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MessaggioInviato: 03/08/2012, 11:33 
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bleffort ha scritto:
Dovrebbe perciò ricorrere a un limitato uso della sua forza nucleare contro i centri di comando e le basi Usa, soprattutto in Europa, da cui partono gli attacchi contro il proprio territorio." Benvenuti alla terza guerra mondiale - scherza Sokolov - in gran parte convenzionale e resa qua e là più piccante da qualche fungo nucleare".

Stupidaggini...se parte un missile a testata nucleare, partono tutti...altro che "qua e là"...[8D]



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MessaggioInviato: 06/08/2012, 20:56 
Ecco il frutto della primavera araba La Tunisia cancella la parità dei sessi
Un articolo della nuova Carta sostiene che la donna è "associata", non uguale, all'uomo


http://www.liberoquotidiano.it/news/Est ... sessi.html


come inizio della primavera araba non c'e' che dire,....forse il passato era piu' consono....


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MessaggioInviato: 06/08/2012, 21:23 
Democratici d'esportazione!!!!!!!!!!!!...dove sieteeeeeeee!!!!!!!!!!!! [:D]


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MessaggioInviato: 20/09/2012, 13:14 
la politica ha fallito»

L'ex inviato della Farnesina De Maio sulle vie d'uscita.

di Barbara Ciolli



Dopo l'annuncio del ritiro completo dei circa 130 mila uomini entro il 2014, nel settembre 2012 la Nato ha dimezzato le operazioni congiunte con le forze afghane, e gli Stati Uniti hanno interrotto l'addestramento della polizia locale e delle unità di forze speciali, per sottoporre le reclute ad «accurati controlli».
Ci sono stati troppi infiltrati e troppi morti tra i soldati in missione - soltanto tra il 15 e il 16 settembre sei militari uccisi, 51 in tutto l'anno - per fidarsi delle forze afghane che gli Usa e gli alleati atlantici si erano impegnati a formare, anche dopo la loro uscita dal teatro di guerra.
LA NATO SULLA DIFENSIVA. Sembra l'ennesimo fallimento della missione internazionale Isaf: dopo aver rinunciato a vincere la guerra al terrorismo e pacificare il Paese, i contingenti non riescono neppure a mandare avanti i programmi di addestramento.
Con la crisi, Spagna e Italia hanno tagliato i budget per Kabul. E anche il «tentativo degli Usa di trattare con i talebani», ha confermato a Lettera43.it l'ex inviato del governo italiano in Afghanistan e ambasciatore in Pakistan Enrico De Maio, «con un negoziato di basso spessore non è andato da nessuna parte».
IL VUOTO POLITICO-DIPLOMATICO. Tuttavia, ha raccontato l'alto funzionario, il vero fallimento internazionale della missione è un altro. «Sul piano militare, tenendo conto delle difficoltà di un terreno ostile, sono stati fatti dei progressi. Non sul piano politico-diplomatico».
È questo il grande vacuum che, di anno in anno, alimenta gli insorti e l'asfissia della palude afghana. Una palude sempre più «scollegata dal suo naturale contesto asiatico e ancorata agli interessi particolari dei potentati stranieri».
Per uscire dal pantano, secondo De Maio, bisogna ripartire proprio dai Paesi del resto dell'area.




DOMANDA. Come si esce dall'Afghanistan senza che per la Nato sia una resa pressoché incondizionata?
RISPOSTA. Per restituire identità e stabilità all'Afghanistan occorreva mandare avanti, in questi 10 anni, oltre alle operazioni militari e di sicurezza, un serio lavoro politico-diplomatico. Con un approccio multilaterale e non bilaterale, come invece è avvenuto.
D. Lei parla sempre di contesto asiatico. Perché?
R. Non si può pacificare il Paese, se prima non si correggono le storture con il Pakistan, legato a triplo filo con Kabul. Per questo è necessario coinvolgere l'India, che, come l'Afghanistan, in Kashmir ha una frontiera inesistente con i pachistani.
D. È una tela molto più complessa dello schema finora adottato.
R. L'Afghanistan appartiene all'Asia, non agli Stati Uniti o all'Europa. E i nodi da sciogliere nella regione sono molti, a partire dall'influenza dei militari corrotti e dei sofisticati servizi segreti di Islamabad in contatto con la rete talebana. Che a Quetta, in Pakistan, ha il suo stato maggiore.
D. Ma i rapporti tra Washington e Islamabad non sono mai stati così tesi come dall'uccisione di Osama bin Laden.
R. I potenti 007 dell'Isi e la casta militare pachistana si nutrono dell'instabilità afghana per ricevere smisurati aiuti militari ed economici, in modo da far ingrassare le loro lobby.
D. Così alimentano all'infinito il doppio gioco. Si torna al punto di partenza: come uscirne?
R. Allargando il tavolo all'India, da sempre la migliore amica dell'Afghanistan: ha buone relazioni con gli Usa e ha interesse a risolvere i contenziosi con il Pakistan. Inoltre occorrerebbe aprire alla Russia, nello Stato cerniera dell'Uzbekistan. Invece che pensare a riaprirvi una base americana.
D. Insomma, è stato sbagliato tutto?
R. Si associa sempre l'Iraq all'Afghanistan. Nel caso di Kabul, però, la sconfitta è innanzitutto politica, non militare. Il vuoto è stato soprattutto diplomatico.
D. Non crede che la Nato abbia fallito in Afghanistan?
R. Gli incidenti mortali hanno pesato. Qualsiasi generale avrebbe disposto uno stop all'addestramento degli afghani dopo l'escalation di attentati. Ma le operazioni continuano per oltre 350 mila uomini tra afghani dell'esercito e della polizia nazionale: è comunque un risultato.
D. Negli Stati Uniti il dibattito sulle missioni si è riacceso, proprio in campagna elettorale. Si usa lo stop in Afghanistan in chiave propagandistica?
R. Di certo lo stop avrà ripercussioni sull'opinione pubblica statunitense. Ma i cittadini di certo possono sindacare sull'ambigua diffusione del video antislamico che ha riacceso la polveriera, non sulla reazione difensiva e prevedibile, dei militari.
D. Le forze internazionali sembrano messe sempre più in difficoltà dai talebani.
R. Il problema non sono le ambizioni di potere dei talebani, stimati in poche decine di migliaia: una forza molto inferiore al nuovo esercito regolare. Il problema sono la tradizionale ostilità verso gli stranieri degli afghani e la loro povertà, sfruttate dai talebani e da chi sta dietro di loro.
D. Invece Washington contava anche sui talebani per sciogliere la matassa afghana. Un anno fa si intavolavano trattative.
R. Ma è stato un buco nell'acqua, un negoziato superficiale. In gioco c'era solo la liberazione di alcuni detenuti di Guantanamo e gli incontri con gli Usa presto si sono interrotti.

Giovedì, 20 Settembre 2012

http://www.lettera43.it/politica/kabul- ... 565019.htm


nonostante l'invio di nuove truppe,e' da considerarsi un fallimento l'intendimento di obama di potere creare un governo autosufficente in tutti i sensi a kabul,sommato alla regia(da lui attuato) x le cosidette primavere arabe,pure quelle miseramente fallite nell'obbiettivo prefissato,la politica estera di obama e 'simile se non uguale a quella di uno dei presidenti usa(carter)piu'scarsi se non il piu' scarso [;)]


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MessaggioInviato: 20/09/2012, 13:23 
Cita:
ubatuba ha scritto:
nonostante l'invio di nuove truppe,e' da considerarsi un fallimento l'intendimento di obama di potere creare un governo autosufficente in tutti i sensi a kabul,sommato alla regia(da lui attuato) x le cosidette primavere arabe,pure quelle miseramente fallite nell'obbiettivo prefissato,la politica estera di obama e 'simile se non uguale a quella di uno dei presidenti usa(carter)piu'scarsi se non il piu' scarso [;)]


L'obiettivo è il dissesto... e NON la stabilità.
Come d'altronde è stato per il suo predecessore.

In questo senso, la cosa va vista come una "vittoria" (per loro).
E non una sconfitta.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 20/09/2012, 13:56 
...vedi tte,quel che a me preme,sono i ns militari,che sono andati all'altro mondo x il nulla..........[:(!],in quanto partito il contingente nato,ora sulla difensiva,si tornera' indietro nel tempo.....[:(!]


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MessaggioInviato: 20/09/2012, 15:36 
Infatti, in generale, è stata una cosa inutile fin dall'inizio ...E' gente che campa a loro modo e così farà per molti anni ancora.



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Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 20/09/2012, 17:37 
poi sono dell'avviso che x portare a termine una missione,occorra una volonta' ed un indirizzo politico,non personaggi che predicano una cosa e ne fanno un'altra,...................pure male [;)]


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MessaggioInviato: 20/09/2012, 19:22 
Cita:
ubatuba ha scritto:

poi sono dell'avviso che x portare a termine una missione,occorra una volonta' ed un indirizzo politico,non personaggi che predicano una cosa e ne fanno un'altra,...................pure male [;)]




[:264] [:257]



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MessaggioInviato: 24/09/2012, 02:37 
Manca meno di un anno alle rivolte mondiali
(lo dicono i teorici dei sistemi complessi)


Informare per Resistere:
http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z27LKMEPVu



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MessaggioInviato: 24/09/2012, 17:22 
Libia, rivolta permanente

Il Paese alla prova sicurezza. Bengasi contesta le milizie.

di Giovanna Faggionato
.
Girano con il kalashmikov sulle spalle e sul volto il sorriso di chi si sente un eroe. Al petto hanno appuntate stelle immaginarie, quelle dei combattenti che con la vittoria hanno conquistato l'ingresso nella storia. Le milizie libiche sono riuscite a trascinare nella polvere la dittatura quarantennale del colonnello Muhammar Gheddafi, ne hanno fatto a brandelli l'impero, e in nome della libertà si sono divise terra, armi e potere.
Ora però la popolazione ha chiesto loro di lasciare il passo.
LA MARCIA DEI 30 MILA. Venerdì 21 settembre in 30 mila hanno marciato per le strade di Bengasi per chiedere ai colpevoli dei disordini al consolato Usa di lasciare la città. Hanno assaltato le sedi dei miliziani, appiccato il fuoco e risposto agli spari: praticamente una seconda rivoluzione. Tanto che il governo finora incapace di controllare il traffico e la detenzione di armi, ha ordinato la dissoluzione delle bande armate non autorizzate, in nome della sicurezza e di una convivenza pacifica per tutti.
IL TEMPO DELLE ARMI È SCADUTO. Ma la legittimità dei gruppi armati è di difficile definizione e anche quelli che agiscono sotto il mandato del ministero degli Interni rivendicano autonomia.
Il compito di riportare l'ordine dunque è arduo e l'intelligence americana, pur presente, finora non è sembrata all'altezza della missione. Resta un'unica via: tocca ai libici dimostrare di saper passare dal tempo delle armi a quello della costruzione dello Stato, da quello della guerriglia a quello della politica.

Il fallimento dell'intelligence e la popolazione in rivolta

.
Da tempo Tripoli ha perso il controllo di intere aree del Paese: l'universo degli ex combattenti è un calderone di sigle e appartenenze: ci sono gli oppositori che hanno riscattato anni di prigionia in carcere, i guerriglieri scesi dalle montagne per liberare la capitale, i gruppi integralisti, i salafiti e gli affiliati ad al Qaeda. C'è chi ha preso sul serio il compito di presidiare il territorio e chi taglieggia i commercianti; chi difende gli ospedali e chi depreda i villaggi.
LA CIA AL LAVORO. Eppure il territorio è presidiato, e da tempo, anche dai servizi statunitensi. Quando Washington ha ordinato di evacuare il Paese, decine di cittadini americani si sono ritrovati in fila all'aeroporto di Bengasi. Soprattutto diplomatici e agenti di sicurezza.
MA GLI STANDARD DI SICUREZZA SONO LACUNOSI. La Cia, la prima agenzia di intelligence a stelle e strisce ha ammesso di aver dispiegato il suo personale per tracciare gli spostamenti degli armamenti che componevano l'arsenale dell'ex raìs Gheddafi, per mettere in sicurezza i depositi di armi chimiche e per addestrare gli agenti segreti della nuova Libia.
Tuttavia fonti diplomatiche hanno fatto notare come nella stessa Bengasi, dove è avvenuta la morte dell'ambasciatore J. Christopher Stevens, mancassero i più semplici standard di sicurezza e non vi fosse per esempio una sede di emergenza da affiancare ad ambasciate e consolati per garantire la protezione al corpo diplomatico. Anche per questo i libici hanno deciso di provvedere alla loro sicurezza da soli.
I CITTADINI CHIEDONO PACE: «NO ALLO STATO AFGHANO». Prima che il presidente Mohammed el Megaref domenica 23 settembre ordinasse lo scioglimento delle bande armate, a Bengasi, capitale della resistenza anti Gheddafi ma anche dell'integralismo montante, gli scontri tra dimostranti contrari alle milizie e i guerriglieri di Ansar al Sharia, i partigiani della Sharia, e altri gruppi radicali, sono andati avanti ore e sono costati una ventina di morti in due giorni.
Al «grido di Pace» e «Non vogliamo uno stato afghano», la popolazione della Cirenaica ha convinto i miliziani ad andarsene, anche se portando via con sé le armi.

La galassia delle milizie e il ritorno dei lealisti
.
Le milizie nel mirino della protesta di Bengasi sono diversissime per origini e aspirazioni.
C'è Ansar al Sharia Bengasi (Asb), guidata da Muhammad al Zawahi, un ex detenuto del super carcere di Abu Salim. La sua organizzazione conta centinaia di affiliati, abituati a indossare le divise dei muhajeddin afghani e ha l'obiettivo di instaurare la Sharia, la legge coranica.
Ma al contrario di Ansar al Sharia Derna (la città della Cirenaica roccaforte dei jihadisti provenienti dall'Iraq e dal'Afghanistan) non ha contatti con al Qaeda. In questi mesi ha tentato di fare proseliti, provvedendo ai bisogni della comunità locale: ha pulito e sistemato le strade e fornito aiuti alle famiglie durante il Ramadan.
LA BRIGATA SAHATI PROTEGGE L'OSPEDALE. La brigata Sahati, invece, ha sede in un'ex residenza di Gheddafi, ora adibita a carcere e a deposito di armi e nell'ultimo anno si è occupata sia del servizio d'ordine durante le elezioni politiche, sia della sicurezza del Jalaal Hospital.
Nonostante sia composto da islamisti radicali, sulla carta il gruppo gode della protezione del governo. Tanto che a difenderla dagli assalti dei dimostranti sono giunti miliziani dall'Ovest.
LO SCUDO DELLA LIBIA E LA BRIGATA 17 FEBBRAIO. Altri gruppi autorizzati sono il Libya Shield, cioè lo scudo della Libia, guidato da Wassam Bin Hamaad, un leader islamista, divenuto celebre per la capacità di risolvere le dispute tra le diverse fazioni tribali, che sono poi moderne corporazioni in lotta per appetiti territoriali ed economici. Infine c'è la Brigata 17 febbraio, il cui leader è il fawzi Abu Kataf, che è invece considerato vicino ai Fratelli musulmani che potrebbero trovare spazio nel nuovo scenario politico.
L'OMBRA DELLE TRUPPE FEDELI AL COLONNELLO. Insomma, non solo salafiti. Ma anche guerriglieri con funzioni e competenze prettamente militari che potrebbero essere integrati nel nuovo esercito; e gruppi politici finora censurati. Al punto che qualcuno ha ipotizzato che dietro all'ondata di protesta contro le brigate, possa celarsi il ritorno delle forze lealiste dell'ex regime.
La missione di Tripoli è complessa: servono distinzioni e scelte oculate. Bisogna indurre gli eroi della rivoluzione a farsi da parte, ma senza tradire la rivoluzione.

Lunedì, 24 Settembre 2012



http://www.lettera43.it/cronaca/libia-r ... 565512.htm


ma quei signori che hanno voluto esportare a tutti i costi le democrazia,magari con un barlume di capacita'dovevano essere in grado di capire,che solamente un personaggio deciso poteva fare convivere 190 tribu,ed il risultato ora e' sotto i ns occhi.prob anziche'la democrazia miravano alle ricchezze del paese
[;)]


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Thethirdeye ha scritto:

Manca meno di un anno alle rivolte mondiali
(lo dicono i teorici dei sistemi complessi)


Informare per Resistere:
http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z27LKMEPVu



Lo credo fortemente anche io

Spagna
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/photogall ... resti.html

Portogallo
http://www.wallstreetitalia.com/article ... erity.aspx


Resta da vedere se "loro" riusciranno a girare la frittata ancora una volta a loro piacimento e volere...

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Assedio al Parlamento spagnolo
Crisi, feriti e spari sulla folla

Duri scontri Madrid tra i manifestanti del movimento degli indignati e la polizia, che ha fatto diverse cariche e utilizzato proiettili di gomma per disperdere i giovani nei pressi del Congresso dei deputati. Migliaia di persone si sono riunite davanti al Parlamento al grido di "dimissioni", per denunciare una democrazia "sequestrata" e "schiava dei mercati finanziari". È di almeno 64 feriti, tra cui due agenti, il bilancio. Uno è grave

http://affaritaliani.libero.it/


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crisi, nuovi tagli per 11,6 miliardi di euro

Grecia, al nuovo sciopero generale di 24 ore

Manifestazioni convocate oggi dai sindacati del Paese
In piazza contro il governo Samaras e le misure di austerity.

http://www.corriere.it/esteri/12_settem ... 5381.shtml



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