In tempi remoti una stirpe di dèi giunse sulla Terra per educare gli uomini. E’ soltanto una fantasia? Radicati nel mito degli indizi sembrano confermare questa incredibile ipotesi... La Storia dell’Uomo va dunque riscritta? Un viaggio affascinante tra i misteri dell’Uomo.
Attraverso la scienza dell’esegesi, l’Uomo fino a oggi non è ancora riuscito a ricostruire le sue origini alquanto nebulose.
Né, a tale riguardo, le saghe e le leggende sono state prese in seria considerazione perché comunemente si crede che esse ingigantiscano la realtà e che siano frutto di pura fantasia. Spesso però tramandano avvenimenti autentici e verità che gli storici, in mancanza di documenti, distruggono.
L’egizio Manetone e lo storico Eusebio sostenevano che gli dèi alati avevano dato vita a creature ibride, a volte mostruose, così come testimoniato sull’obelisco nero del re assiro Salmanassar III custodito a Londra nel British Museum o sulla tavoletta dei cosmetici del re Narmer, visibile nel Museo Egizio del Cairo.
Allora, per un’interpretazione comprensibile del Passato, cercherò di fare chiarezza senza confutare la teologia sistematica, ma solo ripercorrendo, tappa dopo tappa, l’evoluzione dell’Umanità fino dal suo apparire sulla Terra. Circa 10.000 anni fa l’Uomo “loquens” ha lasciato i primi graffiti impressi sulla roccia.
Egli non era ancora in grado di esprimere, attraverso una scrittura seppure rudimentale le sue emozioni e sensazioni perché il suo linguaggio primitivo non gli permetteva alcuna rappresentazione “logica dei pensieri” o “trasmissione di eventi” costruiti secondo una scala grammaticale comprensibile.
Egli ha imparato a riprodurre nel fango, sulle rocce e nelle caverne le rappresentazioni di impronte, orme, animali… e dèi. I nostri progenitori hanno cercato di documentare e di trasmettere ciò che avevano visto attraverso raffigurazioni semplici, nella loro esecuzione, ma ricche di inquietanti particolari.
Ma tutto ciò è stato, per molto tempo, continuamente e opportunamente ignorato dalla “scienza ufficiale”. Molte volte ci siamo trovati di fronte a disegni e graffiti raffiguranti strani esseri o divinità i cui tratti ci ricordano astronauti e visitatori spaziali che, a bordo delle loro “macchine volanti”, hanno sorvolato le montagne o sono scesi sulla Terra.
Una stirpe divina?Numerosi studiosi, anche di fama mondiale, hanno condotto ricerche sull’origine non “terrestre” della specie umana ottenendo il più delle volte dei risultati “assurdi e incongruenti”. Ma proprio grazie a queste insolite conclusioni oggi incominciamo ad interrogarci sempre più sulla nostra quanto meno strana comparsa sulla Terra, a prescindere dalle concezioni religiose. Nel Libro di Enoch, settimo patriarca, sono riportate inquietanti cronache che descrivono un’arcaica civiltà differente nei caratteri somatici da quella odierna.
Infatti, Enoch parla di una razza di esseri di luce con le ali chiamati “Osannes” e descrive dettagliatamente il suo viaggio a bordo di una macchina volante in compagnia di alcuni di questi angeli: «Enoch camminò con Dio e non ci fu più, poiché Dio lo rapì» (Genesi: 5,24). Egli riferisce ancora che alcuni di questi dèi si erano accoppiati con le donne della Terra dando origine a una razza di giganti.
Uno di questi esseri giganteschi, Kas (figlio del “serpente”), aveva insegnato ai “terrestri” numerose tecniche e fra l’altro, anche i metodi di fecondazione artificiale.
Infatti, in un passo del libro leggiamo: «Uno strano figlio ho generato. Non è come ogni altro essere umano, ma mi sembra il figlio degli angeli del cielo, perché diverso è il suo aspetto, ed egli non è come noi… Non mi sembra figlio mio, ma degli angeli». Troviamo tracce di questi esseri giganteschi, sotto forma di “geoglifi”, in Cile (il gigante di Tarapaca nel deserto dell’Atacama, alto 95 metri e largo 20 metri) e in altre parti del mondo: nel Sud America, negli USA, in Australia, in Israele e perfino in Europa.
Le incisioni in questione appartengono a epoche molto distanti tra loro databili da 50.000 anni fa fino al XVIII secolo. Anche i sumeri hanno descritto i loro dèi come esseri giganteschi di origine “celeste”. Ma c’è dell’altro. Tra il 1936 e il 1939 due studiosi Jean Paul Lebeuf e Marcel Griaule, durante una spedizione nelle pianure del Ciad scoprirono l’esistenza di un antico popolo chiamato “Sao”, formato da individui molto alti. Purtroppo questa strana etnia presumibilmente fu distrutta dagli arabi alla fine del IX secolo.
Nella zona furono rinvenuti numerosi sepolcri di dimensioni inusuali e gioielli di bronzo che raffiguravano “esseri ibridi” completamente diversi dalla razza umana. E’ certamente singolareche tutti gli appunti di viaggio e i risultati degli studi condotti dai due ricercatori siano stranamente svaniti nel nulla…
Analoghe descrizioni di esseri “celesti” di alta statura le ritroviamo sia nella Bibbia (la caduta degli angeli) e sia in altri testi sacri che riportano anche cronache riguardanti sanguinosi scontri fra gli dèi. Argomento ripreso dagli Esseni che descrivono, in alcuni papiri rinvenuti a Qumran, la furibonda lotta fra i “figli della Luce” contro i “figli delle tenebre”. A seguito di queste singolari cronache sono state azzardate delle ipotesi relative all’esistenza sulla Terra, in un passato remoto, di più civiltà detentrici di una medesima insolita tecnologia.
A tale proposito va ricordato che presso lo Smithsonian Museum di Washington si trovano numerose testimonianze riguardanti reperti dichiarati “anomali e misteriosi”.
Sono, infatti, oggetti impossibili, dall’origine sconosciuta per l’archeologia ufficiale per la maggior parte “copie” realizzate dagli uomini per imitare gli “arnesi” appartenuti agli dèi. Fra i numerosi oggetti sono esposte delle strane borse in pelle, simili a quella raffigurata nella mano destra di un Oannes, un essere della mitologia mesopotamica metà pesce e metà uomo, inciso su un muro a Nimrud, in Iraq.
Analoghe raffigurazioni sono state identificate a Villahermosa, in Messico, dove è possibile ammirare una divinità munita di “scafandro spaziale” simile all’iconografia sumera e atzeca. Ma qual era la funzione di questa specie di “canestro sacro”?
Radici ignote dell’UomoLo storico babilonese Berosso (275 a.C.) in una sua cronaca riferisce che l’Oannes aveva insegnato agli uomini la Geometria Sacra e l’uso dei semi vitali che custodiva per l’appunto nell’enigmatica borsa. Quindi “la civiltà umana” risalirebbe a periodi anteriori alla comparsa dell’australopitecina Lucy così come riportato nelle famose Stanze di Dzyan, straordinario lavoro di Elena Petrovna Blavatsky.
La studiosa russa ha svolto degli studi approfonditi sulle leggi inesplicabili della natura e sui poteri latenti nell’Uomo. Si deve a lei la trattazione della “Dottrina Segreta”, interpretata da un libro sacro di origine remota, denominato appunto le “Stanze di Dzyan”.
In questo libro, custodito in un vecchio monastero tibetano e composto da due dischi di diverso diametro che avrebbero la proprietà, se toccati, di far rivivere eventi della Storia attraverso immagini cerebrali, si narra della creazione dell’universo raffigurata in sette stanze. E proprio nella settima stanza si legge: «Allora i costruttori, indossate le loro prime Vestimenta, discendono sulla Terra radiosa e regnano sugli Uomini che sono loro stessi».
Un’altra testimonianza ci viene fornita dai due antropologi francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen che per molti anni hanno vissuto a contatto dei Dogon, un misterioso popolo che vive nel Malì. I due studiosi avevano, infatti, scoperto che gli sciamani possedevano delle incredibili conoscenze sia in astronomia che in campo scientifico pur non avendo avuto un lungo contatto con la moderna civiltà.
La loro sapienza fa supporre che abbiano ereditato dagli antenati cognizioni rivenienti da una civiltà superiore la cui origine potrebbe non essere terrestre. Inoltre, i Dogon sapevano, da tempi remoti, che Sirio faceva parte di un sistema binario cioè formato da due stelle denominate A e B e che Sirio B ruotava intorno a Sirio A con un’orbita ellittica della durata di 50 anni. Ma ben sappiamo che Sirio B fu scoperta solo nel 1862 dall’astronomo americano B. Clark.
E allora come mai questo popolo primitivo sapeva dell’esistenza della nana bianca? Ma i Dogon conoscevano anche Saturno, che raffiguravano con gli anelli, e Giove, al quale univano quattro lune, e descrivevano la nostra galassia come una grande spirale dentro la quale la Terra ruotava intorno al suo asse.
Da chi avevano ricevuto queste informazioni?
Una loro leggenda narra della venuta sulla Terra di strane creature, chiamate Nommo, atterrate a bordo di cerchi di fuoco, per metà uomini e per metà pesci. Sembrerebbe che questi strani esseri siano sbarcati anche in Mesopotamia e in Egitto dando luogo a rappresentazioni religiose del tutto comuni alle tre civiltà. Una bella favola o realmente gli Oannes provenivano da un’altra civiltà superiore a quella esistente in quell’epoca sulla Terra?
Ma la loro origine rimane ancora oggi avvolta nel più fitto mistero. Certo è che il mito di questi “enigmatici stranieri” ha influenzato anche il primitivo culto ebraico, basti ricordare il segno dei “pesci” ripreso dall’iconografia cristiana e il versetto che, rivolto a Gesù, recita: «Osanna, nell’alto dei cieli». La cabala parla dei “Sadaim, il popolo volante” che periodicamente atterrava sul nostro pianeta prediligendo, come base, il Medio Oriente. Perfino un’antica cronaca islamica, risalente all’Alto Medioevo, descrive con estrema precisione un avvistamento di una formazione di corpi luminosi sulla città del Cairo. Quindi non possiamo escludere che anche la Bibbia abbia fatto passare per “manifestazioni divine” degli episodi relativi ad avvistamenti o “incontri ravvicinati”.
Tutti gli elementi raccolti a sostegno di queste “teorie o ipotesi” provocano un certo imbarazzo nella scienza positivista che rimane disarmata di fronte a tali prove sconcertanti. Tutto ciò spiegherebbe l’alternarsi di fasi di civilizzazione e scienza avanzata con fasi di oscurantismo e regresso nel corso dei millenni che hanno visto come protagonista la razza umana. Né ci deve sorprendere quanto teorizzato dallo scienziato tedesco Hans Hörbiger che attribuisce la scomparsa di alcune importanti civiltà a cataclismi provocati dalla caduta sulla Terra di corpi celesti delle dimensioni della Luna.
Creature CelestiSecondo le ricerche di Hörbiger, infatti, migliaia di anni fa ruotavano intorno al nostro pianeta ben quattro satelliti di cui tre precipitati sulla superficie terrestre. Spesso queste “suggestive ipotesi” ci fanno riflettere e come d’incanto ne troviamo le risposte nella Bibbia seppure in chiave criptica, che in modo semplice ma efficace ribadiscono la “diversa origine” della nostra progenie.
Un esempio lampante ci viene offerto dal passo 6,2 della Genesi che illustra la strana congiunzione fisica tra i “Nefìlim” (stirpe di esseri di fuoco) con le donne terrestri (figlie degli uomini). Si è trattato forse di un incontro tra razze diverse? L’una in grado di “volare” e detentrice di arcane tecnologie e l’altra “incubatrice” della nuova specie? L’idea guida di questi presupposti “storici” è per lo più legata alle leggende o ai testi sacri, che se pur depurati dagli elementi mitologici, ci riportano ai primi “visitatori” dall’origine ancora sconosciuta.
Ma c’è dell’altro. Il Professor Erich von Däniken ha esaminato un’incisione risalente a 7.000 anni fa rinvenuta nella tomba Katsuhara a Mtsubase in Giappone, che riproduce in dettaglio un razzo con alettoni. Il cattedratico russo Vladimir Scherback nel febbraio 1990 pubblicò i risultati di una sua ricerca sulle “informazioni genetiche”. Egli aveva infatti scoperto che le relazioni simmetriche del DNA si combinavano seguendo uno schema risalente a ben tre miliardi e mezzo di anni prima della comparsa dell’uomo sulla Terra.
Questi risultati fanno ipotizzare che le “simmetrie di secondo livello” sarebbero arrivate sul nostro pianeta sotto forma di microorganismi inviati da “intelligenze extraterrestri”. L’archeologo Henri Lhote nella grotta denominata Tassili n’Ajjer, su di una parete, ha scoperto una figura di alta statura che indossa una tuta spaziale con casco.
Va ricordata anche la teoria formulata da Ion Hobana e cioè che creature aliene abbiano visitato la Terra all’origine dei tempi per creare la vita e per studiarne la successiva evoluzione. Come abbiamo visto si trovano tracce di questi “esseri” nei graffiti e nella maggior parte dei testi sacri e “magici”. Ma la tesi di “archeologia spaziale” sembra non piacere a chi, facendosi scudo della scienza esatta, preferisce nascondere il proprio imbarazzo di fronte a prove inconfutabili di “intelligenze” antropologicamente “diverse” dalla razza umana.
Allora dobbiamo dedurre o che esiste una Storia parallela a quella ufficiale o che siamo “inconsci” protagonisti di corsi storici già abbondantemente anticipati dalla letteratura biblica.
Rispondere non è né facile. La ragione “razionale” rifiuta tutto ciò che è al di là della “linea di confine” mentre quella “esoterica” consente l’analisi ponderata, sotto l’aspetto misterico e criptico, di atti e fatti per penetrare nell’insondabile e quindi per fornire delle soluzioni agli enigmi del passato. A Capo di Ponte, in provincia di Brescia, troviamo ben 40.000 incisioni distribuite su 900 rocce.
Artefice di queste eccezionali testimonianze è stato il popolo dei Camuni vissuto circa tremila anni prima di Cristo. Questi disegni raffigurano per la maggior parte degli uomini che indossano caschi con antenne e che reggono nelle mani degli strani oggetti di forma incomprensibile. Mentre nelle grotte australiane di Kimberley troviamo dipinto un “uomo con la tunica” che ricorda in maniera sbalorditiva i cosiddetti alieni “Javas” responsabili di numerose abductions negli ultimi decenni.
L’esploratore Rex Gilroy ha trovato in altri siti australiani le stesse “lettere” incise sulla parte superiore dello “scafandro” del monaco di Kimberley, riconducibili a un alfabeto indecifrabile appartenuto a una cultura megalitica.
Un’altra prova di “contatto” ci viene fornita da una statuetta sumera del 5.000 a.C. che raffigura un vegliante “Grigio”. E ancora. Ricordo che nel 1991 fui particolarmente colpito da una strana scultura esposta nella mostra “I Celti” a Palazzo Grassi di Venezia. A prima vista sembrava la riproduzione della testa di un cervo mentre analizzando con più attenzione i particolari del volto, veniva fuori la sorprendente somiglianza con un alieno “Grigio”.
Alcune leggende celtiche narrano dello “sbarco” sulla Terra di un popolo denominato Tuatha De Danaan, proveniente dalla costellazione di Llys Don (Cassiopea) e di strani velivoli capaci di volare senza far rumore e di trasportare centinaia di passeggeri. Altre ancora riguardano invece micidiali armi in grado di distruggere a distanza e di “polverizzare” oggetti con una lunga lingua di fuoco e la possibilità degli “Dei alati” di poter volare, trasportati da un suono particolare.
Ma altri documenti affiorano prepotentemente dal Passato ponendoci di fronte a sorprendenti dubbi.
Indizi “scomodi”Pur rimanendo con i piedi per terra non possiamo non criticare chi, per partito preso, ritiene privi di significato indizi che invece dovrebbero stimolare chiunque ad effettuare più approfondite e circostanziate indagini senza farsi condizionare da un’unica scuola di pensiero dominante. Nel Museo archeologico di Costantinopoli si trova una piccola scultura a forma di astronave con pilota, rinvenuta a Toprakkale (ad est della Turchia, alla base del Monte Ararat).
La statuetta, lunga 22 e larga 7,5 centimetri appartiene al periodo Ur (3.000 a.C.). Ma se queste “prove” non dovessero ancora risultare sufficienti per convincere gli “scettici” prendiamo in esame un altro caso straordinario: la grotta di Lascaux nella Dordogne (Francia). In questa singolare grotta, risalente a 17.000 anni fa, all’Età della Pietra, è dipinto un immenso affresco formato da 1.600 figure.
Nella cosiddetta “Sala dei Tori”, posta vicina all’ingresso, troviamo dipinti a semicerchio sulla volta, quattro “auroch” (molto simili ai nostri attuali tori) e un “liocorno” che vogliono rappresentare una mappa celeste. I disegni sono stati realizzati con un pigmento di manganese nero e proprio sopra la testa del primo toro, posto sulla destra, sono stati posizionati, ad opera della “stessa mano”, sei piccoli cerchi. Non sono altro che le Pleiadi della costellazione del Toro.
Ma c’è dell’altro. Nella grotta compaiono altre otto costellazioni (Sagittario, Orione ecc.), disposte lungo l’eclittica, che con sbalorditiva precisione ricostruiscono una sorta di zodiaco preistorico. Proseguendo all’interno della caverna troviamo in un ambiente denominato “pozzo dell’uomo morto” un dipinto che raffigura un essere umano sdraiato per terra che stringe nella mano uno strano bastone, adoperato per i rituali sciamanici.
L’uomo primitivo di Lascaux ha scelto il pittogramma del toro perché, testimone di un evento che ha segnato profondamente il suo immaginario, ha voluto indicare le coordinate delle stelle dalle quali provenivano gli dèi. La costellazione del Toro, situata a nord-ovest di Orione e a sud-ovest di Auriga, riproduce la forma a “V” della testa e ricorda stranamente il primo simbolo del tetragramma rinvenuto all’interno della piramide di Cheope.
Nella stessa costellazione ritroviamo i due ammassi stellari formati dalle Iadi e dalle Pleiadi indicati da altre civiltà come i luoghi da dove sono partiti alcuni dèi per “colonizzare” il nostro pianeta.
I sumeri comparsi in Mesopotamia all’inizio dell’era precessionale del Toro (4.320 a.C.) raffiguravano il dio solare Tesup o Teschub sotto forma di Toro per indicare l’omonima costellazione. Non è casuale che il Gran sacerdote egizio Senmutt nella sua tomba “astronomica” abbia fatto dipingere il dio Horus che indica con una lunga asta (il vincastro di Osiride) la costellazione del Toro (2.450 a.C.), sede degli dèi Epagomeni.
Ma anche nella Bibbia ci sono espliciti riferimenti alle Pleiadi e a Orione in un versetto del libro di Giobbe (38, 31-33). Inoltre Dante Alighieri nella Divina Commedia sembra volerci indicare l’origine extraterrestre della “prima gente” così come evidenziato nelle seguenti terzine del Purgatorio: «Io mi volsi a man destra e posi mente all’altro polo, e vidi quattro stelle non viste mai fuor che alla Prima Gente. Goder pareva il ciel di lor fiammelle: o settentrional vedovo sito poi che privato se’di veder quelle!».
“Incontri ravvicinati”Altre inquietanti testimonianze riguardanti la nostra origine “non terrestre” emergono dall’antico Egitto. I sacerdoti egiziani conservavano certamente la memoria di questi “incontri ravvicinati” nella famosa Biblioteca di Alessandria, distrutta in seguito inspiegabilmente. Ma forse qualcosa è stata salvata dalla umana damnatio!
Dobbiamo però attendere la civiltà egizia e quindi l’introduzione degli“ideogrammi”, per incominciare a parlare di una primitiva “lingua”, graficamente completa di vocali e consonanti, idonea per trasmettere la cronaca di eventi “celesti”, di rituali e di formule magiche. «Io approdo al momento stabilito sulla Terra, all’epoca stabilita, secondo tutti gli scritti della Terra, da quanto la Terra è esistita e secondo quanto ordinato da Colui che è il Grande Vegliante» (tratto dal Capitolo CX del Papiro di Torino).
Siamo sicuri che proprio dal centro iniziatico di Ermopolis ossia la città degli 8 Thot (l’odierna El Ashmunein) ha avuto origine la Dottrina Segreta del logos creatore e della Magia, divulgate inizialmente da Ermete Trimegisto, soprannominato lo Scriba degli dèi. Il grande mago diceva: «Guardate il cielo con le sue stelle, le sue nubi, guardate la terra con le sue montagne, i suoi fiumi, le sue valli, gli alberi, i mari. Tutto ciò non è altro che l’espressione della Volontà Superiore.
Il Cosmo nella sua complessità è un manoscritto uscito dalle mani degli dèi, cercate quindi di leggere e capire questo libro aperto e posto davanti a Voi».
Si pensa ancora oggi che le “verità” di Ermete, ricevute dagli dèi giunti dal cielo, siano custodite in una sorta di archivio segreto dove viene mantenuta accesa la fiaccola degli insegnamenti ermetici detta la “lampada della saggezza”.
Ma i misteri egizi non si esauriscono qui. Alcuni studiosi, compreso il sottoscritto, si sono spesso avventurati nella “interpretazione” della simbologia ermetica dei geroglifici. I risultati ottenuti hanno stimolato la nostra ricerca nella speranza di ricostruire il complesso puzzle riguardante i rituali magici. E proprio da questi ultimi è partita la nostra indagine nel tentativo di riportare alla luce “i significati e le applicazioni” delle antichissime formule recitate dai grandi sacerdoti. Antichi insegnamenti degli Anunnaki?
Il potere della vibrazioneUn Maestro del Tempio di Sais ha scritto «Chi comprende il principio della vibrazione ha afferrato lo scettro del potere. Dalla manifestazione più alta a quella più bassa, tutte le cose vibrano con vari gradi di movimento, diverse direzioni, diverse maniere di intensità».
Un altro sacerdote ripeteva continuamente ai suoi discepoli: «i poteri della mente sono infiniti, l’uomo può creare mentalmente molte cose purché sappia mettersi in contatto con il Tutto, ricordandosi sempre che l’Universo, con quanto esso contiene, è un’enorme creazione mentale del Grande Tutto; Tutto è Mente».
A tale riguardo si è espresso in maniera più che esplicita anche il Professor El Hagi Nasuf il quale ha affermato che «oltre al mentale, il clero egiziano conosceva le linee di forza magnetica; esse avvolgono la terra come una gigantesca rete e chi sappia sfruttarle può avere a disposizione un’inesauribile fonte di energia e gli egiziani sono riusciti ad utilizzarla». Ma su indicazione di chi? Si narra che questa segreta conoscenza sia stata tramandata ai posteri per mezzo di alcune formule magiche, custodite nella tomba dello stesso Imhotep.
Forse parte di questi misteri può essere spiegata dall’ultima frase incisa sulla Stele di Rosetta: «… perciò abbiamo noi, sacerdoti di Menfi, sul luogo pietre ammucchiato, dove le splendenti braccia di Ra finiscono, quando giorno e notte si equivalgono al tramonto sull’orizzonte occidentale affinché la porta al dio in eterno serrata rimanga».
Altro personaggio enigmatico dell’Antico Egitto è senz’altro Sekhmkhet, faraone della III Dinastia che ha regnato 60 anni prima di Cheope (2611-2603 a.C.) e che ha fatto erigere una piramide, mai finita, a sud-ovest di quella a gradoni di Saqqara.
Questa piramide con il trascorrere del tempo è scomparsa ingoiata completamente dalla sabbia e solo nel 1951 l’archeologo egiziano Zakaria Ghoneim è riuscito a localizzarla. Tre anni dopo il rinvenimento è stata abbattuta la parete rocciosa che immetteva nella stanza dove era custodito il sarcofago. Una porta ne impediva l’accesso, in quanto costruita su rotaie in alabastro che permettevano il suo scorrimento solo verso l’alto.
Ma nel sarcofago non sono state trovate le spoglie di alcun “faraone” o nobile egiziano come se si volesse a ogni costo perpetuare il segreto “dell’immortalità” e della conoscenza a essa legata così come trascritto da Diodoro: «… perché venne proibito ai sacerdoti di diffondere quella precisa Conoscenza su quelle cose di cui erano stati fatti partecipi» e forse fra queste cose sono da includere anche la “pietra fiammeggiante” (l’uranio?) e “il bastone di Osiride” (il raggio laser?) donati agli Antichi Padri Egiziani dagli “dèi alati” e oggetto di ricerca anche da parte di Federico II di Svevia, dei Templari, dei d’Angiò, di Adolf Hitler… e … di altri (Tesla, Majorana, Fermi, ecc...)!
La descrizione di questo “cristallo”, dotato di immaginabili poteri, è contenuta nel racconto menfita della stele di Shabaka, nei papiri rituali di Semna, nel formulario magico di Khensumosi (sacerdote di Amon) ed è rappresentata anche nel Benben di granito grigio di Amenemhat III (1818-1772 a.C.), trovato nel 1900. Tutte queste inconfutabili prove dimostrerebbero che il contatto con entità non terrestri sia continuato anche… nell’Antico Egitto. Su una parete del tempio di Hathor leggiamo: «la forma umana è stata mutata dal Dio Luminoso».
Ci torna utile a questo proposito l’interpretazione esoterica dei geroglifici incisi nel “cippo di Horus” che in maniera semplice e affascinante ci illustrano, nella loro regolare esecuzione ideografica, l’incontro fra i terrestri e un dio dal “grosso cranio”. Più in basso viene descritta dettagliatamente una sorta di mutazione genetica di un babbuino che via via assume le sembianze del “nuovo essere”, mentre in altre parti del cippo vi sono ideogrammi che rappresentano uomini che stringono nelle mani delle armi micidiali che sparano raggi distruttori.
Non possiamo non parlare del faraone Cheope, figura non priva di fascino e mistero, artefice con ogni probabilità del restauro di una costruzione molto antica risalente ad oltre 50.000 anni fa, dedicata a Iside.
In questo tempio doveva essere custodito uno strumento in grado di generare una potente energia che in seguito il faraone ha forse “nascosto” all’interno della famosa Grande Piramide? Sappiamo che il nome Khufu in egiziano significa “detentore di un potere forte e sconosciuto” ed è strano constatare che, di questo faraone, non esista alcuna effige o statua importante, infatti, l’unica testimonianza del suo regno, durato 23 anni, è rappresentata da una statuetta alta pochi centimetri.
Cheope è stato senz’altro il continuatore del culto di Amon legato a un’arma potente azionata da una micidiale energia così come risulta da un’iscrizione incisa su di una parete del tempio di Dendera.
I fatti si riferiscono a oltre 10.000 anni fa al tempo in cui gli dèi serpentiformi governavano l’Egitto. L’energia chiamata “MRHN” si trasformava in luce intensa dopo essere stata “elaborata” in una stanza nella quale interagiva uno Zed. Tornando al cippo di Horus, proprio nella parte alta, possiamo vedere un dio alato che stringe nelle mani un “tubo” dal quale fuoriesce una specie di folgore distruttrice, la cosiddetta “saetta di Amon”. Sembrerebbe che quest’arma sia stata utilizzata con successo anche da Tutmosi III che al passo Megiddo sconfisse gli Hyxos e da Ramses II nella battaglia di Qadesh contro un potente esercito ittita.
Il segreto dell’energiaNel famoso papiro di Useret, custodito al British Museum di Londra, troviamo uno strano e rarissimo geroglifico che si riferisce ad Amon o Amun e che è stato inciso anche all’interno del tempio di Abydos. Sembrerebbe, a prima vista, una specie di accumulatore elettrico a forma di “bastone”. Lo stesso utilizzato da Akhenaton-Mosè e denominato “shamir” o “serpente di fuoco” e dal Re Salomone per far tagliare e squadrare le pietre necessarie alla costruzione del suo Tempio.
Da questi fatti potrebbe derivare l’uso di inserire nei copricapo dei faraoni la forma del “cobra reale”, adorato dai leggendari sacerdoti di Sais. Ma grazie a queste “estemporanee indagini” condotte da parte di alcuni di noi, ricercatori oltre la linea di confine, stiamo riscoprendo indizi che ci riportano a un tempo remoto dove ritroviamo alcune tracce indelebili di un sapere tecnologico di cui disponevano le antichissime civiltà. Ma ritorniamo per un attimo al tempio di Dendera.
Non è improbabile che nelle incisioni delle pareti sia dissimulato lo schema di una macchina capace di generare un’energia utilizzabile sia per scopi bellici che per il rituale del “risveglio”.
Purtroppo nel 1973 dalle cripte di Dendera sono state rubate alcuni lastroni che adornavano le pareti e sulle quali vi erano geroglifici che forse avrebbero potuto spiegare l’arcano significato dello schema formato dai due bulbi di vetro entro i quali avveniva la trasformazione dell’energia in ankh (vita). Per quanto riguarda invece il rito del “risveglio” dobbiamo ritornare alla Grande Piramide di Cheope. Infatti, lo scopo della sua costruzione è da attribuirsi alla duplice utlizzazione di “custodire” e di “generare” delle forze capaci di rallentare il tempo e di favorire una sorta di “ringiovanimento” progressivo delle cellule. Tutto ciò sembra assurdo ma dalle ultime indagini archeologiche è venuto fuori che i faraoni celebravano il rito chiamato “HB-SD” (Heb-Sed) per protrarre il loro regno e quindi la permanenza sulla Terra.
La cerimonia consisteva nel portare il faraone ad una morte apparente dopo di che il corpo veniva collocato all’interno di un sarcofago di porfido rosso o di granito. Il faraone beveva una “pozione” a base di fiori di loto che provocava un repentino rallentamento di tutte le attività vitali. Dopo alcuni giorni, forse nove, il sovrano “resuscitava” in perfetta forma. A prima vista sembrerebbe una tesi assurda ed irrazionale ma alcuni scienziati dell’Istituto di Studi Avanzati dell’Argentina, hanno effettuato degli esperimenti circa l’influenza che può esercitare la forma geometrica della Piramide su enzimi e ormoni umani, giungendo a dei risultati eccezionali. Lo stesso Napoleone Bonaparte ha voluto verificare questi poteri latenti della Grande Piramide.
La sera del 12 agosto del 1799 si è introdotto nell’enigmatica costruzione ed è rimasto per tutta la notte sdraiato nel sarcofago ubicato nella camera del re. Quando è uscito all’alba i suoi uomini hanno notato che era molto pallido e sconvolto ma l’Imperatore non ha mai voluto riferire a chicchessia cosa fosse mai accaduto nel corso di quell’interminabile notte.
Il simbolismo dell’EllisseMa è senz’altro la regina Hatshepsut colei che ha custodito il segreto più importante dell’antico Egitto: quello della “resurrezione” legato a un rituale di alta “Heka” in onore della Dea Ueret Hekau. Infatti era possibile attraverso alcune “formule magiche” e un’energia di particolare potenza, ottenere risultati inspiegabili razionalmente ed attivare forze sconosciute, capaci di “ridare vita” a qualsiasi ushabti.
Una sorta di camera iperbarica dove veniva introdotto il corpo senza vita di una persona e sottoposta a una particolare irradiazione luminosa. Hatshepsut, enigmatica donnafaraone, è stata legata sentimentalmente a Senmut, gran sacerdote e architetto sacro. Il gran sacerdote alla morte della sua amata costruì due tombe che ancora oggi presentano dei particolari misteriosi e sconcertanti.
Dopo un tunnel di trenta metri si giunge alla seconda tomba di Senmut, costruita a ridosso del tempio della bella regina. Il soffitto di questa tomba, ermeticamente affrescato, era rimasto occultato per secoli ai profani da uno spesso strato di intonaco. Al suo interno troviamo delle iscrizioni magiche che si riferiscono a Cheope, vissuto 1.500 anni prima e sul soffitto è disegnata la cintura di Orione che sovrapposta alla mappa di Giza corrisponde esattamente alle piramidi di Cheope, Chefren, Micerino e la Sfinge. Ma la cosa più insolita è rappresentata dalle tre ellissi che girano intorno alla stella che corrisponde alla piramide di Chefren.
Il simbolo elissoidale è inesistente fra i geroglifici egiziani, quindi vuole essenzialmente rappresentare le orbite utilizzate dagli Dei per raggiungere la Terra. E’sorprendente constatare che nessun egittologo o ricercatore abbia pensato di dirigere le sue specifiche ricerche a questa piramide che probabilmente nasconde la “chiave di lettura” per interpretare cosa sia effettivamente accaduto migliaia di anni fa sul nostro pianeta. Inoltre no ci si deve sfuggire un particolare abbastanza importante riguardante la tomba 353 a Deir-El-Bahari. Infatti essa non è stata completata pur avendo un soffitto dalle rappresentazioni ermetiche.
Si tramanda che Senmut non avesse avuto il tempo necessario per completare l’opera che doveva, fra l’altro, racchiudere al suo interno alcuni segreti di Karnak, luogo dove veniva praticato il culto di Amon che come abbiamo precedentemente visto era legato ad un’energia di straordinaria potenza, capace di togliere e ridare la vita. Nel museo del Cairo è conservato il papiro n.133 risalente alla XVIII dinastia che illustra in modo chiaro e straordinario un rituale di resurrezione. Il papiro fa parte del “libro dell’Amduat” reso pubblico dall’egittologo Boris de Rachewiltz.Questo testo sacro fa da guida all’uomo vivente il quale attraverso il viaggio iniziatico che origina dal Duat, rappresentato dall’ideogramma di una stella racchiusa in un cerchio, deve giungere fino al divino.
La catarsi trascendentale doveva svolgersi solo in occasione dell’equinozio quando si aprivano le “porte temporali” prendendo come riferimento astronomico la stella Rigel, situata al “piede” di Orione e come riferimento terrestre il fiume Nilo.
Tutto ciò ci riporta all’iconografia adottata per illustrare il viaggio agli inferi che ritroviamo anche all’interno del tempio di Seti I ad Abydos (circa 1.300 a.C.) e nella “placca di Djer” dove al centro in alto è collocato l’ideogramma mes che significa “rinascita”. Ma esistono altre “prove” che ci riportano in maniera particolareggiata cronache di probabili incontri ravvicinati con gli “alieni” nell’antico Egitto. Un esempio ci è fornito dal “Papiro Tulli”, ancora oggi oggetto di accese dispute fra i vari studiosi circa la sua autenticità.
Una scoperta sensazionaleA Bari in una zona ritenuta “sacra” dove sono presenti testimonianze di insediamenti neolitici, numerose grotte e alcune chiese rupestri, insiste un ipogeo con criptoportico al cui interno, sul soffitto, è inciso un archeometro astronomico. Il sito, oggetto della mia indagine, si trova all’interno di uno dei rami della cosiddetta Lama Picone.
Le lame sono antichi letti di fiumi ormai completamente secchi che dalla Murgia arrivavano fino al mare. Esse sono la testimonianza della presenza umana già a partire dal Neolitico, evidenziata dal ritrovamento in grotte naturali di selci lavorate a punta e di altri utensili e di altri strumenti rinvenuti in insediamenti di comunità rupestri organizzate, dedite all’agricoltura, alla pastorizia e che abitavano in ambienti ricavati scavando nei calcari e nei tufi di tutta la zona.
Gli insediamenti sono sorti sul ciglio delle lame per la fertilità dei terreni. All’interno dell’ipogeo, da noi preso in esame, è stata scoperta sulla volta un’incisione realizzata con rudimentali scalpelli, di difficile datazione ma con ogni probabilità risalente a un’epoca precedente al Medioevo. E’ la rappresentazione bidimensionale della volta celeste, secondo la teoria geocentrica, riportata su di un archeometro di 360° inscritto in due cerchi concentrici, secondo un’antica tradizione astronomica risalente agli Egiziani, in seguito ai Greci e poi introdotta in tutta l’Europa.
Al centro è collocata la Terra e tutt’intorno altri dieci pianeti compreso Nibiru, con i loro moti, con il Sole all’esterno e due stelle fisse, probabilmente Sirio e Betelgeuse. Le due stelle fanno parte del cosiddetto “triangolo invernale” ed erano visibili dal sito, come evidenziato dalle due simulazioni ottenute con Skymap pro 11, ipotizzando la data del 22 dicembre del 1000 e 1500 a.C. A distanza di alcuni metri dal secondo ingresso dell’ipogeo sono state rinvenute, sempre sulla volta, due sculture antropomorfe raffiguranti due volti di cui uno molto strano, simile a un Nommo, per la particolare conformazione della calotta cranica e l’inusuale taglio degli occhi.
L’archeometro, simile ai petroglifi dell’Oregon incisi sulle rocce dagli indiani nativi, riproduce in scala gli stessi disegni apparsi, dagli anni ‘90 in poi, in alcune formazioni di crop circles: Bishops Cannings (3 maggio 1990), Barbury Castle (16 luglio 1991), Netz a Waldeck (23 e 24 luglio 1991), Codhurst, a Lethbridge, Alberta (Canada, 31 agosto 1991), fattoria “Firs” (18 giugno 1992), Milk Hill (16 luglio 1992). Se prendiamo come paragone anche il disegno del cerchio nel grano apparso nel 1990 presso Hopton (Norfolk), notiamo che la sua struttura è identica a quella dell’archeometro di Bari. Tutte le prove fin quì raccolte sembrano volerci ricordare che, in un Passato remoto, la Terra è stata visitata da altri esseri provenienti da altri mondi.
La scienza ufficiale non condivide queste ipotesi e di conseguenza preferisce “negare” anziché “spiegare” queste scomode testimonianze che qualcuno invece ha voluto tramandare agli uomini del futuro.
Fonte:
http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0312.html