06/05/2012, 09:00
Raziel ha scritto:Enkidu ha scritto:bleffort ha scritto:
[quote]Atlanticus81 ha scritto:
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Così ad occhio:ma...questo ha una grande somiglianza con il Dio Budda!!!.
A parte il fatto che il Buddha non è un Dio, ma un maestro di spiritualità che viene venerato come santo fondatore del Buddismo.... questa rassomiglianza con il Buddha proprio non ce la vedo, anche perché non ho mai visto un Buddha dai caratteri negroidi e con un elmetto di guerra, per giunta!
06/05/2012, 09:08
bleffort ha scritto:Atlanticus81 ha scritto:
Le regioni dell’Europa e del Mediterraneo sommerse dall’innalzamento dei mari conseguente alla fine della glaciazione sono molte, e non vi sono indizi al presente che consentano di localizzare quella in cui deve aver avuto origine la cultura megalitica, la patria sommersa degli Atlantidi. Ne citiamo qualcuna: il ponte di terra che un tempo esisteva fra la Turchia e l’Europa, e che univa il Mar di Marmara, il Bosforo, i Dardanelli; una vasta estensione di terra allora emersa che univa quasi la Tunisia alla Sicilia; la parte settentrionale di quello che è oggi l’Adriatico; un’unica grande isola che si estendeva là dove oggi si trova l’arcipelago delle Baleari; in Atlantico l’area della Manica che era emersa durante l’età glaciale ed univa le Isole Britanniche al continente – alcuni autori identificano questa terra oggi invasa dall’oceano con la Lyonesse delle leggende celtiche - ; nel Mare del Nord il Dogger Bank, la regione di acque basse nota per la sua pescosità ed un tempo sicuramente emersa: ancora oggi i pescatori trovano i resti di quelli che un tempo furono rami di alberi impigliati nelle reti sollevate dal fondale.
Come si vede, c’è l’imbarazzo della scelta, ed è un grave imbarazzo.
Al momento non c’è modo di risolvere questo problema, e lo lasceremo in sospeso, vi sono però due questioni alle quali è possibile cercare di abbozzare una risposta:
1. Quali popoli, quali aree, quali culture furono quelle maggiormente interessate, conservarono, si può dire, i frammenti dell’Atlantide megalitica?
2. Quale rapporto esiste nello specifico fra essa ed i Celti?
Se noi osserviamo una carta geografica che riporta la disposizione dei monumenti megalitici, vediamo che essi disegnano una specie di “L” con il fulcro nella Penisola Iberica, da Baalbek in Libano attraverso Malta e l’Italia meridionale, risalendo poi la costa atlantica attraverso la Gallia, le Isole Britanniche fino alle Orcadi che ne rappresentano la propaggine più settentrionale.
Da Wikipedia:
I Greci la chiamarono Melita nel 822 a.C. e gli arabi Malitah. Venne così chiamata dai Greci per la sua grande quantità di api, dato che mèlissa o la variante mèlitta in greco significano ape. Secondo un'altra ipotesi, la parola Malta potrebbe derivare dalla antica lingua Fenicia "malit" che letteralmente significa montagna o monte. Altri sono dell'opinione invece che venne così chiamata in onore della ninfa Melite, una delle Naiadi, figlia di Nereo e di Doride.
Secondo un'altra ipotesi etimologica invece, la parola Malta andrebbe letta al contrario, come in molte lingue orientali. In questo caso la parola si leggerebbe Atlam ossia Atlas, dato che in greco la lettera m si converte facilmente in s. Malta potrebbe quindi trarre il suo nome dal fatto di essere una rimanenza del gran monte Atlante, esistito in passato. Oppure considerando l'Atlante come l'Ovest in senso estensivo, in quanto posta ad ovest per i Greci.
Pare altresì probabile comunque che il toponimo possa derivare dall'ebraico Malet, il cui significato è rifugio, ricovero, asilo e che, vista la posizione geografica dell'isola, sembrerebbe un nome appropriato.[3]
Rifugio da che cosa?.forse dalle acque del mare!!.
06/05/2012, 09:51
Enkidu ha scritto:
E' stato comunque dimostrato che le rovine di Malta sono anteriori alle piramidi di Giza (almeno quelle secondo la data ufficiale della IV dinastia), e che in un remoto passato subì una disastrosa alluvione, e che inoltre, durante l'era glaciale, era collegata alla terraferma.
Forse è agli antichi Maltesi che si riferisce Diodoro Sikulo (lo scrivo così per non farne censurare il nome da quello stupido del programma di censura!) quando parla degli Atlanti come "il popolo più civile dell'antichità".
Malta è Atlantide? Forse. Le credenziali ci sarebbero tutte o quasi.
11/05/2012, 14:51
22/05/2012, 21:58
QUANDO LA SAPIENZA VENNE TRASMESSA DAL CIELO
La lista dei Re Sumeri - un lungo elenco di sovrani, città e avvenimenti riportati in ordine cronologico - dividono preistoria e storia in due parti ben distinte: ciò che accade prima del Diluvio, e ciò che accade dopo il Diluvio.
Uno era in cui gli "dei" Annunaki e poi i loro figli, avuti dalle "figlie dell'uomo" - i cosiddetti semidei governavano la Terra; l'altro erano in cui i sovrani di stirpe umana - scelti da Enlil - vennero frapposti fra gli "dei" e il popolo.
in entrambi i casi, si disse che le istituzioni di una società organizzata e di un governo ben definito - "il potere sovrano" - erano state "trasmesse dal cielo" - emulando sulla Terra l'organizzazione sociale e di governo che esisteva su Nibiru.
Quando il potere sovrano venne trasmesso dal cielo, così inizia la lista dei Re Sumeri, "il potere sovrano era a Eridu". "Alulim divenne Re e governò 28.800 anni".
Dopo aver elencato gli altri sovrani antidiluviani, il testo afferma che "il Diluvio spazzò la Terra. Dopo che il Diluvio ebbe spazzato la Terra, quando il potere sovrano discese nuovamente dal cielo, il potere sovrano era a Kish".
Da allora allora in poi la lista ci porta ai tempi storici. Il potere sovrano era l'attributo di Enlil, capo supremo degli Annunaki sulla terra. - Da notare che come in tanti settori scientifici, dove inconsapevolmente facciamo affidamento sul bagaglio culturale degli Annunaki - anche in questo caso esiste ancora l'istituzione del re e del potere sovrano.
Samuel N. Kramer, nel suo I Sumeri alle radici della storia (Roma 1997), elenca una notevole serie di "primati" di Sumer, incluso il Parlamento Bicamerale con deputati eletti (o scelti).
Nel concetto di potere sovrano, vennero incorporati diversi aspetti di una società organizzata e ordinata, primo fra tutti il bisogno di giustizia, un Re doveva essere "giusto", promulgare leggi e farle rispettare, perché la società Sumera era una società legale.
Molti a scuola, hanno imparato a conoscere il re Babilonese Hammurabi e il suo famoso codice, che risale al II millennio a.C. Ma almeno diecimila anni prima di lui, i re Sumeri avevano già promulgato delle leggi.
La differenza era che il codice di AHammurabi riguardava crimini e punizioni: se fai questo ricevi questo in punizione. I codici delle leggi Sumere, invece, erano codici di comportamento retto; affermavano per esempio, che non bisogna rubare l'asino ad una vedova, oppure che non bisognava pagare il salario ad un operaio in ritardo, che lavorava a giornata.
E anche i dieci comandamenti della Bibbia non erano una lista di punizioni, bensì un codice morale di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato e che, quindi non si deve fare. Le leggi erano affidate ad una amministrazione giudiziaria. E' da Sumer che abbiamo ereditato il concetto di giudici, giurie, testimoni e contratti.
Nasce a Sumer anche la società naturale fondata sul matrimonio, ossia la famiglia. E a Sumer erano in vigore anche le regole di successione, di adozioni e di diritti delle vedove. La legge veniva anche applicata alle attività economiche: scambio basato sui contratti, regole per i lavoratori dipendenti, salari e - come dappertutto - anche le tasse.
Sappiamo molte cose in relazione al commercio estero dei Sumeri, perché c'era una sorta di stazione doganale in una città chiamata Drehem, dove venivano tenute meticolose registrazioni di tutti i movimenti di merci e animali.
Tutte queste cose e molte altre vennero racchiuse nel concetto di potere sovrano, quando i figli e nipoti di Enlil entrarono nella fase delle relazioni fra l'uomo e le sua divinità, le funzioni del potere sovrano e della supervisione dei re venne affidata gradualmente a loro, ed Enlil e tutti gli dei vennero relegati al passato.
Ma ancora oggi la società civile deve le sue origimi al tempo in cui il potere sovrano venne trasmesso dal cielo. La sapienza, le scienze e le arti, le attività che richiedono Know-how, era appannaggio prima di Enki, capo degli scienziati Annunaki e in seguito ai suoi figli.
Si apprende da un testo che gli studiosi chiamavano Inanna ed Enki: il trasferimento delle arti della civiltà, che Enki possedeva oggetti unici come i "ME", una sorta di computer o floppy disk, che contenevano le informazioni necessarie, alle scienze., all'artigianato e alle arti, erano oltre cento e vertevano su diversi argomenti, quali scrittura, musica e lavorazione dei metalli, costruzione trasporto e anatomia, cure mediche e controllo delle inondazioni e decadimento urbano; ma anche, come si evince da altre liste, su anatomia, matematica e calendario.
Analogamente al potere sovrano anche la sapienza venne trasmessa sulla terra dal cielo; gli dei Annunaki la donarono all'umanità, di solito attraverso individui accuratamente selezionati; un esempio è quello di "Adapa", il quale Enki garantì ampia comprensione. Di norma la persona prescelta apparteneva alla casta sacerdotale - altro primato che ha continuato a far parte delle abitudini umane per millenni fino al Medio Evo, quando Frati e Monaci erano anche depositari della scienza.
I testi sumerici ci raccontano di Enmeduranki, che gli dei vollero come primo sacerdote.
Gli mostrarono come osservare olio e acqua,
i segreti di Anu, Enlil e Enki,
gli diedero la tavola divina,
in cui erano incisi i segreti di cielo e terra,
gli insegnarono a fare i calcoli con i numeri
Questi versi svelano le informazioni di notevole importanza, la prima materia insegnata a Enmeduranki, era la conoscenza di acqua e olio, ossia la medicina. Ai tempi dei Sumeri medici venivano chiamati A.ZU oppure IA.ZU, che significa rispettivamente "colui che conosce l'acqua e colui che conosce l'olio", infatti erano queste due sostanze con cui venivano somministrati i farmaci: diluiti in acqua e trangugiati, oppure mescolati ad olio e somministrati sotto forma di clistere.
Altre tavolette vennero date a Enmeduranki, (Enoch Biblico) dove erano incisi i segreti di Terra e Cielo, informazioni sui pianeti del Sistema Solare e sulle costellazioni visibili, nonché della terra , geografia, geologia, geometria e cosmogonia ed evoluzione, visto che l'Enuma Elish faceva parte dei rituali del tempio per la vigilia del nuovo anno.
http://ningizhzidda.blogspot.it/2011/01 ... a-dal.html
27/05/2012, 22:05
La vera origine dei Celti
Uno dei popoli più misteriosi dell'Occidente mostra una storia sorprendentemente antica. Analisi linguistiche ci riportano ad un'epoca estremamente remota nel cuore dell'Asia: ma da dove vengono veramente i Celti?
Se oggi pensiamo ai Celti, le immagini che ci vengono alla mente sono molteplici. Sono Celti i Galli in stile Asterix; è celtico William Wallace, lo scozzese Braveheart del film di Mel Gibson; sono celtici tutti gli irlandesi emigrati nel mondo, che festeggiano il loro San Patrizio colorando di verde le città che hanno "colonizzato".
La cultura celtica è presente nelle musiche stupende di Enya, Loreena McKennitt e di altri artisti New Age; è presente nei romanzi fantasy, dal "Signore degli Anelli" in poi; in un certo tipo di misticismo cristiano, assai lontano dalla mentalità romano-vaticana; è presente in tutte quelle lingue e i dialetti europei (ma non solo) che hanno avuto una contaminazione culturale millenaria. In effetti, sembra che mezzo mondo sia rimasto celtico e forse è proprio così.
Se guardiamo alla storia, si può pensare come l'Impero Romano prima e le invasioni barbariche poi abbiano distrutto il substrato tradizionale originario dei vari paesi d'Europa. La realtà però non è questa: tradizioni e concezioni magiche e sciamaniche antiche di millenni sono rimaste inalterate in molti luoghi isolati geograficamente.
I Celti occupavano prima dell'arrivo dei Romani un fascia di territorio che va dalle isole britanniche alla penisola iberica, fino all'Ungheria a oriente e alla Turchia a meridione. Una colonizzazione tutto sommato pacifica, i Galati ("bevitori di latte" in greco) erano ottimi guerrieri ma anche grandi allevatori e agricoltori e non erano per nulla imperialisti, a differenza dei vicini latini.
L'area di espansione celtica era perciò immensa e non soggetta a pericoli, innestando tradizioni e filosofie in popoli primitivi autoctoni senza distruggerne l'identità indigena. Partendo, secondo le teorie seguite dalla maggior parte degli archeologi, da una piccola area situata nel nord della Svizzera, a La Tène, e successivamente dalla valle tedesca di Hällstatt, i Celti si radicarono profondamente in innumerevoli nazioni europee, con risultati visibili in certi casi ancor oggi. Ad esempio, i Lusitani in Portogallo e i Celtiberi in Spagna mostrano le loro tradizioni anche nel mondo moderno, specialmente nel sud dei due paesi iberici: malgrado Romani, Visigoti, Arabi e Castigliani, il folclore celtico sopravvive in certi casi intatto. Lo stesso si può dire di certe aree francesi, come ad esempio le regioni ai confini con la Germania della Lorena e dell'Alsazia o la stessa Provenza nel sud della nazione.
Invece Svizzera e Austria mostrano tracce celtiche nelle valli alpine più remote, risparmiate dal feroce Calvinismo; mentre in Italia analogamente avviene lo stesso tanto sulle Alpi quanto sugli Appennini. Nel nostro paese in particolare le tracce celtiche sono inequivocabili per quanto riguarda i dialetti.
L'Emilia è tutta fortemente celtica e così anche Piemonte, Lombardia e parte della Toscana e delle Marche.
(Sopra) Una scena tratta dal film "Braveheart" di Mel Gibson. I Celti nell'immaginario collettivo sono combattenti per la libertà, forti e fieri (sotto).
Ciò è spiegabile con l'enorme quantità di tribù galliche stanziate nel nord: Taurisci, Leponzi, Insubri, Senoni e Boi costituivano una forte federazione alleata degli Etruschi. Ma la colonizzazione continuava anche nella ex Jugoslavia: l'Istria era (ed è) profondamente segnata da tracce celtiche e anche la Pannonia e l'Illiria, corrispondenti alle attuali Slovenia, Croazia, Serbia e Ungheria.
Tracce di Galli si hanno persino in Bulgaria, mentre la Galazia in Turchia è una regione creata in epoca più recente dai mercenari galli che combatterono per conto dei Greci e che, una volta finita la guerra, decisero di stanziarsi nel cuore della penisola anatolica, in un'area culturalmente affine perché popolata dai popoli degli Sciti e dei Cimmeri.
E in effetti nella nostra ricostruzione siamo arrivati a un nome che ci è già conosciuto: abbiamo incontrato i Cimmeri a Cuma, vicino Napoli, sede del famoso Antro trapezoidale così importante per la storia romana perché sede della Sibilla Cumana descritta dal poeta Virgilio…
Un tipo di architettura di probabile origine minoica, anche se a detta degli archeologi l'Antro della Sibilla è probabilmente di origine greca o romana.
Eppure, nel nostro viaggio abbiamo scoperto come tracce di questa forma a trapezio sono presenti in moltissimi luoghi sulla Terra e tutti legati a misteri: dalla Piramide di Cheope alle tombe etrusche, dall'architettura Maya alle fortezze Incas in Perù, dalla Sardegna di Giganti e Nuraghi alla perduta città di Ugarit.
Ci è venuto subito da pensare come sia possibile che tutte queste antiche culture avessero lo stesso tipo di architettura e che significato potesse avere quella forma a trapezio. Cosa poteva unire la colonia campana Cuma con la cultura Maya, con quella egizia e a quella Inca?![]()
Esempi di architettura trapezoidale: riga superiore, da sinistra l'Antro della Sibilla di Cuma, presso Napoli; la Porta di Ugarit, in Siria; la scalinata all'interno della piramide di Pacal a palenque, in Messico. Riga inferiore, da sinistra il Pozzo di Santa Cristina, in Sardegna; la nostra Antonella mostra le finestre trapezoidali a Ollantaytambo, in Perù; infine l'interno della Piramide Rossa di Dashur, in Egitto. Tutti luoghi mefalitici accomunati da questa forma tipica.
Tutto questo presuppone che ci sia stata un'unica civiltà molto antica che ha realizzato lo stesso tipo di architettura in tutti questi luoghi del mondo, un'architettura evidentemente legata anche ad altri manufatti presenti ampiamente tanto nei luoghi di cultura celtica quanto precolombiana: i megaliti.
E se la porta a trapezio può avere spiegazione apparente nella necessità archiettonica di sostenere il soffitto delle costruzioni (venendo concepita come un prototipo dell'arco), non così si interpretano dolmen e menhir, spesso di dimensioni e persi tali da far pensare a una civiltà tecnologicamente più avanzata rispetto anche alla nostra attuale!
Certamente i Celti e i Cimmeri prima ancora possono fornirci validissimi indizi storici per cercare di spiegare queste stupefacenti e per certi versi inesplicabili analogie. Per farlo dobbiamo partire dall'etimologia del nome della città di Cuma, e dal popolo che, secondo gli scrittori classici, abitava questo territorio prima dell'arrivo dei coloni greci.
Cuma deriva in teoria dal greco Kyma, che vuol dire sommità, vetta, cima. A Cuma in verità non ci sono vere montagne, tutti sanno che i Campi Flegrei sono crateri vulcanici spenti. Tuttavia Kyma era la prima parte del nome del popolo denominato dai greci Kymamineira: Mineira vuol dire cavità, galleria sotterranea (da qui deriva il termine "miniera"). I Kymamineira erano conosciuti dagli storici antichi come "Cimmeri": la loro più antica citazione si deve ad Omero nell'Odissea, quando racconta di Ulisse che, seguendo le istruzioni della maga Circe, giunge ai boschi sacri di Persefone per interrogare l'ombra dell'indovino Tiresia. Lo storico Strabone riferisce l'antica tradizione, raccolta da Eforo, secondo la quale il Lago d'Averno, a due passi da Cuma, era la patria dei Cimmeri, che abitavano in case sotterranee dette Argillae e collegate fra loro da cunicoli.
Di loro si raccontava che nessuno vedeva mai il sole e vivevano cavando i metalli del sottosuolo e praticando la divinazione in un Santuario, anch'esso sotterraneo, dove i visitatori venivano a consultare il cosiddetto Oracolo dei Morti. Lo scrittore Festo sostiene che i Cimmeri vivevano tra Baia e Cuma, in una ristretta zona dei Campi Flegrei, in una valle circondata da alti monti, che non veniva mai illuminata dal sole, chiamata "Tenebre Cimmerie".
Anche Plinio racconta che presso l'Averno vi era un tempo un villaggio chiamato Cimmerio, e Diodoro Siculo narra che da quel villaggio si raggiungeva l'Oracolo dei Morti. Anche lo storico Nevio accenna ad una Sibilla Cimmeria, che viveva forse in una similare Grotta della Sibilla (da non confondere con l'Antro) realmente esistente sulle rive del Lago d'Averno.
Da queste informazioni deduciamo che i Cimmeri effetivamente fossero esistiti e che fossero dediti, oltre che alla metallurgia, anche alla divinazione. Ma l'Archeologia ufficiale ci insegna che i Cimmeri sono storicamente vissuti solo in Asia Minore: erano un ceppo della stirpe degli Sciti e occupavano originariamente, fra la fine del II millennio e i primi secoli del I millennio BCE, le regioni a nord del Mar Nero, la valle del basso Don e le steppe a nord del Caucaso, spingendosi a sud, in Anatolia, verso il VI Secolo BCE. Dediti ad un'economia di tipo nomadico, erano abilissimi orafi e metallurgi. Abbiamo trovato traccia delle loro opere nelle tombe a tumulo dei re, mentre non si è trovata traccia alcuna dei loro insediamenti.
Ma cosa può unire, oltre alla passione per la forgiatura dei metalli, i Cimmeri di Cuma e quelli dell'Asia Minore? Si tratta della stessa popolazione? E che legame possono avere con i Celti? Nonostante alcune piccole differenze dovute alla collocazione geografica, si può pensare a un'origine comune per tutti e tre i popoli, non dimentichiamo che i Galli della Galazia turca trovarono in Asia Minore un terreno culturalmente affine perché popolato da genti di comune stirpe indoeuropea e cimmera! Strabone afferma che lo storico Posidonio riteneva che i Cimmeri asiatici, "…per loro natura predoni e vagabondi, abbiano spinto le loro scorrerie fino alle vicinanze della palude Meotide e per causa loro il Bosforo sia stato chiamato Cimmerio..."
Ma i Cimmeri sono chiamati da Strabone anche in un altro modo, ossia Cimbri. Anzi, il greco confonde ripetutamente Celti e Cimbri, Cimbri e Cimmeri. I Cimbri storicamente vengono considerati una popolazione che invase l'Europa intorno al 113 BCE, seminando morte e distruzione nei territori popolati dai Galli.
(Sopra) Il cratere del Monte Nuovo nella zona dei Campi Flegrei, a Pozzuoli, Napoli. Alle spalle del vulcano si può vedere il Lago d'Averno e alle sue spalle la rocca di Cuma. (Sotto) Il Lago d'Averno era per gli antichi il portale di accesso agli Inferi.
La sconfitta dei Cimbri da parte delle truppe romane di Caio Mario, arrivata nel 102 BCE alle Aquae Sextiae (oggi Aix-en-Provence, in Francia), non riuscì a chiarire l'origine di quel popolo. Secondo Artemidoro di Efeso i Cimbri erano Celti; Plutarco disse che a suo giudizio erano di stipe celto-scita, a conferma dell'opinione moderna dei Cimmeri asiatici.
Erodoto sembra ignorare del tutto i Celti, chiamando tutti "Cimmeri e Diodoro Siculo, che afferma che quegli uomini portavano il nome di Cimmeri "...che poco dopo li hanno chiamati per corruzione Cimbri". I Cimbri dunque sarebbero una parte dei Cimmeri emigrata, intorno al VI Secolo BCE, nell'area del Cherconeso Cimbrico, l'odierno Jutland danese. Ora, se guardiamo al nome attuale del Galles, è Cymru: i gallesi, oggi come ieri, si definiscono Cymry (in gallese antico "patriota", "rifugiato" e deriva dal nome attribuito ai Britanni fuggiaschi scacciati dalla Northumbria e dalla Cumbria dai Sassoni a cominciare dal III secolo CE).
Cymry deriva dal celtico "cum" e "ro, "cumrog", che significa "gente dello stesso paese". I Cimmeri, i Cimbri e i Kymamineira di Cuma hanno dunque un'origine etimologica comune; anche le usanze sono simili, in quanto tutti sono esperti metallurgi; hanno inoltre una propensione per le grotte, le gallerie, le miniere; sono nomadi ma quando si stanziano, vivono in città alveare parzialmente sotterranee, secondo una tipologia abitativa che ricorda quella degli indiani Anasazi degli Stati Uniti e le città delle fate della Cappadocia in Turchia, in un'area limitrofa alla già ricordata Galazia.
Le assonanze linguistiche ricordano anche geograficamente il segno della loro presenza. Ricordiamo la già citata regione di Northumbria, in Inghilterra; ricordiamo la Cambria (da cui l'Era Geologica del Cambriano), nome romano del Galles; ricordiamo persino l'italica Umbria, abitata da genti di stirpe caucasica affine, etnicamente, ai Cimmeri e agli Etruschi, come afferma lo storico Polibio.
Questa comune origine cimmera dei popoli di mezz'Italia e mezz'Europa trova conferme linguistiche, per il fatto che l'unico tratto certo che unisce i popoli di stirpe celtica è la lingua. Secondo la teoria più accreditata, il proto-celtico ebbe origine dal ceppo indoeuropeo, dal quale si staccò tra il 2900 e il 2400 BCE. Fatto sta che da un punto di vista culturale, i Celti provengono da quella stessa area a nord del Mar Nero in cui vivevano gli Sciti, i Cimmeri storici e la Cultura Kurgan probabilmente progenitrice di tutti i popoli occidentali.
Una cultura che ha le sue origini ancor più a oriente: non dimentichiamo che nel 2800 BCE un misterioso linguaggio indoeuropeo, il Tocario, era parlato nelle regioni desertiche del Takla Makan, nell'area del bacino del fiume Tarim, nell'odierno Sinkiang della Cina.
Nel nostro approfondito articolo sugli Dei bianchi del Mare di Gobi, abbiamo citato il ritrovamento nel 1978 a Loulan, sulle rive del lago Lop Nor, di molte mummie di carnagione bianca e dai capelli rossi, seguito dalla straordinaria scoperta nel 2005 di un mound nell'area di Xiaohe con oltre trecento mummie similari risalenti al 2500 BCE, fanno pensare che fosse il Deserto di Gobi la culla dei Cimmeri.
Colline a tumulo nel mondo: qui a lato da sinistra Silbury Hill, in Inghilterra e a destra una tomba Kurgan vicino a Baku in Azerbaijan. Sotto, da sinistra come appariva il Mons Benelus, oggi trasformato nel celebre Mont Saint Michel: anche qui si tratta di un cumulo megalitico. Sotto, a destra, il tumulo di Xiaohe, nel deserto del Taklamakan, in Cina, dove sono trovate nel 2005 centinaia di mummie di uomini di razza caucasica.
Secondo l'esploratore inglese ottocentesco James Churchward la capitale della regione, la monumentale Khara Khoto, era l'antica Uighur città principale della mitica Mu, popolata da saggi uomini di pelle bianca, gli stessi uomini bianchi che dalla Cina, attraverso imbarcazioni di legno, percorsero l'Oceano Pacifico disseminando di megaliti le isole polinesiane, come ad esempio a Pohnpei e a Palau.
Gli stessi che influenzarono i mesoamericani, arrivando ai Maya e alla loro architettura. Da questa ricostruzione, appare chiaro, come avevamo già ricordato, che gli Dei bianchi che vengono citati da leggende cinesi, tibetane e indiane come abitatori del mare che bagnava una volta l'area occupata dal Deserto di Gobi possano essere gli stessi uomini bianchi dai capelli rossi che vennero divinizzati in Sudamerica.
Il peruviano Viracocha, il maya Kukulkan e l'atzeco Quetzalcoatl vengono raffigurati come uomini bianchi, alti di statura, con capelli e barba rossa e lunghe orecchie pendenti, le stesse che troneggiano sui volti enigmatici dei Moai dell'Isola di Pasqua. E tutto torna: megaliti, dolmen e menhir sparsi per il Pacifico, l'America, l'Europa, l'Asia e l'Africa; il ricordo ancestrale di mitici civilizzatori bianchi, probabilmente associati alla forma trapezoidale nella loro architettura; infine, affinità linguistiche, come la scrittura Rongo-Rongo dell'Isola di Pasqua identica nei suoi ideogrammi a quella dei popoli della Valle dell'Indo, anche loro di probabile origine cimmerica-tocaria, che abitavano la distrutta (da una bomba atomica?) Mohenjo-Daro.
In mezzo ci sono i discendenti di questo popolo misterioso, quei Celti dai capelli rossi e la pelle bianchissima… Certo, non si può dire che gli Irlandesi o i Gallesi o gli Scozzesi siano tutti geneticamente puri, ci mancherebbe.
Anzi, indagini genetiche su queste popolazioni e su altre europee hanno stabilito che vi è più un'impronta culturale conforme piuttosto che un patrimonio genetico comune tra gli ex Celti d'Europa.
Dobbiamo quindi parlare più di un insieme di tradizioni, folclore, mentalità celtica-cimmerica-indoeuropea, piuttosto che di un popolo unitario: una federazione di genti simili ma non identiche, spesso in rivalità, ma unite da uno spirito sciamanico-religioso comune.
E forse questa globalizzazione ante-litteram è quella che tutti oggi chiamano Atlantide: un popolo che unì tutto il pianeta nella sua cultura civilizzatrice. Un popolo che però non ha origine in un continente perduto nell'Oceano Atlantico, ma che ha in Asia e forse nel Pacifico e in quella mitizzata Mu, tanto criticata dai ricercatori, la sua patria originaria… E' da qui che provengono gli antenati dei Celti?
Lorena Bianchi
Esempi di Celtismo: nella riga superiore, a sinistra un particolare del Calderone di Gunestrup, una delle massime espressione dell'arte celtica. Notare la somiglianza con i Moai dell'Isola di Pasqua (al centro), che mostrano zigomi occidentali, lunghe orecchie e nasi alla francese, nonché capelli rossi (realizzati dagli abitanti di Rapa Nui utilizzando della speciale lava rossa: da notare anche l'acconciatura "a cipolla" tipica dei Galli). A destra, il celebre "Sacerdote" di Mohenjo-Daro, la città pakistana del 2000 BCE distrutta da una misteriosa esplosione che secondo noi era abitata da popoli affini ai Celti e ai Cimmeri.
Nella riga inferiore: a sinistra il volto del dio atzeco Quetzalcoatl, bianco e barbuto, proveniente probabilmente dal Pacifico. Al centro una delle mummie di Xiaohe: una donna bianca, non molto diversa da uno dei simboli della cultura celtica mondiale, la cantante canadese (ma scozzese d'origine) Loreena McKennitt. A destra, schema comparativo della scrittura utilizzata a Mohenjo-Daro e quella Rongo-Rongo, impiegata sull'Isola di Pasqua. Entrambe le lingue non sono state ancora decifrate...
Fonte: http://www.satorws.com/origine-celti.htm
31/05/2012, 00:10
18/06/2012, 15:03
14/07/2012, 18:34
11/08/2012, 00:26
11/08/2012, 01:32
12/08/2012, 21:30
Atlanticus81 ha scritto:
Volevo ringraziare Sheenky per aver messo a disposizione un contributo così importante che dal mio punto di vista si ricollega alle mie ricerche su quel periodo storico precedente al Diluvio, caratterizzato dall'esistenza di superpotenze note oggi col nome di Atlantide, Mu, Lemuria, le quali dominavano il mondo "civilizzato" del tempo. Le CIVILTA' MADRI dalle quali sorsero durante la RINASCITA post-diluviana le prime civiltà umane storicamente riconosciute.
LA PIRAMIDE DI LUCE DI LA MANA
10 Agosto 2012 15.55 - Di: Sheenky
Articolo di Klaus Dona e Reinhard Habeck
Fonte: http://www.fuocosacro.com/pagine/mitologia/piramide.htm
Straordinari oggetti sono stati ritrovati nella giungla dell’Ecuador, in una località chiamata La Mana. Una collezione del tutto inspiegabile, ricca di simbologie esoteriche, che richiama a un passato dimenticato e alla scomparsa terra di Mu.
Storici e scienziati fanno il possibile per esplorare il nostro passato nel modo più esauriente possibile. Eppure gli studiosi hanno a che fare sempre più spesso con ambiti di ricerca che, come prima, sono avvolti dall’oscurità e non ci danno pace. è il caso della collezione più straordinaria del mondo: i misteriosi oggetti di pietra provenienti da La Mana, antica città dell’oro situata in mezzo alla giungla dell’Ecuador.
Il caso ha voluto che questi pezzi richiamassero la mia attenzione nel gennaio del 2000, nel corso dei febbrili preparativi per la grande mostra Unsolved Mysteries. Tutto cominciò con la telefonata di un amico, l’ex ballerino solista della Wiener Staatsoper e oggi noto regista Herbert Nietsch. Egli mi chiese se era possibile incontrarci. Si trattava del suo fratellastro, il dottor Valentin Hampejs.
Quando ci vedemmo, mi chiese di sostenere un suo ambizioso progetto: la realizzazione di un documentario televisivo sul dottor Hampejs. Questi è un triplice dottore (in medicina, neurologo e psichiatra), che vive in Ecuador da oltre 20 anni. Non solo ha studiato approfonditamente lo sciamanismo ecuadoriano, ma nel frattempo ne è diventato il maggiore esperto, ed egli stesso esercita con successo l’attività di sciamano e di medico naturalista. Osservando attentamente alcune foto ne notai una che riproduceva strani oggetti di pietra. Domandai di cosa si trattasse. Herbert Nietsch mi raccontò che suo fratello aveva un conoscente in Ecuador, il quale, cercando l’oro, aveva riportato alla luce misteriosi oggetti di questo tipo. Udito ciò mi dissi: “devo vedere questa collezione con i miei occhi! E al più presto!”. Volevo procurarmi quei pezzi per esporli nella mia mostra e renderli noti ad un vasto pubblico.
E' stato il primo di diversi viaggi di ricerca in Sudamerica. Partii nel febbraio del 2000. Mi accompagnarono l’amico Reinhard Habeck (collaboratore nelle ricerche e catalogatore della mostra Unsolved Mysteries), il dottor Willibald Katzinger (direttore del Museo Nordico di Linz e coordinatore scientifico della nostra mostra) e il saggista e ingegnere civile Hans Joachim Zillmer.
La piramide e l’occhio
A Quito, capitale dell’Ecuador, fummo subito ricevuti dal dottor Hampejs, insieme al quale raggiungemmo un piccolo luogo fuori città. Nessuno, in quei dintorni, sospetterebbe l’esistenza di inusuali tesori provenienti da epoche nascoste. Qui incontrammo per la prima volta German Villamar, imprenditore agricolo e coordinatore di seminari, probabilmente il possessore dei pezzi più insoliti del mondo.
Quando questi ci condusse nel suo soggiorno, manifestammo uno stupore incontenibile. Su un tavolo erano stati disposti circa 50 oggetti in pietra e in terracotta: pietre di diversa lunghezza, dalle fattezze bizzarre e con singolari deformazioni, teste di serpente in pietra, piatti con strane incisioni e spirali, sculture di argilla dalle anomale caratteristiche e molto altro ancora.
Un oggetto in particolare ci aveva affascinato e colpito più di tutti: una piramide in pietra sulla quale è stato incastonato un occhio e dove sono stati incisi 13 gradini. Ad uno sguardo più attento si è capito che l’occhio è stato lavorato con la pietra e incastonato nell’oggetto piramidale. Il suo colore è grigio, come la piramide stessa. Riconoscemmo subito quest’antichissima simbologia. La troviamo descritta in diverse tradizioni, ad esempio nella Bibbia, nonché connessa alla Corporazione del Serpente, una società segreta esistente in oriente da tempi remoti. Più tardi questa simbologia si ritrova nelle logge massoniche, nel simbolismo alchemico e nelle società segrete degli Illuminati.
Come ulteriore conferma, German Villamar tirò fuori una banconota da un dollaro, sulla quale si trova raffigurato quello stesso simbolo. Di questa simbologia della piramide si è già parlato da secoli. Sono state esposte diverse teorie, discusse in modo controverso.
La cosa diventava sempre più avvincente: dopo aver visionato tutti gli oggetti che si trovavano sul tavolo, German Villamar ci condusse in una buia stanza attigua. Pose la piramide su un tavolo e accese una lampada a raggi infrarossi. In quel momento ammutolimmo tutti. L’occhio della piramide emanava luce come un vero occhio divino, e i gradini apparivano come incisioni azzurrognole. L’immagine offriva una visione quasi spettrale!
La piramide di La Mana
Questa piramide di pietra era realmente qualcosa di particolare. Dopo questa presentazione appassionante, esaminammo l’oggetto molto attentamente e notammo qualcosa di sorprendente: ai piedi della piramide si potevano riconoscere dei piccoli intarsi dorati, raffiguranti la costellazione di Orione. Sopra vi erano state apposte incisioni, inizialmente caratteri indecifrabili. Solo mesi più tardi venimmo a conoscenza del contenuto di questi segni. Secondo una traduzione fatta dal professor Kurt Schildmann, presidente della Società Linguistica Tedesca, quel testo criptico significherebbe: “Il figlio del creatore è in viaggio”.
Dalla visione della maggior parte degli artefatti si è potuto notare che essi non hanno alcuna relazione con l’esistente cultura precolombiana. Sono falsificazioni moderne? Ma chi sarebbe stato capace di produrre un simile oggetto? E per quale motivo? Come sono giunti in Ecuador questi strani pezzi? Chi li ha realizzati, quando e a quale scopo?
La mappa di pietra
La chiave di tutto potrebbe trovarsi nel luogo di ritrovamento, La Mana. Un luogo situato nelle colline ecuadoriane, in mezzo a una giungla sperduta, dove negli anni ‘80 sono stati compiuti sfruttamenti auriferi con mezzi meccanici. L’ingegner Sotomayor, che allora ha condotto la ricerca, ha scoperto una piccola grotta situata a 10 metri di profondità, dove si trovavano diversi contenitori di ceramica. In essi erano stati riposti e conservati gli artefatti.
Da quale periodo provengano e chi sia stato a depositarli lì dentro, proteggendoli da accessi abusivi, non è ancora noto. In ogni caso quel luogo possiede caratteristiche misteriose già da tempi remoti. Sul luogo di ritrovamento vi è una sorgente che presenta una particolarità: la presenza nell’acqua di oro organico e potabile! Gli idrologi considerano l’acqua di questa fonte come la più ricca di energia in assoluto. D’altra parte, ciò ricorda i testi tradotti dalle tavole di argilla sumere, dove ricorre più volte l’espressione secondo la quale gli dei un tempo cercavano l’acqua ricca di oro. Il mistero permane. Questo vale anche per un altro ritrovamento eccezionale effettuato a La Mana: la cosiddetta carta geografica in pietra.
Su questa lastra di pietra, alta 60 cm, larga 40 cm e profonda 30 cm, è stata incisa la mappa del mondo, dal tropico del sud fino a quello del nord. Oltre ai noti continenti del Nord e Sudamerica, l’Europa, parte dell’Africa e dell’Asia, si trovano anche i profili di tre continenti oggi sconosciuti: la leggendaria Atlantide nell’Oceano Atlantico, Mu e presumibilmente Lemuria nell’Oceano Pacifico.
Questa sorprendente lastra potrebbe riaccendere il dibattito su Atlantide e Mu. A tal proposito, le recenti ricerche e scoperte del geologo professor Masaaki Kimura, offrono spunti sufficienti. Lo scienziato ha esaminato tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu contenenti antiche iscrizioni, e studiato i monumentali edifici in pietra che si trovano nelle acque dell’isola di Yonaguni, a 25 metri di profondità. Secondo gli studi condotti da Kimura, dal nord del Giappone fino a sud di Taiwan dev’esserci stato un continente, sprofondato in seguito a catastrofi climatiche e al conseguente innalzamento del livello del mare. Su questa ipotesi forniscono indizi le iscrizioni e i simboli millenari trovati sulle lastre di pietra di Ryukyu. In essi si parla di un regno costituito oggi da isole sommerse: indubbiamente la leggendaria terra di Mu.
Il professor Kimura ha realizzato un’altra scoperta interessante: i caratteri sulle tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu, somigliano a quelli descritti dall’eccentrico colonnello britannico James Churchward nel suo libro The lost continent of Mu, pubblicato nel 1926. Anche in questi si riconoscono affinità con i caratteri incisi su ogni pietra a forma piramidale di La Mana. Un puro caso?
Su ciascuna piramide si trova raffigurato un occhio e sotto si trovano incisi molti simboli e spirali. Potrebbe esserci una profonda connessione tra tutti questi riferimenti. Senza dubbio sarebbe sensazionale, ma per me non impossibile, se dovesse risultare una relazione tra queste pietre, il continente sommerso di Mu e gli oggetti trovati nelle isole Ryukyu.
Torniamo alla “carta geografica di pietra” di La Mana. I profili del continente sommerso di MU si riconoscono chiaramente. Le ricerche compiute finora fanno pensare ad una datazione molto remota di questa pietra. La domanda è: chi è stato a realizzare, molte migliaia di anni fa, questa “mappa geografica di pietra”, e soprattutto chi, a quell’epoca, poteva conoscere la struttura della terra così bene da poter incidere una mappa che sembra essere stata frutto di osservazioni dall’alto? Può, questa lastra, essere considerata una prova del fatto che i regni di Atlantide, Mu e Lemuria siano effettivamente esistiti? Per ottenere maggiore chiarezza saranno necessarie ulteriori ricerche.
Un ulteriore dettaglio potrebbe essere importante: sulla pietra sono stati effettuati due intarsi simili a un occhio: uno nella regione della ex Babilonia, l’altro nel luogo di ritrovamento in Ecuador. Tra i due punti vi è una linea di congiunzione bianca. Per gli artefici della “carta geografica di pietra”, ciò sembra aver rivestito una particolare importanza.
Ma quali conclusioni si possono definire? Esiste un antico legame culturale tra i sumeri e l’attuale luogo di ritrovamento in Ecuador? Molti pezzi museali, conservati nel Sud e nel Nordamerica e da me stesso attentamente esaminati, testimoniano che già da lungo tempo vi sono stati contatti globali tra le popolazioni primitive del Vecchio e del Nuovo mondo.
Reperti astronomici
Tra i pezzi della collezione di Villamar vi sono altri tre oggetti, i quali racchiudono una mistica nascosta. Il primo è una pietra nera sulla quale viene mostrato come si regge la piramide con l’occhio incastonato, probabilmente in una sorta di rituale. L’altro è una pietra sulla quale sono osservabili incisioni inusuali: un uomo siede su un piedistallo e regge la piramide nelle sue mani. Sulla testa porta una sorta di elmo con una specie di antenna o di foro, da interpretare come linea di congiunzione con una “barca scintillante”. Al di sopra si libra un oggetto raggiato oppure un occhio senza iride né pupilla. Dagli occhi della persona rappresentata si diramano linee verso due uomini inginocchiati.
E' interessante notare che tra gli oggetti ritrovati vi sia anche un elmo rotondo realizzato con una lega d’oro, sulla cui parte superiore un pezzo è mancante. Una fessura intenzionale, che corrisponde esattamente alla scena raffigurata sulla pietra. Ci fu poi mostrata una serie di oggetti che ha relazioni evidenti con concetti mistici occidentali. Si trattava di una grande coppa in giadeite con alcuni punti sulla sua superficie. Tali inserti, come altri pezzi La Mana risultano fosforescenti e agli ultravioletti formano delle costellazioni brillanti sullo sfondo blu del bicchiere. Sono riconoscibili Orione, con Betelgeuse in evidenza, e le Pleiadi, oltre ad altri asterismi che un esperto del Buenos Aires Astronomical Institute ha definito ben rappresentati il cielo visto dal Sudamerica.
Tale coppa è accompagnata da altre dodici coppette più piccole, tutte di dimensioni differenti. Si è calcolato che unendo ipoteticamente tutte le coppe più piccole in un unico oggetto si otterrebbe una coppa della dimensione di quella principale. Sui bicchieri sono presenti anche dei segni simili ai numerali maya. E’ evidente che le dodici coppette con la tredicesima siano un richiamo alle leggende del Graal, dei dodici apostoli e del Cristo.
La domanda è: cosa ci fa in Ecuador, assieme a una piramide massonica, un altro simbolo immortale legato all’esoterismo cristiano? Le domande aumentano se si pensa che della collezione fanno parte altri oggetti similari, a connotazione astronomica, come due “osservatori” posti su una base di giadeite, anch’essa dotata di costellazioni. Oppure una splendida testa di cobra.
Molti sanno del legame tra il cobra e la divinità per gli antichi egizi, per gli induisti, ma questa testa è caratterizzata nella parte inferiore da una decorazione fosforescente a 7 punti per lato e 33 strisce. Tali numeri fanno diretto riferimento all’energia Kundalini e al sistema dei sette chakra posti lungo le 33 vertebre della spina dorsale umana; energia rappresentata proprio da un cobra con cappuccio aperto. Soprattutto ci ha colpito la presenza di una roccia, sulla cui parte anteriore sembrava essere “incastonato” un viso di uomo barbuto dai capelli lunghi mentre sulla parte posteriore una sorta di spirale racchiudeva un triangolo al cui centro vi era un’inserzione verde, proprio in corrispondenza del “terzo occhio” dell’individuo raffigurato.
Un permesso inaspettato
Dopo aver esaminato tutti quegli oggetti singolari, con entusiasmo scegliemmo gli oggetti più interessanti da prendere in considerazione per la mostra, e discutemmo le condizioni di prestito con German Villamar. Alla fine del colloquio seguì qualcosa di inaspettato. Egli ci spiegò che dovevamo era necessario chiedere il permesso alle guide indios del luogo (i successori autoctoni degli incas), essendoci pietre considerate magiche tra i reperti.
La sera seguente ci incontrammo così nuovamente a casa di German. Era presente anche Luis Viracocha, un uomo molto carismatico che tra gli indios è una personalità di rilievo. La sua è una famiglia di artisti che esegue da molte generazioni sculture tradizionali in pietra con motivi inca. La sua prima reazione alla nostra richiesta di prestito fu un categorico “no!”. Ci spiegò energicamente che era fuori discussione che quegli oggetti lasciassero quel luogo. Dopo un’ora di conversazione, Luis prese in mano un piccolo piatto di pietra, di giadeite verde-scura, dove erano stati intarsiati un cerchio blu, e una spirale arancione.
Con un piccolo magnete che pendeva a un filo, fu poi fatto un esperimento. Luis diede al dottor Hampejs il filo con il magnete e gli disse: “Mantieni il pendolo col magnete sul centro della spirale”. Detto fatto. Dopo alcuni secondi il magnete cominciò a girare descrivendo un cerchio dall’interno verso l’esterno. Una volta toccato il bordo del piatto, ruotò per un po’ di tempo senza fermarsi, a velocità costante. Il test fu ripetuto con successo anche da Reinhard Habeck e dal dottor Joachim Zillmer. Infine venne il mio turno. Restai sorpreso e un po’ deluso: il magnete non si era mosso di un millimetro. Ritentai più volte, ma non accadde nulla. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, mi misi a ridere e rinunciai.
Lanciai a Luis uno sguardo interrogativo: volevo sapere perché con me non aveva funzionato. Assunse un’espressione molto seria e invitò il dottor Hampejs, Reinhard Habeck e il dottor Zimmer a compiere nuovamente la stessa procedura.Di nuovo la cosa funzionò con tutti e tre. Infine, ritentai io. Ma come prima, il magnete restava del tutto immobile. Provai addirittura a stimolare intenzionalmente il pendolo, ma senza successo. Dopo alcuni minuti mi arresi, e mi chiesi stupito cosa fosse successo.
Luis andò da German e gli comunicò con un’espressione seria: “German, a quest’uomo puoi mettere a disposizione la pietra per la sua mostra!”. In seguito al rifiuto iniziale di Luis, eravamo molto abbattuti, ora la nostra gioia fu davvero grande. Domandai a Luis: “Che conclusioni devo trarre dal fatto che il pendolo nelle mie mani non si muoveva? Questa cosa ha un significato particolare?”.Luis, infine, mi sorrise e disse: “Vedila come un segno! Un buon segno!”. Fino ad oggi, non so ancora quale significato abbia avuto questo esperimento. La buona fede di questa gente semplice è, comunque, confermata dal fatto che non hanno mai fatto nulla per rendere noti questi oggetti, custodendoli gelosamente come testimonianze sacre dei loro antenati. Si tratta di persone molto legate alla loro tradizione sciamanica. Sono stato fortunato. Il giorno dopo la nostra squadra di quattro persone prese l’aereo e partì fiduciosa alla volta di Cuenca. Anche lì ci fu data la possibilità di accedere a collezioni straordinarie date per disperse. Ma questa è un’altra storia.
Fonte: http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9539
19/08/2012, 15:54
02/09/2012, 12:38
04/09/2012, 01:14