come abbiamo più volte chiarito) le condizioni per la fragilità finanziaria della periferia. Questa fragilità e il conseguente tonfo sono stati il vero saldo di fine stagione. La svalutazione aggiungerebbe poco. Quindi non credo che Brancaccio abbia detto questa cosa (sbagliata), tanto più che gli ho visto spesso dire la cosa giusta, cioè che una qualche forma di controllo dei movimenti di capitale sarà un ingrediente necessario per ristabilire ordine in Europa.

Purtroppo, però, non sono in grado di controllare la fonte perché, guarda caso, l’articolo citato dal mio lettore, ambiziosamente intitolato “L’unica cosa da fare”, è anche l’unico articolo che non riesco a scaricare dal sito di Brancaccio. Chi ci riesce e me lo manda vince... una svalutazione del 20%!


Il vero sconto
Naturalmente il tonfo in borsa riguarda solo le imprese quotate in borsa. E per le altre (posto che interessino)? Mettiamola così: nello scenario attuale, dopo il crollo delle quotazioni, il vero sconto, il maggiore regalo agli investitori esteri, arriva dalle politiche di austerità e di svalutazione “interna”. Il motivo è semplice: deprimendo la domanda sul mercato interno, quello più immediatamente accessibile, queste politiche intaccano pesantemente la redditività delle imprese italiane, mettendo alle corde (come diceva Dornbusch) i pochi imprenditori italiani rimasti. I quali, a questo punto, hanno un ovvio incentivo a svendere a imprenditori esteri e ritirarsi a vita privata. Che bello, arrivano i capitali...

Anche le politiche di “svalutazione interna”, cioè di taglio dei salari, concorrono a questo quadro. Queste politiche ci vengono richieste dalla Germania sulla base del fatto che da loro sono state attuate, e che noi dovremmo seguire il loro virtuoso esempio. Mi chiede però con affettuosa insistenza Marino Badiale: “che senso ha da parte della Germania, con la quale siamo sostanzialmente in una guerra commerciale, indicarci la strada da seguire per sconfiggerla? (cioè invitarci a recuperare competitività con politiche dei redditi aggressive in senso commerciale: pago meno gli operai, faccio un miglior prezzo all’estero)”. La risposta è che se lo scopo fosse quello dichiarato (indicarci la strada per essere più competitivi verso di loro) la cosa non avrebbe senso. Ma lo scopo è un altro, ed è duplice. Primo, mettere le imprese italiane in ginocchio mettendo in ginocchio i loro lavoratori. Una strada che, come ho detto più volte e come sta sui libri, le imprese italiane hanno imboccato da sole, ma sulle quali ora viene loro chiesto di proseguire. Tagliare i salari significa, in definitiva, compromettere il fatturato delle aziende (chi compra, se tutti hanno meno soldi?), ottenendo lo stesso risultato delle politiche di austerità: intaccare la redditività per indurre a cedere le aziende. Secondo... ve lo dico dopo una breve parentesi.

M’ha detto mi cuggino...
Devo occuparmi dell’argomento “mi’ cuggino”. Eh sì, perché quando si arriva a questo punto, quando si fa notare che la Germania ha praticato fin dal secondo dopoguerra una politica di deflazione competitiva, salta sempre fuori qualcuno che, come nella canzone di Elio, se ne esce con: “m’ha detto mi’ cuggino che alla Volkswagen stanno meglio che alla Fiat”. Se non l’ha detto “mi’ cuggino” l’ha detto “un amico che lavora lì”, se non è un amico è un giornale, uno di quei giornali che vi hanno informati così bene finora, e continuano a farlo, con professionalità e indipendenza (da voi) seconde solo a quelle delle banche centrali.

L’argomento “del cuggino” è che il “netto in busta” sarebbe più alto in Germania, il che rende assurdo sostenere che la Germania faccia competizione sui salari, cioè tramite una “svalutazione interna” competitiva. Argomento sposato da un’altra mia affezionata lettrice,
Vediamo insieme cosa non comprende (in my humble opinion) Dana, e in che cosa l’argumentum ad cugginum è fallace.

I dati che mi’ cuggino non conosce... (ma basta chiedere)
Una cosa credo di aver capito studiando l’economia: se si è disposti a saltabeccare dal livello dell’analisi economica a quello dell’aneddoto, dal ritaglio di giornale ai database dell’OCSE, dalla sociologia alla statistica economica, si può dimostrare tutto, e il suo contrario. A me qui interessa il livello macroeconomico (gli aneddoti ben vengano nei commenti) e mi interessano i dati provenienti dalle fonti ufficiali, che come al solito vi fornirò.

Con questa premessa, faccio alcune ovvie considerazioni.

1. La Germania non è la Volkswagen, come l’Italia non è la Fiat. Tutti gli aneddoti sono utili, ma alla fine il risultato complessivo va valutato in termini complessivi. Ad esempio: saranno tutti così felici i lavoratori dell’indotto? Ma non voglio indurvi a raccontare altri aneddoti. Voglio guardare all'aggregato.

2. Nell’aggregato i salari reali tedeschi, dal changeover in poi, sono diminuiti, mentre quelli italiani sono rimasti stazionari. Il dato è ampiamente noto (tranne che in Italia), e ampiamente ammesso dall’establishment tedesco, che, per bocca di Roland Berger, consulente della Merkel, ammette che la ricetta del successo tedesco sta nella "liberalizzazione" del mercato del lavoro e in aumenti dei salari reali inferiori a quelli della produttività. Che poi significa aumenti dei profitti superiori a quelli della produttività (a meno che lo scarto non venga dato in beneficenza). E i risultati si vedono, sono nei dati. Guardate la Fig. 1:

Si vede benissimo che dal 2003 al 2009 i salari reali tedeschi (cioè i salari corretti per la variazione del costo della vita) sono diminuiti del 6%. Quelli italiani dello 0%. Siccome c’è sempre qualche ingenuo che arrivato a questo punto mi accusa di complottismo e vuole vedere la “smoking gun”, faccio notare che è proprio il consulente della Merkel a dire che questa è una delle due cause del successo tedesco (l’altra essendo la “liberalizzazione” del mercato del lavoro). Quindi non è complottismo: è una precisa, univoca, dichiarata, esplicita intenzione politica che si riflette nei dati.

Ora io mi chiedo, e soprattutto lo chiedo a Dana74: lo dicono i dati, lo dicono i responsabili della politica tedesca: occorre altro per capire che la Germania fa competizione sui salari (cioè pratica una “svalutazione interna” o deflazione competitiva)? Evidentemente a te sì. E allora mi arrendo. Hai vinto.

3: "Ma io sto meglio in Germania che in Italia, dice un altro mio carissimo lettore. Nel senso che hai più soldi in busta paga. Giusto. Solo che all’imprenditore non interessa quanto dà a te, ma quanto gli costi, e le due cose sono diverse. In mezzo c’è il cuneo fiscale. Il costo del lavoro non è il netto in busta, e questo voi, che a differenza di me siete uomini pratici, lo capite meglio di me: ci sono di mezzo contributi e tasse. Quindi c’è ovviamente anche un problema di sistema fiscale, e ovviamente un enorme freno alla competitività italiana è posto dall’iniquità italiana, cioè dal fatto, talmente macroscopico che lo vedo anch’io, che sul lavoro dipendente cade il maggiore onere fiscale. E poi: sei sicuro di comprare a Brema lo stesso paniere di beni che compri a Viterbo? Perché tu ci hai detto che guadagni di più, ma... non ci hai detto quanto costa un chilo di pane, quanto spendi per il biglietto dell’autobus, ecc. Siamo sicuri che in Germania la vita costi di meno? L’OCSE tanto sicura non lo è. Se convertiamo i redditi unitari da lavoro dipendente (diciamo, il salario medio al lordo delle tasse) in una comune unità di misura, vediamo che a parità di potere d’acquisto i salari nominale tedeschi e italiani sono perfettamente allineati. Anzi: prima del changeover, cioè prima dell’operazione 1000 lire = 1 euro, la vita in Italia costava sensibilmente di meno, tant’è che a parità di potere d’acquisto i nostri salari erano superiori. Lo si vede bene nella Fig. 2:

Vedete che bel "tuffo" fra 2002 e 2003? Ma naturalmente è solo un problema di percezione. Lo abbiamo percepito noi, e l'OCSE. Il governo (Berlusconi) e i suoi apparati (Istat ecc.) un po' di meno. "Noi veggiam come quei c'ha mala luce...". Anche gli uffici statistici, forse, vedono meglio a distanza. E il tempo, comunque, è galantuomo.

4: il mio lettore dichiara di essere rimasto allibito quando il suo capo (Führer) ha licenziato una sua collega dall’oggi al domani. Caro lettore, hai capito come stanno le cose? Lo sai come si chiama questo? Si chiama liberalizzazione del mercato del lavoro. Che poi sarebbe un eufemismo per disoccupazione. Perché la diminuzione del salari reali vista in Fig. 1 non è stata ottenuta con la moral suasion: è stata ottenuta con la minaccia dei licenziamenti e delle delocalizzazioni, e imponendo un tasso di disoccupazione in alcuni anni fino a 3 punti più alto che in Italia (per citare un esempio). Non credi a me? Hai, come ognuno di noi, me compreso, un lato Dana? E allora guardati i dati della Banca Mondiale:

Vedi come decolla la disoccupazione nel 2003, l'anno che Berger indica come anno della "riscossa", delle "riforme" tedesche? Ma io so che tu lo sai...

La morale della favola (ma non ditela a mi’ cuggino...)
Chiedo scusa per la lunga parentesi. Vorrei non fosse necessaria, e soprattutto vorrei non fosse inutile. Temo sarà l’uno e l’altro. Continuo quindi lasciando Dana74 al suo sbigottimento (“e lo mperché non sanno”) e rivolgendomi agli happy few.

Riassumo: la Germania pratica una svalutazione interna competitiva che realizza comprimendo i diritti dei lavoratori, e pretende che noi adottiamo questo modello. Lo fa perché così possiamo competere con lei? No. Lo fa perché i suoi imprenditori vogliono trovare da noi, una volta acquistate le nostre aziende, le stesse condizioni di “liberalizzazione” (leggi: licenziamenti facili e compressione dei salari reali) che gli hanno garantito elevati profitti a casa loro. L’invito alla “virtù alamanna” è ovviamente “pro domo sua” (cioè loro): “buono fantolino, a tu piace voli vola...” dalla finestra, se chiedi l’aumento all’imprenditore alamanno.

Fateci caso: in questa ottica (e solo in questa ottica) l’insistenza del governo sull’art. 18 acquista una logica che altrimenti non avrebbe. Sappiamo che esso non interessa alle aziende italiane. E allora perché interessa tanto al governo degli italiani? Semplice: perché sopprimere l’art. 18 interessa alle aziende tedesche (che ce lo hanno chiesto per interposta Bce). E infatti Berlusconi è stato “sostituito” non appena si è capito che non ce l’avrebbe fatta a imporsi su questo punto. Tu mi intendi, vero, Marino?


Obiezioni inutili
Qualcuno potrebbe obiettare: ma se le politiche di austerità compromettono la redditività, gli imprenditori esteri che affare ci fanno? E la risposta è abbastanza ovvia: intanto, quello che si perde in traino della domanda sul nostro mercati, lo si guadagna in compressione dei salari. Ma il punto è un altro: chi ha detto che gli imprenditori esteri siano interessati al nostro mercato? Sono interessati alla nostra eccellenza manifatturiera, che ha mercato nel mondo. Il nostro destino è quello di diventare una gigantesca “fabbrica cacciavite”, una specie di “Cina” europea, dove gli imprenditori del Nord vengono a produrre per riesportare, approfittando dei bassi salari e dei bassi diritti. Direte allora: ma la Cina ci ha guadagnato! Certo: ma il processo lo ha gestito lei, con regole sulla corporate governance, sul trasferimento di tecnologia, sui requisiti occupazionali, sui contenuti nazionali minimi, ecc. Noi invece lo stiamo subendo. Direte ancora: ma comunque gli investitori esteri porteranno crescita, che alla fine è quello che ci serve. Rispondo: certo! Come in Irlanda. Porteranno crescita, e riporteranno all’estero i profitti realizzati, dando un’ulteriore spinta in discesa all’indebitamento estero (secondo quanto ho spiegato qui).

Lasciate perdere... o anche no: non lasciate perdere: parliamone: decenni e decenni di disinformazione non possono non aver lasciato scorie. Depuriamoci insieme. L'acqua della salute è meglio di quella del Letè, che mi sembra tutti stiano bevendo a garganella!


Concludendo
In Italia, a sinistra, va per la maggiore una certa esterofilia un po’ provinciale e un po’ autolesionista, alla Tafazzi. Anche chi intuisce che l’ideologia del vincolo esterno ha creato più problemi economici di quanti ne abbia risolti, anche chi non si nasconde la gravità del furto di democrazia che essa ha determinato, insiste ad autoflagellarsi: ce lo meritiamo, perché non siamo bravi come i tedeschi! I tedeschi ci confessano che in realtà la loro bravura consiste solo nel comprimere salari e diritti, ma i nostri Tafazzi non possono crederci. Confessio regina probationum, ma non per loro. Questi ingenui, che vivono nel “mito della razza ariana”, sono poi quelli che appena arrivano all’estero cercano, come Totò e Peppino, un ristorante italiano, preferendo un pessimo piatto di spaghetti a un’ottima Flammkuchen (salvo poi lamentarsi che gli spaghetti erano scotti... e grazie!).

Ma come non capirli? Trovare all’estero le cose di casa è indubbiamente rassicurante, soprattutto per personalità non sufficientemente strutturate. Flaiano, che era di Pescara (terra di spaghetti alla chitarra), definiva non a caso l’Italia una Matria (chi per la Matria muor vissuto è assai). E quando penso ai miei studenti di Pescara, che adoro e rispetto (e loro lo sanno), capisco benissimo quanto la chitarrina della mamma (in senso gastronomico ed edipico) abbia parte nella loro feroce determinazione di non studiare le lingue (ma una cosa la sanno dire: mannàggement – management). E io a dirgli: “non ascoltate me, studiate l’inglese, andatevene”. Ma il campo gravitazionale della chitarrina, anche di quella ai frutti di mare, è invincibile (amor omnia vincit).

Ma questo non è solo un vizio (se è un vizio) italiano: lo condividono anche i nostri “cuggini” tedeschi. I quali in fondo vorrebbero solo trovare qui, da noi, dopo che ci avranno comprato, le cose di casa. Un desiderio innocente: quasi modo geniti infantes. E non mi riferisco tanto alla fragrante Flammkuchen della mamma... quanto alla rassicurante e familiarmente alamanna possibilità di licenziare in tronco i lavoratori che eventualmente desiderassero appropriarsi in busta paga di una parte degli incrementi di produttività.

Del resto, ci mancherebbe altro che fosse difficile licenziare in Italia quegli italiani che è così facile licenziare in Germania! Non per questo abbiamo (chi?) fatto l'Europa!


Pubblicato da Alberto Bagnai a 19:53



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MessaggioInviato: 12/04/2012, 16:52 
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mik.300 ha scritto:

Cita:
sezione 9 ha scritto:

No, è migliorato rispetto alla prima versione. Ma di quanto è migliorato?

Io resto sempre lì a cercar di capire quali sono i casi estremamente improbabili in cui il licenziamento economico illegittimo porta al reintegro (cioè, alla possibilità di reintegro, visto che il giudice può e non deve reintegrare!). Vado per analogia, la motivazione economica è manifestamente insussistente quando:



no no,
è peggiorato..
ma non sei il solo a non capirlo..

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -32800940/
La Cgil considera "positiva" la riconquista della possibilità di reintegrazione nei casi di licenziamento per motivo economico. A 18 ore dall'annuncio della modifica del Ddl sulla riforma del lavoro, dal sindacato guidato da Susanna Camusso arriva il primo giudizio sulla mediazione ed è un giudizio positivo perché viene ricostituito "il potere di deterrenza dell'art.18" e viene scongiurata "la pratica dei licenziamenti facili che Governo e Confindustria intendevano introdurre". Per il sindacato, "si tratta di un importante risultato della Cgil, della mobilitazione unitaria dei lavoratori, del consenso che si è sviluppato nel Paese sul tema della dignità del lavoro, a cui hanno prestato ascolto le forze politiche progressiste più sensibili alle tematiche sociali".


Agli industriali, ha aggiunto Marcegaglia, non piace che nel testo torni "la parola reintegro", così "l'incertezza viene affidata ai giudici.


non hanno capito monti..
nè l'una nè l'altra..
basta "saper scrivere bene"
la lettera di licenziamento
,
puntare su giustificato motivo soggettivo,
giusta causa o lasciarlo addirittura senza motivazioni
(!! leggere il testo per credere..)
per rendere molto improbabile il reintegro..
ma è un fatto voluto..
volutamente tecnicistico..
x gabbare il pd..
per tradurre in termini
decodificare la matassa
c vuole un esperto di diritto..


alla fine l`hannocapito anche loro..

ROMA - Nessuna richiesta sull'articolo 18, ma un consistente pacchetto di mofiche alla parte della legge sulla riforma del lavoro che regola la flessibilità in entrata. E' questo in estrema sintesi la conclusione del faccia a faccia avvenuto questa mattina tra il segretario del Pdl Angelino Alfano e la presidente di di Confindustria Emma Marcegaglia.


sol oche non gli basta..


"La riforma del mercato del lavoro noi vogliamo approvarla perché serve all'Italia anche per quanto riguarda la credibilità nei mercati internazionali. Serve farla bene per questo vogliamo modificare alcune norme troppo gravose e negative per quanto riguarda le assunzioni", si è limitato a dire Alfano. E' entrato invece maggiormente nei dettagli Giuliano cavolola, anche lui presente all'incontro. "La delegazione di imprenditori che abbiamo ricevuto - ha chiarito il parlamentare del Pdl - non ci ha chiesto nulla ma ci ha fatto presente la questione dei contratti a termine, delle partite Iva, e dell'apprendistato: tutte cose che sostanzialmente diciamo e chiediamo noi".

non gli bats ala liberta` di licenziare
vogliono anche assumere a piacimento..
altroche contratt oa tempo indeterminato..



_________________
https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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Riporto anche qui la segnalazione di Bliss, inserita in un altro 3AD.

Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

Lo scopo inconfessato della riforma del mercato del lavoro
http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/ ... a-del.html

La letteratura economica fornisce una semplice spiegazione di quanto sta accadendo oggi in Italia. L’economia ci dice che lo scopo (inconfessato) della riforma del mercato del lavoro deve essere quello di causare un incremento della disoccupazione. Un (ulteriore) incremento del tasso di disoccupazione si rende necessario per un motivo molto semplice: la curva di Phillips. La curva di Phillips stabilisce che la crescita dei salari è in relazione inversa rispetto al tasso di disoccupazione, una relazione individuata da A.W. Phillips nel 1958. Questa relazione non è mai stata posta seriamente in discussione nella letteratura empirica, come ci ricorda Jeffrey Fuhrer. Non sorprende quindi che gli economisti ne facciano tuttora uso per prevedere l’inflazione (Fendel, Lis e Rulke), ed è assolutamente evidente che il governo italiano sta facendo altrettanto.

In tutta evidenza, i fautori della riforma si aspettano che un innalzamento del tasso di disoccupazione moderi la crescita dei salari e quindi il tasso di inflazione. Ciò contribuirebbe a ristabilire la competitività di prezzo dei prodotti italiani e quindi a riequilibrare gli sbilanci esterni che sono alla radice della crisi dell’eurozona, come spiega ad esempio Martin Wolf. Tra l’altro, questo è uno dei motivi per i quali i mercati finanziari, che credono in questo meccanismo (come ci ricordano Fendel et al. in un altro lavoro), potrebbero accogliere con favore un innalzamento della disoccupazione in Italia.

L’unico piccolo problema con questo approccio è di natura politica, non economica. Il ragionamento del governo è impeccabile da un punto di vista economico. Il suo unico (trascurabile?) difetto è che nessun membro del governo sta dicendo la verità, ovvero che lo scopo immediato e inconfessabile di una riforma altrimenti insensata è quello di far aumentare la disoccupazione.

(indubbiamente pensare in inglese aiuta a essere lapidari)




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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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Cita:
Blissenobiarella ha scritto:
In Italia, a sinistra, va per la maggiore una certa esterofilia un po’ provinciale e un po’ autolesionista, alla Tafazzi. Anche chi intuisce che l’ideologia del vincolo esterno ha creato più problemi economici di quanti ne abbia risolti, anche chi non si nasconde la gravità del furto di democrazia che essa ha determinato, insiste ad autoflagellarsi: ce lo meritiamo, perché non siamo bravi come i tedeschi! I tedeschi ci confessano che in realtà la loro bravura consiste solo nel comprimere salari e diritti, ma i nostri Tafazzi non possono crederci. Confessio regina probationum, ma non per loro. Questi ingenui, che vivono nel “mito della razza ariana”, sono poi quelli che appena arrivano all’estero cercano, come Totò e Peppino, un ristorante italiano, preferendo un pessimo piatto di spaghetti a un’ottima Flammkuchen (salvo poi lamentarsi che gli spaghetti erano scotti... e grazie!)


Si potrebbe fare l'elenco, dall'invaghimento per Blair fino all'amore aperto per Zapatero (che piaceva tanto soprattutto a sinistra-sinistra). Un amore, quest'ultimo, venuto meno quando si è capito cosa faceva ai lavoratori (altro che riforma ultima!) e cosa faceva agli immigrati (altro che Lega!)

Stupidaggini a parte (stupidaggini in senso buono, intendiamoci), vorrei far notare una cosa: quando a sinistra si faceva i duri e puri, si arrivò al 34%, più o meno lo stesso massimo risultato raggiunto dal PD con ben altre formule e ben altre idee.

Per cui, la mia domanda (sarcastica, ma neanche tanto) è: ma che caspita volete? Abbiamo, a sinistra, Bersani e Vendola, ora, e capisco che non saranno ricordati come i migliori filosofi del secolo. Ma quando si avevano i migliori (dal miglior filosofo del secolo Gramsci al Migliore Togliatti, fino a quella immensa figura di Berlinguer, ma anche Di Vittorio, Lama...) gli Italiani che cavolo hanno fatto?

Sinceramente, trovo difficile avere ancora sulla scena politica, contemporaneamente, persone eccezionali come si sono avute. Se manco quelle sono piaciute, evidentemente il problema non riguarda le persone, ma neanche le idee, il problema è che l'italiano a sinistra non voterà mai. Perchè? Perchè preferisce correre dietro a personaggi grotteschi (ma pericolosi: altro che chitarrine, l'italiano parla parla ma in realtà preferisce prenderlo nel ........) alla Berlusconi, alla Bossi, alla Grillo.

Ma secondo voi, tanto per restare al tema lavoro, perchè Ichino (che secondo me manco dovrebbe starci a sinistra) continua ad essere nel PD e ad essere in Parlamento? Perchè al PD sono scemi? E' che porta voti. Cioè, ha un certo numero di voti che gli garantisce di sedersi dove vuole. E non è colpa mia (o del PD, o di chi volete) se gli italiani preferiscono votare per la persona invece che per il "simbolo". Gli italiani sono "tifosi", e seguono la persona in qualunque partito vada a finire. La Binetti, secondo voi, ha "perso voti" cambiando partito? E Scilipoti? E perchè gli italiani fanno così? Perchè pensano (ci credono ancora, poverini!) che votare la persona significa poi avere dei benefici personali.

Insomma, se la sinistra (anzi, se la politica in genere) è ridotta a questo non certo esaltante spettacolo, la colpa è degli italiani.

Sapete cosa dicono i "ggiovani" di questa riforma? Che va bene, perchè li tutela. E che dell'art. 18 non gliene frega niente, perchè tanto non ce l'avevano manco prima, visto che erano precari-cococo-cocopro. E che pure delle pensioni tagliate non gliene frega niente, perchè tanto sanno che in pensione non ci andranno mai. Prova te a dir loro che la riforma fa schifo, e vedi come corrono a votarti. Ovvio che come partito devi barcamenarti tra quello che vorresti avere e quello che in realtà hai (i tempi sono cambiati ma è in questi tempi che ci tocca vivere, diceva la Mafai).

Fatevi due conti, in generale: conviene stare all'opposizione di Monti? Io, questa avanzata delle opposizioni (Lega - Idv - Sel) non la vedo. Perchè non sono al 20% ma restano tra il 5 e l'8-9%? Evidentemente, perchè la gente è stufa di "politica". Ora come ora, se spuntasse fuori il dittatore, direbbero "era ora". Il 52% degli italiani pensa che i partiti non servono a niente, e che la democrazia può funzionare anche senza. 20 anni di qualunquismo e di populismo stanno per dare i loro frutti?


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MessaggioInviato: 13/04/2012, 11:03 
No, 20 anni di assenza della politica, in ogni settore della società e dell'economia.
Una bugia è sempre una bugia, sia che la racconti uno "statista" che la racconti un "populista".
A me non frega nulla se un politico rientra nell'una o nell'altra categoria, non serve a nulla essere sobri quando poi realizzi politiche devastanti per la società, compromettendo il futuro del paese, perché altrimenti chi comanda metterà un sobrio al posto di un populista o viceversa per alzare gli ascolti del pubblico.
Io voglio vedere i fatti, e quando Grillo parla di democrazia dal basso e poi si comporta in modo che io personalmente ritengo essere in netta discordanza, ci metto una croce sopra (non sulla scheda elettorale, ci siamo capiti).
Quando mi si raccontano delle bugie enormi (per le conseguenze che hanno avuto e che avranno) sull'euro, io metto una croce sopra su tutti quei politici ed economisti che ci hanno mentito, non me ne importa nulla se per il volgo o il populino sono degli "statisti", dei "sobri" o chissà cosa (le tv ti ribaltano da un giorno all'altro, vedi Strauss Khan).
Stare qui a parlare di strategie politiche lo trovo ridicolo, parlare di strategie da risiko per due voti in più, quando si stanno decidendo le sorti non solo dell'Italia ma dell'intera Europa e forse della "nuova" democrazia che si sta prospettando, le trovo considerazioni da piccoli uomini (non le tue, ma quelle dei politici).
Si firmano trattati, si approvano leggi senza che si discuta ormai più alcunché, non c'è nemmeno una finzione di dibattito pubblico e quelle poche volte che c'è stata è perché sono stati costretti (referenda) e in quell'occasione abbiamo visto il re nudo e il suo bel castello di carte.
Sezione9... qui la destra avanza, ma non tanto come "partito", come "ideologia", ma come sfacelo.
Io sono pessimista, credo che ormai sia troppo tardi per ricostruire un'alternativa razionale, forse sarà possibile farlo quando ci toccherà camminare sulle macerie, ora la vedo dura.


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MessaggioInviato: 13/04/2012, 11:09 
Bagnai in proposito, sulla riforma del lavoro, la pensa così
http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/ ... a-del.html
Cita:
La letteratura economica fornisce una semplice spiegazione di quanto sta accadendo oggi in Italia. L’economia ci dice che lo scopo (inconfessato) della riforma del mercato del lavoro deve essere quello di causare un incremento della disoccupazione. Un (ulteriore) incremento del tasso di disoccupazione si rende necessario per un motivo molto semplice: la curva di Phillips. La curva di Phillips stabilisce che la crescita dei salari è in relazione inversa rispetto al tasso di disoccupazione, una relazione individuata da A.W. Phillips nel 1958. Questa relazione non è mai stata posta seriamente in discussione nella letteratura empirica, come ci ricorda Jeffrey Fuhrer. Non sorprende quindi che gli economisti ne facciano tuttora uso per prevedere l’inflazione (Fendel, Lis e Rulke), ed è assolutamente evidente che il governo italiano sta facendo altrettanto.
In tutta evidenza, i fautori della riforma si aspettano che un innalzamento del tasso di disoccupazione moderi la crescita dei salari e quindi il tasso di inflazione. Ciò contribuirebbe a ristabilire la competitività di prezzo dei prodotti italiani e quindi a riequilibrare gli sbilanci esterni che sono alla radice della crisi dell’eurozona, come spiega ad esempio Martin Wolf. Tra l’altro, questo è uno dei motivi per i quali i mercati finanziari, che credono in questo meccanismo (come ci ricordano Fendel et al. in un altro lavoro), potrebbero accogliere con favore un innalzamento della disoccupazione in Italia.
... continua

Mi sembra una riflessione seria. Del resto non si spiegherebbe l'irrazionalità di tutto quello che stanno facendo.


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MessaggioInviato: 13/04/2012, 13:28 
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http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 11943.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 15/04/2012, 09:31 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Chi piangerà?

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raga,
avete sentito l'ultima della fornero?

"gli esodati sono creati dalle imprese.."

ma come prima vuole licenziare
per giustificato motivo,
e poi pretende che le imprese
tengano al lavoro manodopera
ritenuta ormai obsoleta..

questa sta fuori..

"..o la riforma o vado a casa.."
dice lei..

la seconda, pls..



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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Io l'ho sempre detto che il loro scopo è solamente fott... i lavoratori,altro che salvare l'Italia!!!.[:(!]


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